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VITE DA BANCHIERI DI IERI E DI OGGI

Correva l’anno 1272 ed Edoardo I d’Inghilterra intratteneva eccellenti rapporti d’affari con alcuni banchieri italiani. In un sistema che potremmo descrivere come una variante antica del modello Northern Rock, i Ricciardi si affidavano ai prestiti interbancari per finanziare il credito concesso al re. Ma a partire dal 1290 si verificò una crisi di liquidità simile a quella innescata negli Stati Uniti dai subprime nel 2007. Con esiti disastrosi. E un monito della storia per i governi di oggi, che iniziano a chiedersi come pagare gli obblighi che continuano ad assumersi.

 

Fino al 1272 i re inglesi mantenevano solo occasionali relazioni d’affari con le società mercantili italiane, in genere per l’acquisto di beni di lusso per la corte o per trasferimenti di denaro sul continente. È Edoardo I (1272-1307) che stabilisce una stretta relazione finanziaria con una particolare società mercantile, i Ricciardi di Lucca.
Già nel 1275, i Ricciardi erano gli esattori dei neonati diritti di dogana sulle esportazioni di lana, pellame e velli, per un valore di circa 10mila sterline l’anno, ma ricavavano denaro anche da altre fonti di entrata reali. In cambio, anticipavano al re significative somme oppure eseguivano pagamenti in suo nome a parti terze, nella misura e nei tempi ordinati da lettere del re. In totale, tra il 1272 e il 1294 i Ricciardi furono coinvolti nella raccolta e nell’esborso di circa 20mila sterline l’anno, equivalenti a più o meno alla metà del normale reddito annuale del re. Potremmo forse paragonare questo sistema a un moderno conto corrente, completo di ampie possibilità di scoperto su fido. Ed Edoardo faceva largo ricorso al fido, con scoperti in genere tra le 10mila e le 20mila sterline.

IL SISTEMA RICCIARDI

Il rapporto d’affari era vantaggioso per entrambe le parti. Il re otteneva anticipi sulle entrate reali e poteva così far fronte alle fluttuazioni stagionali del suo reddito. Il generoso accesso al credito gli permetteva di affrontare spese impreviste o di intraprendere progetti costosi, senza il peso di detenere sostanziose riserve di cassa. Per parte loro, i Ricciardi ottenevano un ritorno finanziario sull’anticipo di denaro, anche se ciò generalmente non traspare dalle fonti per il divieto di usura imposto dalle autorità religiose. Ma secondo i nostri calcoli, prima del 1294, Edoardo otteneva prestiti a tassi di circa il 15 per cento annuo. Inoltre, i Ricciardi traevano vantaggio dal favore del re anche nella conduzione degli affari che non lo coinvolgevano direttamente.
Ma com’è che i Ricciardi e le altre società mercantili erano nella condizione di fare simili prestiti e investimenti? I fondi iniziali provenivano dai soci della società che mettevano in comune i loro capitali e ne ricevevano i profitti secondo le quote di partecipazione. Era un’attività rischiosa perché ogni socio poteva essere ritenuto personalmente responsabile di ogni debito contratto dalla società. Ricevevano anche depositi, in genere da facoltosi cittadini delle città-stato italiane. In più, i mercanti italiani traevano profitto dalla gestione delle imposte papali raccolte in Inghilterra, un’attività che secondo noi ha giocato un ruolo cruciale nella formazione del capitale. Nel 1274, per finanziare una nuova crociata, il papa aveva imposto una tassa sul clero in tutta Europa: nella sola Inghilterra furono raccolte 150mila sterline. I Ricciardi erano una delle tante società mercantili italiane che agivano come banchieri papali e a loro era affidata una parte (circa 10mila sterline) del denaro riscosso in Inghilterra. Somme che potevano coprire i fidi concessi al re. La maggior parte del capitale era sempre impegnata in varie operazioni, compresi prestiti a governi e privati e investimenti in beni commerciabili. Tutto ciò era vantaggioso perché queste attività garantivano guadagni, ma significava anche che i mercanti detenevano soltanto una piccola riserva di capitale liquido. Normalmente non era un problema: le transazioni potevano essere condotte a credito o attraverso compensazioni. E anche quando era necessaria una quantità di denaro liquido che eccedeva le riserve, si poteva fare affidamento su altri mercanti, per prestiti o per la vendita di alcune attività. Per esempio, i Ricciardi agivano spesso da broker, raccogliendo prestiti per il re da un cartello di loro colleghi mercanti. Potremmo descriverlo come una variante antica del modello Northern Rock: i Ricciardi si affidavano ai prestiti interbancari per finanziare le loro aperture di credito al re.

LA CRISI

(…) A partire dal 1290 ebbe inizio una crisi di liquidità simile a quella innescata negli Stati Uniti dai subprime nel 2007. L’imposta papale fu gradualmente richiamata a Roma, mentre il re di Francia imponeva ai mercanti italiani il pagamento di notevoli somme di denaro, lasciando le società mercantili sotto-capitalizzate.
All’inizio, sembrava che i Ricciardi fossero riusciti a evitare la crisi. Edoardo aveva alla fine accettato di condurre la nuova crociata e in cambio aveva ottenuto l’accesso ai proventi della tassazione del clero riscossi in Inghilterra. Alle società mercantili che li avevano in deposito fu dunque ordinato di trasferire una prima rata di 100mila marchi (circa 66.667 sterline) ai Ricciardi, a favore di Edoardo. Tuttavia, è improbabile che ci sia stato un passaggio fisico di denaro: è molto più logico che le società mercantili abbiano trasferito le loro passività dal papa ai Ricciardi. Sulla carta, il denaro sarebbe stato accreditato ai Ricciardi, ma ne derivava un pericolo: quello che Edoardo decidesse di incassare i proventi della tassa con un breve preavviso.
Ed è proprio quello che accadde nel 1294, quando scoppiò la guerra tra Inghilterra e Francia. Come in altre occasioni, Edoardo si rivolse ai Ricciardi per il denaro necessario a finanziare un esercito.
In teoria, i Ricciardi avrebbero dovuto essere ben capitalizzati, sfortunatamente però sembra che la maggior parte delle loro risorse fosse già impegnata e la diffusa mancanza di liquidità impediva di rivolgersi al mercato interbancario per ottenere il denaro. Le difficoltà erano poi esacerbate dalla guerra anglo-francese, che aveva tagliato le comunicazioni tra Italia e Inghilterra e non permetteva alle società mercantili di aggiornare i libri contabili. Così come di questi tempi fanno le banche, a loro difesa i Ricciardi avrebbero potuto sostenere che le loro difficoltà erano dovute a una crisi di liquidità di breve periodo e che le loro attività pareggiavano le passività. In pratica, però, non erano in grado di dare a Edoardo l’aiuto finanziario di cui aveva disperatamente bisogno. Per questo, il re revocò l’incarico di esattori dei dazi sulla lana e ordinò la confisca di tutte le attività dei Ricciardi e di altre società mercantili. Fu un colpo mortale per le finanze dei Ricciardi e la fine del loro lungo rapporto d’affari con la corona d’Inghilterra.

E QUELLO CHE NE SEGUÌ

All’inizio, i Ricciardi cercarono di recuperare le loro posizioni attraverso una serie di credit swaps e di compensazioni tra loro creditori e debitori. Questo richiedeva una nuova contabilità con Edoardo, nella convinzione che il suo scoperto, unito ai ricavi dalla lana confiscata e dai debiti, avrebbe compensato una gran parte della enorme tassa papale. L’altro loro creditore principale era il papa e i Ricciardi cercarono di convincerlo ad accollarsi i crediti che i mercanti vantavano in Italia e Francia: il papa si trovava certo in una situazione migliore per esigerne il pagamento. Se vogliamo tracciare un nuovo parallelo con la situazione attuale, è l’intervento statale attraverso l’emissione di bond garantiti dal Tesoro in cambio delle più illiquide attività detenute dalle banche.
Sfortunatamente per loro, i Ricciardi non riuscirono a convincere i governi ad aiutarli.
Nel breve periodo, con le sue decisioni Edoardo riuscì a recuperare 50mila sterline. Tuttavia, la caduta dei Ricciardi comportò costi significativi nel medio termine. Edoardo aveva ancora bisogno di enormi somme di denaro per pagare i suoi eserciti (…). Fu così costretto a rivolgersi a finanziatori che non disponevano delle risorse dei Ricciardi e pretendevano tassi di interesse ben più alti, fino al 150 per cento annuo.
Oggi, azioni punitive nei confronti delle banche avrebbero conseguenze economiche ben più serie, considerato l’attuale ricorso al credito. Lo stesso Edoardo sembra essere arrivato alle stesse conclusioni. Nel 1299 aveva già avviato una nuovo rapporto di affari, destinato a durare a lungo, con i Frescobaldi di Firenze. E quando i Frescobaldi si lamentarono perché la notizia aveva comportato una fuga di altri clienti dalla loro banca, il re d’Inghilterra promise loro una compensazione di 10mila sterline. Il normale reddito annuale della corona inglese era all’epoca di 40mila sterline: l’impregno preso da Edoardo era dunque superiore agli iniziali 50 miliardi di sterline in ricapitalizzazioni bancarie offerte dal governo inglese nel 2008.
Privato dell’accesso al credito, Edoardo fu costretto a ricorrere a una pesante tassazione e ai suoi diritti di acquistare merci fissandone il prezzo. Fece anche un uso smodato dei Wardrobe Bills, essenzialmente obblighi di pagamento governativi, per pagare salari e approvvigionamenti. Tutte misure che alla fine portarono alla nascita di una forte opposizione politica e contribuirono alla crisi costituzionale del 1297. Viceversa, il suo rivale, Filippo il Bello, cercò di ottenere denaro abbassando il valore intrinseco della moneta, riducendo di due terzi il contenuto d’argento delle monete. Il diritto di signoraggio (…) gli permise di evitare il ricorso a una tassazione diretta ai livelli di quella imposta da Edoardo o di avere lo stesso livello di debito. È tuttavia possibile che le conseguenze a lungo termine dell’espansione nell’offerta di moneta siano state peggiori per l’economia francese di quanto non sia stato a medio termine il peso di alte tasse e del debito per l’Inghilterra.
Siamo convinti che questa storia abbia una notevole eco in questo momento, quando i governi inizieranno a cimentarsi con il problema di come pagare gli obblighi che continuano ad assumersi.

Foto: da wikipedia

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  1. mirco

    Se nel mondo odierno, invece di riempire le banche di manager matematici si fossero preparati managers laureati in economia, ma con la condizione del 30 e lode in storia economica , non saremmo qui a discutere della crisi del 1300 o della caduta dei bulbi di tulipano alla borsa di anversa o della crisi del ’29, perchè non si sarebbero ripetuti gli errori. E’ il capitalismo, ma stavolta c’è un problema di sviluppo serio: la sostenibilità ecologica del pianeta.

  2. Paolo Loi

    La storia si ripete. Ho paura che il conto verrà pagato dai cittadini con una tassa particolare, la terribile inflazione, che prima o poi arriverà perchè tutta la carta emessa prima o poi inizierà a girare.

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