Lavoce.info

QUEL DUBBIO LEGAME TRA DEBITO E CRESCITA

Paesi caratterizzati da elevati livelli di debito pubblico registrano anche una ridotta crescita economica. La correlazione tra debito e crescita è spesso utilizzata come argomento a favore di una politica fiscale restrittiva. Tuttavia, non è chiaro se sia l’elevato debito pubblico a provocare un rallentamento della crescita economica o viceversa. Uno studio recente mostra che non esiste alcuna evidenza a sostegno dell’ipotesi secondo la quale il debito pubblico provoca una riduzione della crescita economica.

Verificare se elevati livelli di debito pubblico generino un effetto negativo sulla crescita economica è una questione di politica economica particolarmente rilevante. Una risposta affermativa implicherebbe che, sebbene efficaci nel breve periodo, politiche fiscali espansive che fanno aumentare il rapporto debito/Pil potrebbero rallentare la crescita di lungo periodo, annullando parzialmente (o completamente) l’effetto positivo dello stimolo fiscale.

DEBITO E CRESCITA: QUALE LA CAUSA E QUALE L’EFFETTO

La maggior parte dei policy-makers sembra ritenere che il debito riduca la crescita economica. Si tratta di un’opinione in linea con i risultati di una fiorente letteratura empirica che mostra l’esistenza di una correlazione negativa tra debito pubblico e crescita economica. La correlazione sembra diventare particolarmente forte quando il debito pubblico si avvicina al 100 per cento del Pil. (1)
“II pericolo non viene da quello che non sappiamo, ma da quello che crediamo sia vero e che invece non lo è”, scriveva Mark Twain.
Correlazione non implica causalità. Il legame tra debito e crescita potrebbe scaturire dal fatto che è la ridotta crescita economica a generare elevati livelli di debito pubblico. La verifica empirica dell’idea che il debito pubblico ha un effetto negativo sul tasso di crescita dell’economia richiede l’utilizzo di tecniche statistiche più sofisticate di quelle usate per dimostrare l’esistenza di una correlazione tra le due variabili.
In un recente studio, basato su un campione di paesi Ocse, applichiamo tecniche econometriche che permettono di verificare se esista o no un nesso di causalità tra debito e crescita economica. (2)
I nostri risultati suggeriscono che la risposta corretta alla domanda “Elevati livelli di debito pubblico rallentano la crescita economica?” sia: “Non lo sappiamo”. Siamo consapevoli del fatto che questo genere di risposta rende il nostro lavoro meno soddisfacente degli studi che mostrano risultati chiari e inequivocabili. In realtà, tuttavia, nessuno dei lavori che individua una relazione tra debito e crescita può pretendere di dimostrare che il debito abbia un effetto causale sulla crescita economica: come affermava Mark Twain, è importante rendersi conto della propria ignoranza.

POLITICHE FISCALI PRUDENTI E PRESTATORE DI ULTIMA ISTANZA

Siamo convinti che i nostri risultati siano importanti alla luce del dibattito in corso sulla politica fiscale. Possono esserci molte valide (e meno valide) ragioni a favore di una politica fiscale restrittiva, anche in fase di recessione. Non intendiamo qui entrare nel merito di questo dibattito. Tuttavia, i nostri risultati mostrano che non c’è alcuna evidenza statistica a sostegno dell’ipotesi che un elevato debito pubblico possa nuocere alla futura crescita delle economie avanzate. Pertanto, riteniamo che la relazione tra debito e crescita non dovrebbe essere usata come uno degli argomenti a favore del consolidamento fiscale.
L’assenza di un effetto negativo del debito sulla crescita non implica che i paesi siano in grado di sostenere qualunque livello di debito. Esiste, ovviamente, un livello oltre il quale il debito diventa insostenibile e un livello del rapporto tra debito e Pil in corrispondenza del quale gli effetti distorsivi del debito sull’economia si fanno sentire. I nostri risultati, tuttavia, sembrano suggerire che le economie avanzate all’interno del nostro campione si attestano ancora al di sotto della soglia oltre la quale il debito inizia a generare effetti negativi sulla crescita.
Può esistere un canale alternativo attraverso cui elevati livelli di debito producono effetti negativi sulla crescita. In presenza di equilibri multipli, un governo solvente con un elevato debito può decidere di attuare politiche fiscali restrittive con l’obiettivo di ridurre la probabilità che un cambiamento nel sentiment dei mercati possa fare aumentare gli spread e portare il paese verso l’insolvenza. Queste politiche, a loro volta, potrebbero rallentare la crescita, specialmente se attuate in un periodo di recessione. (3) In tal caso, sarebbe corretto sostenere che il debito provoca una riduzione della crescita, ma soltanto perché un indebitamento elevato genera panico e politiche restrittive.
Se, da un lato, questa interpretazione giustifica politiche di lungo periodo dirette a ridurre il debito, dall’altro implica che i paesi non dovrebbero attuare politiche restrittive durante una recessione perché sono la ragione del legame negativo tra debito e crescita. Ciò nonostante, i policy-makers potrebbero non avere alternative nel caso in cui siano sotto pressione da parte dei mercati. Per questo motivo, è necessario sia attuare politiche fiscali prudenti, sia avere un prestatore di ultima istanza che escluda la possibilità di equilibri multipli. (4)
In sintesi, la nostra interpretazione dell’evidenza empirica sulla relazione tra debito pubblico e crescita nelle economie avanzate può essere così sintetizzata: (i) molti studi mostrano come il debito sia negativamente correlato con la crescita economica; (ii) nessun lavoro dimostra in maniera incontrovertibile che il debito genera un effetto causale sulla crescita; (iii) il nostro studio suggerisce che il nesso di causalità non esiste.
Benché certi della solidità dei nostri risultati, siamo consapevoli del fatto che possono apparire controversi. Tuttavia, i primi due punti rimangono indiscutibili. Pertanto, che il debito pubblico abbia un effetto causale negativo sulla crescita economica rimane un fatto ancora da dimostrare.

 

Questo articolo è basato su un articolo apparso su VoxEU.org

(1) Si vedano in proposito Reinhart, Carmen M. e Kenneth S. Rogoff, “Debt and Growth Revisited,” VoxEU.org, 11 agosto 2010 e “Growth in a Time of Debt,” American Economic Review: Papers and Proceedings, 100(2): 573–78, 2010. Kumar, Manmohan S. e Jaejoon Woo, 2010, “Public Debt and Growth,” IMF Working Papers, n. 10/174, International Monetary Fund. Cecchetti, Stephen, Madhusudan Mohanty e Fabrizio Zampolli, 2011, “The real effects of debt,” BIS Working Papers n. 352, Bank for International Settlements.
(2) Panizza, Ugo e Andrea F. Presbitero, 2012, “Public Debt and Economic Growth: Is There a Causal Effect?MoFiR working paper, n° 65.
(3) Perotti, Roberto, 2012, “The “Austerity Myth” Gain Without Pain?” In: Fiscal Policy after the Financial Crisis, Nber Chapters, National Bureau of Economic Research.
(4) De Grauwe, Paul, “The European Central Bank as a lender of last resort,” VoxEU.org , 18 agosto 2011.

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Piano strutturale di bilancio, un tema ancora da svolgere*
Leggi anche:  Nasce il nuovo Patto di stabilità e crescita*

Precedente

SPESA PUBBLICA EUROPEA

Successivo

LA FUGA DI CAPITALI NEI CONTI DELLA BANCA D’ITALIA

10 commenti

  1. SAVINO

    Oltre al debito pubblico, a rallentare la crescita è il debito dei privati. Il mito degli italiani piccole formiche era una farsa. Non siamo un popolo di risparmiatori, ma di debitori, con le conseguenze drammatiche che stiamo vedendo. Se lo Stato sperpera e il cattivo padre di famiglia fa il passo più lungo della gamba si perde di vista ogni obiettivo di benessere. Per questo, alla politica di rigore e austerità non c’è alternativa, perchè prima di qualsiasi intervento di programmazione dobbiamo rimettere nei binari giusti i conti pubblici e dei privati. Ciò va fatto accanto ad un abbassamento di aspettative sul tenore di vita, come base per non deludere gli individui.

  2. Marcello Battini

    Occorrerebbe verificare non la relazione diretta tra livello del debito e crescita economica, ma la relazione quantitativa tra fattori che sicuramente agiscono negativamente sulla crescita economica (criminalità, evasione fiscale, corruzione,etc.) e sviluppo economico di un Paese. Intuitivamente mi viene da pensare che se mi faccio prestare un miliardo per investirlo in attività produttive, dovrò lavorare a lungo per ripagare il mio debito, ma se il business è buono, ce la potrò fare. Se, invece, utilizzerò questo prestito per darmi alla bella vita, allora, per qualche anno sarò forse soddisfatto, ma, alla fine, danneggerò i miei prestatori e sprecherò alcuni anni della mia vita.

  3. marco

    Ho un’attività e un debito…Per restituire il debito devo avere un guadagno e devo destinare una parte del guadagno al pagamento- Il guadagno è determinato da quanto spendo e da quanto incasso. E’ ovvio che in un periodo in cui incasso di più più facilmente pagherò il debito rispetto a un periodo in cui incaaso di meno. In un periodo di contrazione devo cercare di tagliare le spese e aumentare la produttività per poi beneficiarne nel successivo periodo di crescita. Tradotto tagliamo la spesa improduttiva che non garantisce servizi e diminuiamo le tasse sul lavoro in modo da determinare un aumento delle imprese per beneficiarne in una fase successiva e conseguente di crescita

  4. Marco Tamanti

    E’ vero che le analisi empiriche aiutano a capire, ma serve sempre un po’ di buon senso prima di applicarsi. Per dare una risposta chiara, è sufficiente rifarsi ad uno dei primi insegnamenti dell’economia: un debito (=investimento) è conveniente nella misura in cui genera un ritorno maggiore. Dunque un debito non peggiora l’economia se viene fatto per investire in una attività redditizia. Invece genera un grosso problema a lungo termine se i soldi presi in prestito, prima di essere investiti vengono sprecati in mille rivoli. Ancora peggio se i soldi presi in prestito servono per pagare la vacanza a qualche politico, per tangenti, ecc… Se non prendiamo in considerazione questi ragionamenti, non ha senso parlare di sostenibilità del debito. Ricapitolando, se faccio investimenti redditizi, non esiste un limite all’indebitamento che mi crei problemi. Tradotto in parole semplici, se prendo in prestito ad un tasso del 4 per cento e quei soldi investiti mi rendono l’8 per cento, conviene investire (per semplificare il ragionamento non tengo conto del rischio sul tasso futuro) fino a che trovo qualche finanziatore che sia disposto a prestarmi soldi.

  5. Tama

    Sul lato del risanamento, vale la pena tagliare se siamo in un sistema dove gran parte dei soldi si perdono in mille rivoli senza dare risultati, e credo che sia difficile sostenere che in Italia non ci siano sprechi. Dunque bene tagli, soprattutto a burocrazia e costi inutili. Sull’altro lato, se vogliamo fare gli investimenti, bisogna fare delle analisi serie e cercare quelli redditizi, ma qui il discorso è molto più complicato: per esempio, investire un euro in cultura potrebbe essere molto redditizio, ma la risposta spesso si ha solo dopo qualche decina di anni.

  6. Piero

    Finalmente anche altri economisti si schierano anche se in modo velato contro la politica dell’accoppiata Merkel, Draghi, in sintesi il debito non blocca la crescita, nel mondo abbiamo molti paesi indebitati anche oltre l’Italia che non hanno problemi di crescita, è importante che il debito sia sostenibile, questa considerazione è inevitabile, in difetto c’è il fallimento del paese. L’altra considerazione è che perché sia sostenibile sia necessaria la banca centrale di ultima istanza, cosa che manca in Europa. Il cambio fisso dell’euro con economie diverse con una politica monetaria rigida, non ha prodotto altro che tali risultati, è inevitabile che i paesi deboli o meno produttivi che fino a ieri recuperavano la competitività nei confronti dei paesi virtuosi con la svalutazione oggi devono fare manovre di lacrime e sangue, rischiando l’instabilità sociale, con tali politiche ritorniamo indietro di circa 30 anni.

  7. A.M.

    Dicendo che lo studio suggerisce che il nesso di causalità non esiste mi sembra cadere nella stessa trappola nell’affermare il contrario. Se non c’è causalità allora è dovuto al caso? Stabilire un nesso o non nesso di causalità vuol dire tutto e nulla. Dipende tutto dalla struttura economica: alto debito può distruggere la crescita di quei paesi che lo sopportano per sperperi infruttuosi, per altre economie virtuose può rappresentare il volano per un pay-back a flussi positivi. Nel primo caso esiste una perfetta causalità, nell’ultimo nessuna.

  8. BOLLI PASQUALE

    Un’azienda privata con un debito non in equilibrio con valori patrimoniali e redditività aziendale è destinata ,se non lo mette rapidamente sotto controllo, al dissesto e quindi al fallimento. A stessa conclusione porta il debito degli enti pubblici. Se il privato che gestisce un’attività è molto indebitato e non ha possibilità di rientrare dalle sue esposizioni, avrà, per pagamento di interessi, risultati economici non soddisfacenti e mancanza di liquidità. E tanto è più grave se il mercato è in fase recessiva. Il privato in questa condizione per potersi salvare,se ne ha la possibilità, deve alienare propri beni, in caso contrario, deve chiudere. E’ da tener presente che un debito nel tempo crea maggiore debito. Al privato la mancanza di liquidità non gli consente ristrutturazioni e la ricerca di spazi per migliorare la propria economicità. Se parliamo del mostruoso deficit finanziario del nostro paese e facciamo un paragone con il privato dovremmo dire che ci mancano mezzi per sostenere ripresa e crescita. Non illudiamoci, lo Stato per sostenere la ripresa economica e non fallire deve alienare suoi beni, tassare grandi patrimoni, riformarsi e controllare spietatamente le uscite.

  9. antonio petrina

    egregio Prof. Panizza , se lei cita la relazione della sostenibilità/insostenibilità (D/Y), già studiata da economisiti “dentisti” di rango (“Esiste, ovviamente, un livello oltre il quale il debito diventa insostenibile e un livello del rapporto tra debito e Pil”), allora il problema lapalissiano è solo il seguente: qual è il livello di insostenibilità del debito pubblico? Ciò è croce e delizia di keynesiani o no ?

  10. A.Mazzoleni

     Mi sfugge perchè non venga attuato un piano per l’abbattimento diretto del debito pubblico italiano, portandolo ad esempio sotto quello tedesco e francese attraverso un mix di provvedimenti ad hoc : patrimoniali sui super-ricchi (che detengono capitali pari al triplo dell’ammontare nostro debito), dismissioni pubbliche tassazione capitali evasi in Svizzera ecc. Si continua ad agire sul pareggio di bilancio invece che sulla causa di fondo . Incredibile che nessuno parli di questo. Potrebbe spiegarne la ragione?

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén