Lavoce.info

Appunti di un giurista su Pomigliano

Le due clausole dell’’accordo che la Fiom-Cgil denuncia come contrarie alla legge, e per alcuni aspetti anche alla Costituzione, sono queste: una in materia di malattia, che esclude il pagamento della retribuzione per le giornate di astensione dal lavoro in cui si verifichino aumenti anomali dei tassi di assenza in corrispondenza con eventi esterni di natura diversa da epidemie (per esempio: la partita di calcio giocata al mercoledì); l’’altra in materia di sciopero, che vieta la proclamazione di –e la partecipazione dei singoli lavoratori a –scioperi volti a “rendere inesigibile” l’’attuazione dell’’accordo stesso (per esempio: uno sciopero dello straordinario, che renda inesigibili le 80 ore annue di “straordinario obbligatorio” previsto in funzione della variabilità delle esigenze produttive).
A me sembra che possano esserci altri motivi di ragionevole rifiuto dell’’accordo, come la pesantezza dei ritmi di lavoro o i turni notturni, ma che le clausole sui tassi anomali di assenze e la clausola di tregua sindacale siano, invece, non soltanto pienamente legittime, ma anche molto sensate, sia dal punto di vista dell’’interesse dell’’impresa, sia da quello dell’’interesse dei lavoratori.

RETRIBUZIONE IN CASO DI MALATTIA

Sulla materia del trattamento economico del lavoratore assente per malattia, a carico del datore di lavoro, la sola norma legislativa generale oggi in vigore è l’’articolo 2110 del Codice civile, che attribuisce alla contrattazione collettiva il compito di stabilire entità e limiti della retribuzione dovuta all’’infermo. Fino ai rinnovi contrattuali del 1972, quasi tutti i contratti collettivi prevedevano che il trattamento retributivo decorresse dal quarto giorno di assenza: i primi tre giorni –- detti “di carenza” -– costituivano dunque un periodo di franchigia, nel quale il lavoratore non era retribuito. Dal 1972 quasi tutti i contratti collettivi hanno previsto invece la retribuzione anche per i primi tre giorni; ma in numerose occasioni si sono registrate disposizioni collettive che, al fine di incentivare la riduzione delle assenze per malattia, hanno limitato il relativo trattamento, istituendo dei “premi di presenza”, oppure voci retributive escluse dal trattamento stesso.
In questo ampio spazio che la legge attribuisce alla contrattazione collettiva rientra sicuramente anche la possibile reintroduzione di uno o più giorni “di carenza”, collegati o no a determinate circostanze oggettive. E’ quanto dispone la clausola n. 8 dell’’accordo, che prevede il non pagamento della retribuzione nel caso in cui si verifichino dei tassi anomali di assenza dal lavoro “in occasione di particolari eventi non riconducibili a forme epidemiologiche”. La disposizione è strutturata in funzione di contrasto a forme di assenteismo abusivo che si sono registrate con notevole frequenza, in occasione della trasmissione televisiva di importanti partite di calcio, oppure della proclamazione di scioperi.
Tutti i numerosi giuslavoristi con cui ho avuto occasione di discuterne in questi giorni concordano sul punto che questa disposizione non contrasta con alcuna disposizione di legge. Certo, essa configura una deroga -– seppur marginale –- rispetto al contratto collettivo nazionale per il settore metalmeccanico, il quale non prevede eccezioni al pagamento dell’’intera retribuzione nei primi tre giorni di malattia. Ma è pacifico in giurisprudenza e in dottrina che il contratto collettivo nazionale può essere validamente derogato da un contratto aziendale. Il problema riguarda soltanto il campo di applicazione di quest’’ultimo: l’’applicazione è estesa a tutti i dipendenti dell’’azienda soltanto se esso è stipulato unitariamente da tutte le organizzazioni sindacali firmatarie del contratto nazionale stesso (ed è questo il motivo per cui la Fiat chiede che l’’accordo aziendale sia firmato, appunto, da tutte).

Leggi anche:  Più ombre che luci nel lavoro domestico*

LA CLAUSOLA DI RESPONSABILITÀ

La disposizione n. 13 della bozza, denominata “clausola di responsabilità”, commina la decadenza dai diritti previsti dal contratto collettivo nazionale di lavoro per l’’organizzazione sindacale firmataria dell’’accordo aziendale che proclami uno sciopero (o altra forma di agitazione) volto a “rendere inesigibili” le condizioni di lavoro previste nell’’accordo stesso. Si tratta, in sostanza, di un patto di tregua sindacale, che è oggi considerato pacificamente valido e vincolante per il sindacato che lo stipula. La Fiom-Cgil contesta tuttavia la parte della disposizione che qualifica come illegittimo anche il comportamento dei singoli lavoratori i quali aderiscano a uno sciopero (o altra forma di agitazione) proclamato in violazione del patto di tregua. A me sembra che, se la proclamazione dello sciopero è illegittima per violazione di un patto di tregua validamente sottoscritto dal sindacato proclamante, debba considerarsi illegittima anche l’’adesione del lavoratore a quello sciopero: mi sembra pertanto che anche quest’’ultima parte della disposizione proposta debba considerarsi pienamente valida.
Osservo, peraltro, che la pretesa inefficacia della clausola di tregua nei confronti dei singoli lavoratori priverebbe i lavoratori stessi e il sindacato che li rappresenta della principale “moneta di scambio” di cui essi dispongono al tavolo delle trattative. Non è un caso che in nessun altro ordinamento europeo si applichi una regola che esenti i singoli lavoratori da responsabilità per l’’adesione a uno sciopero illegittimo.
La tesi contraria -– sostenuta da una parte dei giuslavoristi italiani ma priva di qualsiasi fondamento testuale nella legge vigente -– secondo cui il diritto di sciopero costituirebbe una prerogativa del singolo lavoratore, di cui il sindacato non potrebbe disporre con il patto di tregua, è smentita dalla legge che regola lo sciopero nei servizi pubblici essenziali (L. n. 146/1990), dove si attribuisce alle organizzazioni sindacali il potere di negoziare i codici di regolamentazione settore per settore, con effetti direttamente vincolanti anche per i singoli lavoratori. Quella tesi è comunque funzionale a un modello di relazioni industriali –- quello della cosiddetta “conflittualità permanente” -– che in Italia sopravvive, a dispetto di quella legge, nel solo settore dei trasporti, ma è ormai quasi completamente superato in tutti i settori manifatturieri.

LA PRIORITÀ? ATTRARRE GLI INVESTIMENTI

Lo scenario in cui questo dibattito si colloca è quello di un’’Italia affamata di investimenti, indispensabili per tornare a crescere; e penultima in Europa (davanti alla sola Grecia) per capacità di attirarli: vedi la tabella che segue. Questa “fame” è fortemente accentuata nel Mezzogiorno, dove il bisogno di crescita economica è assai maggiore che nel resto del Paese e le condizioni del mercato del lavoro assai peggiori.
L’’Italia ha un solo modo per ricominciare a crescere e per tirar fuori le proprie regioni meridionali dal sottosviluppo che le caratterizza: riuscire a ingaggiare il meglio dell’’imprenditoria mondiale e a intercettare gli investimenti nel mercato globale dei capitali in misura molto superiore all’’attuale. Per questo non occorrono soltanto amministrazioni pubbliche più efficienti, infrastrutture meno difettose e servizi alle imprese meno cari, ma occorre anche un sistema di relazioni industriali nel quale i patti di tregua garantiscono la tregua per davvero, come tutto il resto d’’Europa; e sindacati disposti a negoziare con gli imprenditori le misure (legittime) idonee a contrastare efficacemente abusi radicati come quello del “mettersi in malattia” per assistere alla partita.
Per questo la vicenda di Pomigliano è di importanza cruciale per tutto il Paese: basti pensare a quale messaggio verrebbe dato alle imprese multinazionali di tutto il mondo, se la vicenda dovesse concludersi con il rigetto, da parte del nostro sistema di relazioni industriali, di un investimento di 700 milioni motivato con l’’intangibilità della prassi della conflittualità permanente e con il rifiuto di disposizioni – in sé legittime e del tutto ragionevoli,– volte a contrastare l’’assenteismo abusivo.

Leggi anche:  Come garantire la sicurezza sociale dei lavoratori delle piattaforme*

FLUSSI DI INVESTIMENTI ESTERI NEI PRINCIPALI PAESI EUROPEI

2004 2005 2006 2007 2008 2004-08
ESTONIA 8,12 21,11 10,76 12,86 8,33 61,18
LATVIA 4,63 4,45 8,35 8,27 4,47 30,17
SLOVAKIA 7,21 5,12 8,52 4,42 3,66 28,93
CZECH REPUBLIC 4,55 9,3 3,82 6,07 4,99 28,73
UNITED KINGDOM 2,58 7,84 6,52 6,63 3,66 27,23
HUNGARY 4,41 6,97 6,67 4,41 4,21 26,67
NETHERLANDS 0,75 7,55 1,11 15,45 -0,41 24,45
LITHUANIA 3,43 4,01 6,18 5,26 3,89 22,77
FRANCE 1,58 3,97 3,47 6,2 4,16 19,38
SPAIN 2,37 2,21 3 1,96 4,09 13,63
PORTUGAL 1,08 2,12 5,6 1,37 1,45 11,62
FINLAND 1,49 2,43 3,65 5,05 -1,55 11,07
GERMANY 1,33 1,7 1,96 1,7 0,68 7,37
ITALY 0,97 1,13 2,12 1,92 0,75 6,89
GREECE 0,91 0,25 2 0,61 1,43 5,2
Fonte: UNCTAD FDI Stat
Unità di misura: % del PIL

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Lavorare nel pubblico o nel privato? Due mondi a confronto*

Precedente

La risposta ai commenti

Successivo

Discussioni accademiche

30 commenti

  1. Matteo

    Beh, isolare due parti del contratto senza contestualizzarle è un procedimento tipico da azzeccagarbugli. Un ragionamento che si svela, del resto, nella tesi finale secondo la quale se non diventiamo oggi polacchi e domani cinesi le "pregiate" multinazionali non investono da noi. Ma per favore, sono gli stessi ragionamenti che hanno sventrato due generazioni di giovani. Ma a Londra ci siete stati di recente? Mi fa specie che Ichino sia stato eletto nel Pd. Secondo il Pd allora la Fiat può chiudere Termini Imerese a piacimento, demolire il contratto nazionale oggi a Pomigliano e magari domani chissà dove e in più ricevere carrettate di soldi pubblici per le rottamazioni. Ma si rende conto che accordo sta difendendo e chi sono i lavoratori che lo subiscono? Mi piacerebbe sapere infine se il parlamento lavora quando ci sono le partite…

  2. Alessandro Spaventa

    Non saprei dire della parte giuslavorista dell’internvento di Ichino, perche’ in materia mi mancano le basi, ma c’e’ sicuramente un punto assai debole nella parte finale del suo ragionamento. E il punto debole e’ il suo postulato che "L’Italia ha un solo modo per ricominciare a crescere e per tirar fuori le proprie regioni meridionali dal sottosviluppo che le caratterizza: riuscire a ingaggiare il meglio dell’imprenditoria mondiale e a intercettare gli investimenti nel mercato globale dei capitali in misura molto superiore all’attuale". Che questo sia l’unico modo per crescere e’ assai discutibile e sicuramente e’ un cavallo sul quale punterei pochi centesimi. Le strategie di localizzazione delle multinazionali in Europa ormai hanno poco a che vedere con fattori di costo e persino di eccellenza, e molto piu’ di integrazione della catena produttiva. Elementi che difficilmente hanno a che fare con il diritto di sciopero o questioni simili. Ma forse basterebbe ricordarsi delle recenti chiusure di Glaxo e Motorola oppure andare a chiedere in Irlanda.

  3. Paolo Lozza

    All’inizio dell’intervento Ichino dice: "A me sembra che possano esserci altri motivi di ragionevole rifiuto dell’accordo, come la pesantezza dei ritmi di lavoro o i turni notturni…". Però poi si dedica solo a smontare le motivazioni della Fiom. Sarebbe stato più interessante e più utile che non il giurista, ma il politico Ichino, sottolineasse le sue ragioni della "ragionevole" necessità di rifiutare l’accordo, ancorché diverse da quelle della Fiom.

  4. Massimo Santoro

    Mi sembra strano che io – cittadino con tutti i diritti ancora previsti dalla costituzione – quando si parla di sciopero divento un obbligato esecutore di decisioni del Sindacato. Allora chi non partecipa allo sciopero indetto dal Sindacato non dovrebbe ricevere paga per lavorare contro le decisioni sindacali. Dove vanno le mie libertà, il mio libero arbitrio. Certo mi assumo delle responsabilità, ma fa parte della mia libertà. Mi piacerebbe che tale normativa venisse resa obbligatoria anche per i professori di università di cui io pago lo stipendio con le mie sudatissime tasse.

  5. francisco genre

    Avrebbe aiutato un intervento dei partiti, visto che se ci sono 3000 rappresentanti di lista a ogni tornata elettorale tra i lavoratori di Pomigliano, la colpa non è certo dei sindacati.

  6. maria di falco

    L’unica cosa che il prof. Ichino concede ai lavoratori sono i ritmi pesanti che l’azienda imporrà com questo accordo! E già qualcosa, ma importante è anche la situazione del Sud: un territorio dove il degrado sociale è molto alto, la violenza ha raggiunto vertici inauditi, ecc. ecc. non sto qui a fare il riassunto di "Gomorra". Per cui ci andrei piano con i paragoni con la Polonia, dove forse esistono delle compensazioni sociali diverse, forse c’è un senso di appartenenza e un sentimento comunitario più profondo. Perchè non dare come contropartita alla tregua sindacale voluta da Fiat, la ripartizione alla scadenza contrattuale di una parte del surplus o profitto creato dai lavoratori ai lavoratori stessi? Inoltre, sarebbe anche opportuno in questo periodo di crisi non distribuire i dividendi, così tanto per dare un esempio di condivisione con chi vive con 1500 € al mese. Infine, anche se non è strettamente collegato, ma si è mai pensato a come si possono sentire delle persona che vivono in un territorio degradato dallo sversamento di materiali tossici delle industrie del Nord, massacrato dalla vilenza della camorra, dall’assenza dello Stato?

  7. agostino

    Attrarre gli investimenti a costo di uno sfruttamento crescente del lavoratore e di una riduzione delle tutele e delle garanzie a tutela dello stesso? Ma se un lavoratore il giorno della partita dell’Italia, di cui magari non gli interessa un fico secco, si ammala, per quale motivo la malattia non gli dev’essere riconosciuta? Per combattere l’assenteismo l’unico strumento equo che realmente funziona è quello degli incentivi e dei disincentivi. E anche sullo sciopero l’autore ritiene che un lavoratore rinunci alla sua retribuzione a cuor leggero con i tempi che corrono? Per me sarebbero da premiare i lavoratori che per l’affermazione di un loro diritto o l’espressione di una protesta decidono di scioperare; altro che illegittimo lo sciopero. E poi c’è la riduzione della pausa pranzo e ci sono i 118 turni settimanali e poi cos’altro. Lei è un esimio giuslavorista, possibile che non veda come queste sono forzature che mirano a comprimere i diritti dei lavoratori. Ma lei è stato l’inventore del dipendente pubblico fannullone che ha permesso al Brunetta di introdurre criteri di valutazione prefissati dove il 25% dei lavoratori rientra forzatamente nella fascia più bassa.

  8. vera bliznakoff

    E’ certamente vero che ci sono lavoratori che ci marciano con la malattia in occasione di scioperi o mondiali di calcio. E’ altrettanto vero che lavorativamente abbiamo molti difetti ma a me pare che in questo contesto il maggior difetto lo abbiano amminitratori e gestori di imprese. In particolare e non solo per la Fiat la finanziariarizzazione ha creato due binari paralleli tra dirigenti super pagati e che fanno in modo nevrotico il loro lavoro, che evidentemente loro piace e comunque li gratifica con compensi fuori misura, e operai o impiegati molto poco pagati ai quali si chiedono ritmi e impegni che solo una una spinta interiore di gratificazione ti può spingere a tenere. Un’altra cosa che trovo irrealistica è che a parlare di ritmi degli operai sono persone che non conoscono quelle realtà. A mio avviso il più grande guaio del sistema produttivo occidentale attuale deriva dall’avere troppe Marie antoniette che comandano e nessun olivetti che le compensa. Se il mercato dell’auto è saturo e lo è, chi percepisce miglioni di euro all’anno non può far pagare il prezzo a chi guadagna mille-duemila euro al mese e per di più convincerlo magari a comprare l’auto nuova.

  9. Maria Clavarino

    Gli investitori esaminano dati oggettivi relativi a servizi, infrastrutture, sistema di relazioni industriali, amministrazione pubblica, che noi dobbiamo migliorare. Peraltro abbiamo pregi riconosciuti più dagli stranieri che da noi stessi. Per questi pregi i nostri concorrenti ci temono. La popolazione è mediamente raffinata e civile in modo sorprendente. La spontanea, atavica gentilezza (in senso sia etimologico che traslato) è diffusa come in altre popolazioni non è, e persiste anche nelle nuove generazioni. Quanto all’ambiente, c’è armonia nelle proporzioni grazie alla costituzione fisica stessa del territorio. Si riesce ad avere qualcosa di maestoso e insieme a misura d’uomo come in altri territori non avviene. Questione di prospettiva dell’orizzonte, di atmosfera, di luce, basta non devastare il territorio con edilizia selvaggia e piani balordi o inesistenti. E’ di stimolo sia per noi che per gli stranieri enfatizzare questi valori: non lasciamo che le bagarre sui nostri problemi li facciano dimenticare.

  10. marzio bonomo

    Difficile esprimere meglio il "valore" di una posizione; aggiungo le parole di Ichino a radio24 "i diritti si tutelano colpendo gli abusi.." ridando moralità e dignità al lavoro. Perchè allora il PD non fa propria questa posizione con il coraggio necessario e (forse) con il rischio di perdere consensi nel breve periodo. La modernizzazione dei rapporti di lavoro (e della politica) deve essere il cavallo di battaglia della sinistra democratica. Perchè dobbiamo lasciare ad altri un’iniziativa che era già contenuta nel manifesto di fondazione del PD? Temi difficili e complessi ma siamo in moltissimi a sostenere il vostro lavoro. Confidiamo in voi. P.S. Come definire l’intervento di Scalfari sull’Espresso: Bassa demagogia? Che delusione!

  11. michele, RSU CGIL

    L’autore afferma che le deroghe al Contratto nazionale previste a Pomigliano non ledono diritti costituzionali, anzi, ripropongono modalità contrattuali virtuose diffuse altrove. Trovo in questa convinzione un pregiudizio che, pur condivisibile come auspicio al confronto prima che al conflitto, mi pare in concreto far pender sempre la bilancia dalla parte dei datori di lavoro. I quali, invece, forzano procedure e regole di contrattazione in nome di specificità di cui non rispondono nemmeno al sistema dei mezzi di informazione, che in gran parte controllano e consente loro perfino di caricaturizzare alcune situazioni (assenze per "partita nazionale") per dissimulare le proprie responsabilità. Ammesso che a Pomigliano questo problema esista, bisogna riconoscere che altrove non solo perché alcune categorie (ad es. parlamentari e liberi professionisti) possono gestire con flessibilità il proprio lavoro. Infine, mi pare proprio paradossale attribuire primariamente la scarsa attrattività italiana di investimenti esteri a casi di malcostume diffuso dei lavoratori, soprattutto in territori dove mancanza di infrastrutture e dominio della malavita organizzata sono endemici e generalizzati.

  12. giors

    Nel suo articolo per sostenere la legittimità della clausola di responsabilità lei fa riferimento alla "legge che regola lo sciopero nei servizi pubblici essenziali (L. n. 146/1990)". Sono un po’ confuso, cosa c’entra la produzione di un’azienda privata come Fiat con i servizi pubblici essenziali?

  13. Carlo L.

    Prima domanda: se il diritto di sciopero è un diritto individuale costituzionalmente garantito come posso privarne il soggetto cui è ascritto a prescindere dalla sua volonta? Seconda domanda: per la limitazione del diritto di sciopero non sussiste riserva di legge ex art. 40 Cost.? Il centro-destra guidato da Berlusconi ha governato sette anni degli ultimi nove. Non mi pare che in questi anni gli investimenti esteri siano cresciuti o che vi sia stato un calo drastico. Lasciamo stare la questione di Pomigliano e gli operai che contano sempre di meno. Mettiamo sotto accusa la classe dirigente di questo paese, miope, ego-localista e predona.

  14. stefano liebman

    L’accordo di Pomigliano è tosto, pesantissimo in termini di organizzazione del lavoro: alla faccia della retorica pluridecennale sulla progressiva “autonomizzazione” del lavoro subordinato e sulla conseguente opportunità di un’attenuazione delle tutele! Quanto alla “clausola di responsabilità” (disp. 14), concordo con Ichino sul fatto che sia una normale e legittima “clausola di tregua” fra organizzazioni stipulanti. Pura mistificazione è, invece, far passare per assolutamente normale la successiva disp. 15, a norma della quale la partecipazione individuale ad eventuali manifestazioni di autotutela integrerebbe un illecito disciplinare: mi dispiace per Ichino, ma la titolarità individuale del diritto di sciopero non è una fisima di “alcuni giuslavoristi”, ma un principio di precisa derivazione costituzionale sul quale, da svariati decenni, convergono giurisprudenza e dottrina. Mancando una legge attuativa tutte le opinioni sono legittime, se opportunamente articolate: non quella che liquida il problema come inesistente.

  15. alessandro orlando

    In merito all’assenteismo: ero convinto che l’assenteismo fosse um male endemico della P.A., cosa ha impedito ai dirigenti FIAT di porvi rimedio? Non mi si risponda i sindacati sempre pronti bla bla bla… Tra i suoi tanti impegni forse Brunetta mezz’ora libera la trova. Diritto di sciopero: un diritto perso è un diritto perso, ci vorranno anni per riconquistarlo (a meno che non si abbia la Cina come riferimento). E poi: per ristrutturare Pomigliano chiedono due anni di CIG, a carico di? Sul Sole24ore di sabato Ghosn di Renault/Nissan spiega la sua fiducia per i prossimi anni nelle vetture elettriche (il motore a scoppio è alla fine). FIAT produrrà la Nuova Panda, vasti orizzonti (do you rimember retrofit?). Perché la Punto a Termini Imerese è antieconomica e la Nuova Panda a Pomigliano conviene?

  16. GA

    Supponiamo fossi un investitore con tanti soldi, perché dovrei investire in Italia?: 1) Tutti i reati legati ai colletti bianchi sono stati depenalizzati o quasi: quindi il rischio di fregature è elevatissimo (fallimenti, falso in bilancio, per non parlare dei concorsi internazionali truccati, costi di corruzione. 2) Nel caso ci fosse imbroglio e potessi procedere in tribunale contro chi ha cercato di imbrogliarmi, il processo durerebbe secoli. 3) Buona parte del territorio è sotto controllo della mafia, il che rende l’investimento straniero poco appetibile e, ancora una volta, rischioso. Ergo, l’unico modo per attrarre investitori è puntare sul costo dei lavoratori? Insomma, la stessa logica dell’evasione fiscale, dell’imposizione dei capitali, eccetera: i lavoratori parasubordinati sono quindi una specie di bancomat?

  17. matteo

    Concordo con il Prof. Ichino. Oggi siamo in piena emergenza e il rischio che il comparto manifatturiero piano piano lasci l’Italia è molto reale. Utile sarebbe che si aprissero nuovi comparti attrattivi di manodopera (es. il turismo sul quale ci sarebbe tanto buon lavoro da fare se ne fossimo capaci). Purtroppo oggi un altro comparto non c’è e quindi ci si deve adeguare. Ricordo la battaglia sulle 25 ore. Pareva che in un momento di benessere fossimo tutti convinti che il futuro dell’uomo era quello di lavorare meno, salvo poi fare immediatamente retromarcia quando si è rivelato una bufala. Magari tra anni, quando il mondo sarà più livellato, sarà possibile. Ora ci si deve rimboccare tutti le maniche per resistere. E la priorità di tenere la produzione Fiat in Italia è troppo importante. A costo di lavorare di più, con più fatica e adeguandosi a regole molte delle quali, come dice Ichino, sono di buon senso.

  18. Bardamu

    Nelle retrovie dell’accordo, immagino questa discussione: "cara Fiat (sindacati che hanno firmato) questi lavoratori ormai fanno il c…o che gli pare; sapete come sono stati assunti e qui siamo a Napoli, non a Milano, quindi dateci una mano. Un medico che firma lo trovi sempre e pure i partiti e tanti altri danno aiutano a fare casino. L’accordo non lo possiamo fare, quindi prendetevi la responsabilità di fare tutto da soli compreso il referendum e noi prendiamo atto dicendo che altrimenti non arrivano gli investimenti. Voi però non fate scherzi vero? Non sfogliate il carciofo e la Panda ai Polacchi non la date anche se vi promettono più di Pomigliano. La Fiom-Cgil? Farà il solito casino ma tanto qui è in minoranza. Quando manca il lavoro la storia dei diritti se la mettono in quel posto. Come Dr. Marchionne? Ci chiede se poi la fabbrica sarà governabile? Perchè lei sa leggere il futuro?

  19. sandro

    La sospensione dell’indennità dovrebbe valere oltre un certo numero di giorni all’anno di assenza. In base a questo accordo, se un lavoratore ha fatto zero giorni di assenza nell’anno e ha la sfortuna di ammalarsi quando c’è una partita, o si verifica un’assenteismo anomalo, automaticamente si vede non retribuire i primi 3 giorni di assenza. Dovrà ricorrere alal Commisssione paritetica per farsi riconoscere quanto dovuto. E’ chiaro che bisognava prevedere una franchigia. Entro i primi 10 giorni di assenza nell’anno, il datore dovrebbe retribuire i primi 3 giorni di malattia in ogni caso, anche di anomalo tasso di assenze in azienda. Oltre la franchigia individuale, si applicherebbe il regolamento.

  20. Paolo M.

    Analisi del prof. Ichino lucida e scientifica come sempre.

  21. Giorgio Conti

    Due osservazioni al Prof. Pietro Ichino, una forse ideologica l’altra più tecnica. 1) Professor Ichino ha mai solo immaginato cosa significa per un essere umano lavorare in catena di montaggio? 2) La costituzione sancisce il diritto di sciopero e la legge 146/90 da lei citata ne norma solo un aspetto quindi appare carente la sua osservazione circa la derogabilità di tale diritto attraverso accordi negoziali. Condivido invece con Lei il fatto che era meglio ragionare sulla pesantezza dei ritmi di lavoro o i turni notturni; ma poi ci parlava Lei di questo con la Fiat? Gradirei una risposta dal Professore Pietro Ichino al quale rinnovo la mia stima perchè le sue provocazioni sono sempre molto intelligenti. Un saluto Giorgio Conti

  22. Maria Clavarino

    Se gli Italiani volessero veramente essere solidali con i lavoratori italiani … se veramente non volessero che la concorrenza dei Paesi emergenti incidesse sulle condizioni di lavoro in Italia ….dovrebbero essere disposti ad acquistare beni prodotti in Italia solo perché sono prodotti in Italia, anche se costano di più di quelli prodotti nei Paesi emergenti. E’ così? Quanti rinunciano a comperare la mountain bike (made in China) da 80 Euro al Centro Commerciale e si tengono la vecchia bici di papà riparata dal ciclista? Se uno dicesse che preferisce andare da Esselunga piuttosto che da Carrefour … oppure sempre da Esselunga comprando solo cose in "offerta speciale" piuttosto che da Lidl – solo perché Esselunga è una società italiana, si direbbe che ha delle manie … autarchiche.

  23. lantan

    Forse, in aggiunta alle ragioni indicate da Ichino sul basso, bassissimo flusso di investiemnti stranieri in Italia, metterei anche il controllo criminale delle regioni meridionali esercitato manu militari dalle mafie nostrane. Chissà perché ma quando molti autorevoli commentatori si esprimono sulle ragioni dell’arretratezza dell’Italia, si "dimenticano" di questo aspetto. Eppure, basta guardarsi intorno e fare qualche domanda alle persone comuni del tipo: "Tu andresti a mettere una pizzeria o un risotorante in Calabria?" per accorgersi che la presenza delle mafie è uno dei maggiori deterrenti (se non il maggiore) agli investimenti italiani e stranieri. Se non si eseguono analisi precise e dettagliate della situazione, è anche difficile che le decsioni e le soluzioni intraprese vadano a buon fine…

  24. Giuseppe Oliverio

    Il lavoratore, in base agli artt. 39 e 40 della costituzione, è titolare del diritto di organizzarsi per la tutela dei propri interessi anche attraverso lo sciopero. Diritti che si esercitano collettivamente. E’ il singolo lavoratore il titolare di questi diritti il quale trasmette questa libertà alle organizzazioni che costituisce o comunque che vi aderisce. Sono diritti soggettivi sanciti dalla costituzione che un accordo anziendale non potrebbe violare, per favorire la produttività dell’impresa. Il richiamo alla l. 146 del 90, secondo me non è calzante almeno nello specifico, dato che in quella legge si opera un comparazione valutativa tra diversi beni costituzionalmnete garantiti, come il diritto alla salute, alla libera circolazione da una parte ed il diritto allo sciopero dall’altra. Se il suo ragionamento sulla valididà della clausola di responsabilità è giusto, allora perchè il legislatore del 90 non ha ulteriormente limitato il diritto allo sciopero data l’importanza dei servizi da tutelare? L’occupazione, l’impresa, quindi lo sviluppo economico, di reddito e produttività sono obiettivi importantissimi, ma il loro raggiungimento non deve sacrificare valori di civilà.

  25. Marco Spampinato

    Provando a comprendere l’accordo letto su La Repubblica ho fatto due calcoli. Se non sbaglio, e potrei certo sbagliarmi nel leggere, l’accordo prevede sei turni di otto ore ciascuno nella prima settimana e quattro turni analoghi nella settimana successiva. Pur ruotando tra 1°, 2° e 3° turno ciascun lavoratore (gli operai sopratutto) dovrebbe alternare 48 ore a settimana e 32 ore a settimana. Solo la media tra due settimane successive farebbe le 40 ore a settimana previste dal contratto (suppongo, perchè non ho grandi competenze giuridiche). Mi sembra quindi che l’accenno del Prof. Ichino al possibile problema di turni massacranti (6 turni di 8 ore) sia corretto. C’è una soluzione tecnica, matematica, per ottenere lo stesso risultato di mantenere in funzione lo stabilimento per sei giorni continuativi? Senza dubbio la soluzione matematica esiste, ne esiste più di una. Una soluzione prevederebbe settimane tutte uguali, di 36 ore lavorate ciascuna, con 4 turni al giorno invece di 3 nell’organizzazione del lavoro, e sempre 6 turni per ciascun lavoratore per settimana. Questa soluzione prevede una maggiore rotazione dei lavoratori, e meno ore a settimana.

  26. AM

    In Italia siamo sempre pronti a giustificare i nostri errori aggrappandoci alla pretesa incostituzionalità dei provvedimenti e delle scelte che non ci piacciono e che non ci fanno comodo. Forse dovremmo pensare anche all’etica di certi comportamenti sia ai vertici che alla base.

  27. Roberto Giannini

    Il prof. Ichino richiama il tema dei ritmi di lavoro contenuti nella proposta Fiat per Pomigliano, in qualche modo lamentando come poca sia stata l’attenzione sull’argomento. La mia esperienza di fabbrica come ingegnere dei "tempi e metodi" in Olivetti -nei miei ormai lontani verdi anni- mi rende incomprensibile come si possano reggere 7 ore e mezzo di lavoro con tre intervalli di 10 minuti ciascuno; e per di piu’ con metodi di lavoro impostati sul sistema della cosiddetta WMQ. Ma anche senza esperienze dirette, un poco di buon senso potrebbe e dovrebbe essere sufficiente.

  28. ermanno tarozzi

    Se devo scegliere fra Cipputi e i padroni (cda Fiat, Mediobanca, RCS ecc.) scelgo Cipputi, uno fra i tanti (100 mila) che erano in piazza a Bologna. Ermanno

  29. Roberto Fiacchi

    Non entro nel merito tecnico-contrattuale sicuramente affrontato con efficacia dagli studiosi, che rispetto ed ammiro. Il problema, a mio avviso, è un altro: penso che, con interventi singoli in questioni che possono essere ragionevolmente condivise a causa di fatti, al limite, probabilmente accaduti, come assenteismi non giustificati, si voglia in realtà rimettere in discussione conquiste di fondo dei lavoratori raggiunte faticosamente nel tempo e si cerca di mettere indietro le lancette dell’orologio, iniziando a scardinare l’impianto. In questi casi, forse, la debolezza dei più deboli può purtroppo venire rafforzata dai migliori che, in buona fede, non si avvedono sufficientemente della trave che è stata scagliata sapientemente da chi ha obiettivi ben studiati e chiari con una forte strategia. Roberto

  30. Vito Cistulli

    Ho letto con molto interesse i due interventi sull’accordo di Pomigliano e non essendo un esperto in questioni di contratti di lavoro non entrerò nel merito delle questioni di legittimità o meno di alcuni punti dell’accordo. Ciò che mi ha colpito tuttavia dell’intervento di Ichino è che, pur riconoscendo una regressione delle condizioni di lavoro dei dipendenti, "giustifica" l’accordo con la fame che avrebbe l’Italia, soprattutto del mezzogiorno, di investimenti esteri, salvo poi contraddirsi affermando egli stesso, seppure implicitamente, che il costo del lavoro non è sicuramente il motivo principale della carenza di investimenti esteri in Italia. Diversi studi e analisi mettono infatti al primo posto il costo della burocrazia e l’instabilità/inaffidabilità del sistema legislativo.

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén