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IN SANITÀ IL PREZZO NON È TUTTO

I sensibili differenziali di prezzo nelle forniture di beni e servizi alle aziende sanitarie e ospedaliere spesso non hanno alcuna giustificazione. Tuttavia, le differenze non sono solo funzione di variabili tipiche dei mercati di beni e servizi, dipendono anche da numerosi altri fattori. Agli interventi di razionalizzazione degli acquisti andrebbero dunque affiancati meccanismi di valutazione che siano in grado di valutare tutti gli elementi del costo delle forniture. Guardando soprattutto all’efficacia clinica degli standard tecnologici adottati e ai servizi accessori associati.

I differenziali di prezzo nelle forniture di beni e servizi alle aziende sanitarie e ospedaliere o le differenze nelle performance dei diversi servizi sanitari regionali sono questioni spesso trascurate e poco indagate. Lodevole eccezione è stata di recente un’inchiesta di Repubblica, oltre naturalmente a iniziative ministeriali come il progetto Siveas. (1)

POCHE INFORMAZIONI SUI CONTRATTI

L’inchiesta di Repubblica sottolinea in particolare alcuni aspetti che rendono difficile l’analisi del mercato dei dispositivi medici e peculiare il suo funzionamento. Se è vero che sempre di più lo sviluppo dei sistemi sanitari dipende dalla capacità di governare l’ingresso delle tecnologie innovative nella pratica clinica, con criteri di appropriatezza, sostenibilità finanziaria, equità e integrazione degli interventi, occorre però ricordare che la gestione complessiva della variabile tecnologica presenta nel nostro paese evidenti limiti, a livello nazionale come nelle singole regioni. Una prima conseguenza sono le difficoltà nella raccolta di informazioni complete sulle caratteristiche dei contratti di fornitura. La scarsità di dati e informazioni complete e affidabili messe a disposizione da aziende sanitarie e delle stesse Regioni nasce anche dal ritardo con cui il nostro paese ha affrontato la questione della classificazione dei medical device e dell’implementazione di flussi costanti e aggiornati di dati al fine del monitoraggio e del controllo dei consumi e della spesa.
Ritardi che restano ancora oggi significativi nonostante che già il Piano sanitario nazionale 2003-2005 prevedesse tra gli obiettivi strategici quello di “promuovere la conoscenza dell’impatto clinico, tecnico ed economico dell’uso delle tecnologie, anche con la comparazione tra le diverse regioni italiane; mantenere e sviluppare banche dati sui dispositivi medici e sulle procedure diagnostico-terapeutiche ad essi associati, con i relativi costi; attivare procedure di bench-marking sulla base di dati attinenti agli esiti delle prestazioni” e che il successivo Psn individuasse in un database nazionale dei dispositivi medici e nel monitoraggio della spesa indotta gli strumenti di intervento.

TANTE VARIABILI PER UN PREZZO

E tuttavia è un grosso rischio, di analisi e di prospettiva, limitare l’attenzione al fenomeno, evidente e spesso non giustificabile, dei sensibili differenziali di prezzo all’interno delle medesime tipologie di prodotti o per prodotti simili. Le differenze di prezzo non sono solo funzione di variabili tipiche dei mercati di beni e servizi come i volumi di scambio, i tempi di pagamento attesi, la presenza o meno di contratti accessori come quello di deposito (specie per i pacemaker e i defibrillatori), in realtà dipendono anche da numerose altre variabili, a partire dalle caratteristiche del procurement (gara aziendale o sovraziendale) e dello specifico settore tecnologico (grado di concorrenza e tasso di innovazione).
Nella stessa tipologia della Classificazione nazionale dei dispositivi (Cnd) o addirittura per lo stesso modello, le valutazioni delle commissioni di gara sono generalmente basate sul confronto fra le caratteristiche di prezzo delle offerte e altre variabili tecnico-qualitative. Nell’ambito del criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa introdotto e disciplinato dalla normativa comunitaria, il prezzo rappresenta una delle aree di valutazione, alla quale si affiancano quelle tecniche su un insieme eterogeneo di variabili. Uno stesso medical device può quindi avere prezzi anche sensibilmente diversi fra le diverse strutture in funzione delle condizioni previste nei disciplinari di gara e della loro valutazione da parte delle commissioni, come ad esempio, l’assistenza post vendita, la formazione degli operatori, la presenza di garanzie accessorie.
Quanto alla centralizzazione degli acquisti come soluzione per limitare o eliminare aree di spreco, occorre rilevare che le esperienze nel settore sanitario si sono sviluppate in maniera eterogenea nelle diverse Regioni, con diversi modelli istituzionali e organizzativi (agenzie specializzate, aree vaste, quadranti, eccetera) e differenti priorità nelle tipologie di beni e servizi oggetto degli interventi. È evidente che la riduzione del numero di procedure concorsuali abbia determinato una riduzione dei costi di transazione, una specializzazione positiva dei professionisti e significativi risparmi in termini di prezzo e condizioni contrattuali. La scelta di rafforzare le esperienze in atto non può che essere valutata positivamente.
I due 2 miliardi di euro di risparmi attesi sui 7 complessivamente spesi annualmente dal Ssn per forniture di medical device e tecnologie sanitarie sono comunque una grandezza poco realistica, soprattutto nella situazione di carenza di meccanismi consolidati di informazione e monitoraggio. A questo proposito, il vantaggio più rilevante e forse più significativo della centralizzazione degli acquisti non è l’aumento del potere contrattuale dell’acquirente pubblico, e quindi la riduzione dei costi, ma il processo di governo clinico che si innesta, che obbliga i professionisti a uniformare le scelte tecnologiche, esplicitando i criteri di selezione, in base a logiche costo-efficacia. La maggiore uniformità tecnologica conseguente al riferimento alle migliori evidenze scientifiche disponibili e al criterio costo-efficacia può, in alcuni casi, portare a un aumento del costo per input, seppur con un beneficio sociale complessivo migliorato, a causa dell’adozione di uno standard tecnologico più appropriato e avanzato.
Oltre agli interventi di razionalizzazione degli acquisti a livello regionale, è auspicabile, per l’intero sistema sanitario, l’introduzione di meccanismi di valutazione del procurement sanitario che siano in grado di valutare tutti gli elementi del “costo” delle forniture: fra questi, il prezzo è una variabile importante, ma certamente (e fortunatamente) non l’unica, perché occorre guardare soprattutto all’efficacia clinica degli standard tecnologici adottati e ai servizi accessori a loro associati.

(1) Il riferimento è all’articolo di Repubblica “Sanità così si sprecano due miliardi all’anno. Ospedali pagano i prodotti il 30 per cento in più” a cura di Alberto Custodero e pubblicato venerdì 21 maggio 2010. Invece, il Siveas, Sistema nazionale di verifica e controllo sull’assistenza sanitaria, è stato istituito con decreto 17 giugno 2006 presso il ministero della Salute, con l’obiettivo di provvedere alla verifica del rispetto dei criteri di appropriatezza e qualità delle prestazioni sanitarie erogate, coerentemente con quanto previsto dai livelli essenziali di assistenza, e dei criteri di efficienza nell’utilizzo dei fattori produttivi, compatibilmente con i finanziamenti erogati.

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  1. alberto

    Ai criteri individuati e ai rimedi proposti nell’ articolo aggiungerei la valutazione dei tempi di ammortamento, che potranno migliorare solo con un uso più intenso delle apparecchiature e non come ancora accade per un turno di lavoro al giorno. Le strutture che non ganno bacino d’ utenza adeguato non dovrebbero essere autorizzate all’ acquisto di apparecchiature che non possono ammortizzare in tempi adeguati, influendo negativamente sul costo delle singole prestazioni.

  2. luigi saccavini

    Quale che sia la razionalizzazione possibile del sistema attuale, l’efficienza e i costi conseguiti lasceranno sempre a desiderare. Credo che si debba smontare il sistema: a) privatizzare i centri sanitari (ospedalieri e non); b) privatizzare il sistema assicurativo stabilendo livelli minimi di contenuto; c) consentire la libera scelta del Cittadino sul contenuto della assicurazione; d) istituire un sistema di controllo severo che azzeri le autorizzazioni ad esercitare per chi esce dal seminato. Gli enti ospedalieri se vogliono stipulare convenzioni assicurative saranno costretti a competere sui prezzi (finisce il saldo a piè di lista) . Credo di descrivere un mondo utopico rispetto all’oggi tanto è distante, ma mi sembra l’unica strada davvero percorribile: qui come in altri carrozzoni pubblici che il Paese non può più permettersi di mantenere in vita. Sono convinto che un quarto abbondante del costo del sistema sanitario si risparmierebbe: l’equivalente di una manovra Tremonti ogni anno… .

  3. Valerio Di Virgilio

    Mi occupo professionalmente di procurement in sanità, sono stato responsabile della tecnologia del più grande ospedale romano per 5 anni. Sono stato licenziato per la troppa efficenza ora lavoro all’estero. Nella mia esperienza un acquisto di tecnologia deve essere inquadrato nel sistema produttivo ospedaliero. La tecnologia funziona solo se ci sono le condizioni al contorno, se si inserisce in un contesto di necessitá cliniche, struttura e impianti adeguati, personale e competenze. Il punto è che la pianificazione strategica e la conseguente organizazione delle Aziende sanitarie sono estremamente carenti, per non dire assenti. Ad ogni tornata elettorale e conseguente rinnovo dei vertici delle aziende abbiamo assistito negli ultimi anni all’inserimento di Direttori Generali sempre più politici e sempre meno competenti. La pianificazione strategicaè diventata un puro esercizio svuotato di contenuti, o al massimo una confrontazione di poteri. Comprare una buona tecnologia in maniera trasparente secondo le esigenze dei sanitari che la utilizano quando anche sia possibile non é sufficiente se quella tecnologia non si inquadra in una strategia d’azienda e di mercato.

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