Per apprezzare gli effetti della riforma del lavoro sul piano dei grandi aggregati ci vorrà del tempo. Ma già da ora si nota un impatto significativo sul contratto di lavoro intermittente, profondamente ri-regolato dalla legge 92.

Qualche osservatore a corto (o in eccesso) di capacità analitiche ha commentato i recenti dati Istat sulladisoccupazione affermando “Ecco: la riforma del mercato del lavoro non funziona”. Con altrettanto acume semplicistico qualcuno potrebbe argomentare “Ecco, la riforma del mercato del lavoro funziona perché l’occupazione tendenziale tiene, è praticamente stabile, mentre siamo in presenza di un Pil a -2,6 e di una produzione industriale a -4,8 (sempre dati tendenziali)”.
In realtà ci vorrà molto tempo per apprezzare gli effetti (eventuali) della riforma varata con la legge 92/2012sul piano dei grandi aggregati. Ciò che fin d’ora si può iniziare a osservare è la ricaduta delle norme specifiche che hanno teso a modificare i comportamenti delle imprese, incentivandoli o disincentivandoli rispetto agli obiettivi che il legislatore si è dato.

LA LEGGE 92 E IL LAVORO INTERMITTENTE

Il primo impatto significativo è stato registrato in relazione al contratto di lavoro intermittente (o lavoro a chiamata o job on call), profondamente ri-regolato dalla legge 92/2012. Con l’obiettivo di limitarne l’utilizzo distorto, le nuove norme hanno ridefinito modalità e tempi del possibile impiego, ma hanno anche introdotto un nuovo adempimento – l’obbligo di comunicare la durata di ogni attivazione effettiva del lavoratore – al fine di precludere forme di impiego irregolari, vale a dire la facile tentazione di schermare con il contratto medesimo forme di lavoro nero di varia intensità.
A partire dal 2008, il contratto di lavoro intermittente aveva conosciuto uno straordinario successo e una progressiva, continua, rapida diffusione, intensa soprattutto nelle Regioni (Veneto, Emilia Romagna) più turistico-commerciali. Nel terzo trimestre 2012, in coincidenza non casuale con l’entrata in vigore, il 18 luglio, della legge 92/2012, il trend di crescita si è vistosamente inceppato.

Fonte: elabobrazione SeCO, novembre 2012

Dai dati resi disponibili dalle Regioni e province autonome aderenti al gruppo di lavoro multiregionale SeCo (Stastistiche e Comunicazioni obbligatorie) emerge che:

–       le assunzioni sono diminuite fortemente in tutte le aree sia rispetto al trimestre precedente (circa – 30 per cento) sia rispetto al medesimo trimestre dell’anno precedente (quasi il 70 per cento in meno);
–       di converso sono ovunque (unica eccezione il Piemonte) aumentate significativamente le cessazioni: il loro incremento risulta di poco inferiore al 40 per cento in confronto sia con il trimestre precedente che con il medesimo trimestre del 2011. (1)

Leggi anche:  Con la popolazione che invecchia la 104 non basta più*

Il combinato disposto della calo delle assunzioni e del crescita delle cessazioni ha comportato un forte ridimensionamento dello stock di rapporti intermittenti in essere: si può calcolare, per l’insieme delle aree considerate e con riferimento ai rapporti aperti a partire dal 2008, una contrazione dei rapporti in essere attorno al 20 per cento rispetto al livello pre-riforma (e al netto dei fattori stagionali). (2)

anastasia.1354619912

È evidente che un movimento di queste dimensioni non ha determinanti solo stagionali, ma è in larga parte ascrivibile alla reazione delle imprese (e dei consulenti del lavoro) e ai connessi cambiamenti post riforma nelle strategie di recruitment. Il contratto a chiamata con le nuove regole risulta chiaramente meno appetibile. Ma che ne è stato dei lavoratori interessati dalle cessazioni di rapporto di lavoro intermittente?

COME CAMBIANO I CONTRATTI

Tabella 2- Cessazioni da contratti di lavoro intermittente e successiva riallocazione (entro un mese)

Cattura-1.1354630250

Un’analisi di dettaglio disponibile per il Veneto, una delle Regioni dove il contratto a chiamata ha conosciuto la maggior diffusione, ha documentato che a fronte delle circa 30mila cessazioni di rapporti di lavoro intermittente del terzo trimestre 2012, in oltre 10mila casi – pari al 36 per cento delle cessazioni totali – si è registrato unnuovo rapporto di lavoro attivato entro un mese dalla data di cessazione. (3) Nello stesso trimestre degli anni precedenti, con un livello di cessazioni su valori ben più contenuti, tale quota era inferiore al 20 per cento. Ma il fatto più rilevante e significativo è che la quasi totalità delle assunzioni intervenute dopo la conclusione del contratto di lavoro intermittente (circa 9mila) è stata attivata dalla medesima azienda che aveva comunicato la cessazione, quasi sempre nell’arco di pochi giorni dalla conclusione del rapporto di lavoro intermittente. I nuovi rapporti di lavoro così attivati sono risultati nel 48 per cento dei casi a tempo indeterminato e nel 39 per cento dei casi a tempo determinato, mentre in precedenza le ri-assunzioni avvenivano in prevalenza con un ulteriore contratto di lavoro intermittente; si tratta, in maggioranza, di rapporti part-time.
La nuova regolamentazione risulta dunque aver determinato non solo un ridimensionamento del ricorso al contratto di lavoro a chiamata, ma anche uno spostamento di rilievo in direzione di altre tipologie di lavoro, in particolare i rapporti a part-time sia a tempo indeterminato che determinato, mentre non risultano significativi gli spostamenti verso l’apprendistato e verso il contratto a progetto. Solo la disponibilità di dati di fonte Inps, infine, potrà documentare la consistenza di un’ulteriore possibile direzione di spostamento: quella verso i voucher.

Leggi anche:  Quali sono i lavori minacciati dalle tecnologie digitali?

(1) Nei siti delle Regioni e province autonome aderenti al network SeCo (Piemonte, Liguria, Lombardia, Trento, Bolzano, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Marche, Umbria, Campania, Sardegna) è disponibile sia il report trimestrale con un sintetico commento sia il file con i dati mensili a partire dal luglio 2008 fino a settembre 2012 (vedi www.venetolavoro.it). Il report relativo al terzo trimestre 2012 è aggiornato per tutti gli ambiti territoriali aderenti, ad eccezione del Friuli, i cui dati saranno integrati entro breve tempo.
(2) I rapporti di lavoro intermittente attivati in precedenza sono in numero esiguo, non tali da modificare le valutazioni proposte.
(3) Per maggiori dettagli si rinvia alla nota “Monitoraggio legge 92/2012. L’impatto sul lavoro intermittente”, inMisure, n. 41, novembre 2012 (www.venetolavoro.it).

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Tfr nei fondi pensione, un gioco delle tre carte