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IL PIANO FILLON E LA LINEA MAGINOT DELLA TRIPLA A

Il nuovo piano di austerità varato dalla Francia mira a salvaguardare a tutti i costi la tripla A sul debito. Invece è il modo migliore per perderla. Perché aggraverà la recessione, le entrate diminuiranno e aumenterà la spesa sociale. Il governo francese avrebbe dovuto fare l’esatto contrario. Perché si può evitare la recessione e contemporaneamente rassicurare i mercati finanziari. Bisogna dotarsi di una ferrea legislazione antideficit, aumentare e legare alle aspettative di vita l’età della pensione e prepararsi a una seria ristrutturazione delle banche francesi.

Il secondo piano di austerità predisposto dalla Francia è un drammatico controsenso. A Parigi sono tutti convinti che sia il prezzo da pagare per mantenere la prestigiosa tripla A. È invece il mezzo migliore per perderla. E, del resto, i mercati, dopo l’annuncio del piano, non hanno affatto ridotto il premio di rischio sul debito francese.

COME PERDERE LA TRIPLA A

Tutti sanno che la situazione economica sta deteriorandosi in Francia, in Europa e anche negli Stati Uniti. Ciò non sorprende. Son due anni che, ogni giorno, si parla di crisi della zona euro e le cose non migliorano certo. I cittadini sono spaventati e riducono i loro consumi. È logico e prevedibile. In un mondo razionale, i governi farebbero il possibile per tranquillizzare i consumatori ed evitare la spirale recessione-disoccupazione, che sta gradatamente prendendo piede. Invece no, i governi fanno esattamente l’opposto, aumentano la pressione fiscale. Si può tranquillamente prevedere, già da ora, quel che avverrà: la recessione sarà più dura del previsto, le entrate fiscali diminuiranno, la spesa pubblica (indennità di disoccupazione e simili) crescerà e il deficit non si abbasserà certamente, tutt’altro. Addio tripla A.
E sono previsioni ottimistiche. Perché le più probabili contemplano una ristrutturazione totalmente caotica, e non voluta, del debito greco e poi del Portogallo e dell’Italia, nella speranza che la Spagna non si aggiunga alla lista. Poiché numerose banche francesi, e non tra le più piccole, sono molto esposte verso questi paesi, rischiano di fallire e il governo dovrà tenerle a galla. Ma con quali soldi? Addio tripla A.
Eppure la vulgata dominante, di destra come di sinistra, è in totale contraddizione con questa analisi. E si basa su una premessa: salvare a tutti i costi la tripla A. E quindi dimostrare ai mercati – e alle agenzie di rating – che i francesi sono duri e puri, quasi tedeschi. Pertanto è ovvio che si taglino le spese e si aumentino le tasse. Sembra semplice e persuasivo. Del resto in Europa fan tutti così. Ma tutto ciò è terribilmente miope. È una mancanza di lungimiranza collettiva, frutto degli errori commessi nella gestione della crisi dei debiti sovrani della zona euro. Ne è la riprova la Grecia. Si esige dal paese un’austerità esemplare, ma il Pil diminuisce di giorno in giorno e impedisce di migliorare i conti pubblici. Allora le si chiede ancora di più. Chi può stupirsi, a questo punto, se dilaga il panico politico e se la popolazione, cui si chiedono enormi sacrifici, è arrivata al limite della sopportazione, aggravando ulteriormente la situazione? Lo stesso avviene in Portogallo e in Spagna. Francesi tenetevi pronti, tocca a voi.

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COSA VOGLIONO I MERCATI

Si sarebbe dovuto fare l’esatto contrario per evitare la recessione e contemporaneamente rassicurare i mercati finanziari. I mercati sanno perfettamente che la recessione influisce pesantemente su disoccupazione e equilibrio di bilancio. Auspicano quindi una ripresa economica che risollevi il morale delle famiglie, riducendo la pressione fiscale. Sono preoccupati, sì, anche per il debito pubblico, ma capiscono che non è la cosa più urgente da affrontare. Ciò che vogliono è la garanzia che i deficit spariranno quando inizierà la ripresa. Per evitare la catasatrofe bisognerebbe pertanto operare su un doppio fronte: favorire oggi il rilancio e applicare in seguito il rigore, per anni, anzi per decenni.
Come essere credibili quando si promette rigore per i prossimi trent’anni, ma oggi si aggrava il deficit? È meno complicato di quanto si creda, anche se è totalmente in disaccordo col pensiero dominante. Innanzitutto bisogna dotarsi di una ferrea legislazione antideficit. Ma non la funesta «regola d’oro» del pareggio di bilancio, così complessa da essere facilmente manipolata; bensì – per esempio – la regola tedesca. D’altra parte, il summit europeo di fine ottobre prevede che divenga obbligatoria, ma in Francia forse ne ha parlato qualcuno? Proprio nessuno, perché la classe politica non vuole legarsi le mani. E invece l’unico scopo di una regola di bilancio è proprio quella di legare permanentemente le mani alla classe politica, che – dal 1974 – non ha saputo conseguire il pareggio di bilancio.
Sarebbe auspicabile introdurre anche altri provvedimenti. Per esempio, il governo, in Francia, vuol portare a 62 anni l’età per la pensione. È ridicolo: i futuri deficit non potranno essere contenuti se non con un aumento continuo e progressivo dell’età della pensione, dal momento che la durata della vita media non fa che allungarsi. Oltretutto, pretendiamo dai greci che vadano in pensione a 65 anni, mentre la maggioranza degli altri paesi europei ci andrà a 67. È un provvedimento che rassicurerebbe i mercati, che del resto vedrebbero di buon occhio anche altre riforme, sul genere di quelle imposte ai greci.
È anche importante preparare la Francia ai prossimi choc. Si parla di ricapitalizzare le banche francesi entro giugno 2012. Ma anche se non succedesse niente prima di quella data, è probabile che avvengano fallimenti importanti. La ricapitalizzazione richiesta non sarà sufficiente a riassorbire l’abbattimento dei debiti di Grecia, Portogallo e Italia e il governo non avrà i mezzi necessari a tenere a galla le banche. Anche volendo essere ottimisti, è bene prepararsi al peggio. Il che significa una approfondita ristrutturazione delle banche francesi. Le banche ovviamente non ne vogliono sapere, ma come mai la classe politica francese finge di ignorare il forte pericolo che incombe sulla Francia?
Proseguire nella politica di rigore significa fare il contrario di ciò che richiedono i mercati finanziari: un rapido ritorno alla crescita. Ciò che preoccupa i mercati è il rifiuto di adottare impegni di bilancio permanenti. Il rischio, ben reale, che le banche crollino influirà sempre più pesantemente sul rating della Francia. La perdita della tripla A sta divenendo ineluttabile.

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(traduzione di Daniela Crocco)

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COME RIDURRE IL DEBITO PUBBLICO

  1. Gilberto Allesina

    il primo taglio è sempre su questo quesito, sia manipolando i percentuali dovuti ai lavoratori, sia aumentando l’età pensionabile, quando anche i sassi sanno che in uno scenario di crescita economica vicina allo zero e il bisogno di creare posti di lavoro per i giovani questo rappresenta una condanna all’esportazione di lavoratori, ad un invecchiamento ulteriore della popolazione. Insomma, un suicidio!

  2. michele

    In Islanda hanno lasciato fallire le banche private, e dato copertura a cittadini e imprese a patto che portassero il loro conto corrente presso una banc apubblica o un istituto privato non in crisi. Sì alla garanzia dei conti correnti per tutelare il risparmio ed evitare una corsa agli sportelli, ma ciò non richiede che i soldi pubblici finiscano per forza nei conti correnti delle banche in via di fallimento Esiste una portabilità gratuita dei conti correnti, che in caso di crisi di liquidità si deve utilizzare per migrare i conti correnti e drenare verso istituti affidabili la copertura con aiuti di Stato.

  3. Marcello Battini

    Date le circostanze, ritengo inevitabile un rallentamento temporaneo della crescita economica UE. Tagli nelle spese pubbliche (sprechi e privilegi) sono doverosi, da subito e per lungo tempo. l’importante è non trascurare, da subito, gli investimenti per la crescita, così da ridurre al minimo il tempo della stagnazione economica, causata da un rallentamento dei consumi interni, non adeguatamente bilanciato dalle esportazioni. Molti ritengono giusto seguire la strada della tassazione dei capitali. Personalmente preferirei un’imposta di solidarietà, a valere sui redditi più elevati, comunque acquisiti. Avrebbe il pregio di colpire la nuova ricchezza prodotta, ridurre drasticamente l’elevate disparità sociali, colpirebbe in primis, proprio i redditi personali dei diretti responsabili delle serrate scelte passate, che, contemporaneamente, sono anche coloro che più possono per rimediare (incentivi a fare presto le cose giuste). Non credo che questo avverrà.

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