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L’ARITMETICA DELLO SPREAD E DEL DEBITO A VALANGA

Lo spread tra Btp e Bund è alle stelle anche perché i mercati temono l’effetto valanga, ossia l’aumento della spesa per interessi e del debito causato dell’aumento dei tassi. L’effetto valanga non è inevitabile, però, e potrà essere bilanciato dal buon andamento del deficit 2011. Se lo spread dovesse rimanere alto anche in futuro, il sentiero del rigore fiscale necessario a rassicurare i mercati diventerà più stretto nel corso del tempo. Meglio agire prima di allora, anticipando al 2012 i tagli di spesa previsti dalla manovra per il 2013-14.

Lo spread tra Btp e Bund è alle stelle anche perché i mercati temono che il governo italiano da qui a cinque anni dichiarerà di essere parzialmente insolvente sul rimborso del suo debito. Il timore di insolvenza dipende dall’opinione – comune a mercati e commentatori – che il governo attuale e quelli futuri non saranno in grado di convincere gli italiani a pagare più tasse e a ridurre la spesa pubblica rispetto ai livelli attuali. È un processo alle intenzioni, dunque ingiusto, ma certo con qualche indizio, come il rinvio dei tagli di spesa contenuti nella manovra approvata dal Parlamento dal 2012 al biennio 2013-14.
Ma il timore di insolvenza si alimenta anche di un effetto aritmetico noto come “effetto valanga”. Un alto
spread tra Btp e Bund obbliga lo stato italiano a pagare più alti tassi sul debito. Più alti tassi sul debito portano ad una maggiore spesa per interessi sul debito e – a parità di entrate – ad un maggiore deficit pubblico e quindi ad un ancora più rapido accumulo di debito. Ma con più alto debito, cresce anche il rischio di non rimborso, il che fa salire ancora lo spread con il Bund. La palla di neve del deficit diventa la valanga del debito.


L’ARITMETICA DEL DEBITO A VALANGA


Ma quanto serio è, in pratica, il rischio teorico di valanga? La risposta è una questione aritmetica e dipende da due fattori principali: quanto alto è il
tasso di interesse e quanto alto il volume di debito da finanziare o rifinanziare nel periodo di tempo considerato. Con lo spread di 390 punti base – la differenza di rendimento tra il 6,25 per cento che si ottiene su un Btp a dieci anni e il 2,35 per cento su un Bund della stessa durata – raggiunto nella mattinata del 3 agosto – alle prossime aste di Btp il governo italiano pagherebbe un costo più elevato di 1,5 punti percentuali per unità di debito emesso, rispetto al mese di giugno quando il tasso sui Btp a dieci anni era solo di 4,75 punti percentuali.
Per calcolare l’aggravio per i conti pubblici 2011 bisogna sapere quanti Btp il
Tesoro deve rinnovare e quanti ne deve emettere per finanziare il deficit 2011. Sul sito del Tesoro, si legge che, da qui alla fine dell’anno, ci sono 32,5 miliardi di euro di Btp in scadenza in settembre. Nel mese di agosto era programmata un’asta di titoli a media-lunga scadenza per altri 20 miliardi di euro ma l’asta è stata cancellata dal Tesoro che – si legge sul sito – dispone di sufficiente liquidità. È una scelta ragionevole per oggi: quale famiglia vorrebbe rinnovare le proprie cambiali a lunga scadenza e a tasso fisso quando i tassi di mercato sono alle stelle? È però possibile che il Tesoro prima della fine dell’anno si rivolga al mercato per rinnovare almeno una parte di questi 20 miliardi di titoli, anche emettendo Btp a dieci anni. Nell’insieme si può ipotizzare che, da qui alla fine dell’anno, il Tesoro emetterà Btp per 40 miliardi per rinnovare i Btp in scadenza. In più, se il deficit 2011 sarà di 40 miliardi (la cifra prevista per il 2011 nei documenti ufficiali), almeno per una parte il deficit sarà coperto con emissione di altri Btp a dieci anni. Siccome in passato (ad esempio nell’asta di luglio 2011) questa quota è stata mediamente pari a un terzo del totale, ecco che il totale di Btp da emettere entro la fine dell’anno potrebbe salire a circa 53 miliardi di euro: 40 per rinnovare il debito esistente e 13 – un terzo di 40 – per finanziare il nuovo deficit.
Da una semplice moltiplicazione viene così fuori che il costo aggiuntivo di emissioni con un
tasso del 6,25 per cento rispetto al caso più favorevole del 4,75 di giugno sarebbe di 795 milioni di euro (dove 795 = 3 miliardi e 312 milioni meno 2 miliardi e 517 milioni). Quasi 800 milioni di euro, cioè il 31,5 per cento in più. A questa cifra bisogna poi aggiungere l’aumentato onere derivante dall’asta del 28 luglio che, per i soli Btp emessi, è costata 440 milioni di euro in più. Riassumendo, dunque: per le aste di Btp da luglio a dicembre 2011, si potrebbe stimare un aggravio di costo pari a 1,238 miliardi di euro a causa dell’aumento degli spread.
L’aggravio di costo non finisce con i Btp. Da qui a fine 2011, ci sono altri 100 miliardi di vecchio debito da rinnovare e circa due terzi del nuovo deficit di
40 miliardi da finanziare con strumenti diversi dai Btp, per lo più a breve scadenza come Bot, Cct e altri strumenti. Nell’asta del 28 luglio sono stati emessi titoli per 8 miliardi con un aumento di costo complessivo causato dall’aumento dei tassi di 722 milioni: l’aumento è venuto per 440 milioni dai Btp e per quasi 300 milioni dagli altri titoli a breve e a lunghissima scadenza. Si può insomma pensare che l’aumento del costo del debito complessivo potrebbe essere quello dei Btp maggiorato di due terzi ,così da contabilizzare in modo approssimativo anche l’effetto dell’aumento dei tassi su tutta la struttura del debito. Così si potrebbe arrivare ad una stima di poco più di 2 miliardi di euro di maggiore onere di interessi sul debito per il secondo semestre 2011. Questa stima non è molto diversa da quella che il Governo ha messo nel suo Programma di stabilità dell’aprile 2011 dove si stimava un onere per maggiori interessi per circa 0,20 per cento del Pil (3 miliardi di euro) per un aumento di un punto dei tassi per il primo anno. Tre miliardi su un anno a fronte di un aumento di un punto dei tassi fanno un aumento di 2 miliardi e 250 milioni su un semestre con un tasso aumentato di 1,5 punti. Il calcolo qui effettuato è dunque un po’ inferiore ma non troppo lontano da quello del Governo.


L’EFFETTO VALANGA NON È INEVITABILE


L’aumento dello spread Btp-Bund dell’agosto 2011 si traduce dunque in un aumento di spesa di 2 miliardi per il 2011. Due miliardi che si aggiungono ai 70 miliardi che il Tesoro italiano paga ogni anno in termini di interessi sul debito. È un numero tanto grande da innescare l’effetto valanga? Per il 2011 sembra di no: sulla base dei risultati
fiscali dei primi sette mesi dell’anno, il deficit è in calo di quasi 5 miliardi (40 miliardi invece di 45) rispetto al suo valore atteso, anche grazie al buon andamento delle entrate fiscali, soprattutto di quelle derivanti dalle imposte sul reddito delle persone fisiche. La diminuzione del deficit complessivo 2011 (- 5 miliardi) compensa abbondantemente la “valanga” di +2 miliardi dell’accumulo del debito. Per ora.
Le cose rischiano però di diventare più complicate nel futuro. Sempre nel
Programma di stabilità 2011, il Governo stimava che un aumento persistente dei tassi di un punto percentuale avrebbe portato ad un aumento crescente della spesa per interessi (+0,39 punti di Pil, circa 6 miliardi, per l’anno successivo e +0,5 punti, cioè circa 7,5 miliardi, per l’anno seguente). Con un aumento dei tassi di 1,5 punti, i 6 miliardi diventerebbero 9 e i 7,5 diventerebbero 11 miliardi e 250 milioni. Come dire che il sentiero del rigore fiscale per rassicurare i mercati diventerà più stretto nel corso del tempo.
Più che le promesse di crescita e di tagli di bilancio futuri da parte di un governo che oggi c’è e domani chissà, all’Italia di oggi sono rimasti due bastioni: i milioni di italiani che continuano a pagare le
tasse e la continuazione degli sforzi di riduzione della spesa pubblica iniziati nel 2011. Disporre di un popolo di lavoratori dipendenti tartassati abituati e quasi rassegnati ad essere tartassati è un asset, un capitale, che non tutti i governi europei possono esibire. Ma senza una prosecuzione della politica di contenimento della spesa già nel 2012 e il parziale sollievo fiscale che questa potrebbe comportare anche i tartassati ad un certo punto potrebbero dire basta.

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19 commenti

  1. umberto carneglia

    Risulta incredibile che i nostri governanti non capiscano l’imminente pericolo dell’effetto valanga descritto nell’articolo, mentre i nostri titoli del debito sono sotto attacco ormai da diversi giorni. Questo atteggiamento da la misura dell’inadeguatezza della nostra classe politica. Inadeguatezza che potrebbe avere un costo molto alto perché la situazione potrebbe sfuggire di mano se, in assenza di un deciso immediato intervento correttivo, il buco si allarga.

  2. mirco

    Disporre di un popolo di lavoratori dipendenti tartassati abituati e quasi rassegnati ad essere tartassati è un asset, un capitale, che non tutti i governi europei possono esibire. Ma senza una prosecuzione della politica di contenimento della spesa già nel 2012 e il parziale sollievo fiscale che questa potrebbe comportare anche i tartassati ad un certo punto potrebbero dire basta. Ben detto! Credo che occorra riformare il fisco in modo che paghi di più chi più ha (una patrimoniale sugli immobili a cominciare dala seconda casa ad esempio) e una lotta all’evasione fiscale (per quanto ne so il 30 per cento del PIl in italia è sommerso). L’alternativa è una rivolta sociale e civile che gia sta montando e che porterebbe a far piazza pulita di una classe dirigente ( il che non guasterebbe) ma che può anche distruggere le istutuzioni democratiche che sono lo strumento per costruire il futuro. Per cui è urgente un nuovo governo alla Ciampi 1993 e una nuova ripartenza con una nuova legge elettorale e soprattutto due partiti uno di stampo socialdemocratico a sinistra e uno di stampo liberale europeo deberlusconizzato. Oggi invece abbbiamo due poli uno cattocomunista e l’altro clerico fascista.

  3. e.villa

    La lucida analisi conclude citando il “patrimonio italiano” formato da redditi certi facilmente tassabili. Manca, a mio avviso, la simulazione di un taglio del debito nell’ordine del 10%, vale a dire 200 miliardi. mediante una patrimoniale straordinaria sulle ricchezze mobiliari ed immobiliari degli italiani. Giornali e blog rilevano un certo coinvolgimento in questa inevitabile direzione, in parte a sanatoria di una “colpa generazionale” che deve essere affrontata con urgenza. Si deve capire che parte degli accumuli derivano anche dall’eccessiva generosità passata del nostro Stato. Rendere almeno un 5% di quanto si possiede, senza alcuna eccezione di sorta, non sarebbe scandaloso, anche se tale prelievo, subito sulla ricchezza mobiliare e nel 2012 su quella immobiliare potrebbe sottrarre risorse ai consumi, che in qualche modo andrebbero sorretti utilizzando solo una piccolissima parte del prelievo, p.e. riducendo le imposte alle fasce di reddito più basse nonchè il c.d. cuneo fiscale a vantaggio delle imprese, con l’obbligo di assunzioni del costo pari al risparmio. Una siffatta manovra attirerebbe gli investitori esteri, con aste dei Titoli di Stato con rendimenti al ribasso.

  4. giampaolo

    Una società di rating (magari nostra amica) dichiara che le cose vanno male, abbassa il rating sui titoli dello stato italiano (senza dover fornire alcuna giustificazione ai governi e ai mercati coinvolti) e causa un aumento dello spread nei confronti dei titoli dello stato tedesco. Noi siamo una banca (o una finanziaria), cliente storica e buona amica della società di rating, e ringraziamo per l’accaduto: continuiamo a comprare gli stessi titoli (BTP, BOT, CCT) che compravamo prima, ma con un profitto maggiore (che in parte restituiamo alla società di rating sotto forma di consulenze varie). Chi ci paga il maggior profitto? I cittadini italiani, con maggiori tasse o minori servizi pubblici. In sostanza, noi ci arricchiamo alle spalle del popolo italiano, sfruttando le debolezze (i dati ufficiali, e l’ottimo articolo di Daveri, confermano che sono solo debolezze) della finanza pubblica tricolore. Chi ha la possibilità di verificare se questo giochino esiste davvero, o se è solo una fantasia estiva? Potremmo indirizzare verso gli speculatori il maggior gettito richiesto dalla futura manovra.

  5. franco benincà

    L’analisi finanziaria dell’articolo del Prof. Daveri spiega il perchè il cosiddetto “mercato” non creda alla solvibilità italiana. Il nostro debito pubblico con le cifre che vengono quotidianamente pubblicizzate, non potrà in nessun modo essere rimborsato: rimane e rimarrà un fattore algebrico negativo di qualsiasi risultato economico positivo possiamo raggiungere da qui al futuro programmabile. E’ qui che si sostanzia la rassegnazione dell’asset dei contribuenti italiani i quali non sono bambini e da tempo hanno metabolizzato il fatto. Questo lo sanno anche i nostri governanti: sia un governo di una o dell’altra coalizione sfrutterà questa infinita pazienza. Sperare in quella disconuità richiamata dalle società civili e dalle associazioni di categoria, secondo me, è solo illusione. Lo scatto, se ci sarà, apparterrà esclusivamente ad ognuno di noi ed alla collettività dei cittadini.

  6. Giorgio Capon

    Riguardo all’aumento della spesa per gli interessi mi chiedo se possa essere un rimedio efficace un prestito forzoso a carico della fascia alta dei contribuenti. Ricordo che il governo Prodi ricorse all’eurotassa, restituita alcuni anni dopo, e che molto tempo prima parte dei salari più elevati venne pagata con Buoni del Tesoro. Potrebbe essere un prestito decennale a tasso zero restituito con rate annuali; una sorta di mini patrimoniale – una tantum – che però potrebbe costituire una forte iniezione di liquidità nell’attuale contingenza. Sarei curioso di conoscere in proposito il parere degli economisti della Voce. Giorgio Capon

  7. Hans Suter

    Cosa faccio con un mio debitore che non riesce aumentare il suo fatturato e per pagarmi gli interessi si indebita ulteriormente ?

  8. Sergio Capaldi

    Gentile Prof. Daveri, l’aggravio per il Tesoro prodotto dalle aste di luglio mi risulta essere di gran lunga inferiore. Scegliendo giugno come baseline dovremmo stare intorno ai 445 milioni (BOT,CCT,CTZ,BTP, Linkers), una cifra elevata ma lontana dai 720 ipotizzati nel suo articolo e che appare sproporzionata anche rispetto al costo aggiuntivo per il resto dell’anno. Ad esempio la cifra stimata per i soli BTP prevede un aggravio da luglio a dicembre di 1238 mln di questi 440 sarebbero dovuti solo al mese di luglio (!). Tenga presente che sono previsti altri 53 mld di BTP per il resto dell’anno contro i 12 di luglio. Nel complesso tuttavia l’onere semestrale della crisi SE la situazione dovesse rimanere quella attuale dovrebbe aggirarsi intorno ai 2800 milioni in linea con i sui calcoli e quelli del Governo. Saluti

    • La redazione

      Caro dottor Capaldi il mio e’ un esercizio esemplificativo a partire da dati incompleti ricavati dal sito del tesoro e integrati da mie ipotesi chiaramente esplicitate. I risultati numerici possono essere diversi con informazioni più’ complete o nel caso le mie ipotesi siano non plausibili. Mi rassicura il fatto che il numero complessivo che ottiene lei sia comunque simile al mio.

  9. Antonello L.

    Premetto che io sono per la chiusura totale della finanza, mi viene da ridere a pensare che enti privati americani o inglesi, tra cui il primo dei due tecnicamente già fallitto anche se pure l’Uk ha diversi trilioni di aria fritta in pancia che prima o poi salta fuori, si permetta di assegnare rating assurdi che poi portano anche ad influenza sullo spread, quando casa sua è già fallita. E pur essendo già fallita le sue agenzie dicono che è in buona salute (tripla AAA), e ha solo una piccola infiammazione (modifica delll’outlook.) Nel mentre gli inteligentono europei a cui non affiderei nemmeno 1000 euro dei miei risparmi stanno li a subire. Svegliatevi. Ci vuole troppa intelligenza ad aprire una società di rating europea e assegnare indici come loro fanno con Voi ?

  10. Giulio Riggio

    Io preferisco il default, chiedo il non rimborso del debito e di fare come l’Islanda, molta gente è stufa di questo sistema economico che non funziona e da cui non possono arrivare le soluzioni. p.s. le banche possono fallire ed è necessario ridimensionarle tutte, dalla Federal Reserve alla Bce.

  11. luigi zoppoli

    L’articolo chiaramente delinea delle ipotesi e ne calcola le conseguenze in termini di aggravio degli interessi. Il punto è che quand’anche il monte interessi aggiuntivo fosse “solo” 2 miliardi, si tratterebbe di colmare il deficit sottraendo risorse al sistema ed allocandole molto male come di consueto. La mia opinione, auspicando che lo spread si riduca, anche se non so quali motivazioni ci sarebbero per convincerne gli investitori, è che sarebbe il caso di farla finita con il sistema dei tagli sul tendenziale, sulle manovre che da decenni rapinano i contribuenti e determinano una allocazione di risorse utile sono allo spreco ed al clientelismo ed alla corruzione di una classe politica da azzerare con ogni urgenza.

  12. Domenico Moro

    Della Bibbia: Dio mise alla prova Abramo: gli disse di andare sul monte Moria e di sacrificare il suo unico figlio Isacco. Abramo accettò. Mentre legava Isacco per il sacrificio, però, apparve un angelo che disse ad Abramo di non far niente a suo figlio e che Dio aveva apprezzato la sua ubbidienza. I mercati che sono molto meno indulgenti di nostro Signore, stanno chiedendo la stessa cosa alla classe politica. Vogliono “testare” in che misura la classe politica è in grado di raccogliere risorse per onorare il debito adesso! L’unica tassa in grado di rastrellare liquidita adesso e’ una patrimoniale secca al cui ricordo quella di Giuliano Amato sembrerebbe una elemosina. Ma visto che: e’ più probabile che un cammello passi per la cruna di un ago che la classe politica italiana imponga una tassa patrimoniale, paradossalmente l’una patrimoniale “fattibile” e’ il default. Anche perché mentre un governo deve assumersi la responsabilita’ della patrimoniale, un default potra’ sempre essere giustificato in termini di: ” E’ colpa della speculazione, dell’Euro, dei Cinesi, dei comunisti, dell’eredita’ del governo Badoglio, di Paperino e forse anche di Topolino”

  13. michele del monaco

    Il differenziale tra Btp e Bund è oggi arrivato ai 400 punti base. Di per sè non è un valore drammatico, era sempre stato tra i 400 ed i 600 punti. Soltanto che prima dell’Euro noi potevamo svalutare, oggi no. Visto che con la Grecia gli investitori si sono resi conto che la UE non arriverà in soccorso dell’Italia, ecco spiegato il vistoso aumento di questo differenziale. Aumento che dovrebbe assestarsi a valori maggiori del 600 punti, visto che non abbiamo più l’arma della svalutazione, ed anzi, che l’euro è largamente sopravvalutato. Temo quindi che, anche se nessuno lo vuole, o usciamo dall’Euro o saremo costretti a sorbirci una Patrimoniale.

  14. martelun

    Vogliamo creare gli eurobonds finanziati dalla tassazione sulle transazioni finanziarie e che nè i politici italiani nè quelli europei hanno il coraggio di mettersi contro gli Interessi Consolidati. Oggi, ora, adesso, subito invece di anticipare la manovra economica di classe (Ezio Mauro) di macelleria sociale (Vendola, Famiglia Cristiana) noi italiani tassiamo le transazioni finanziarie quelle regolamentate e quelle non regolamentate e poi andiamo, di corsa, in Europa sbattiamo i pugni sul tavolo e invitiamo gli europei a fare altrettanto e se non ci vogliono ascoltare riuniamo la Grecia, l’Irlanda, il Portogallo, la Spagna e Cipro e proponiamo il default INSIEME. E se non ci riusciamo facciamo come l’Argentina e la Malaysia. I salariati hanno questo coraggio, il capitale c’è l’ha?

  15. luigi saccavini

    Proposta brutale: torniamo al sistema sanitario misto antecedente al SSN del 73 (se non sbaglio). Riforma da dichiarare subito e da realizzare in 5 anni. Facciamo un risparmio di 50mld l’anno (?) cui si aggiunga la cura dimagrante alle Regioni. Riversiamo metà del risparmio in rilancio alle aziende che esportano. Forse lo spread torna ad essere inferiore a 200, Forse, perché con l’aria che tira, le variabili possiibli sono quasi infinite. Quello che sarebbe suicida è mantenere la spesa pubblica sui livelli attuali o con limature troppo esili, quasi solo di facciata: chi ci crede più?

  16. gianluca

    L’aumento dello spread OBBLIGHERA’ non obbliga a pagare più interessi.

  17. PierGiorgio Gawronski

    L’esercizio ipotizza che i tassi restino per tutto il 2011 ai livelli attuali. Ma il trend proietta tassi molto più alti di quelli attuali nei mesi futuri. La palla di neve sta accelerando. L’urgenza è maggiore di quanto l’articolo sottintenda.

  18. marco giorgini

    Ho tentato un approccio analitico al calcolo dei maggiori interessi dovuti all’aumento dello spread, o meglio, del rendimento di mercato dei nostri titoli (poiche’ in certi momenti, lo spread e’ aumentato per effetto anche della diminuzione del rendimento dei titoli tedeschi, e non solo per l’aumento dei nostri) . Il calcolo per ciascun titolo in circolazione e’ ancora lontano dall’essere preciso, ma apprezzerei critiche e commenti al file excel.

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