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LA RISPOSTA AI COMMENTI

Grazie a tutti i lettori per l’interesse. Ci sono essenzialmente tre tipi di commenti al nostro articolo su lavoce.info.

Il primo tipo riguarda il sospetto che la nostra analisi abbia semplicemente accostato due fenomeni distinti: la crescita dei prezzi immobiliari e l’abolizione dell’imposta su successioni e donazioni del 2001. In verità, questo accostamento è molto meno casuale di quanto il lettore possa sospettare. Offriamo due interpretazioni economiche semplici ma non banali – una è nell’articolo su lavoce.info – del perché l’abolizione dell’imposta in questione abbia contribuito ad innalzare il prezzo degli immobili in Italia dal 2001 in avanti. Il punto di partenza del nostro argomento è molto semplice: in generale quando un importante utilizzo di un bene smette di essere gravato da una tassa, il valore di quel bene aumenta e così il suo prezzo. E’ difficile pensare che questo non sia avvenuto anche per le case, i beni oggetto della stragrande maggioranza delle donazioni e successioni (più di una su due le coinvolge stando ai dati ISTAT). Quando la tassazione su questo tipo di trasferimenti è stata abolita nel 2001, le case si sono quindi apprezzate.  Non è corretto osservare che la donazione non è una scelta alternativa alla vendita  poiché “serve un fine diverso”. Per rendersene conto basta pensare che, se donazioni e successioni fossero soggette ad un’imposta del 90%, non vi sarebbe alcuno sano di mente disposto a fare ancora  donazioni. Esiste infatti una fetta importante di popolazione italiana che sceglie tra vendere e donare sulla base della relativa convenienza anche fiscale e, cosi’ facendo, influenza l’equilibrio di mercato. Nella versione completa del nostro studio, abbiamo formalizzato tale intuizione per mostrare, accanto al ruolo dei molteplici fattori in gioco, l’importanza della relazione che più ci interessa; inoltre abbiamo proceduto a un’analisi statistica proprio volta a stimare l’effetto dell’abolizione dell’imposta sui prezzi delle case. Questa analisi supporta un nesso causale della variazione dell’imposta sui prezzi, non una mera correlazione.

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Il secondo tipo di commenti sottolinea come altri fattori possano spiegare la dinamica dei prezzi in Italia: l’andamento delle nuove costruzioni immobiliari e dei tassi di interesse, lo scudo fiscale, il crollo delle borse e la fuga degli investitori nel “mattone”. Ci permettiamo di aggiungerne altri: il flusso di capitali in Italia pre e post 2001, le dinamiche demografiche nei centri abitati e l’andamento dei salari reali nelle diverse regioni. Siamo perfettamente consci della validità di queste argomentazioni tanto è vero che ne abbiamo esplicitamente tenuto conto nella nostra analisi empirica. Non abbiamo mai sostenuto che non importassero. . Tuttavia, la cosa sorprendente – forse il contributo principale del nostro lavoro – è che, pur considerando tutti questi fattori insieme, l’abolizione dell’imposta su successioni e donazioni ha comunque un effetto aggiuntivo statisticamente significativo sull’innalzamento dei prezzi immobiliari.

Il terzo tipo di commenti critica l’analogia con la Germania. Tale analogia, seppure aneddotica e non utilizzata nell’analisi statistica formale, ci pare comunque istruttiva. La Figura 1 mostra il periodo 1995-2004, successivo all’unificazione tedesca. La differenza più sorprendente tra i due paesi si evidenzia a partire dal 1999 (cioè nel periodo piu’ lontano dalla caduta del muro), quando i prezzi immobiliari continuano a calare in Germania mentre cominciano a crescere in Italia, per poi esplodere dal 2001.

L’obiettivo principale della nostra ricerca è quello di chiarire un meccanismo, tra i molti in gioco, per evidenziare un canale che è stato finora ignorato. Vogliamo in particolare mostrare che, se teniamo una prospettiva che coinvolge tutta l’economia e non solo una singola scelta (donare o non donare), possiamo scoprire effetti inaspettati, e magari indesiderati, della politica economica che scegliamo. Concludiamo con un cenno ai commenti di due lettori. Donazioni e successioni erano entrambe non soggette a tassazione dalla fine del 2001 al 2004 (ultimo anno del nostro studio), con un’unica differenza che riteniamo irrilevante ai fini della nostra analisi. Sarebbe stato certamente interessante studiare l’effetto sul prezzo delle case della (parziale) reintroduzione dell’imposta su donazioni e successioni (l. 296/2006) ma purtroppo i dati ISTAT non erano ancora disponibili quando ultimavamo il nostro studio.

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E SULLE PROFESSIONI SOFFIA IL VENTO DELLA CONTRORIFORMA

  1. AM

    Anche per i casi in cui non è prevista l’imposta di successione rimane l’imposta di registro aumentata da altri balzelli e dalle spese notarili sulle quali è caricata l’IVA. L’imposta di successione resta invece per gli altri componenti del gruppo familiare: ad es. i fratelli che talora convivono specie se non sopasti o vedovi. In caso del decesso di uno l’altro si trova in difficoltà a pagare l’imposta. Infine l’Autore parla di imposta mantenuta per i grandi patrimoni. Cosa intende per grandi patrimoni? Vorrei ricordare che a Milano o Roma un appartamento familiare di 120-150 mq (con box) a livello ceto medio può superare il milione di Euro. Se poi la famiglia possiede anche una seconda casa al mare o in montagna (con box) l’ammontare complessivo può aumentare anche più del 50%. Infine, una famiglia può possedere anche delle attività finanziarie (depositi, titoli e fondi). In sostanza sono convinto che l’imposta di successione in Italia come all’estero sia un’imposta sul ceto medio. I ricchi ricorrendo, a costose consulenze riescono a eluderla in buona parte così come gli immigrati che hanno proprietà all’estero mentre i poveri giustamente non la pagano.

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