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Buone notizie, non c’è la proroga degli sfratti

La mancata proroga degli sfratti è un fatto positivo, poiché sana ingiustizie prolungate a danno dei proprietari e ripristina l’affidabilità dei contratti. È anche così che si stimolano gli investimenti nel settore delle locazioni urbane. Numeri in libertà sugli inquilini in stato di bisogno.
LA POLITICA DELLA CASA DAL DOPOGUERRA A OGGI
Chi poteva credere al mancato rinnovo dell’ennesima “ultima” proroga degli sfratti? La sorpresa è stata generale. Se la decisione verrà mantenuta, nonostante le forti reazioni subito manifestatesi, sarà una svolta storica, di rilievo ben superiore ai valori economici in gioco. Perché la politica dei fitti, più di ogni altro segmento di vita collettiva, ha assunto nella storia della Repubblica le stigmate dell’inaffidabilità delle leggi, provocando nel corso degli anni costi sociali altissimi. E sempre con il lodevole intento di aiutare i deboli, confermando il detto che le strade dell’inferno sono lastricate di buone intenzioni.
Per dimostrare tale tesi, occorre riandare alla complessiva politica della casa attuata in Italia nel dopoguerra.
All’inizio, l’azione italiana seguì una tendenza analoga a quella degli altri paesi europei usciti dalle rovine del conflitto mondiale: un incisivo piano di edilizia pubblica e significative agevolazioni all’edilizia privata, con un blocco dei fitti reso di fatto transitorio dalla sua scomparsa al cambio di inquilino (si parlava di “sblocco strisciante”). Poi, per vicende che è qui impossibile richiamare, la rapida caduta dell’edilizia pubblica, la svendita di buona parte del patrimonio residenziale pubblico agli inquilini esistenti, la conferma del blocco dei fitti anche con il nuovo inquilino. Era l’opposto della politica europea, che manteneva il blocco solo su segmenti residuali del patrimonio residenziale nelle maggiori città e rafforzava l’offerta di alloggi pubblici per le fasce sociali deboli escluse dal libero mercato. L’inasprimento del blocco stimolò l’edilizia privata, dato che i nuovi alloggi godevano del fitto libero, ma il beneficio fu soverchiato dal costo sociale di un rapido degrado dei centri storici che si riaprirono alla valorizzazione con quasi vent’anni di ritardo rispetto al resto d’Europa (suffragando la tesi di Hayek, secondo cui “il blocco è il mezzo più efficace, dopo il bombardamento, per distruggere le città”). Poi, con la legge del 1978 sull’equo canone, arrivò la “soluzione perfetta” del fitto regolamentato, che perfetta proprio non era, ma avrebbe potuto funzionare se fosse stata rispettata la scadenza di fine contratto. Di fatto così non fu; e la locazione apparve presto agli occhi dei proprietari un esproprio non dichiarato, da evitare anche a costo di un lungo periodo di sfitto in attesa della vendita. Fu un colpo alla fiducia nella legge e una ferita nel rapporto tra cittadino e lo Stato. Soprattutto fu una feroce compressione del mercato delle locazioni, con il conseguente sviluppo del fenomeno dei “forzati all’acquisto”, secondo le parole del ministro Andreatta, ossia le giovani coppie costrette subito a comprare casa indebitandosi al limite del possibile. Da qui la percentuale di proprietari della residenza molto più elevata in Italia rispetto anche a paesi a maggiore reddito pro capite. È un fattore di stabilità sociale e un formidabile ammortizzatore in tempi di crisi, ma è pure il segno di un’anomalia che nasconde forti drammi sociali e squilibri economici, come la permanenza prolungata dei giovani nelle famiglie di origine e il rinvio delle nuove unioni, l’impossibilità di adeguare gradualmente lo spazio abitativo alle esigenze di una famiglia in crescita – e quindi l’ostacolo a tale crescita -, la deviazione verso le seconde case di una quota troppo rilevante di investimenti immobiliari.
TORNA LA FIDUCIA NELLA LEGGE?
In concreto, il fenomeno degli sfratti prorogati è andato attenuandosi nel tempo, attraverso la progressiva restrizione delle condizioni per la proroga; e si è accompagnato con qualche sollievo reddituale per il locatore. La proroga vigente fino a fine 2014 prevedeva infatti inquilini in situazione di disagio (famiglia con reddito lordo non superiore a 27mila euro, con presenza di figli a carico o di anziani o di portatori di handicap o di malati terminali) e concedeva al proprietario un aumento non tassato del 20 per cento del canone.
Quanti siano i casi in questione, è controverso: i 30mila sbandierati dal sindacato inquilini si alzano a 50mila nelle stime di alcuni assessori comunali e cadono a circa duemila nei numeri del ministro Lupi, il quale può pertanto affermare che il problema trova risposta adeguata nello specifico fondo governativo di 2,6 miliardi di euro messo a disposizione di Regioni e comuni. Verrebbe da commentare che, in questo settore, l’inaffidabilità delle leggi si è estesa alla statistica. Probabilmente ci sono anche equivoci lessicali tra gli sfratti in itinere considerati dal sindacato e quelli ricadenti a buon diritto nella proroga di legge valutati dal governo. Se si resta, come è doveroso, nell’ambito delle previsioni normative, senza allargare la stima ai ritardi esecutivi, il dato ministeriale sembra quello meno lontano dalla verità. Quanto meno è da ritenere che un eventuale sforamento del fabbisogno rispetto al fondo stanziato sia modesto e sia quindi addossabile alla finanza pubblica, pur nella critica situazione attuale di bilancio, ponendo fine a una prolungata ingiustizia a danno dei proprietari e ripristinando la fiducia nella legge.

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  1. roberto

    Oltre agli investitori immobiliari, saranno contenti anche gli sfrattati?

    • Maurizio

      E’ in grado di spiegarmi per quale ragione il problema abitativo nel nostro paese da sempre e a differenza di tutti gli altri, non viene socializzato, ma fatto gravare esclusivamente sulle spalle dei proprietari di casa?

  2. Massimo Gandini

    Affittare oggi un immobile è un azzardo piu pericoloso di qualsiasi spericolato investimento finanziario. Non essere pagati dall’inquilino è ormai quasi una certezza, se poi l’inquilino è straniero questa certezza diventa assoluta e inappellabile . Altrettanto certe sono le tasse da pagare sull’immobile e sugli ipotetici guadagni. Una situazione insostenibile per un proporietario

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