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UN’ALTRA STORIA D’IRLANDA

Che cosa sarebbe accaduto in Irlanda, a parità di altre condizioni, se non vi fosse stato quel fenomeno, non considerato nell’articolo di Alberto Bagnai, di bolla immobiliare innescatasi all’inizio dell’ultimo decennio e implosa dal 2008 in avanti? Una possibile risposta è che la Repubblica d’Irlanda, oggi, non avrebbe quasi conosciuto la crisi economica e finanziaria che invece ben conosce.

LA BOLLA D’IRLANDA

L’economia e la politica economica sono il regno del relativo più che dell’assoluto, e quindi della misura e delle distinzioni più che delle visioni tolemaiche. Giacché l’Irlanda è un paese molto piccolo demograficamente, con molta manodopera ben istruita che parla correntemente inglese, non è sorprendente che in un periodo storico di straordinaria apertura del commercio mondiale abbia fondato la propria crescita sull’attrazione di capitali multinazionali e sugli scambi commerciali. Ciò che sorprende, invece, è che il modello di crescita della tigre celtica non sia stato governato con maggiore decisione, evitando la bolla immobiliare che ha poi finito in larga parte per determinare la crisi attuale.
Leggendo in almeno due fasi la storia d’Irlanda raccontata dal professor Bagnai si può introdurre una discontinuità nel modello di crescita irlandese, più o meno tra il 1998 e il 2002. È l’Economist a indicare questa interessante chiave di lettura. (1) Non è solamente l’ingresso nell’euro, infatti, a modificare il quadro macroeconomico, ma la crescita del settore immobiliare. La cosiddetta tigre celtica è già svanita quando il settore di punta diventa l’immobiliare. A quel punto infatti la crescita non è più trainata dalle esportazioni, ma dalla bolla immobiliare e dalla domanda interna: più che di crescita reale si tratta di crescita di prezzi, valori e investimenti in costruzioni, di cui una maggiore parte in edilizia residenziale. Questo tipo di crescita, sostenuto dal favore per l’indebitamento privato accordato dalle banche, mina alle fondamenta i risultati del periodo precedente. Un’altra storia d’Irlanda avrebbe potuto scriversi, dal 1999 o dal 2002 in avanti, senza questa lievitazione asimmetrica dei prezzi a favore dei settori più protetti dell’economia nazionale.

I DATI CHE SPIEGANO L’ULTIMO DECENNIO

Un dato importante per capire ciò che è avvenuto in Irlanda nell’ultimo decennio è quello dei metri quadri di nuove aree edificabili. Questo dato chiama a responsabilità innanzitutto i governi locali: si passa da circa 10 milioni di metri quadri di permessi di costruire autorizzati nel 1998, già in aumento rispetto alla media del decennio Novanta (intorno a 5 milioni di mq. annui), a 16 milioni di metri quadri nel 2001. Il continuo aumento di aree edificabili autorizzate raggiunge il suo massimo nel 2007, proprio un anno prima della crisi dei valori e dei volumi immobiliari, che inizia a sgonfiare rapidamente la bolla nel 2008. Solo nel 2009, quando la bolla si sgonfia, i nuovi permessi di costruire tornano al valore del 1998. La costruzione di infrastrutture costituisce una minima parte dei permessi, in gran parte dovuti ad abitazioni e a edilizia non residenziale.

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Tabella 1. Permessi di costruire durante il “boom” edilizio

Permessi di costruire, in milioni di metri quadri
Anni Mq. % per scopi residenziali
1998 10.2 59.8
2001 16.2 64.2
2002 14.4 61.1
2005  20 66.0
2007  24 50.8
2008 16.8 58.3
2009 10.2 57.8

Fonte: Central Statistics Office Ireland

Leggendo con attenzione le statistiche si comprende che la crescita dei prezzi delle case usate è perfino più rapida di quella delle nuove. Una volta innescato, il boom edilizio coinvolge i vecchi proprietari ed è alimentato da crescenti margini di intermediazione commerciale.
La curva blu, nel grafico 1, evidenzia chiaramente il ritmo accelerato della crescita dei volumi dell’industria delle costruzioni dal 2002 fino alla caduta, che inizia nel 2007. Questo andamento è approssimato solo dalla Spagna, che ha tuttavia una curva più morbida, come relativamente più morbido è l’andamento dei volumi immobiliari italiano e di altri paesi dell’Unione Europea, e la media UE a 27. (2)

Fonte: Eurostat, reported by Ireland Statistics

N.B. Le serie storiche riportate sono utili a leggere la variazione annuale dei valori immobiliari in ciascun paese e non per comparare il livello dei prezzi tra paesi.

Quando arriva la crisi i cosiddetti settori tradizionali dell’economia irlandese, in ambito manifatturiero, tornano al livello di produzione della fine degli anni Novanta, mentre il settore moderno dell’economia (così definito nelle stesse statistiche irlandesi), su cui operano non solo le multinazionali ma anche imprese locali, non conosce alcuna crisi, proseguendo la crescita della produzione, o rimanendo stabile. Questo settore è soprattutto composto di beni di consumo non  durevoli (computer, informatica, ottica, chimica e farmaceutica, eccetera). L’indice di produzione industriale non mostra alcuna significativa flessione nemmeno per alcuni comparti di trasformazione agroalimentare. Non è quindi l’economia solida ed esportatrice a entrare in crisi, ma il mercato interno, drogato dalla bolla immobiliare, a ridimensionarsi pesantemente.

THE IRISH TIMES E “L’ANIMA SEMPLICE DELLA CLASSE LAVORATRICE”

In un numero del The Irish Times campeggia una storiella sulla crisi economica irlandese. (3) La storiella, in forma di lettera e sostanzialmente corretta, è firmata da una “anima semplice della classe lavoratrice, che non ha potuto studiare”. La storia racconta di come le banche irlandesi abbiano preso a prestito enormi somme di danaro da speculatori e investitori sui mercati monetari, per poi prestare questi danari a investitori e speculatori irlandesi, che a un certo punto non riescono a restituire i debiti.
A quel punto il governo interviene in soccorso delle banche, aumentando la spesa corrente e ricorrendo di nuovo agli speculatori e investitori internazionali per finanziare i propri bond.
Anche la crescita della disoccupazione negli ultimi due anni si spiega con l’aumento della popolazione in età lavorativa, connessa al boom immobiliare. I residenti in Irlanda sono cresciuti, dal 1991 al 2010, di circa 1 milione (erano 3,5 e sono oggi 4,5 milioni), ma di ben 600mila dal 2002 in avanti. Anche se dovessero oggi emigrare 500mila degli attuali residenti, l’Irlanda di domani non sarebbe più quella dell’inizio degli anni Novanta, grazie al primo decennio di crescita in cui sono cambiate la sua struttura produttiva e le capacità della forza lavoro, nella trasformazione industriale e nel terziario più innovativo. (4) Il boom immobiliare degli ultimi dieci anni ha contribuito invece solo a cambiare il panorama, riempiendolo di molte case vuote: la quota di mutui erogati per fini diversi dall’acquisto della “prima casa” è infatti costantemente cresciuta, andando ben oltre il 50 per cento. (5)

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(1) “The party is definitely over. How wage cuts and tax rises might preserve the gains of Ireland’s Celtic Tiger years”, The Economist, March 19, 2009.
(2) La speculazione immobiliare si sposta dal 2007 nei paesi dell’Est Europa che non adottano ancora l’euro. L’inflazione immobiliare è connessa a un allentamento, quando non alla vera e propria violazione, delle regole edilizie (su proprietà dei terreni, concessioni e permessi di costruire), e alla mobilità dei capitali. Non è da attribuirsi direttamente alla moneta unica, anche se la possibilità di uniformare i prezzi degli immobili a “standard internazionali” può costituire chiaramente una opportunità per gli speculatori che operano nei paesi e nelle regioni più arretrate e periferiche.
(3) “Irish economic crisis – made simple”, in The Irish Times, September 23, 2010.
(4) L’emigrazione potrebbe forse frenare la discesa dei salari reali.
(5) Nel 2004 la percentuale di acquirenti di case che comprano “per la prima volta” è del 48 per cento.

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  1. Vito Antonio Di Cagno

    La crisi non è stata dovuta alla "bolla immobiliare", che solo in parte può averne concorso. La vera causa sta nel fenomeno di "Irlanda stato canaglia" con le migliaia di aziende del tipo Cayman, denominate IRNR (Irish Registered Non Resident Companies) che per oltre cinquant’anni hanno dato reddito e profitto al PIL irlandese (ospitando evasori fiscali, riciclatori di denaro sporco, venditori di armi al terzo mondo, avventurieri di ogni tipo e rango malavitoso), fenomeno sgonfiatosi finalmente agli inizi del 2000 per un deciso intervento della Unione Europea che non poteva più tollerare che un suo stato membro desse ricovero a simili società!

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