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MAL DI CRISI

Nel 2013-2014 il sistema sanitario dovrà realizzare risparmi per 8 miliardi. Esperienze di altri paesi, non ultima la Grecia, mostrano che una grave crisi economica e politica ha dirette ripercussioni sullo stato di salute dei cittadini. Perché aumenta lo stress psicologico legato all’incertezza e perché la diminuzione del reddito non consente più l’accesso ad alcune cure. Ancora più gravi le conseguenze se a essere messo discussione è l’intero sistema istituzionale e di stato sociale. Il ruolo di collante dell’unità nazionale svolto in passato dal Ssn.

La manovra del luglio 2011, oltre ai nuovi ticket per visite ed esami specialistici (circa 800 milioni a regime), ha programmato per il Sistema sanitario nazionale 8 miliardi di risparmi da realizzare nel 2013-14 attraverso misure, da definire in accordo con le Regioni, concernenti la spesa farmaceutica, per il personale e per dispositivi medici e l’introduzione di ulteriori ticket. E probabilmente non è finita qui. È presto per verificare le possibili conseguenze della manovra in sanità, ma si può avanzare qualche riflessione.

LA SALUTE DOPO I TAGLI

Un rapporto dell’Unicef riporta il caso particolarmente grave dei paesi in transizione dal socialismo reale all’economia di mercato: in Russia, Estonia, Lituania, le difficoltà si sono tradotte addirittura in un cambiamento delle tendenze demografiche (aumento del tasso di mortalità, riduzione della fertilità e dei matrimoni), un evento eccezionalmente raro. La spiegazione può essere cercata nella crisi economica, con conseguente incremento della disoccupazione e della povertà, nell’aumento dell’alcolismo e nel degrado dei servizi sanitari, ma un fattore fondamentale è stato individuato nell’aumento dello stress psicologico e nello sconquassamento generale delle istituzioni.
Oggi, la Grecia sprofonda in una grave crisi economica e politica, che ha dirette ripercussioni sulla sanità: stato di salute dichiarato in peggioramento e aumento delle rinunce a visite mediche, spesso per motivi di accesso fisico; per gli ospedali, riduzione del 40 per cento dei bilanci, carenze di personale, probabile uso di mance per saltare le code, aumento dei ricoveri nel settore pubblico (+24 per cento nel 2010 e +8 per cento nella prima metà del 2011) e diminuzione nel privato (-25/30 per cento); aumento dello stress sociale, segnalato dall’incremento dei suicidi (+17 per cento nel 2009 rispetto al 2007, +25 per cento nel 2010 e +40 per cento nella prima metà del 2011), legati spesso all’indebitamento; raddoppio degli omicidi e dei furti tra il 2007 e il 2009; aumento delle infezioni da Hiv del 50 per cento nel 2011; diminuzione dei soggetti in grado di ottenere indennità di malattia; aumento dell’uso, da parte dei greci, delle “ cliniche di strada” gestite dalle ong, prima frequentate dagli immigrati (dal 3-4 per cento al 30 per cento). (1) Un rapporto Unicef-università di Atene denuncia la presenza di 439mila bambini in famiglie (il 20 per cento del totale) sotto la soglia di povertà, con diffusi problemi di denutrizione e condizioni di vita malsane, casi di svenimenti a scuola, ritorno del lavoro minorile. (2)
In definitiva, sembra che gli effetti dei risparmi in sanità, attuati in fase di recessione, possano essere più o meno gravi a seconda delle diverse: 1) condizioni epidemiologiche e il livello tecnologico delle cure richieste; 2) capacità di gestire i tagli secondo criteri di costo-efficacia invece di ridurre l’accesso; 3) grado di aumento del rischio sociale; 4) tenuta delle istituzioni.

COME STA L’ITALIA

In Italia la mortalità è legata alle patologie dell’età matura, che richiedono trattamenti costosi e un mix di interventi sanitari e assistenziali. Pertanto i tagli di spesa solo in parte possono essere compensati da una più mirata allocazione delle risorse o controbilanciati da un progresso tecnico cost saving.
Il sistema è complessivamente poco costoso (spesa sanitaria pubblica/Pil nel 2009 pari al 7,4 per cento, inferiore a Francia, Germania, Regno Unito e Stati Uniti), ma sottoposto da anni a una ristrutturazione difficile. Il deficit complessivo del Ssn, pari al 5,1 per cento del finanziamento nel periodo 2001-2005, è calato al 2,3 per cento nel 2010: il Lazio ha ridotto il disavanzo del 36 per cento, la Campania del 43 per cento e la Sicilia dell’89 per cento. Tuttavia, non sono garantiti ovunque i livelli essenziali di assistenza, resta “critica” la posizione di sei Regioni. (3)
A metà degli anni Novanta i tagli della spesa pubblica sono stati compensati da un aumento di quella privata. Tra il 2007 e il 2009 le famiglie hanno sofferto un consistente calo del reddito disponibile, ma la spesa privata per servizi sanitari è cresciuta dell’8,1 per cento, contro il +2,6 per cento del consumo totale. (4)
I bisogni insoddisfatti dichiarati di visite mediche per barriere di accesso sono aumentati del 13 per cento nel 2009 rispetto al 2007, recuperando un poco nel 2010 (-5 per cento), in coincidenza con la breve ripresa; quelli motivati dal costo eccessivo sono arrivati all’8,9 per cento nel 2008 nel primo quintile di reddito (il 20 per cento di famiglie più povere) e al 14 per cento per le visite dentistiche, per poi calare al 7,2 per cento. (5)
Non siamo ancora in grado di valutare se i futuri risparmi di spesa saranno selettivi o indiscriminati, ma è difficile non peggiorare le condizioni di accesso fisico ed economico, soprattutto laddove le capacità amministrativo-gestionali sono scarse e dove sono più forti le pressioni di interessi privati. Eventuali modifiche al sistema delle compartecipazioni, come la recente ipotesi di introduzione di una franchigia, devono essere studiate attentamente.

Ma l’impatto più grave si realizza quando alla caduta del Pil pro-capite si affianca la messa in discussione dell’intero sistema istituzionale e di stato sociale. Un attacco drastico alla sanità potrebbe suscitare reazioni allarmate da parte dei cittadini e potrebbe alimentare l’insoddisfazione sociale, anche per il ruolo di collante dell’unità nazionale svolto in passato dal Ssn. Qualora poi il livello di rischio sociale dovesse aumentare significativamente, come in Grecia, e come segnalato dall’intensificarsi dei suicidi riportati dalle cronache, le conseguenze potrebbero divenire “sistemiche”, perché ai problemi di accesso fisico o economico alle cure si aggiungerebbe un rilevante aumento dello stress sociale, dovuto alla maggiore incertezza. Tanto più che il welfare italiano soffre già di gravi limiti e carenze – non si dispone di un sistema universale di long term care, né di sostegno al reddito – e i pochi finanziamenti per l’assistenza sono stati drasticamente tagliati. Anche la questione della lunghezza dei tempi di pagamento ai fornitori da parte del Ssn può diventare esiziale per le imprese in una fase di stretta sul credito, con ricadute economiche e sociali.
Infine, l’irrigidirsi del vincolo di bilancio, concordato a livello europeo, potrà provocare una degenerazione dei rapporti intergovernativi, con accrescimento dei tentativi reciproci di spostare la responsabilità politica dei tagli e possibile rifiuto della concertazione da parte delle Regioni. Più in generale, va riconosciuto che in questa fase la debolezza del sistema politico nazionale e una sottovalutazione a livello europeo dei problemi di tenuta democratica dei paesi sottoposti a una forzata, e sempre più controversa, austerità giustificano una certa inquietudine. 

(1) http://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(11)61556-0/fulltext
(2)
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-04-06/unicef-grecia-439mila-bambini-192328.shtml?uuid=AbZAS9JF
(3)
http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_1534_allegato.pdf
(4)
http://www3.istat.it/dati/catalogo/20110523_00/
(5)
http://epp.eurostat.ec.europa.eu/portal/page/portal/health/public_health/data_public_health/database

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MOBILITÀ SOCIALE: IN ITALIA È FERMA

  1. AM

    Indipendentemente dalla crisi attuale, lo stesso fenomeno della globalizzazione ha messo in ginocchio lo stato sociale. Lo stato sociale prospera infatti in una società chiusa (come i comuni italiani del medioevo). Se si abbattono le barriere che controllano il movimento di merci e di persone si hanno conseguenze importanti. Si subisce la concorrenza da parte di paesi con poco o nullo welfare, che producono a costi minori. Inoltre vi è il movimento delle persone, soprattutto di quelle deboli, da paesi poveri di welfare verso paesi dotati di un welfare generoso. Ne risultano un aumento di persone che beneficiano dei servizi di welfare e un innalzamento del costo di questi servizi che grava sui bilanci della PA dei paesi con welfare generoso non protetti da barriere e controlli riguardanti l’ingresso di persone e merci.

  2. Fabio Pancrazi

    In Italia si assiste ad un dilagare di pubblicità che vanta effetti farmaceutici di sciroppi e compresse a base di erbe registrati “dispositivi medici”. Lo stratagemma di mercato è abbinare il termine “medico” e non “alimentare” (integratore) anche a prodotti di derivazione erboristica, senza dover necessariamente dimostrarne a priori l’efficacia secondo criteri medico-farmaceutici: un ‘sistemino’ per aggirare i problemi legati all’iter di registrazione di un farmaco e al giro di vite che subiranno gli integratori alimentari da parte dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare. Così il consumatore medio (che non sa cosa è un dispositivo medico) crede di acquistare un farmaco. Lo Stato deve anche farsi carico di rimborsare il 19% del prezzo pagato (su ricetta!) per questi “dispositivi medici”. Di più su http://www.youtube.com/watch?v=gcKUCWcHxPI

  3. Fabio Pancrazi

    Vorrei aggiungere che i già menzionati “dispositivi medici” (sciroppi e compresse a base di erbe!) che, a mio avviso, sono invece integratori alimentari in quanto agiscono per assorbimento intestinale e non operando in modo meccanico come deve fare un dispositivo medico, spesso vengono prodotti addirittura da Società Agricole, con tutte le loro agevolazioni fiscali e creditizie spettanti per il criterio della “prevalenza” nell’esercizio dell’attività connessa, dei prodotti ottenuti dal proprio fondo, bosco o allevamento rispetto a quelli acquisiti da terzi. In più, come dicevo, lo Stato deve rimbordarne il 19% del prezzo. Questo tipo di “imprenditorialità” è troppo a carico dei contribuenti!

  4. ciro daniele

    Non è detto che la riduzione della vita media sia solo un risultato secondario ed indesiderato delle politiche di tagli alla sanità. Da tempo il Fmi “suggerisce” ai paesi meno sviluppati di non alzare troppo le imposte su tabacco e alcol anche perché, a conti fatti, l’introito non riuscirebbe a compensare il costo delle pensioni e delle cure mediche per tutti quelli che vivrebbero più a lungo perché smettono di bere e fumare.

  5. Paolo Luparello

    Queste analisi “macro” cominciano a darmi fastidio. Sembrerebbe che spendendo per la sanità meno di altri paesi in termini di PIL ogni eventuale taglio della spesa determinerebbe catastrofi sociali. Scusate, ma la Sanità di cui usufruiamo in tante parti d’Italia e in Sicilia in particolare è degna di un paese civile? Sicuramente ne ha i costi ma in termini di qualità dei servizi non credo proprio … e se si cominciasse a spendere meglio e a farla funzionare questa Sanità? trasparenza sui costi della Sanità e sul costo del personale … a tutti i livelli!

  6. ciro daniele

    Il problema dell’inefficienza della spesa sanitaria non ha molto a che vedere con il suo ammontare complessivo. Ci sono molte attività in cui si sprecano deliberatamente una montagna di risorse, come la pubblicità e lo spettacolo, ma non credo che tagliando i fondi a questi settori se ne migliorerebbe troppo la produttività e l’efficacia, ossia la capacità di produrre buoni risultati. Il problema è la “tecnologia” del settore sanitario: tutti i libri di economia ricordano che eseguire un quartetto di Mozart richiede lo stesso impiego di lavoratori e strumenti di tre secoli fa e non credo che oggi un pronto soccorso assorba molte meno risorse pregiate di quando c’erano solo i lazzaretti. Certamente c’è molto spazio per migliorare l’efficacia (non solo l’efficienza) di alcuni presidi sanitari medievali, ma tagliare senza cambiare la tecnologia significa semplicemente ridurre i servizi pubblici. A ciascuno di noi conviene precipitare in una puntata di ER, in cui si viene assistiti decentemente solo se si ha l’assicurazione giusta? … e senza Clooney o la Cardellini.

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