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TRA LE RIGHE DEL MAXI-EMENDAMENTO

Oltre ai commenti sulle dismissioni del patrimonio immobiliare e sulla pubblica amministrazione, pubblichiamo altre due brevi osservazioni sul maxi-emendamento alla legge di Stabilità che risponde alle domande poste dalla Commissione europea. Sugli ordini professionali, se le lobby non la spunteranno anche questa volta, due misure di liberalizzazione che riguardano le tariffe minime e le società di professionisti. Sui servizi pubblici locali, rimane (anzi, si accentua) la natura burocratica del provvedimento, con scarso rilievo per gli incentivi economici che avrebbero consentito, invece, di accelerare il processo di liberalizzazione.

PROFESSIONI: DUE PASSI NELLA DIREZIONE GIUSTA

Riforma degli ordini professionali: finalmente un passo indietro e uno avanti, entrambi nella giusta direzione.
L’aggravarsi della crisi dal luglio scorso aveva dato un’immagine di totale irresponsabilità del nostro Governo. Impegni presi al mattino e disdetti alla sera, provvedimenti venduti e mai varati, norme fumose e inconcludenti descritte come “rivoluzioni”, come le famose riforme degli articoli costituzionali sulla libertà d’impresa. Uno dei capitoli più illuminanti ha riguardato la riforma delle professioni: una vera e propria controriforma dettata dall’avvocatura che cancellava le lenzuolate di Bersani. Un esempio su tutti. Nella famosa lettera all’Unione Europea, la reintroduzione delle tariffe minime veniva venduta come una liberalizzazione, in quanto le tariffe minime erano sì reintrodotte (ma questo non era detto), ma senza essere vincolanti.  Dal maxi-emendamento sembra che la drammaticità della situazione sia finalmente stata compresa anche dal Governo dimissionario. Sul capitolo riforma delle professioni vengono fatti due passi concreti, entrambi auspicabili: uno indietro, cancellando la reintroduzione delle tariffe minime. Uno in avanti, introducendo la possibilità di costituire società per l’esercizio di attività professionali e superando quindi il modello del “professionista solitario”. Lo strumento societario faciliterà la costituzione di studi professionali di maggiori dimensioni e con più divisione del lavoro, aumentando l’efficienza del settore. È un passo importante per modernizzare le professioni. Le rimostranze degli ordini non si faranno attendere. Il Consiglio nazionale forense aveva aperto preventivamente il fuoco. Tornare indietro ora manderebbe un pessimo segnale: neanche con entrambi i piedi nel baratro si riesce a resistere alle pressioni delle lobby su provvedimenti di buon senso e non certo rivoluzionari.
Fabiano Schivardi 

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SERVIZI PUBBLICI LOCALI: UN PASSO AVANTI E (ALMENO) DUE INDIETRO

Il Governo ha proposto una serie di correzioni alla normativa sui servizi pubblici locali varata solo tre mesi fa. Alcune correzioni erano dovute: la fretta e l’approssimazione estiva avevano fatto commettere al legislatore tanti piccoli errori. Nella sostanza, invece, le correzioni autunnali fanno intravedere qualche luce e non poche ombre, soprattutto se si considera che l’orientamento di tutto il maxi-emendamento dovrebbe essere accelerare e rafforzare l’impatto pro-concorrenziale delle misure per favorire la crescita economica. Una correzione positiva è quella che prevede la possibilità per gli affidatari diretti di partecipare alle gare indette su tutto il territorio nazionale, purché sia stato almeno deciso di mettere a gara il nuovo affidamento del “loro” servizio. Questa norma dovrebbe garantire una più folta partecipazione alle gare e, quindi, un maggior grado di concorrenza (come più volte indicato dall’Antitrust).
Purtroppo rimane (e anzi si accentua) la natura tutta “normativa” del provvedimento, con scarso rilievo per gli “incentivi economici”, che avrebbero consentito, invece, di accelerare il processo di liberalizzazione, secondo l’aureo precetto starve the beast [link Boitani, agosto 2011]. Appare un po’ patetica, invece, l’idea di far entrare in gioco i prefetti qualora gli enti locali cincischino e non rispettino i tempi previsti per verificare se la concorrenza nel mercato sia possibile oppure si debba procedere agli affidamenti in esclusiva (una procedura che, nella drammatica contingenza attuale, si configura come un classico caso di “meglio che è nemico del bene”).
Piuttosto che introdurre nuovi vincoli burocratici, per accrescere la concorrenza, sarebbe stato meglio vietare le “comunelle” societarie tra vecchi monopolisti pubblici, verso cui si stanno orientando molte regioni e anche qualche comune (si dice che qualcuno, al Comune di Milano, voglia aggiungere Atm all’ormai consumata ammucchiata tra Ferrovie Nord e Trenitalia) e ripristinare subito l’obbligo di gara per i servizi ferroviari regionali, magari vietando la partecipazione alle summenzionate ammucchiate tra monopolisti. Ci si potrebbe sorprendere di quanti risparmi sarebbero possibili per la finanza pubblica con un po’ più di concorrenza anche sui binari.
Andrea Boitani

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NON PER CASSA MA PER EQUITÀ

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IL PIANO FILLON E LA LINEA MAGINOT DELLA TRIPLA A

  1. Giacomo Correale Santacroce

    A me sembra che l’abolizione delle tariffe minime e la possibilità di costituire società di professionisti sia il minimo da farsi per liberalizzare le professioni. Concentrare l’attenzione poi sull’ordine degli avvocati, l’unica corporazione superaffollata, mi sembra sviante. Penso che il priblema vada posto partendo da questa domanda: come consentire a un laureato in farmacia di metter su una farmacia, a uno che conosce la toponomastica di guidare un taxi, a uno che vuole prendere la patene di guida di non dover pagare una scuola guida, a un neoragioniere di fare l’amministratore di condominio, eccetera. E ancora: come dimezzare gli atti che richiedonono l’intervento di un noitaio? A quando la possibilità di costituire associazioni libere di professionisti, paritarie e alternative alle corporazioni incombenti?

  2. ferdinando lombardo

    Ci sono molte barriere d’accesso alle professioni? In alcune certamente sì (notai, farmacisti) in altre decisamente meno (commercialisti ed avvocati, si veda il numero enorme di professionisti attualmente operanti). L’offerta professionale e l’accesso al mercato non hanno barriere se non di tipo economico (il praticantato obbligatorio). Sulle tariffe minime stessa considerazione. Le applicano solo coloro i quali non hanno concorrenza (notai) o i professionisti con una rendita di posizione consolidata (ma questi ultimi non ne hanno nemmeno bisogno). Commercialisti e avvocati si fanno già concorrenza sui prezzi e la tariffa minima è un falso problema. Sulla mia categoria: non abbiamo esclusive (solo sulla revisione contabile), siamo in concorrenza con non iscritti, associazioni di categoria, società di revisione. Collaboriamo gratuitamente con l’agenzia delle entrate. Abbiamo un ruolo pubblico ma nessun riconoscimento. Domani investori non professionisti (leggi Confindustria che ha voluto e imposto questa “liberalizzazione”) potranno fare shopping dei nostri studi senza remore. Il cittadino ne avrà un reale beneficio in termini di prezzi (vedasi Big 4 della revisione)? Ho i miei dubbi.

  3. LUCIANO GALBIATI

    Una doverosa precisazione per il signor Correale e i gentili lettori. In Italia chiunque sia cittadino UE può accedere alla professione di autista di taxi nel proprio comune di residenza (ovviamente con patente valida e senza carichi penali pendenti). Tre sono le possibili modalità. In qualità di lavoratore dipendente, affittuario di licenza e autovettura presso terzi (contratti di gestione d’azienda), acquistando la licenza tramite concorso pubblico (gratuito e/o oneroso) o da tassista cedente. Ad esclusioni della prima modalità, la professione di tassita viene svolta in qualità di lavoratore autonomo; in Italia secondo le regole fiscali/previdenziali dell’artigianato. Il tassista artigiano – in aggiunta alle modalità elencate – può avvalersi di collaboratori familiari (moglie,figli) secondo la normativa previdenziale vigente. L’accesso alla professione di tassista è regolata dal Decreto Bersani (Legge n 248 del 4 agosto 2006). Regolazione non dissimile – e in alcuni casi più avanzata – a quella vigente nella maggioranza dei paesi industrializzati (USA e Regno Unito compresi).

  4. paolo rosa

    Concentriamoci sulla professioni di avvocato. La esistenza degli Ordini e dello esame di accesso dopo 2 anni di pratica non ha certamente ostacolato lo espandersi della professione se è vero, come è vero, che oggi gli avvocati in Italia sono 220 mila. Quindi l’abolizione delle tariffe minime e la previsione del socio di capitale per tale finalità mi pare del tutto pretestuosa perchè non esiste professione più aperta a nuovi ingressi.

  5. AM

    In realtà solo notai e farmacisti hanno serie barriere all’entrata e monopolio delle loro funzioni. Le vere remore sono altre. Ogni iniziativa, dalla creazione di un’impresa alla sostituzione della vasca da bagno danneggiata, richiede pratiche da affidare a professionisti che comportano costi. Non parliamo poi delle nuove costruzioni o riedificazioni che richiedono lunghe ed estenuanti procedure che possono durare alcuni anni. La famiglia di mia moglie da quasi un decennio sta cercando di vendere (e vi sono potenziali acquirenti, ma solo con licenza edilizia in mano) un vecchio edificio degli anni ’30 situato in zona residenziale di una cittadina brianzola. Ma periodici cambiamenti della situazione politica in comune e dei piani urbanistici (cubatura già ridotta ad 1/3 di quella esistente) nonchè intoppi burocratici e ritmi di lavoro lenti degli uffici comunali non consentono ancora di vedere la fine di questo interminabile e costoso iter.

  6. Alessandro Biagiotti Ferruzzi

    Nemmeno questa volta riusciranno a liberalizzare le licenze dei taxi. A Firenze hanno raggiunto le 370.000 Euro. Un servizio che non crescerà mai se in mano a questa lobbies fortissima, che probabilmente può ricattare diverse persone.

  7. LUCIANO GALBIATI

    Una breve, ma esplicativa, citazione dal libro “REGOLE” (Garzanti 2010) di Abravanel e D’Agnese (autori di deciso orientamento liberista): “La domanda di taxi può essere incrementata estendendo (e rendendo rigorose) le limitazioni di circolazione nei centri cittadini. Le macchine non mancano: in termini di taxi per abitante, Milano e Roma sono alla pari di altre capitali, ma l’utilizzo è inefficiente a causa del traffico congestionato. Il problema congestione penalizza i tassisti (fermi nel traffico,guadagnano meno), i passeggeri (spendono di più per ogni corsa e hanno un pessimo servizio) e tutti i cittadini. L’ uso dell’auto privata aumenta le congestioni, con parcheggi in doppia fila e riduzioni dei percorsi a piedi.. C’è poi l’inefficienza causata dal pessimo collegamento degli aeroporti. Nelle altre capitali europee le macchine sono soprattutto in città mentre da noi stanno molto negli aeroporti, che hanno pessimi collegamenti con il trasporto pubblico..” Pag 91 “Autobus e taxi fermi al posteggio”.

  8. Antonio Carbone

    Chiunque abbia superato un esame di stato per l’abilitazione professionale, sia iscritto ad un albo e, aggiungo, abbia una partita IVA, può definirsi libero professionista. Nella “categoria” rientrano, pertanto, sia l’avv. Ghedini che il geometra Rossi. Aggiungerei, inoltre, i titolari di partita IVA che svolgono di fatto un’attività parasubordinata e che, oggi, subiscono un vero e proprio “caporalato delle professioni”. Legiferare non avendo in mente tutte le figure professionali che negli anni si sono diversificate può portare a molte storture. Sulle tariffe minime la confusione è ancora più sorprendente. Almeno per le professioni tecniche non sono più applicate da quasi un decennio! I bandi pubblici per l’affidamento di incarichi (quando vengono emessi!) sono ormai basati sul principio del massimo ribasso (e non – come per legge – sull’offerta economicamente più vantaggiosa). Se, prima, un progetto per realizzare un edificio scolastico era pagato 100 in base a una tariffa emanata dal Ministero di G.G., su quale base la stessa prestazione, oggi, dovrebbe essere pagata 10, come di fatto già avviene? Non mi sembra che il pane abbia avuto un tale ribasso, anzi! Mi sembra di cogliere solo la volontà di risparmiare sulle cosiddette consulenze alla P.A. (altro calderone nel quale si confondono le consulenze vere e proprie, fatte spesso per elargire qualche lauta prebenda, con i servizi professionali di progettazione, rilievi, pianificazione, ecc.). Una soluzione può essere quella di “valorizzare le risorse interne” alla P.A.; questo però richiede almeno l’assunzione delle figure professionali necessarie (perchè, anche quando esistono, sono spesso assorbite nei compiti amministrativi che qualcuno dovrà pur fare), oltre che l’aggiornamento di uffici e attrezzature, comprese le licenze d’uso dei tanti software necessari (quasi mai in possesso degli uffici pubblici!). Dato che questo costa denaro, allora si taglia semplicemente sul costo delle prestazioni professionali. Proporrei, a questo punto, di costruire le opere pubbliche senza un progetto ingegneristico ed architettonico, casomai evitando anche i rilievi e gli studi geologici e sismici. Uscendo dalla provocazione, tutte le prestazioni professionali sopra citate sono prescrite da leggi dello stato e hanno un loro costo in attrezzature, risorse umane, aggiornamento delle competenze, materiali, ecc. Sarebbe il caso di ripensare i meccanismi con i quali vengono valutati gli oneri derivanti da nuove leggi; non è possibile che una legge che introduce l’obbligo di particolari studi e valutazioni venga prima definita a costo zero e poi lo stato si ritrovi: 1. a non poter fare fronte direttamente con la propria P.A. agli adempimenti da se stesso prescritti; 2. a dovere incaricare un professionista esterno; 3. a lamentarsi che costa troppo! Detto questo, sono daccordo: con l’abolizione (e non la riforma) degli Ordini Professionali e con l’abolizione del valore legale del titolo di studio. Riforme da fare urgentemente senza dimenticare, però, che quasi tutte le persone che svolgono la libera professione sono prima di tutto dei lavoratori e non l’ulteriore casta da abbattere (che va tanto di moda).

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