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BAGEHOT HA ANCORA RAGIONE*

Le banche centrali sono intervenute in modo corretto nella crisi finanziaria di questi mesi? Hanno svolto la funzione di prestatori di ultima istanza, permettendo l’accesso al credito a banche e istituti finanziari che non ne ottenevano più sul mercato interbancario. Ma gli aiuti di oggi possono provocare effetti perversi e guai maggiori in futuro. La sfida è trovare il giusto equilibrio tra il mantenimento della stabilità oggi e l’imposizione della disciplina in futuro.

L’attuale crisi finanziaria pone due domande: è o no simile alle crisi del passato? E le banche centrali come dovrebbero intervenire per mantenere la stabilità del sistema.

PROBLEMI DI COORDINAMENTO

Le turbolenze finanziarie di questi mesi sembrano straordinarie perché, inaspettatamente, hanno toccato il cuore pulsante dei nostri sofisticati mercati monetari. Al di là del caso della Northern Rock, i suoi contorni sembrano molto lontani dalle scene di crisi del passato quando i giornali erano pieni di foto di correntisti in fila per ritirare il loro denaro. E tuttavia la crisi di oggi è proprio la forma presa in un mercato moderno da una crisi bancaria di vecchio stampo. La fuga dalle banche tradizionali avveniva se un numero sufficiente di persone cercava di ritirare agli sportelli il proprio denaro. Anche se solvibile, la banca poteva non essere comunque in grado di far fronte ai prelievi, cosicché il timore del fallimento diventava spesso una profezia che si autorealizzava. Nella crisi attuale, i partecipanti al mercato interbancario prendono il posto delle lunghe file di chi si precipitava a ritirare i propri soldi: hanno smesso di concedere credito alle banche che sospettano “infettate” dai mutui subprime e che perciò potrebbero avere problemi di solvibilità. Anche il mercato dei titoli commerciabili e dei veicoli di investimento strutturato affronta un problema simile.
Al centro della vecchia come della nuova forma di crisi c’è un problema di coordinamento. In quella attuale, i partecipanti al mercato interbancario o a quello dei titoli commerciabili non rinnovano i crediti perché temono che neanche gli altri lo faranno: lo testimonia la fine della banca di investimenti Bear Stearns, crocevia delle negoziazioni dei veicoli strutturati.
Le banche centrali sono intervenute massicciamente, iniettando liquidità e permettendo alle banche di accedere a denaro fresco attraverso operazioni di sconto e in cambio di garanzie che includono i pacchetti non liquidi di obbligazioni sui mutui.
Le banche centrali hanno fatto la “cosa giusta” oppure con gli interventi di rifinanziamento di banche e mercati, provocheranno la prossima ondata di eccesso di rischio? La politica monetaria è l’unico strumento che le banche centrali hanno a disposizione per affrontare la crisi?

LA DOTTRINA BAGEHOT

Nel 1873 Bagehot sostenne che nel corso di una crisi un prestatore di ultima istanza dovrebbe prestare denaro a un tasso penalizzante a banche solvibili, ma senza liquidità, che offrano adeguate garanzie. Si è detto che la dottrina non trova posto nel nostro moderno mercato interbancario: è una critica sbagliata. La ricetta di Bagehot mira a eliminare il problema di coordinamento degli investitori che è alla base della crisi ed è tutt’oggi un’utile linea d’azione quando il mercato interbancario si ferma: mette in chiaro che durante una crisi può essere necessario garantire l’accesso alle operazioni di sconto agli istituti che ne abbiano bisogno. (1) Tuttavia, la dottrina Bagehot è facile da enunciare, ma difficile da applicare. Richiede che la banca centrale sappia distinguere tra gli istituti che sono insolventi e quelli che sono semplicemente privi di liquidità, ma anche che sappia valutare le garanzie. Per carenza di informazioni, le banche centrali sono destinate a commettere errori, perdendo nel processo faccia e denaro. Ma ciò non significa che non debbano provare.

GARANZIE O LIQUIDITÀ

Le garanzie dovrebbero essere valutate secondo le “normali circostanze”, ovvero in una situazione nella quale non esiste un fallimento di coordinamento tra investitori. Ciò implica una chiamata in giudizio nella quale la banca centrale valuta le attività non liquide. Una banca centrale che accetti solo garanzie di alta qualità sarà sicura, ma dovrà iniettare nel sistema molta più liquidità e/o fissare tassi di interesse più bassi per stabilizzare il mercato. E questo potrebbe favorire comportamenti speculativi futuri. Qualcosa di simile potrebbe essere accaduto nell’era Greenspan, nel periodo immediatamente successivo alle crisi della Russia e del fondo Ltcm e dopo lo scoppio della “bolla tecnologica”.
Questa volta, Bce e Federal Reserve hanno accettato garanzie parzialmente illiquide, che il mercato avrebbe rifiutato. Sembra una strategia appropriata e allenta le pressioni ad abbassare i tassi di interesse per risolvere la questione, un intervento al quale si dovrebbe ricorrere solo se ci fossero segni di deterioramento dell’economia reale.
Il problema è che le banche centrali estendono ora il ricorso al prestito di ultima istanza al di là dei confini tradizionali delle banche, a istituti come Bear Stearns, sui quali non esercitano la vigilanza e sui quali non hanno perciò informazioni di prima mano. Cosa ne può sapere la Fed se Bear Stearns o altri istituti simili sono solvibili? In questo caso, la Fed non sembra seguire la dottrina Bagehot.
E poi, se oggi si soccorrono banche e investitori con un intervento di rifinanziamento perché la prossima volta dovrebbero essere più cauti? È il problema dell’azzardo morale: aiuti al mercato, ottimali una volta che la crisi è iniziata, hanno effetti perversi sugli attori del mercato a livello di investimenti.
Il punto è che solo quando il problema di azzardo morale è moderato permette di eliminare completamente il fallimento di coordinamento tra gli investitori con l’aiuto della banca centrale. Se invece è acuto, un certo livello di fallimento di coordinamento (ovvero, ammettere qualche crisi) è ottimale per mantenere la disciplina negli investimenti, cosicché correggendo Bagehot, alcuni istituti appena solvibili non dovrebbe essere aiutati.
Ecco perciò la questione chiave per valutare le conseguenze future della politica attuale della banca centrale: la crisi nasce nel contesto di un sottostante problema di azzardo morale moderato o acuto?  L’ampio grado di asimmetria informativa in questo mercato fa pensare che sia un problema acuto. Comunque sia, è questo che determinerà se l’aiuto di oggi chiuderà il buco per sempre oppure solo temporaneamente, per produrne uno più ampio in futuro. La sfida per le banche centrali è trovare il giusto equilibrio tra il mantenimento della stabilità oggi e l’imposizione della disciplina in futuro. La dottrina Bagehot è ancora oggi un punto di riferimento. 

(1)X. Vives e J.C. Rochet (2004) “Coordination Failures and the Lender of Last Resort: Was Bagehot Right after all?” Journal of the European Economic Association (www.eeassoc.org/jeea/)

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  1. dylan70

    Sia FED che Bank of England hanno usato il lending of last resort per risolvere situazioni a’ la Bagehot di illiquidita’ senza insolvenza, salvaguardando la stabilita’ del sistema. Ma nell’area dell’euro sono in grado di fare altrettanto la BCE e le BCN? Il rifinanziamento della BCE non e’ un vero prestito di ultima istanza. Ne’ la constructive ambiguity ne’ il decreto Sindona danno risposte rassicuranti. E’ giunto il momento di dotare l’Eurosistema di un esplicito meccanismo di last resort? E in tal caso come devono cambiare i rapporti tra la BCE e la Vigilanza?

  2. Maurizio Ceccarelli

    In un sistema globale finanziario sono i produttori di moneta a gestire il mercato quindi le banche, ovvero le aziende legate alla produzione di moneta (economia) operando attraverso la loro "leva fiscale" (tassi) creano una pianificazione col fine di supportare o frenare l’economia con lo scopo di offrire sempre opportunità di crescita alla Nazione di riferimento. Fatta questa piccola premessa, intendo legare tale cappella introduttiva al governo dello Stato Italiano futuro in quanto i programmi elettorali non si basano sulla risoluzione del problema economico ma, contro ogni logica di mercato, sull’aumento di pensioni, salari e stipendi creando in tal modo una voragine economico-finanziaria sempre maggiore. La mia opinione modestissima da profano (semplice cittadino) è la seguente: operare tagliando le tasse (rif. tassi sopra indicati) drasticamente (almeno 50%) in modo da snellire i costi aggiuntivi sulle aziende e quindi offrire alle buste paga una maggior quantità di danaro tale da promuovere il consumo quindi avere, da parte dello Stato, un introito in tasse superiore alla quantità di flusso odierno. Distinti Saluti.

  3. Filippo Rebessi

    Non crede che le banche centrali avrebbero dovuto pretendere una rapida “disclosure” sullo stato di salute degli investimenti delle banche?Inoltre:l’apertura dei famosi “rubinetti di liquidità” durante la crisi è avvenuta senza apparentemente seguire alcuna regola, ma su iniziativa discrezionale delle banche centrali, quando abbiano ritenuto che le condizioni di mercato lo richiedessero. Questo è,in teoria, normale, essendo il credito di ultima istanza una procedura di emergenza. Ma se l’emergenza si perpetua per quasi un anno? In alcuni casi si è avuta l’impressione che le banche centrali, dopo un movimento molto negativo degli indici azionari, temessero un “crollo sistemico” e dunque decidessero di aprire i rubinetti.Comprensibile:nessun banchiere centrale ci tiene ad essere ricordato come il fautore della nuova crisi del ’29. Ora che però, ad esempio, UBS e Lehman Brothers si stanno agevolmente rifinanziando sul mercato, dopo aver dichiarato l’entità delle perdite, non crede che la discrezionalità dei banchieri centrali nell’apertura dei rubinetti di liquidità andrebbe limitata, mentre bisognerebbe ampliare i loro poteri “informativi”? Saluti e complimenti per l’articolo

  4. Luciano

    La crescente integrazione dei mercati finanziari e l’ingresso di nuovi operatori sui mercati hanno reso più arduo il compito delle banche centrali di bilanciare le esigenze di liquidità del sistema nel breve termine con quella di evitare, nel lungo periodo, forme di azzardo morale che derivano dall’esistenza di un safety net per le banche; o ancora, hanno talora posto l’obiettivo della stabilità finanziaria in conflitto con esigenze di un allentamento delle condizioni monetarie, con conseguenti ripercussioni internazionali.

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