Negli anni Venti e Trenta del secolo scorso arrivarono al potere non soltanto il nazismo in Germania e il fascismo in Italia, ma si affermarono regimi autoritari in mezza Europa. La crisi economica e finanziaria ebbe un peso determinante nella creazione dell’ondata antidemocratica. Resistettero meglio i paesi con sistemi elettorali che prevedevano forti sbarramenti ai partiti minori. Sono fatti e dati che oggi devono tenere ben presenti i responsabili politici europei.
Attorno al 1920 ventiquattro stati europei potevano definirsi democratici. Nel 1939 in tredici di questi aveva prevalso regimi autoritari, tuttavia anche nei rimanenti undici le istituzioni democratiche vennero minacciate in maniera più o meno severa da movimenti e partiti anti-sistema.
VENT’ANNI CHE SCONVOLSERO IL MONDO
Un colpo di stato militare abbatté le istituzioni democratiche in Ungheria nel 1920, in Bulgaria nel 1923 e in Portogallo, Lituania e Polonia nel 1926. In Jugoslavia il re Alessandro I abolì i partiti politici e prese in mano il potere nel 1929. In Grecia l’ingovernabilità del paese indusse il re a chiamare il generale Metaxas a governare il paese con l’appoggio delle forze di destra. Lo stesso avvenne due anni dopo in Bulgaria, questa volta per contrastare l’avanzata della destra. Anche in Austria nel 1934 il cancelliere Dollfuss assunse tutti i poteri per contrastare l’avanzata delle destre, che pochi mesi dopo lo uccisero. Lo stesso avvenne poco dopo in Lettonia ed Estonia. (1) Questo per non citare il caso italiano e tedesco dove negli anni Venti e Trenta i partiti fascista e nazista presero il potere attraverso libere elezioni. Un’ampia letteratura storica, sociologica e politica è concorde nel ritenere che un simile scenario, per altro comune a molti paesi dell’America Latina, sia in buona parte imputabile alla crisi economica e finanziaria che ha colpito molti paesi in quegli anni. (2) A puro titolo d’esempio vale la pena ricordare che in Germania dopo gli anni di iperinflazione (1922-23) l’economia tedesca fu caratterizzata da un periodo di forte boom, il cosiddetto Golden Twenties (1924-28), seguito da una lunga recessione: nel 1932 il Pil si era ridotto di circa un quarto rispetto al picco del 1928 e i disoccupati erano saliti a oltre 6 milioni, dopo che il governo Hindemburg-Bruning aveva applicato una rigorosa politica fiscale e pesanti tagli alla spesa sociale. È solo in questa fase che il partito nazista, nato negli anni Venti, conseguì risultati veramente significativi (grafico 1). Anche I’talia l’ascesa del Partito nazionale fascista segue un lungo periodo di crisi economica e recessione che va dal 1918 al 1921 (grafico 2).
LA CRISI ECONOMICA, HITLER E MUSSOLINI
I risultati elettorali tedesci e italiani non furono terribili eccezioni, ma la regola. Eccezionali furono tutt’al più le conseguenze, come ci ricorda il titolo di un recente lavoro di King, Tanner e Wagner: Ordinary Economic Voting Behavior in the Extraordinary Election of Adolf Hitler. (3) Certamente il clima politico istauratosi dopo la fine della prima guerra mondiale con la punitiva pace di Versailles, i milioni di reduci delusi, la giovane età di molte democrazie nate dalla disgraegazione dell’impero austro-ungarico, la paura del comunismo vittorioso in Russia e la spaccatura della sinistra giocarono un ruolo importante. Tuttavia come mostra un recente lavoro di Bromhead ,B. Eichengreen e O’Rourke (4), la prolungata crisi economica ha giocato un ruolo determinate nel portare al potere i partiti anti-sistema in un campione di 28 paesi e 171 consultazioni politiche.
SISTEMI ELETTORALI
La storia ci consegna tre ulteriori moniti. In primo luogo, anche i sistemi politici, oltre quelli economici, sono soggetti a fenomeni di contagio: i regimi democratici come quelli autoritari tendono per motivi culturali a riprodursi da un paese all’altro. Secondo, i paesi con sistemi elettorali che hanno un forte sbarramento all’ingresso ai partiti minori sono quelli che meglio resistono alle crisi e all’avanzata dei partiti anti-sistema. Terzo, il più delle volte, non sono i disoccupati o i colletti blu, che hanno ammortizzatori sociali, a voltare le spalle alle democrazia, ma i così detti working poor e cioè i lavoratori autonomi, commercianti, piccoli professionisti, lavoratori domestici, che più sono toccati dalla crisi e votano i partiti anti-sistema, quasi sempre di destra.
Di questo devono ricordarsi i capi di governo che si riuniscono il 28 e 29 a Bruxelles. Il Pil Greco è già caduto del 16 per cento negli ultimi cinque anni, mentre gli acquisti di armi leggere sono enormemente aumentati così come la ricerca delle parole‘guerra civile’ su Google. Se il governo di Samaras dovesse fallire nei suoi obiettivi, il prossimo parlamento greco potrebbe davvero diventare ingovernabile e le istituzioni democratiche sarebbero a rischio, non solo in Grecia.
(1) G. Capoccia, (2005), Defending Democracy: Reactions to Extremism in Interwar Europe, Baltimore, Johns Hopkins University Press.
(2) Stögbauer C. (2001), The Radicalisation of the German Electorate: Swinging to The Right and the Left in the Twilight of the Weimar Republic, European ReviewOf Economic History 5; A. Diskin , H. Dikin, and R. Hazan Why Democracies Collapse: The Reasons for Democratic Failure and Success International Political Science Review (2005), Vol 26, No. 3, 291309
(3) King, G., Rosen, O., Tanner, M. and Wagner, A.F.!(2008), Ordinary Economic Voting Behavior in the Extraordinary Election of Adolf Hitler, Journal of Economic History 68: 951596
(4) A. Bromhead ,B. Eichengreen and H. ORourke (2012) Right Wing Political Extremism in the Great Depression University of Oxford Discussion Papers in Economic and Social History Number 95, February
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adriano garlato
Quello che colpisce molto del grafico dl PIL italiano sono i 15 anni che l’Italia ha impiegato a tornare ai livelli pre-crisi (dal 1918 al 1933): è corretto?
Piero
Il governo politico farà la scelta degli italiani, se vogliono uscire dall’euro si esca se vogliono rimanere e fare sacrifici va bene, ma non deve essere un governo tecnico a fare queste scelte, l’ultima portata in giro che sta subendo gli italiani è il successo sbandierato da Monti sulle misure antispreed, sono solo cavolate le ho spiegate in commento all’articolo di Gros.
andreag
Buona analisi storica, ma io rifletterei sugli 70/80 anni che ci separano da allora. Anche se una soglia di sbarramento elettorale sarebbe cosa buona e giusta specie in un sistema maggioritario e ancor più in un proporzionale,più o meno corretto,tuttavia oggi con internet è molto più facile del passato “fare comizi” senza spendere un soldo e arrivare alle orecchie delle persone,non serve neppure chiedere un permesso alla questura e temere la propria incolumità negli scontri con le fazioni avverse (comunisti/sindacalisti vs fascisti,x esempio).E’ pur vero che la democrazia come l’autoritarismo è “contagioso”,ma le primavere arabe ci insegnano che possono crescere democrazie differenti dall’idea che ne abbiamo. Anche l’Italia ci sta mettendo 60anni per prendere coscienza delle sue caratteristiche pre-repubblicane,e ci ha messo 60 anni dalla rivoluzione francese e americana per farne una con l’aiuto/concessione degli inglesi.
Roberto Ferrigno
I fatti economici e politici che portarono all’avvento dei regimi nazi-fascisti in Europa negli anni 20-30 del ‘900 sono incontestabili. Meno accurata appare l’equivalenza con l’attuale situazione politica. Oggi non esiste il “pericolo comunista” esterno, a pochi giorni di marcia da Atene o dal Vaticano. Secondo, non esiste una prospettiva di esito rivoluzionario della crisi interno agli stati nazionali. Terzo, sebbene i “working poor” siano ormai una categoria diffusa orizzontalmente in tutta Europa – inclusa la Germania – non esiste all’orizzonte una forza politica nazionale che li possa e/o voglia rappresentare. Quarto, l’esempio greco mostra come decenni di clientelismo e corruzione eletti a sistema di potere da parte dei 2 maggiori partiti del paese siano stati causa fondamentale del tracollo della societa’ ellenica. Altro esempio negativo possono essere i duopoli DC-PCI in Italia, e PP-PSOE in Spagna. Sbarrare l’accesso ai partiti minori non sembra la strategia adeguata a difendere la nostra “democrazia”. Si rischia di puntellare sistemi che hanno disperato bisogno di un ricambio di personale e di nuove visioni del futuro.
gerardo
analisi condivisibile ed anche ovvia. La domanda che invece porrei è se questo di cose non è proprio voluto dalla speculazione finanziaria per allentare il controllo democratico dell’economia. Se non ricordo male un certo Milton Friedman sostiene che aumentando l’istabilità economica e finanziaria sia possibile imporre ai cittadini qualsiasi tipo di governo e di controllo sulle masse. Questo è quanto è sucesso nell’Europa degli anni 20 e 30. Credo molti economisti dovrebbero vergognarsi per la loro cultura fortemente antidemocratica e per aver contribuito, nel nome dell’ideologia del mercato, ad aver creato l’attuale sistema sociale.
Lorenzo
Mi sento di segnalare questo articolo, in inglese, uscito in questi giorni sulla RWER. Macro-economic policy and votes in the thirties: Germany (and The Netherlands) during the Great Depression http://rwer.wordpress.com/2012/06/29/macro-economic-policy-and-votes-in-the-thirties-germany-and-the-netherlands-during-the-great-depression/