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SE IL BANCHIERE CENTRALE METTE MANO AI SUOI ATTREZZI

La Banca Centrale Europea ha abbassato il tasso di riferimento dello 0,75 per cento. Un taglio consistente che tuttavia lascia ancora un buon margine di discesa senza trascurare la stabilità macroeconomica. Negli Stati Uniti, invece, il tasso della Fed si avvicina pericolosamente allo zero. Con il rischio che si rendano inefficaci i diversi strumenti strategici del banchiere centrale, dalle operazioni di mercato aperto al manovrare correttamente le aspettative. Come si stanno comportando, in concreto, i governatori degli istituti di Francoforte, Washington e Londra?

I prezzi al consumo negli Stati Uniti sono scesi in Ottobre dell’1 per cento su base annua, la più grande flessione mensile nell’indice dei prezzi registrata dal 1947. Contemporaneamente il tasso di interesse ufficiale fissato dalla Federal Reserve americana è sceso allo 0.75%. Ma la situazione è di fatto anche peggiore. Il federal funds rate misurato nel mercato è ben al di sotto di quel valore. Sembra quindi avvicinarsi negli USA la spettrale combinazione di deflazione e trappola della liquidità. Vale a dire una situazione in cui il tasso di interesse raggiunge lo zero e non esiste spazio per nessuna manovra espansiva da parte della politica monetaria in grado di frenare la discesa dei prezzi. Chiariamo meglio tecnicamente perché. L’idea è che, non potendo scendere i tassi di interesse sotto lo zero, viene a mancare la possibilità di stimolare la spesa aggregata (per consumi e/o investimenti), e quindi i prezzi. Il modo in cui di solito la banca centrale stimola la domanda è immettendo moneta nel sistema attraverso operazioni di mercato aperto, cioè acquisti di titoli pubblici in cambio di moneta. Se la maturità di questi titoli non è troppo lunga (in modo che i rispettivi rendimenti siano in linea con i tassi di interesse a breve, quelli fissati dalla banca centrale) è chiaro che nel portafoglio degli investitori sarà indifferente detenere titoli piuttosto che moneta. Le operazioni di mercato aperto risulteranno quindi inefficaci.

COME EVITARE LA TRAPPOLA

Contrariamente a quanto si pensa, però, la banca centrale ha diverse opzioni aggiuntive anche nel caso di trappola della liquidità. Ci sono almeno due opzioni. Innanzitutto la banca centrale può condurre operazioni di mercato aperto “non standard”. Vale a dire comprare titoli nominali a lungo o lunghissimo termine, il cui rendimento si discosta da quello di breve termine perché incorpora un premio al rischio (di varia natura) più alto. Ma in generale acquistare un più ampio spettro di attività, dalle obbligazioni private agli asset legati a proprietà immobiliari. I canali per espandere la base monetariasono quindi multipli. Non solo. Nella situazione presente un massiccio intervento ad acquistare attivitàdi varia natura avrebbe un doppio effetto benefico: (i) servirebbe a stabilizzare i prezzi degli asset che sono in caduta libera da diversi mesi, inducendo un circolo virtuoso di miglioramento dei bilanci degli intermediari finanziari (arrestando cioè il micidiale processo di deleveraging che sta mandando a picco le quotazioni azionarie delle principali banche americane); (ii) indurrebbe un rialzo delle aspettative di inflazione. In presenza di tassi di interesse nominali vicini a zero, è solo tramite una crescita delle aspettative di inflazione che i tassi di interessereali possono scendere.
La seconda opzione consiste nel manovrare correttamente le aspettative. In altre parole, la banca centrale dovrebbe assumere un impegno a mantenere i tassi di interesse bassi (ma positivi) per un periodo sufficientemente lungo in futuro: ma, si noti bene, per un periodo che si estende anche a quando l’economia dovesse dare segnali di uscita dalla trappola deflazione-recessione. Altrimenti tassi di interesse positivi in futuro risulterebbero non espansivi: quello che conta è che i tassi di interesse futuri attesi, pur essendo positivi, siano più bassi di quello che gli agenti si aspetterebbero normalmente una volta esauritasi la fase deflazionistica.
Tale strategia avrebbe due effetti: primo, creare (come sopra) aspettative di inflazione; secondo, influenzare correttamente la curva di rendimenti dei tassi, quindi i tassi di interesse a lungo termine, che sono quelli cruciali per stimolare la domanda aggregata. In altre parole, anche se i tassi a breve sono zero oggi (o vicini allo zero), i tassi a lungo termine possono essere diminuiti oggi (e quindi stimolare la domanda) se la banca centrale si impegna ad una politica espansiva in futuro. Più semplicemente: la politica monetaria può essere efficace oggi se “prende a prestito” espansioni monetarie future.
Questa discussione ci serve a chiarire un punto. Se la politica monetaria ha ancora diverse frecce nel suo arco, l’attenzione quasi spasmodica sul ruolo che la politica fiscale dovrebbe assumere nella fase corrente di trappola deflazione-recessione non è poi completamente giustificata. Soprattutto se consideriamo che l’opzione fiscale porta con sé benefici ma anche diverse distorsioni, magicamente cadute nel dimenticatoio.

L’ULTIMA MOSSA DELLA BCE

Per quanto riguarda la BCE la situazione è diversa. Nonostante l’ultimo taglio di ¾ di punto, il margine di discesa dei tassi rimane ancora apprezzabile. C’è da chiedersi forse come mai la BCE giunga ad una risposta così intensa più tardi delle altre banche centrali (Fed e Bank of England). Le ragioni sono almeno tre. Primo, la BCE ha annunciato da diversi mesi che il sentiero dei tassi sarebbe stato al ribasso, e questo è quello che più conta per pilotare correttamente la domanda aggregata. Secondo, il processo di deleveraging dei bilanci delle banche sembra meno intenso nell’area euro rispetto a USA e Regno Unito. Questo aspetto è importante. Se quello che conta in questi paesi è soprattutto frenare il deteriorarsi dei bilanci delle banche di investimento (i famosi broker dealers come Morgan Stanley, Citigroup o la defunta Lehman Brothers che così tanto hanno influito sulla meccanica della tempesta finanziaria), il livello corrente dei tassi a breve conta più che in circostanze normali. Questi operatori finanziari hanno infatti agito in modo estensivo sulla leva finanziaria, indebitandosi fortemente a breve quando le cose andavano bene. Il livello corrente dei tassi a breve, più che il sentiero atteso futuro, è quindi fondamentale per la salute dei loro bilanci. Da questo punto di vista, la BCE può permettersi di condurre una politica monetaria certamente aggressiva ma ancora sostanzialmente convenzionale; e quindi di tenere il livello dei tassi leggermente al di sopra di quello dei colleghi anglosassoni. Infine, le aspettative di inflazione, per quanto in discesa, rimangono ben più alte nell’area euro rispetto agli USA. Bene fa la BCE quindi a non perdere la bussola della stabilità macroeconomica.

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IL TRENO VA VELOCE. QUANDO NON RALLENTA

12 commenti

  1. Massimo GIANNINI

    Non sembra proprio che il processo di deleveraging dei bilanci delle banche sia o debba essere meno intenso nell’area euro rispetto a USA e Regno Unito. In effetti le banche europee sono tra quelle con più alto ratio di leverege (cfr. http://www.voxeu.org/index.php?q=node/1669 e http://shop.ceps.eu/downfree.php?item_id=1712). Inoltre credo si debba considerare il processo di deleveraging anche nei settori non finanziari. Certo che manca un po’ di trasparenza e disclosure in questo processo di deleveraging.

  2. Max Claps

    Il taglio dei tassi di interesse è sempre interessante come politica espansiva. Diceva qualcuno che puoi portare il cavallo all’abbeveratoio, ma se non ha sete non berrà comunque. Credo che in questo caso il cavallo abbia molta sete, quindi, in teoria l’abbassamento dei tassi di sconto delle varie banche centrali sia fondamentale. Mi pare di intuire però un diverso problema. Il sistema bancario non sta intermediando il messaggio delle banche centrali in modo appropriato. Mi sembra che stiano invece usando i fondi statali a soccorso dei vari istituti a rischio fallimento e i tassi di sconto ridotti per mantere i loro margini di interesse, ovvero i loro profitti operativi elevati. Ho parlato recentemente con alcuni conoscenti che pagano rate del mutuo a tasso variabile che non hanno ancora visto alcun effetto su ciò che pagano. E anche un piccolo imprenditore che si è visto chiedere il rientro da un fido quando è andato a chiedere spiegazioni del perché il tasso di interesse aumentava. Questa resistenza degli istituti di credito può essere un grosso problema, soprattutto se l’intento delle banche centrali è fornire un primo stimolo immediato a consumi ed investimenti.

  3. Davide Bukoro

    Gentile Professore. Perfetta analisi macroeconomica; purtroppo credo non si possano risolvere in tale modo i problemi. La Sua analisi ha come obiettivo sostenere i prezzi. Perché? L’unica soluzione non è l’inflazione ma la deflazione. Solo quando i prezzi nel mercato (dei beni, del capitale umano e di quello finanziario) si ridurranno al punto tale da incentivare di nuovo la domanda aggregata, l’economia, europea o meno, si riprenderà. Non sarà di certo il taglio dei tassi a breve o le altre due misure da pianificatore macroeconomico che Lei indica ad evitare l’inevitabile: un sano processo deflazionistico.

  4. emiliano marini

    In qualità di "operatore del credito" evidenzierei un paio di aspetti tecnici. Quanto all’effetto del ribasso dei tassi sulle rate del mutuo, solitamente, i contratti di mutuo variabili hanno formule quali "…l’interesse sarà determinato utilizzando come base l’euribor del secondo mese precedente quello di applicazione del tasso..". Quindi, poiché i tassi euribor sono scesi solo dal mese di novembre, è ragionevole immaginare che gli effetti sulle rate dei mutui si vedano solo dal prossimo gennaio. Inoltre, credo che il problema reale da verificare sia implicito nella logica di profitto delle banche, in relazione al rischio del sistema. Se è vero l’euribor scende, i tassi medi sugli impieghi non diminuiscono: con particolare riferimento al segmento "imprese", la banca può ad esempio utilizzare gli strumenti delle cosiddette "partite a tasso chiuso", il che sterilizza in toto ogni possibile calo dell’onere finanziario per gli utilizzatori. Assunto che il tasso di interesse applicato sugli affidamenti è espressione del rischio, siamo davvero certi che in questa situazione globale dei mercati, reali e finanziari, i livelli di rischiosità implicita negli affidamenti sia effettivamente diminuita?

  5. Nicola Fiore

    Il rapporto debito pubblico/PIL non può superare il 3% (nell’ UE), siamo intorno al 2,6-2,8, l’anno prossimo lo supereremo (Italia come tutta Europa, eccezzion fatta forse per la Germania), un abbassamento del tasso provoca un ulteriore innalzamento; credo che non si possa agire su di esso. La Fed può perchè non si è autoimposta vincoli.

  6. Massimo MERIGHI

    Il taglio dei tassi delle varie banche centrali imbocca la stessa strada ma ho impressione che gli obiettivi siano diversi, da un lato oltre atlantico, il peso del debito, di tutti i tipi, pubblico e privato si e’ fatto insostenibile e pertanto azzerare momentaneamente i tassi equivale a dare una boccata d’ossigeno, ma non credo che in ultima analisi porti a sviluppare nuovi investimenti! In Europa invece la riduzione e’ vista come la classica leva monetaria, ma anche in questo caso gli eventuali effetti non si vedranno immediatamente. Chidendo con l’Italia sarebbe bello vedere una comparazione di quanto pagano in piu’ (o in meno) i connazionali un mutuo rispetto a tedeschi e spagnoli mostrando quindi l’efficienza o l’inefficienza del nostro sistema bancario.

  7. Lorenzo B.

    Perchè in un sistema di libero mercato basato sullo scambio degli attori economici la moneta non è libera ma imposta da un monopolio statale? Perchè viene pianificata da pochi tecnici come in una economica socialista si pianificavano tutti i settori produttivi? Un sistema veramente libero è un sistema dove la moneta emerge in maniera genuina dal mercato come qualsiasi altro bene o servizio che viene scambiato. Un banchiere centrale ha provocato la crisi alimentando la bolla tecnologica e immobiliare e la soluzione dovrebbe venire ancora una volta da un banchiere centrale che sostanzialmente sta facendo la stessa cosa del suo collega? La trappola di liquidità è un concetto dell’arsenale keynesiano il cui unico scopo è evitare che il mercato, e quindi i liberi individui che lo compongono, provvedano all’aggiustamento necessario che segue ad un boom generato in maniera artificiale dall’espansione monetaria. Non c’è nessuna autorità, nessun economista, nessun banchiere centrale, nessun ministro o dittatore o presidente in grado di risolvere i problemi con la manipolazione e la pianificazione.

  8. Luciano

    Esiste anche il canale creditizio.

  9. rosa

    il problema di questa crisi è riconducibile ad una questione morale: il collasso del sistema finanziario che quotidianamente sfioriamo ha minato fortemente la fiducia e inibisce le azioni degli individui che non rispondono agli stimoli tradizionalmente indotti dalla politica monetaria e fiscale. Soltanto la percezione che l’azione di controllo da parte degli organi competenti produca esiti – anche con la rimozione di manager che hanno contribuito alla creazione di strutture finanziarie che hanno generato profitti nell’immediato con ricadute gravose sui singoli e sull’immmagine stessa delle istituzioni bancarie per cui quei soggetti operano – potrebbe modificare sensibilmente le aspettative -intese secondo la nota teoria econonica.

  10. Vittore de Bortoli

    Da sempre la leva dei tassi è uno strumento utilizzato dalle Autorità monetarie per cercare di guidare le fasi espansive e recessive dei sistemi economici. Forse negli ultimi anni essa ha perso un pò di forza. Sarà perchè la globalizzazione ha coinvolto anche i sistemi finanziari, sarà perchè l’Europa Unita è ancora mezza da costruire, sarà perchè la crisi attuale ha impatti diversi al là e al di là dell’oceano. Sicuramente anche la Bce deve continuare nella riduzione dei tassi, perchè questo aiuta sia l’economia reale che quella finanziaria. Lo deve fare però guardando relativamente a quello che fanno gli altri. Ritengo che in Europa la riduzione dei tassi di interesse sotto il 2% rischia di non produrre effetti concreti, rendendo inefficace lo strumento. Utile anche l’intervento sulla liquidità, ma attenzione alla sua pericolosità in un sistema con tante economie diverse quale L’Europa. Interessante lo "swappaggio" sui titoli a lungo termine.

  11. roberto rovatti

    Mi sembra che nessuno introduca la variabile materie prime e specificatamente "petrolio". Non esiste il rischio che alimentando aspettative inflazionistiche e in più con un possibile e probabile aumento dei prezzi dovuto alle materie prime, aumentato anche dall’esigenza di creare una nuova bolla speculativa si cada dalla padella alle brace? E cioè inflazione a due cifre?

  12. nat

    La BCE fa malissimo perchè tiene così un euro talmente forte da stroncare le possibilità di ripresa dei paesi europei che esportano al di fuori dell’area dell’euro. Per cui la ripresa in Europa si potrà avere solo al traino di altri paesi e sarà molto più lenta se e quando avverrà.Tutte le altre considerazioni sono secondarie in momenti così difficili. Non si vede nulla di buono all’orizzonte e prima o poi rimpiangeremo la vecchia lira e l’indipendenza dalla BCE.

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