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GUADAGNA TROPPO CHI LAVORA NELLA FINANZA? *

A Wall Street nel 2007 solo i bonus hanno superato i 200mila dollari per operatore e anche nel 2008 non sono poi scesi di tanto. Chi lavora nella finanza (bancari e banchieri) è pagato troppo? Un’analisi dell’evoluzione del capitale umano e delle retribuzioni nel settore finanziario degli Stati Uniti nell’ultimo secolo mostra il ruolo svolto dalla deregolamentazione dei mercati e dallo sviluppo delle attività non finanziare nel determinare le retribuzioni. Pubblichiamo anche le retribuzioni dei top manager bancari in Italia dichiarate nei bilanci dell’esercizio 2007, prima della crisi.

Gli operatori dell’industria finanziaria hanno goduto negli ultimi anni di retribuzioni molto alte. I bonus pagati a Wall Street hanno superato i 200mila dollari per impiegato nel 2007. Nel 2008 sono calati, ma rimangono sorprendentemente alti alla luce del disastroso andamento del settore. E allora bancari e banchieri sono davvero strapagati?

IPOTESI PER UNA STORIA AFFASCINANTE

La storia delle retribuzioni e del capitale umano nel settore finanziario degli Stati Uniti è decisamente affascinante, ma prima di svelare il mistero mostrando ciò che è realmente accaduto, proviamo a fare alcune ipotesi su quello che ci si sarebbe dovuto aspettare.

–        L’ipotesi “da manuale”: quella finanziaria è sempre stata un’industria ad alta professionalità/alta retribuzione. Così gli operatori della finanza sono sempre stati più istruiti e più retribuiti della media e ciò riflette una allocazione efficiente delle risorse umane.
–        L’ipotesi dei “banchieri parassiti”: i compensi nell’industria finanziaria non sono correlati al reale contributo alla prosperità economica.
–        L’ipotesi “borsa”: se la borsa va su, vanno su le retribuzioni nel mondo finanziario (perché accada, però, non è chiaro).
–        L’ipotesi “computer”: tutti questi intermediari e manager hanno visto crescere la loro produttività grazie ai computer e alla tecnologia dell’informazione: per questo guadagnano così tanto.

Si tratta di alcune ipotesi estreme, che non si autoescludono, nessuna delle quali tuttavia si rivela corretta.

ANDAMENTO A U

Insieme ad Ariell Resheff ho analizzato il capitale umano e le retribuzioni nel settore finanziario degli Stati Uniti nell’ultimo secolo. (1)
La nostra analisi mostra alcuni fatti nuovi. Primo, l’intensità relativa di professionalità e le retribuzioni relative del settore hanno un andamento a U dal 1909 al 2006. Dal 1909 al 1933 il settore finanziario è stato un’industria caratterizzata da alta professionalità-alta retribuzione. Negli anni Trenta si è registrato un cambiamento radicale: il settore finanziario ha perso rapidamente l’elevato capitale umano e il premio retributivo rispetto al resto del settore privato. Il declino è proseguito, sebbene in modo più lento, dal 1950 al 1980. A quel punto, le retribuzioni nel settore finanziario erano simili, in media, a quelle nel resto dell’economia. Dal 1980 in avanti ecco un nuovo netto cambiamento di rotta: il settore finanziario torna a essere un’industria ad alta professionalità-alta retribuzione. Da notare che alla fine del periodo, le retribuzioni relative e i livelli di formazione erano tornati esattamente, o quasi, sui livelli precedenti il 1930.

Utilizzando micro dati sulle mansioni, abbiamo costruito indici per misurare la complessità dei compiti eseguiti nell’industria finanziaria. Sulla base dell’indice abbiamo ottenuto lo stesso andamento a U per l’ultimo secolo: le mansioni nel mondo finanziario erano relativamente più complesse e non di routine rispetto alle altre prima del 1930 e dopo il 1980, ma non negli anni centrali del campione. Cerchiamo allora di identificare le forze responsabili dell’andamento del capitale umano nell’industria finanziaria.
Il fatto che retribuzioni relative e istruzione fossero allo stesso livello negli anni Venti e negli anni Novanta ci porta a escludere, quale forza principale dietro al fenomeno, la tecnologia, e in particolare la tecnologia dell’informazione: prima del 1960 non c’erano computer nell’industria privata. Perciò, l’idea che la crescita delle retribuzioni nell’industria finanziaria sia una conseguenza meccanica della rivoluzione tecnologica è in contraddizione con l’evidenza storica.
I fatti storici escludono anche alcune semplici spiegazioni macroeconomiche. Per esempio, il rapporto medio prezzi/guadagni o il rapporto tra corsi azionari e Pil non sono molto correlati con l’andamento dei salari relativi. Negli anni Sessanta c’è stato un boom di borsa e un crollo dopo il 2001.
Il nostro studio rivela invece un legame molto stretto tra deregolamentazione e capitale umano nel settore finanziario. Le professionalità più alte hanno lasciato il settore finanziario sulla scia delle regolamentazioni dell’era della grande Depressione e hanno iniziato a tornarvi proprio quando quelle regolamentazioni sono state rimosse. La relazione sussiste sia per la finanza nel suo insieme sia per sotto-settori al suo interno. Se considerato insieme ai nostri indici di complessità relativa, ciò suggerisce che la regolamentazione inibisce la capacità di sfruttare la creatività e l’innovatività di lavoratori istruiti e qualificati. La deregolamentazione invece libera la creatività e l’innovazione e aumenta la domanda di lavoratori qualificati. 

Il secondo insieme di forze che sembra avere una forte influenza sulla domanda di professionalità nel settore finanziario sono le attività non finanziare delle imprese: in particolare, le operazioni Ipo e il rischio di credito. Le nuove imprese sono difficili da valutare perché si associano spesso a nuove tecnologie o a nuovi modelli di business, ma anche per l’ovvia ragione che non hanno una “storia” alle spalle. Allo stesso modo, è in questi casi ben più difficile dare un prezzo e assicurare contro il rischio il loro debito di quanto non accada con i titoli del debito pubblico.
Nel nostro lavoro, abbiamo trovato che incrementi nelle attività Ipo aggregate e nel rischio di credito predicono bene incrementi dell’intensità di capitale umano nell’industria finanziaria. Computer e tecnologia dell’informazione giocano anch’essi un ruolo, ma limitato. Al contrario di quanto comunemente si crede, i computer non spiegano l’evoluzione dell’industria finanziaria: la finanza degli anni Venti appare notevolmente simile a quella degli anni Novanta nonostante l’assenza dei computer nella prima parte del campione.

LA CREATIVITÀ FINANZIARIA PAGA BENE

La creatività finanziaria è stata pagata in modo eccessivo? Per verificarlo, abbiamo costruito una serie storica di riferimento per la retribuzione relativa nella finanza, controllando per l’istruzione e il rischio di impiego così come per la variazione nel tempo dei rendimenti dell’istruzione. Il nostro salario di riferimento spiega bene la retribuzione relativa osservata tra il 1910 e il 1920 e dal 1950 al 1990. Da metà anni Venti a metà anni Trenta e dalla metà anni Novanta al 2006, tuttavia, le retribuzioni degli addetti dell’industria finanziaria sembrano essere troppo alte per essere coerenti con un equilibrio sostenibile del mercato del lavoro.

Nel complesso, la nostra conclusione è che coloro che lavorano nella rinanza sono stati pagati circa il 40 per cento in eccesso nel 2006.

IMPLICAZIONI PER IL FUTURO

Nel lungo periodo, sembra che il fattore più importante per la domanda relativa di qualificazione e per le retribuzioni relative nel settore finanziario siano la regolamentazione e l’attività di finanza delle società, seguite dall’innovazione finanziaria.
Mostriamo inoltre che natura e tempi dei cambiamenti nella regolamentazione indicano un ruolo causale della deregolamentazione e della distruzione creativa nel settore societario, innescato da rivoluzioni tecnologiche. Da un lato, il cambiamento nella retribuzione relativa degli addetti del settore finanziario è parte di una risposta efficiente a un mutamento nell’ambiente economico. In particolare, dimostriamo che le necessità della finanza societaria del settore non finanziario contribuiscono a spiegare la domanda di qualificazione nell’industria finanziaria.
D’altro lato, troviamo che le rendite spiegano dal 30 al 50 per cento dei differenziali di retribuzione osservati dalla fine degli anni Novanta: in questo senso, i finanzieri sono pagati troppo.
I nostri risultati hanno anche un’altra importante implicazione per la regolamentazione. Dopo le crisi del 1930-1933 e del 2007-2008, si è rimproverata ai regolatori una supervisione inadeguata. La commissione Pecora del 1933-1934 documentò la permissività e sostenne le ragioni di regole più stringenti: ciò portò al Glass-Steagall Act, al Securities Act del 1933 e al Securities Exchange Act del 1934.
Col senno di poi, è chiaro che i regolatori non avevano capitale umano adeguato a tenere il passo dell’industria finanziaria e a comprenderla sufficientemente bene da riuscire ad applicare regole efficaci.
Considerati i premi di retribuzione che documentiamo, i regolatori non potevano attrarre e trattenere operatori altamente qualificati, perché non potevano competere con le retribuzioni del settore privato. Il nostro approccio dà dunque una spiegazione per i fallimenti della regolamentazione. E naturalmente, nel 2009 i regolatori potranno assumere lavoro qualificato a buon prezzo, proprio come è accaduto negli anni Trenta.

 

(1) Thomas Philippon e Ariell Reshef “Wages and Human Capital in the U.S. Financial Industry: 1909-2006”

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  1. Giovanni G

    Non sono un economista, e non studio economia. Ma una domanda mi sorge spontanea: se la de-regolamentazione pre-1930 e pre-2008 ha portato a due crisi economico-finanziarie, non sarebbe meglio regolamentare il mercato finanziario? E ancora: è ovvio che il boom degli anni ’50-’60 ha avuto come volano la Seconda Guerra Mondiale, ma dai dati proposti non sembra che ci sia una correlazione tra crescita economica e de-regolamentazione, tra crescita economica e libertà dei mercati (finanziari). Mi sbaglio?

  2. Franco A.Grassini

    Forse l’autore trascura il fatto che non solo nella finanza, ma in tutte le imprese c’è stato un crescente divario tra le posizioni apicali e quelle meno elevate. Nella finanza è stato più agevole, date le rendite di cui parla l’autore, ridurre tale divario compensando molto anche tutti quanti sono dotati di un minimo di autonomia decisionale. Questo ha elevato le retribuzioni medie. Il problema è se le rendite sono eliminabili o solo tassabili.

  3. Romanin Gerardo

    Interessante l’analisi che ci porta a mettere sullo stesso piano anni 30 ed oggi. Riuscendo a sapere come si è svolto il tutto allora tra i maneger, riuscireste a rispondere a questa domanda: "Io piccolo risparmiatore, comr devo muovermi? Attendere il rialzo, prendere subito i guadagni e vendere?

  4. l'upereri

    Sulla base delle mie conoscenze alle domande del titolo si può rispondere nel modo seguente: -in tutte le organizzazioni del lavoro, pubblico e privato, si assiste ad una moltiplicazione voluta ed "efficentata" di competenze con scissione fra chi decide e chi risponde, al pubblico o agli interna corporis; chi decide guadagna di più di chi finge di metterci la faccia (tanto poi ci sono sempre dei lavoratori che ci mettono una pezza). Quelli che guadagnano meno sono i vari tipi di precari, poi c’è sempre un vecchio caposquadra che la sfanga in qualche modo a vantaggio dei temporeggiatori sovrastanti; -fermandosi ai modi di guadagnare leciti, i vari responsabili (ormai tutti sono responsabili di qualcosa, tanto non rispondono a nessuno perchè la colpa è dell’intreccio di competenze) riescono sempre a raggiungere i loro obiettivi perchè gli sono stati assegnati in misura benevola,scaricando su quelli non simpatici al superiore diretto il di più che serve a colmare gli obiettivi di quest’ultimo; -guadagnano di più coloro che, privi di competenze tecniche riguardanti il settore in cui operano, non creano problemi al bel meccanismo descritto.Qualcuno se ne interessa a livello scientifico?

  5. Luigi D. Sandon

    A vedere i dati appare che: 1) Il grandi balzi in avanti del XX secolo sono stati fatti durante il periodo 1950-1990, dal boom industriale alla "rivoluzione informatica", passando per l’automobile, l’aereospaziale, la farmaceutica, le telecomunicazioni e l’elettronica di consumo. In parte dovuti all’effetto II Guerra Mondiale e Guerra Fredda, ma probabilmente anche alla maggior attrattiva che le attività produttive avevano per i capitali, finanziario e "umano". A quanto poi pare le deregolamentazioni invece attirano il capitale nel settore finanziario, dove diventa più facile farfe soldi fino alla successiva crisi del sistema. Probabilemnte l’eccessiva concentrazione di ricchezza nelle attività finanziarie crea una pressione eccessiva sul resto dell’economia che alla fine collassa. 2) Gli stipendi del settore sono un termometro della stabilità del sistema. Se salgono troppo vuol dire che i sistemi di sicurezza hanno ceduto, e una crisi è imminente.

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