Grazie a tutti i lettori che hanno inoltrato dei commenti, quasi tutti ottimi. Rispondo brevemente, e cumulativamente.

Innanzi tutto, vorrei chiarire che a mio giudizio la decisione della corte europea (che nella mia lettura stigmatizza la discriminazione basata sulla origine etnica) è ottima. Egualmente, non sono necessariamente a favore dei sistemi di quota proprio perché essi, come il dirigente belga, tendono a far dipendere una decisione dall’appartenenza a una categoria (nel caso della ditta belga, la categoria “europei”, e nel caso delle quote rosa la categoria “donne”).
Detto questo, è vero che c’è un limite all’analogia. Mentre gli “europei” sono una categoria “avvantaggiata”, le donne sono viste in certi ambiti come “svantaggiate”. Alcuni commenti hanno segnalato questa importante differenza. La posizione di questi lettori è certamente legittima.
Un lettore chiede se ci siano studi che valutino l’impatto di rimedi di affirmative action. Lo studio che ci va più vicino, a mia conoscenza, è il lavoro del professore di legge Richard Sanders.(1) Io interpreto i dati da lui presentati come evidenza che, almeno nell’ambito delle Law Schools americane, preferenze razziali nelle ammissioni non aiutano a selezionare “gemme nascoste”, ne’ hanno l’effetto di migliorare le performance di coloro che ne beneficiano – almeno nell’arco del periodo di studio preso in esame.
Una lettrice dice che in concorsi con prove anonime le donne ricevono voti relativamente migliori che in concorsi non anonimi. Sarei interessato ad avere questi dati, se esistono in forma sistematica. Per chi è interessato all’argomento, riferisco al classico articolo “Orchestrating Impartiality”, che mostra che, quando I concorsi per orchestrale furono fatti “ciechi” (con il candidato dietro uno schermo), le donne furono assunte più frequentemente che nei concorsi normali.(2)

(1) Si veda per esempio  “A Systemic Analysis of Affirmative  Action in American Law Schools”, disponibile al sito http://www.law.ucla.edu/sander/Systemic/final/SanderFINAL.pdf
(2) “Orchestrating Impartiality: The Impact of "Blind" Auditions on Female Musicians” di Claudia Goldin e Cecilia Rouse The American Economic Review, Vol. 90, No. 4 (Sep., 2000), pp. 715-741   

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