Il decreto “Competitività” rivede il sistema degli incentivi al fotovoltaico. E per questo è stato criticato. Ma i dati ci dicono che i sussidi non sono giustificabili in termini di rapporto costi/benefici. Andrebbero soppressi del tutto e sostituiti con una carbon tax a livello globale.
SUSSIDI DECURTATI PER IL FOTOVOLTAICO
Nella prima settimana di agosto l’aula del Senato ha approvato il decreto legge “Competitività”. Tra le misure contenute nel decreto, quella che probabilmente ha suscitato la più forte opposizione è il cosiddetto “spalmaincentivi” che prevede una rimodulazione dei sussidi per gli operatori di impianti fotovoltaici di grandi dimensioni (> 200 kW). In sede di conversione, l’impianto originario – che contemplava l’allungamento del periodo di incentivazione da 20 a 24 anni oppure la riduzione dell’incentivo pari al 10 per cento – è stato parzialmente modificato con la previsione di tagli dei sussidi proporzionali alla potenza degli impianti, l’introduzione dell’opzione di una riduzione iniziale delle tariffe nei prossimi cinque anni compensata da un aumento in quelli successivi, oltre all’introduzione della possibilità di cedere una quota degli incentivi a un acquirente selezionato tra i primari operatori finanziari europei.
Le novità introdotte dal Parlamento non sembrano aver modificato la valutazione negativa di molti operatori del settore che hanno criticato in particolare l’instabilità del quadro normativo, da cui potrebbe discendere una riduzione degli investimenti in Italia.
Ora, è fuori di dubbio che la stabilità del quadro regolatorio sia un bene prezioso e che, in generale, il perenne mutare delle “condizioni al contorno” costituisca una significativa barriera che si frappone agli investimenti esteri di cui il nostro paese è profondamente carente. Ma, nel caso specifico, probabilmente non tutto il male viene per nuocere. Se l’effetto indiretto della misura sarà prevalentemente quello di allontanare dall’Italia imprenditori non disposti a rischiare nel mercato per soddisfare la domanda dei consumatori, ma alla ricerca di facili profitti a spese dei contribuenti, l’instabilità regolatoria apporterebbe un beneficio aggiuntivo e non un danno. D’altra parte, la stessa introduzione dei sussidi al fotovoltaico, così come le innumerevoli altre misure di incremento della spesa pubblica adottate nel passato, hanno a loro volta modificato l’assetto preesistente o in termini di incremento del prelievo fiscale o, come nel caso delle rinnovabili, dei costi dell’energia per produttori e consumatori. Il criterio del non modificare i “diritti acquisiti” non può dunque essere considerato un vincolo assoluto: se così fosse, qualsiasi norma introdotta che comporti benefici per qualche gruppo particolare, anche la più iniqua, non potrebbe in nessun caso essere modificata. La valutazione della opportunità di mantenere inalterato oppure modificare l’assetto normativo, sia nel caso specifico del fotovoltaico sia in termini più generali, dovrebbe discendere prioritariamente da una valutazione nel merito della legislazione vigente. In tale ottica, una revisione del quadro normativo relativo al fotovoltaico appare più che giustificata. Vediamo perché.
PERCHÉ TAGLIARE GLI INCENTIVI
Qual è la ratio del sussidio alle rinnovabili? La correzione di un fallimento del mercato, ossia la presenza di esternalità ambientali negative non internalizzate. Ma l’imperfezione del mercato non giustifica di per sé (come spesso viene dato per scontato) qualsiasi intervento pubblico. L’adozione di una nuova forma di regolamentazione dovrebbe infatti essere vincolata al superamento di un’analisi preliminare dei relativi benefici e costi. Se ciò non accade, l’imperfezione del mercato rappresenta una condizione preferibile a quella che si verrebbe a determinare a seguito dell’intervento pubblico.
Non risulta che una tale analisi sia stata condotta nel caso dei sussidi al fotovoltaico. I dati disponibili portano però ad escludere che si sarebbe conclusa con esito positivo. Assumiamo che, in assenza di sussidi, l’energia fosse stata prodotta con centrali a gas a ciclo combinato. In base a uno studio finanziato dalla Commissione europea, le esternalità ambientali complessive (comprensive dell’inquinamento atmosferico oltre che delle emissioni di CO2) per questa modalità di produzione risultano pari a circa 1 centesimo di euro per kWh, ossia 10 euro per mWh. (1)
Figura 1 – Costi esterni correlati alla produzione di energia elettrica
Fonte: ExternE-Pol (2005)
Secondo quanto riportato in un documento del Ceer, ovvero il Consiglio europeo dei regolatori nel campo dell’energia (tra cui la nostra Autorità per l’energia), nel 2011 l’incentivo medio per il fotovoltaico in Italia risultava pari a 367,2 €/MWh equivalente a 36 volte il valore delle esternalità evitate. (2)
Tabella 1- Livello di incentivazione medio per fonte
Fonte: Ceer, 2013
Alla luce di tali dati, risulta del tutto evidente come gli incentivi previsti per il fotovoltaico (e per le altre rinnovabili) non risultino essere giustificabili in termini di rapporto costi/benefici.
Anche volendo prescindere da una valutazione di efficienza, il livello di sussidio previsto per il fotovoltaico è ingiustificato in base a una valutazione costi-efficacia. Identici risultati in termini di riduzione delle emissioni avrebbero potuto essere conseguiti a un costo molto minore se si fosse puntato maggiormente sulle altre rinnovabili (o, simmetricamente, a parità di risorse si sarebbe potuto conseguire un più elevato taglio di emissioni).
Una chiara indicazione di quanto sarebbe equo sussidiare fonti energetiche rinnovabili ai fini della riduzione delle emissioni di CO2 (escludendo quindi gli inquinanti locali) è data dalla quotazione dei permessi di emissione del sistema europeo di scambio di quote (EU-Ets) che si attesta attualmente a 6,5 euro per tonnellata. (3) Poiché la produzione di MWh di energia con una centrale a gas comporta emissioni di CO2 pari a circa 0,4 t, il “prezzo giusto” per ogni MWh ottenuto da rinnovabili non dovrebbe superare i 3 euro, ossia meno di un centesimo di quanto previsto per il fotovoltaico.
Se un appunto può essere mosso all’esecutivo attuale è quindi quello di essere stato fin troppo timido nel rimediare alle improvvide decisioni del passato. È comunque assai apprezzabile la direzione di marcia intrapresa che, per una volta, tutela l’interesse diffuso della collettività a scapito di quello particolare di alcune imprese.
Nel medio periodo, sia con riferimento all’efficienza che alla certezza regolatoria, sarebbe auspicabile la soppressione di ogni forma di sussidio sia per le rinnovabili che per le fonti fossili e l’adozione a scala planetaria, così come suggerito tra gli altri da William Nordhaus, di una carbon tax indicizzata all’evoluzione reale della temperatura della Terra. Interventi di riduzione delle emissioni limitati ai paesi più sviluppati non possono infatti che avere effetti modesti sull’evoluzione complessiva a scala mondiale: l’Europa, ad esempio, era responsabile del 19 per cento delle emissioni mondiali nel 1990, del 12 per cento nel 2010 e, secondo le previsioni dell’Iea (International Energy Agency), nel 2030 al nostro continente sarà attribuibile solo il 7 per cento della CO2 emessa.
(1) ExternE-Pol (2005) “Externalities of Energy: Extension of accounting framework and policy applications”, Report to the European Commission DG Research, Technological Development and Demonstration (Contract No: ENG1- CT2002-00609), produced by ARMINES/Ecole des Mines de Paris, et al. http://www.externe.info/externe_d7/sites/default/files/expolwp6.pdf
(2) Ceer (2013) “Status Review of Renewable and Energy Efficiency Support Schemes in Europe” http://www.ceer.eu/portal/page/portal/EER_HOME/EER_PUBLICATIONS/CEER_PAPERS/Electricity/Tab2/C12-SDE-33-03_RES%20SR_25%20June%202013%20revised%20publication_0.pdf
(3) A differenza delle emissioni di CO2 che risultano a livello mondiale in costante crescita, le emissioni di inquinanti locali sono state significativamente ridotte negli ultimi decenni con conseguente forte miglioramento della qualità dell’aria
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Gertsen
L’aritmetica sfuggente e rarefatta dell’analisi costi-benefici produce un ritratto complessivo elegantemente distorto.. Certo, il decreto salva Alcoa contemporaneamente al crollo dei prezzi del FV ha determinato rendite di posizione eccessive che è giusto correggere, ma valutare l'”equità” degli incentivi in base alla quotazione dei permessi di emissione è fuorviante. Come se gas, nucleare, per non parlare dell’idroelettrico agli albori della storia industriale italiana, non abbiano goduto e godano tuttora di “incentivi” nelle forme più diverse, dirette e indirette. Per esempio, il passaggio dal gasolio al gas per riscaldamento dopo lo shock petrolifero del ’73 è stato una scelta politica, non certo di mercato.
iuri cantarini
Ritengo che siano 2 le cose gravi che si rilevano dall’articolo esposto:
1) Non è possibile cambiare le regole come sta facendo oggi l’Italia. Bisogna assolutamente cambiare logica. Ma se un giocatore di carte, a metà partita, decidesse di cambiare la briscola a suo favore…che comportamento potrebbe indurre sugli altri giocatori? Provate a rispondere.
2) L’analisi condotta nell’articolo è estremamente superficiale ed anche distorta. In ogni caso, rimanendo in Italia, l’eventuale distorsione dovuta agli incentivi del passato (perchè già ora la situazione è molto diversa) a causato un danno neanche lontanamente paragonabile con quello creato dalle lobby delle energie tradizionali.
Conclusioni
Si vuole rivedere il settore nel suo complesso? Bene, facciamolo…con più competenza, trasparenza ed onestà! Ma una volta stabilite le regole, queste siano! Ed, ancora meglio, si stabilisca DA SUBITO in che modo dovranno essere cambiate nel caso, in futuro, sia ancora necessario.
Alfredo
Buongiorno,
Al di là dei numeri e del fatto che un Analisi Costi Benefici sia un tipo di approccio da tenere in considerazione per indirizzare una scelta politica, ma in questo caso ad esempio, installare fonti rinnovabili significa anche aumentare l’indipendenza energetica del Paese, elemento che è un esternalità anche nella CBA!!!
Comunque il punto in questo contesto non è l’ Instabilità del Quadro Regolatorio di un mercato, ma la retroattività dell’intervento.
Saluti
simone ricci
Ma, nell’analisi costi-benefici non bisognerebbe anche tener conto del fatto che il gas si paga e il sole no?
Andrea beghetti
I costi di esternalita negativa del nucleare sono palesemente sottostimati…chiedete ai giapponesi dati aggiornati
Le rinnovabili a regime abbattano importations di combustibili fossili e migliorano la bilancia commerciale
il livello Italiano degli incentivi al solare, via va calato nel tempo, risulta nella media europea
Gil incentivi erano via via calibrati dati I costi Della tecnologia dell epoca, per permettere un ritorno del capitale
Sufficiente a giustificare Gil investimenti; Ora Che gli impianti sono in funzione con benefici rilevanti per il sistema elettrico (vedasi calo del prezzo ingrosso) riducendo le tariffe si fanno fallire le imprese Che hanno realizzato tutto cio, tango vale nazionlizzare direttamente!
Piero
Un paese che non rispetta un contratto può essere paragonato all’Argentina, gli investitori lo hanno capito, nessuno verrà a fare investimenti dopo che il Governo ha fatto il taglio sugli incentivi già contrattualizzati, vi saranno i ricorsi contro questo provvedimento, si stanno già muovendo i grandi studi legali internazionali.
Gian Luigi Lombardi-Cerri
Il FV basato sul silicio, non ha avuto e non ha nessuna interessante possibilità di sviluppo a causa del basso rendimento e di non essere in grado di soddisfare la richiesta al momento della domanda.
E’ solo servito a finanziare la più sordida speculazione.
Il FV interessante sarà invece quello basato su cellule a struttura diversa , con possibilità di captare energia anche di notte ( ad es nanotubi di carbonio, opportunamente “drogati”).
Questo, in Italia non interessa poichè l’unica “ricerca” che interessa è quella di guadagnare molto a spalle altrui.
Volutamente si dimentica che l’energia va generata non quando interessa al produttore, ma quando richiesta dall’utente.
Rick
A parte la carbon tax mondiale (s’è visto come ha funzionato bene Kyoto con Cina e India liberi di inquinare a piacimento e come conseguenza gli USA fuori) quale soluzione realistica (cioè italiana e/o europea) suggeriscono gli autori per incentivare le rinnovabili?
Paola Comi
Mi permetto di chiedere agli autori se in questa analisi sono stai considerati anche i costi derivanti dalle salatissime multe europee che l’Italia avrebbe con molte probabilità dovuto pagare in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi stabiliti dal Pacchetto Clima-Energia (cosiddetti 20-20-20) che certamente non raggiungeremmo senza l’introduzione degli incentivi.
Inoltre, sono state considerate le esternalità positive legate allo sviluppo di una filiera italiana di eccellenza nel settore rinnovabili, efficienza energetica, smart grid, oltre alle esternalità positive legate ad una minor dipendenza dall’estero? E’ vero che abbiamo altri problemi, legati all’attuale overcapacity, ma uno degli obiettivi iniziali era anche quello di ridurre la dipendenza dall’estero, sviluppando un sistema alternativo basato sulla generazione distribuita. La strada che l’Italia ha imboccato ha sicuramente costi elevati, ma mi piacerebbe sapere se in questa analisi sono state internalizzate queste (e altre) esternalità positive che devono necessariamente essere considerate e valutate. Grazie dello spunto.
Federico Brucciani
Aggiungerei che il problema dell’overcapacity potrebbe essere risolto in maniera relativamente semplice: dismettere tutte quelle obsolete ed inquinanti centrali a carbone ed olio combustibile ancora presenti su tutto il territorio nazionale.
claudio
Sarebbe interessante, nel calcolo del rapporto costi-benefici, capire a quanto ammonta il valore delle tensioni internazionali per l’approvvigionamento di gas e petrolio, che quasi tutta l’area OCSE, se non sbaglio, importa da Paesi non propriamente tranquilli e/o democratici, nonchè il valore delle vite umane, delle distruzioni e dei propositi di vendetta che si lasciano dietro le guerre (destinate allo scopo) a bassa intensità che il Papa definisce ormai “terza Guerra mondiale”. Su questo terreno gli economisti non si sbilanciano, ma i popoli (e la politica in generale) un pò di preoccupazione ce la dovrebbero mettere.
Julien Bollati
Buongiorno,
Ho letto con molto interesse l’articolo e non ho potuto far a meno di notare che un’aspetto piuttosto importante e stato tralasciato:
Le rinnovabili promettono una produzione energetica libera dall’acquisto di carburante.
Questo significa che oltre alle esternalita’ il valore dell’incentivo potrebbe legittimante coprire anche il valore economico delle risorse rispariate (ossia il gas naturale nell’esempio citato non bruciato nel processo produttivo).
Da una rapida ricerca pare che un MWh di gas costi (a prezzi di confine) circa 25€ (http://ec.europa.eu/energy/observatory/gas/doc/20130814_q2_quarterly_report_on_european_gas_markets.pdf).
Questo dato (probabilmente da rivedere al rialzo per includere ulteriori costi di trasporto e di processo) non ribalta le conclusioni dell’articolo ma dovrebbe essere tenuto a mente. Soprattutto in uno scenario in cui le risorse naturali sono in via di esaurimento ed il loro valore economico tendera a crescere significativamente.
Fabio Pisi Vitagliano
Mi sembra che in questa analisi manchi una parte importante. Forse mancava anche negli studi dei governi che hanno varato i diversi conti energia.
Gli incentivi alle rinnovabili avevano anche l’obiettivo di sviluppare l’industry in modo da stimolare ricerca nel settore e rendere sempre più efficienti e quindi meno care le centrali fotovoltaiche.
Senza dubbio, non è saggio pagare l’energia fotovoltaica a un prezzo infinitamente superiore all’esternalità che si vuole correggere, al contempo sarebbe opportuno non soltanto limitarsi a una fotografia istantanea del presente ma ad una analisi in prospettiva. Grazie agli sforzi economici odierni riusciremo (o saremmo riusciti) ad avere energia pulita molto più economica domani?
gpdz@stat.unipd.it
Questo articolo parte da un presupposto a mio avviso poco convincente, ossia che la motivazione degli incentivi alle rinnovabili fosse solo “La correzione di un fallimento del mercato, ossia la presenza di esternalità ambientali negative non internalizzate”. In realtà, gli incentivi avevano l’obiettivo di far “partire” un mercato che altrimenti sarebbe rimasto per troppi anni al palo, a causa dei costi non competitivi con quelli delle fonti fossili. Gli incentivi sono stati il kick off per investimenti in R&S che hanno permesso quasi di raggiungere la “grid parity”. Ora, in alcune circostanze, sono più convenienti impianti rinnovabili che impianti con combustibili fossili. In sintesi, i ragionamenti svolti nell’articolo sono certamente interessanti, ma mi sembrano di corto respiro. Detto questo, credo che quanto abbiamo votato qualche settimana fa in Senato sia abbastanza equilibrato, anche se temo che la Corte Costituzionale – se interpellata – darà ragione agli investitori, come mi sembra sia già accaduto in Spagna. Condivisibile è invece l’idea di una Carbon Tax, ma di difficile realizzazione a livello planetario.
Sen. Gianpiero Dalla Zuanna – Partito Democratico
Luca
Considero gli incentivi al fotovoltaico eccessivi, ma non è stato preso in considerazione l’effetto che questi hanno avuto sulla curva di sviluppo tecnologico di un settore che altrimenti sarebbe rimasto ai primordi.
Gianni Girotto
Sono un membro della Commissione Industria del Senato, vorrei segnalare alcune cose:
1) Falso che lo “Spalmaincentivi” penalizzi sopratutto gli speculatori; questi se non sono già andato vendendo gli impianti. Sono rimaste aziende normali e privati che avevano investito i loro capitali e ora si troveranno a rischio default.
2) Falso che non esiste un’analisi costi benefici. C’è il rapporto 2013 IREX di Althesys, che esamina il bilancio tra il costo degli incentivi (prima dei tagli) e i benefici delle rinnovabili dal 2008 al 2030 ha un saldo positivo tra i 19 e i 49 miliardi di euro.
3) Il costo della tonnellata di CO2 nel sistema ETS è risaputamente troppo basso. Andrebbe portato ad almeno €20/ton.
4) A quando un articolo equalmente critico sui 12miliardi/anno di sussidi diretti e indiretti alle fossili?
In particolare il secondo punto demolisce completamente il presente articolo. Le Rinnovabili hanno quasi DIMEZZATO IL PREZZO ALL’INGROSSO dell’elettricità (PUN) e già ora ci fanno risparmiare 6 miliardi/anno di importazioni. Perchè questo non viene detto?
Chiedo agli autori se si rendono conto che questo è l’ottavo provvedimento consecutivo contrario alle Rinnovabili, e la filiera è allo stremo. Cui prodest?
E’ incredibile come ci si accanisca contro le rinnovabili invece di concentrarsi sugli enormi scempi passati e futuri delle fossili.
O meglio non è incredibile, è evidentemente il risultato delle pressioni delle lobbies a cui evidentemente troppi non sanno opporsi.
Gian Luigi Lombardi-Cerri
Sutor, nec ultra crepida ! Dice un vecchio proverbio latino.
Le comunico che da tempo il prezzo di mercato dell’energia è , da tempo , di 0,07-0,08 euro al kwh e che basta vedere l’incidenza non delle rinnovabili (in cui si inserisce per fare peso l’idroelettrico) ma del solo FV che incide in maniera ridicola, per vedere che l’influenza è vicino allo zero.
Se poi si introduce nel conteggio l’aumento per le accise applicate per ripagare in buona parte il FV ………..
Massimo Gandini
Caro ingegnere , lei sembra essere rimasto a considerazioni che si potevano fare 10 anni ,nel frattempo c’è stata un’evoluzione, ci sono miriadi di siti che trattano in maniera professionale l’argomento (ad esempio qualenergia) e le conclusioni che si possano trarre sono ben diverse dalle sue valide in momenti storici in cui una smart grid era uno scenario da visionari. Basta leggere e informarsi , di materiale su cui documentarsi se ne trova quanto si vuole. Tra l’altro l’articolo in questione della Voce scritto dai soliti noti viene proprio preso ad esempio un po’ ovunque come cattiva informazione
Gian Luigi Lombardi-Cerri
Gli incentivi per le rinnovabili vanno limitati alle sole ricerche, rigorosamente controllate allo scopo di evitare lo scandalo in atto di ignobili speculazioni, senza nessuna ricaduta scientifica.
matteo gianni
La ricaduta scientifica c’è stata dal momento che grazie all’economica di scala il costo degli impianti è sceso del 80% in 7 anni. E’ si potrebbe ancora scendere…. Gli speculatori sono stati coloro che grazie ai complicati ed incerti iter amministrativi hanno venduto le autorizzazioni con un margine di 15 – 20 volte ai produttori di energia rinnovabile.
Gian Luigi Lombardi-Cerri
Spiacente , la “ricaduta scientifica ” si ha (e si avrà ma non in Italia) quando usciranno le nuove fotocellule ad alto rendimento, nonchè notturne, PAGANTI l’investimento senza aiutini pubblici.
matteo gianni
Articolo interessante, ci fa capire quanto poco si sa del settore soprattutto tra chi dovrebbe saperne.
In particolare:
Facili profitti
Visto il borbonico periodo di 2 anni i permessi alla costruzione, il business plan e ridimensionato prima ancora di cominciare in quanto maturano costi per 200-300k euro/MW. A cio si aggiungono: corrispettivi ENEL, IMU, IVA anticipata, Ritenuta d’Acconto, Royalties, opere di compensazione, tasse di registro etc. Chi e allora il beneficiario dei “facili profitti”?
Benefici del FV
Indipendenza energetica: se vogliamo dipendere dalla Russia e dalla Algeria, allora tanto vale diventare un loro feudo. Germania e Giappone hanno preso una direzione un po’ piu ambiziosa.
Crollo dei prezzi dell’Energia: -45% al Centro/ -70% al Sud. Complici calo della domanda e aumento dell’offerta dalle rinnovabili. Come mai in bolletta non si vede? Chi e che specula facendo trading sulla differenza?
Beneficio dei sussidi
Grazie alla domanda creata dai sussidi il costo dell’investimento di un impianto FV e sceso del 80%. Quali altri casi di successo abbiamo avuto in Italia negli ultimi anni? Oggi, senza sussidi, si puo costruire un impianto su uno stabilimento industriale e si hanno risparmi tale da rientrare in 5-8 anni. Dopodichè si diventa autonomi.
Efficacia Decreto Competitivita
Le famiglie sono state escluse dal beneficio. Per le PMI vedremo. Solo la perdita di credibilita all’estero e certa.
Davide Assange
Gli incentivi del primo conto energia non erano eccessivi come si è spesso detto, ma commmisurati al costo dell’impianto di allora. Basti pensare che all’epoca del primo conto energia i tempi previsti per rientrare dalla spesa dell’impianto erano di 8-10 anni in Sicilia, contro i 5-6 anni di adesso (Sempre in sicilia ovviamente) senza incentivi. Altro punto importante: i costi ambientali non credo siano quantificabili. Non sappiamo esattamente quali saranno i costi dovuti ai cambiamenti climatici, innalzamento delle acque etc. Alcuni scienziati credono che ormai abbiamo oltrepassato il punto di non ritorno. Supponendo e sperando non sia così va fatto tutto il possibile fermare il cambiamento climatico. In quest’ottica (a mio avviso la più corretta) fare questo tipo di analisi è fuorviante e denuncia una mancanza di coscienza (nella migliore delle ipotesi) veramente sconcertante. Le domande, le anilisi, gli studi dovrebbero rivolti sopratutto a trovare un piano, una Road-Map, per abbandonare il più presto possibili i combustibili fossili. E forse sarà tardi…
Massimo Matteoli
Secondo autorevoli studi e dichiarazioni gli incentivi producono un generale effetto calmiere sulla borsa elettrica e quindi sul costo della bolletta per famiglie ed imprese.
L’aumento della produzione da fonti rinnovabili non fa, quindi, bene solo all’ambiente ma anche al nostro portafoglio. E speriamo che i venti di guerra che soffiano ad est non blocchino l’import di gas.
Dalla tabella comparativa risulta, poi, che gli “austeri” tedeschi hanno incentivi ben più ampi dei nostri sia per il fotovoltaico che per l’eolico.
Dubito che siano più fessi di noi.
Nicrix74
Articolo fuori da ogni logica e largamente (se non volutamente) incompleto. Troppe le variabili non considerate, quasi tutto il pezzo non computa i vantaggi delle rinnovabili e le negatività delle fonti tradizionali. Solo di costi socio sanitari queste ultime (per uso carbone in primis) pesano per circa 2 miliardi di euro annui sulla sanità pubblica. L’import di petrolio, gas, carbone, dai paesi più instabili del pianeta ci costa circa 70 miliardi l’anno. Faccio notare, peraltro, quanto sia illusorio fare questi raffronti quando già oggi le rinnovabili (rapporto TERNA Agosto 2014) hanno coperto il 45% della produzione nazionale. Il termoelettrico tradizionale è in caduta libera. Il pezzo andava benissimo 10 anni fa. Ma il mondo cambia