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Quando i politici danno una mano alla speculazione

E’ probabile che con le loro pubbliche dimostrazioni di confusione e le loro dichiarazioni volte a rassicurare l’opinione pubblica nazionale, i governi europei abbiano contribuito significativamente alle turbolenze che hanno investito l’eurozona. D’altra parte, sono stati costretti a trovare un accordo e ad approvare misure senza precedenti per salvare l’euro. Se continueranno a mostrare unità di intenti e la seria intenzione di risolvere i fondamentali squilibri nell’area, c’è speranza che i mercati finanziari allentino la morsa.

 

Nonostante molteplici segnali positivi dall’’economia reale, negli ultimi sei mesi l’’area euro ha affrontato la sua sfida più difficile dopo la fase acuta della crisi finanziaria alla fine del 2008. Le crescenti incertezze sulla sostenibilità del debito sovrano stanno spingendo gli spread sul bund tedesco a livelli senza precedenti.

BENZINA SUL FUOCO

La sostenibilità del debito pubblico è una questione cruciale che inevitabilmente deve essere affrontata: la combinazione di ampi deficit pubblici, dettati da esigenze di sostegno all’’economia reale, e di una domanda privata insistentemente debole pone seri problemi di sostenibilità del debito nel medio termine. I mercati finanziari sembrano tuttavia avere esasperato questi timori, provocando una massiccia crisi di fiducia: eppure il debito pubblico greco rappresenta solo una piccola proporzione del Pil -– e del capitale delle banche – dell’’area euro, e non sembra quindi che ci siano motivi fondati per ritenere che un altro paese dell’’eurozona possa andare incontro a una crisi di insolvenza nel breve periodo. L’’evidenza presentata nel grafico indica che il disaccordo pubblico tra i politici e le loro imprudenti dichiarazioni in alcuni frangenti chiave hanno gettato benzina sul fuoco: offrendo la sensazione che gli interessi politici nazionali avessero la precedenza su una ordinata gestione della crisi del debito greco, essi hanno infatti rafforzato i dubbi sulla loro capacità di affrontare le fondamentali divergenze economiche all’’interno dell’’area euro, che costituiscono la reale minaccia per la sostenibilità del debito pubblico nel medio termine.
Il grafico mostra gli spread giornalieri per i rendimenti dei titoli di stato a dieci anni tra la Germania da un lato e la Grecia, il Portogallo, la Spagna, l’’Italia e la Francia dall’’altro. Nella figura sono inoltre evidenziati gli eventi maggiormente significativi che hanno coinciso con cambiamenti nell’’andamento degli spread (gli eventi sono identificati con numeri che rimandano alla cronologia che segue).
Come si può notare, fino all’’inizio di febbraio 2010 la crisi greca rimane sostanzialmente tale, cioè una crisi locale, come evidenziato dall’’allargamento dello spread per la Grecia rispetto a quello degli altri paesi. Nelle settimane successive, invece, gli spread si allargano per tutti i paesi e nella fase di più acuta instabilità, nell’’aprile e nel maggio del 2010, seguono tutti un andamento simile, sia nei periodi di salita che in quelli di discesa, anche se naturalmente su diversa scala. I mercati giungevano perciò alla conclusione che l’’insolvenza degli stati si sarebbe diffusa da un paese all’’altro e che ciò avrebbe provocato anche una crisi bancaria.

CRONOLOGIA DI UNA CRISI

Consideriamo gli eventi verificatisi in corrispondenza di importanti movimenti degli spread. L’’8 dicembre 2009 Fitch ha tagliato il suo rating del debito greco sotto il livello A (evento 1), indicando ai mercati prospettive negative; ma il grande balzo dello spread -– circa 170 punti base, fino a quasi 400 punti base -– avviene nelle due settimane che seguono l’’annuncio, del 12 gennaio 2010, che i dati sul debito greco erano stati falsificati (evento 3). In quell’’occasione, il cancelliere tedesco Angela Merkel ha dichiarato che il crescente debito greco rischiava di danneggiare l’’euro; questa dichiarazione è stata successivamente rimossa dal sito del governo tedesco.
I giorni seguenti sono stati caratterizzati da dichiarazioni pubbliche confuse, da rassicurazioni da parte della Commissione Europea che spingevano gli spread verso il basso (eventi 5 e 6) e dure dichiarazioni tedesche che li riportavano in alto (eventi 7 e 8). Anche marzo 2010 è stato segnato da una grande confusione, con la Grecia che dichiarava di non avere bisogno di sostegno finanziario e la Germania che implicitamente cercava di utilizzare queste dichiarazioni per rassicurare l’’opinione pubblica che il denaro tedesco non sarebbe stato toccato. In quel frangente, peraltro, la Germania e altri stati membri hanno sostenuto l’’opzione di un intervento del Fondo monetario internazionale in caso di necessità. L’’effetto complessivo è stato quello di rinnovare e aggravare l’’incertezza sull’’effettiva volontà dei membri dell’’eurozona di sostenere la Grecia.
Il 25 marzo gli stati membri dell’’eurozona hanno raggiunto un accordo su un pacchetto di salvataggio della Grecia basato su prestiti bilaterali e con un finanziamento da parte dell’’Fmi (evento 11); tuttavia, la Grecia non ha presentato richiesta di sostegno finanziario, e gli stati dell’’area euro hanno cominciato a litigare pubblicamente sulle condizioni da applicare al prestito, con la Germania che chiedeva tassi di interesse superiori a quelli di mercato, che avrebbero naturalmente compromesso ulteriormente la sostenibilità del debito greco; tale richiesta è stata successivamente ritirata (evento 13-a); lo spread del debito greco ha così superato i 400 punti base e ha iniziato a salire su nuovi alti livelli a partire dall’’inizio di aprile; anche gli altri spread sono aumentati notevolmente. La novità principale in questo periodo è stata un nuovo accordo, raggiunto l’’11 aprile, per concedere alla Grecia aiuti sotto forma di prestiti bilaterali (30 miliardi di euro dagli stati membri dell’’area euro, più un contributo dell’’Fmi; evento 13-b), una decisione che per la prima volta attira l’’attenzione dei mercati sul fatto che i governi dell’’eurozona sarebbero stati direttamente responsabili per il debito greco,  di fatto aggirando la clausola di no-bailout del Trattato.
A seguito di significative turbolenze sui mercati, il 2 maggio gli stati membri dell’’area euro hanno adottato un pacchetto di sostegno finanziario alla Grecia per un ammontare di 110 miliardi (di cui 30 a carico dell’’Fmi; evento 19) e la Grecia ha annunciato di volersene avvalere. Tuttavia, dopo un’’iniziale diminuzione, gli spread sono di nuovo aumentati e in misura addirittura superiore, e la fiducia è ancora evaporata nell’’intera eurozona. Una riunione di emergenza dell’’Ecofin ha trovato quindi un accordo per la creazione di un meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria, che prevede prestiti e garanzie per un ammontare massimo complessivo di 750 miliardi di euro, di cui 440 miliardi a carico di uno special purpose vehicle con il compito di raccogliere denaro sul mercato dei capitali, 60 miliardi dalla Commissione Europea e il resto dall’’Fmi (evento 21). Dunque, non più prestiti bilaterali: la lezione è stata imparata, ma ad un alto costo. La Banca centrale europea ha fatto immediatamente seguire un nuovo piano di supporto alla liquidità per affrontare nuove tensioni sul mercato interbancario. Il piano ha incluso peraltro l’’acquisto diretto da parte della Bce di titoli di stato greci e di altri paesi dell’’eurozona.
Tuttavia, pochi giorni dopo Angela Merkel ha annunciato unilateralmente un divieto tedesco sulle vendite allo scoperto che è stato interpretato come un ulteriore segnale di insufficiente coordinamento e ha quindi provocato nuove turbolenze nei mercati, facendo salire gli spread sul bund (evento 23). Un membro tedesco del consiglio direttivo della Bce ha inoltre espresso pubblicamente il suo disaccordo rispetto al sostegno offerto dalla Banca centrale al mercato dei titoli di stato. Dopo essere notevolmente diminuiti nei giorni immediatamente successivi all’’adozione delle nuove misure, gli spread sono saliti, seppure lentamente, in un clima di sfiducia segnato da dichiarazioni confuse da parte dei governi dell’’eurozona. Le buone novità dall’’economia e l’accordo dell’’Eurogruppo sullo special purpose vehicle (event 24) non sono riusciti per adesso a calmare le acque.
In conclusione, è probabile che i governi abbiano contribuito significativamente alla crisi con le loro pubbliche dimostrazioni di confusione e le loro dichiarazioni volte a rassicurare l’’opinione pubblica nazionale: il loro comportamento ha compromesso la credibilità delle misure adottate e, più in generale, la loro capacità di affrontare efficacemente i fondamentali squilibri nell’’eurozona. La buona notizia è che questi leader, seppure confusi e mal consigliati, sono stati costretti a trovare un accordo e ad approvare misure senza precedenti per salvare l’’euro. Nella recente riunione del Consiglio europeo del 17 giugno hanno inoltre raggiunto un accordo per la pubblicazione in luglio dei risultati degli stress test su venticinque grandi banche europee, una mossa che dovrebbe contribuire a dissipare le incertezze sulle loro reali esposizioni. Se i governi dell’’eurozona continueranno a mostrare unità di intenti, nonché la seria intenzione di risolvere i fondamentali squilibri nell’’area che minacciano la sostenibilità dell’’euro, c’’è speranza che i mercati finanziari allentino la morsa e accettino il fatto che l’’eurozona non corre il rischio di sgretolarsi.

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Spread dei rendimenti dei titoli di stato a 10 anni rispetto al Bund tedesco per alcuni paesi dell’’eurozona, dicembre 2009 – giugno 2010 (in percentuale)*

Fonte: Financial Times su dati Thomson Reuters.

* Dati giornalieri. Le notizie particolarmente negative sono evidenziate in rosso.
Questa la cronologia dei principali eventi da dicembre 2009 a giugno 2010

1)                 8 dicembre: Fitch abbassa il rating del debito pubblico greco a BBB+, con outlook negativo;– per la prima volta in 10 anni una delle principali agenzie di rating taglia il rating del debito pubblico greco ad un livello inferiore ad A.
2)                 11 gennaio: l’’Fmi annuncia una missione ad Atene.
3)                 12 gennaio: la Commissione Europea richiama la Grecia per avere falsificato i dati sui conti pubblici.
4)                 28 gennaio: si diffondono notizie su un tentativo fallito della Grecia di vendere titoli del debito pubblico alla Cina.
5)                 9 febbraio: la Commissione Europea (Olli Rehn) offre un “sostegno in senso ampio” alla Grecia;– il governo tedesco sta preparando un piano di sostegno per la Grecia, soggetto però a “condizioni rigide”.
6)                 11 febbraio: i leader dell’’eurozona promettono un sostegno alla Grecia in cambio di un piano di riduzione del deficit.
7)                 15 febbraio: Kurt Lauk, capo del consiglio economico della Cdu, dichiara che la Grecia dovrebbe perdere il diritto di voto nell’’Unione Europea in caso di salvataggio.
8)                 24 febbraio: Hans Michelbach, influente membro della Csu, dichiara che la Germania dovrebbe opporsi ad ogni tentativo di offrire sostegno finanziario alla Grecia, perché qualsiasi tipo di supporto innescherebbe una “spirale senza fine”.
9)                 11 marzo: Wolfgang Schäuble chiede l’’applicazione di dure sanzioni –- inclusa in ultima istanza l’’espulsione dall’’eurozona -– che accompagnino la creazione di un Fondo monetario europeo, al fine di rafforzare la disciplina di bilancio.
10)              21 marzo: Merkel: “Al momento mi sembra che la Grecia non abbia bisogno di denaro, e il governo greco lo ha confermato. Non vogliamo creare turbolenze nei mercati generando false aspettative”.
11)              25 marzo: l’’area euro trova un accordo su un piano di emergenza per la Grecia, ma tra gli stati membri emergono immediatamente interpretazioni divergenti dell’’accordo che creano tensioni nei mercati.
12)              9 aprile: il governo tedesco chiede che al sostegno finanziario di emergenza alla Grecia siano applicati tassi di interesse vicini a quelli di mercato.
13)              11 aprile: a) la Germania accetta che il prestito alla Grecia avvenga a tassi inferiori a quelli di mercato; b) i membri dell’’eurozona si impegnano ad offrire alla Grecia prestiti per 30 miliardi, a cui si aggiungerà un contributo del Fmi che potrebbe portare ulteriori 15 miliardi.
14)              22 aprile: Moody’’s taglia il rating della Grecia per la seconda volta nel corso dell’’anno. Un esponente del governo tedesco, Frank Schaeffler, dichiara che la Grecia dovrebbe essere pronta ad abbandonare l’’area dell’’euro se non è in grado di approvare misure sufficienti per tagliare il suo deficit di bilancio.
15)              23 aprile: la Grecia richiede l’’attivazione del prestito dell’’eurozona e dell’’Fmi; l’’Unione Europea fa sapere che l’’accordo sui dettagli del piano di sostegno sarà raggiunto nell’’arco di pochi giorni, ma Angela Merkel ribadisce che il governo greco deve soddisfare condizioni molto stringenti.
16)              26-27 aprile: Angela Merkel dichiara che non concederà sostegno finanziario alla Grecia finché quest’’ultima non dimostrerà di avere un piano credibile e sostenibile per la riduzione del deficit. – “Ho detto per settimane che la Grecia deve prima fare i suoi compiti” – “La Germania offrirà sostegno solo quando le condizioni richieste saranno soddisfatte”. Standard&Poor’s taglia al livello “junk” il rating sui titoli del debito pubblico greco a lungo termine.
17)              29-30 aprile: è annunciata l’’approvazione entro pochi giorni di un piano di emergenza pluriennale di prestiti alla Grecia da parte dei paesi dell’’area euro e dell’’Fmi. La Grecia adotta un pacchetto di austerità da 24 miliardi di euro;– Merkel è fiduciosa che il piano manterrà l’’euro stabile.
18)              1 maggio: Merkel sostiene che l’’Unione Europea dovrebbe avere la possibilità di revocare temporaneamente i diritti di voto ai paesi che violano i limiti sul deficit.
19)              2-3 maggio: adottato dall’’eurozona e dall’’Fmi un piano di sostegno per la Grecia da 110 miliardi. La Bce allenta le regole sul collaterale per i titoli di stato greci.
20)              7 maggio: il Parlamento tedesco approva una legge per concedere gli aiuti finanziari alla Grecia (22.4 miliardi di euro).
21)              10 maggio: adottato un meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (500 miliardi da eurozona e Unione Europea; 250 miliardi dall’’Fmi). La Bce adotta un pacchetto di misure per allentare le tensioni nei mercati finanziari; il piano prevede anche l’’acquisto di titoli di stato dell’’area euro da parte della Bce e la riattivazione della linea di swap in dollari con la Federal Reserve. La corte costituzionale tedesca rifiuta di bloccare il prestito ad Atene.
22)              15-16 maggio: Merkel: “Se cade l’’euro, altri cadranno”. La Germania richiede l’’introduzione di regole di bilancio nell’’eurozona sulla base del modello tedesco.
23)              18 maggio: la Germania introduce un divieto sulle vendite allo scoperto.
24)              7 giugno: i ministri dell’’eurozona istituiscono lo special purpose vehicle (European Financial Stability Facility) da 440 miliardi previsto dal piano del 10 maggio e raggiungono un accordo sulle modalità del suo funzionamento.
25)              14 giugno: Moody’s taglia a “junk” il rating del debito pubblico greco.
26)              17 giugno: i leader dell’’Unione Europea decidono che i risultati degli stress test su 25 grandi banche europee saranno pubblicati.

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Catricalà, Fini e il futuro dell’Italia

  1. rolando francazi

    Domanda delle domande: si deve intervenire sulla causa o sull’effetto? Se continueremo a pompare miliardi per rimediare i disastri causato dalla sfrenata speculazione, non risolveremo un bel niente. Continueremo, cioè, a tassare centinaia di milioni di contribuenti (forse sarebbe più esatto dire miliardi) per non mandare in malora qualche decina di migliaia di speculatori. Il turbocapitalismo, come lo chiama Soros, è una patologia da curare, non da blandire. Come fare nel concreto? Con tutti i cervelli atomici che sono in circolazione, non dovrebbe poi essere così difficile. Un saluto.

  2. paolo lencioni

    Si può anche accettare che i politici abbiano (senz’altro) le idee poco chiare, ma la speculazione legge i numeri e li sa leggere molto bene. L’errore iniziale è stato quello di "voler" salvare la Grecia pur sapendo che è praticamente impossibile, solo per favorire essenzialmente alcune banche francesi e tedesche e le esportazioni delle aziende centro-europee (inclusa l’esportazione di armamenti). La vera crisi deve ancora manifestarsi e a quel punto sarà necessario, come minimo, ristrutturare il debito greco. Ma da lì in poi saranno in crisi tutti i paesi dell’area mediterranea con debiti elevati.

  3. luigi angelucci

    Interessante leggere questa "cronaca" delle vicende finanziarie recenti dell’eurozona. Mi permetto di aggiungere un paio di osservazioni: 1) la Germania non è confusa, agisce seguendo una linea precisa che a volte viene scoperta dalle dichiarazioni di qualche politico/banchiere meno attento che sembra contraddire i discorsi ufficiali della Merkel. La Germania approfitta infatti di questa situazione, perchè gli spread riportati nel grafico non sono solo il frutto di un aumento dei tassi chiesti ai PIIGS ma anche di un abbassamento di quelli pagati dai tedeschi. 2) Lo spread spaventoso che attualmente si attribuisce ai titoli greci attiene soltanto a quelli già in circolazione (in pratica scontando il calo del loro prezzo di mercato). Al governo greco, quindi, non interessa molto. Sono Italia, Spagna e Portogallo, con la Francia inspiegabilmente estranea, a doversi accollare nuove tranche di debito a costi superiori al passato. E siamo noi, quindi, a doverli pagare… ai Greci diamo i soldi al 5%.

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