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COSA MANCA NEL SALVATAGGIO EUROPEO

Se sono chiare le linee generali degli interventi decisi dai governi europei per contrastare la crisi finanziaria, poco ancora si sa sui dettagli del piano. Ma si tratta di dettagli molto importanti, che vanno dai criteri per decidere in quali banche iniettare capitale alla durata dell’implicita nazionalizzazione. Inoltre il piano non affronta un punto chiave: come affrontare l’eventuale salvataggio di grandi banche sovra-nazionali. Affrontare questo punto potrebbe darci finalmente l’occasione di creare un’autorità di vigilanza per l’area dell’euro, a cui affidare la tutela della stabilità di queste banche.

 

I paesi europei sembrano aver finalmente compreso che il problema di solvibilità alla base della crisi attuale va ben oltre i confini nazionali dei singoli Stati e richiede un’azione coordinata. Dopo una settimana di crolli su tutte le borse e di crescenti timori di fallimenti bancari a catena, i leader dei quindici paesi dell’area euro hanno raggiunto un accordo su un pacchetto di misure che nelle sue grandi linee ricalca il piano di salvataggio britannico: i governi acquisteranno partecipazioni azionarie nelle banche e garantiranno i loro nuovi prestiti in modo da sbloccare il mercato interbancario. Insieme con l’annuncio che la Bce creerà una speciale linea di credito per l’acquisto di carta commerciale dalle banche, senza richiedere garanzie, il piano è riuscito a infondere un minimo di fiducia nei mercati, come testimonia l’immediato rialzo di corsi azionari.

GOVERNI E PROMESSE

Naturalmente, se sono chiare le linee generali degli interventi, molto resta da capire sui dettagli e l’attuazione del piano. E si tratta di un tipico caso in cui il diavolo si nasconde nei dettagli.
Come farà ciascun governo a decidere quali partecipazioni azionarie acquisire nelle banche dissestate? Ovviamente, non si dovrebbero salvare tutte le banche, indipendentemente dal loro grado di solvibilità. Lo stesso problema si pone per la concessione delle garanzie sui prestiti e per l’acquisto di carta commerciale dalle banche. Presumibilmente, le iniezioni di capitale e le garanzie sui prestiti dovrebbero essere concesse in stretta collaborazione con le principali autorità di vigilanza delle banche interessate. (1)
Ma altri “dettagli” non sono meno importanti per gli effetti di lungo periodo del salvataggio: che cosa ci assicura che le iniezioni di capitale e l’implicita nazionalizzazione, totale o parziale, delle banche europee non ci riporterà indietro, all’epoca del controllo diffuso dello Stato sulle banche? Nel Regno Unito, in Germania, Francia e Italia, così come negli Stati Uniti, i governi promettono solennemente di sottoscrivere le partecipazioni azionarie sotto forma di azioni privilegiate e di considerarle un investimento temporaneo, da rimettere sul mercato una volta passata la crisi. Ma sono promesse condivise da tutti i governi dell’area euro? E in ogni caso che cosa ci garantisce che i governi le manterranno? E in quale arco di tempo?

IL PROBLEMA TRASCURATO

Fin qui i dettagli mancanti. Ma dal piano europeo manca qualcosa di ancor più importante, e cioè come affrontare l’eventuale insolvenza delle banche europee che trascendano i confini nazionali, che sono anche quelle più rilevanti ai fini della stabilità sistemica dei mercati finanziari. I paesi europei hanno predisposto piani di salvataggio a livello nazionale, e ciò è ragionevole per la maggior parte delle banche europee, che hanno una scala di operatività quasi soltanto nazionale. Ma in Europa esistono anche alcune banche la cui scala è sovra-nazionale. Per l’eventuale salvataggio di queste banche si pone il problema di come ripartire i costi del salvataggio tra i paesi interessati, a meno di non volerle smembrare lungo le linee dei confini nazionali, come nel caso di Fortis. Per affrontare questo problema, è necessario un piano di azione preventivamente concordato dai governi nazionali, la cui attuazione sia affidata a un’autorità europea, a cui sarebbe logico d’ora in poi demandare la vigilanza su queste poche mega-banche. (2)
La speranza è che la crisi induca i governi a riconoscere che, nella sua attuale forma incompleta, l’integrazione monetaria e finanziaria dell’Europa è in una situazione di potenziale instabilità. Abbiamo creato un mercato finanziario integrato, dove le operazioni dei principali attori ovviamente trascendono i confini nazionali. Ma fino a oggi non siamo riusciti a completare la costruzione sovra-nazionale con il suo naturale contrappeso: un’autorità di vigilanza europea per  banche europee sovra-nazionali. Rimanere fermi in mezzo al guado è molto pericoloso. Ma proprio perché la situazione crea rischi concreti per il sistema bancario europeo, può diventare un’occasione unica per garantire all’Europa un’integrazione finanziaria fondata su basi molto più solide di quelle attuali.

(1) Lo ha sostenuto Javier Suarez, “The Need for an Emergency Bank Debt Insurance Mechanism,” Cepr Policy Insight No. 19, March 2008.
(2) Per le banche di rilevanza nazionale e locale, invece, è più efficiente che la vigilanza resti nelle mani delle rispettive autorità nazionali. Questa proposta è stata già avanzata da tempo da Tommaso Padoa Schioppa (in “Europe Needs a Single Financial Rulebook”, Financial Times, 11 dicembre 2007, p. 13),  ma purtroppo finora è rimasta inascoltata.

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ADDIO BASILEA 2

  1. mirco

    Una soluzione potrebbe essere la costituzione di un fondo sovrano gestito dalla BCE che viene fornito di liquidità e a sua volta compra azioni di queste banche. I proprietari del fondo potrebbero essere gli stati dell’euro in base a quote stabilite. Il Fondo dovrebbe gestire le banche con la neutralità necessaria a non favorire uno stato sull’ altro ma avere come obiettivi gli interessi europei in base ai trattati. La BCE dovrebbe poi essere vera autorità di vigilanza su tutto ciò che è di interesse europeo che dovrebbe essere regolato con diritto comunitario e svincolato dal diritto nazionale.

  2. Massimo GIANNINI

    Purtroppo mancano non solo i dettagli ma la trasparenza e un’analisi costi benefici delle misure. Se tutto cio’ fosse reso pubblico probabilmente non sarebbe approvato dai cittadini e dai contribuenti. Come sarebbe interessante avere una lista con relativa disclosure delle banche in difficoltà, per quanti miliardi e in quali settori. In quali banche si pensa di intervenire, perché e con quali rischi? Insomma un’esigenza minima di trasparenza per un’ efficiente allocazione di risorse pubbliche a favore di istituzioni che dell’efficiente allocazione delle risorse e di gestione del rischio non hanno fatto proprio il loro obiettivo strategico. Ancora un dettaglio non da poco: qual’é la exit strategy dei governi? Dire che si vedrà e, bene che vada, si rivendono le partecipazioni prese con un utile non é sufficiente. O forse la ciambella di salvataggio é stata preparata per non essere mai usata.

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