Tre casi in cui la Gestione separata Inps tradisce i principi del sistema contributivo, a danno del pensionato. Riguardano il coefficiente moltiplicativo dei contributi, la richiesta di rimborsi per quelli versati in eccesso, il successivo aggiornamento delle pensioni per chi continua a lavorare.
COEFFICIENTE MOLTIPLICATIVO DEL MONTE CONTRIBUTI
Il cambio di presidenza all’Inps fa sperare in un’efficace opera di semplificazione e correzione delle norme opache e incoerenti che ancora residuano nonostante la radicale e positiva riforma Fornero. Ecco alcune osservazioni concernenti la Gestione separata Inps.
Nell’ambito del sistema contributivo, cui appartiene la pensione da Gestione separata Inps, il coefficiente moltiplicativo da applicare ai contributi accumulati cresce correttamente con l’età, visto che con l’età diminuisce la speranza di vita residua. È stato recentemente fatto aumentare fino a 70 anni, mentre prima si fermava a 65 anni. Due quesiti.
Primo: perché il coefficiente si arresta a 70 anni se il lavoratore, per qualsiasi motivo, va in pensione a un’ età più avanzata? Di più, la legge prevede adeguamenti pensionistici successivi sui contributi nel frattempo versati in caso di protratta attività lavorativa oltre la pensione: orbene, pure questi avvengono con un coefficiente bloccato a 70 anni, anche se l’età può essere molto più avanzata. Fosse un’assicurazione privata a comportarsi così, sarebbe considerata un’eclatante illegalità.
Secondo: all’interno del sistema vigente, perché non estendere il beneficio del coefficiente moltiplicativo crescente fino a 70 anni anche alle pensioni in essere (tutte basate sul sistema contributivo) di coloro che sono andati in pensione a età superiore a 65 anni, ma con un coefficiente bloccato a 65 anni? In questo caso la retroattività a favore dei pensionati sarebbe positiva, rispondendo al comune sentimento di giustizia.
CONTRIBUTI PAGATI IN ECCESSO
Le domande di rimborso non vengono di fatto accolte, e il contribuente non sa a chi rivolgersi per ottenere soddisfazione. A parte questo, che rappresenta solo l’ennesimo caso di diritti vanificati dalla prassi burocratica, perché la domanda può essere presentata solo dalla ditta cui viene attribuito il diritto al rimborso, secondo la sequenza temporale di versamento, negando il diritto del pensionato ad avere direttamente la sua quota di contributo? Si tenga presente che non esistono dubbi sulla titolarità dei diritti, visto che per tale quota l’impresa ha agito sostanzialmente da mero sostituto d’imposta, e che la ditta in questione potrebbe essere scomparsa o non facilmente reperibile o non interessata al rimborso oppure potrebbe rifiutare la domanda perché ha litigato con il pensionato.
Secondo il parere di uno specialista di diritto del lavoro, la ditta è l’interlocutore ufficiale dell’Inps, sia nel versamento sia nel rimborso. Pertanto “unico legittimato all’azione di ripetizione è il datore di lavoro (o committente), mentre al lavoratore non resta che agire nei confronti del datore medesimo che abbia effettuato una trattenuta risultata indebita. In questi termini si è espressa la Cassazione (Sez. lav. 11.1.2006, n. 239), la quale peraltro precisa che il datore di lavoro ha l’obbligo, e non semplicemente la facoltà, di chiedere la restituzione della quota a carico del prestatore di lavoro e comunque deve effettuare il conguaglio tra i contributi versati per conto del lavoratore medesimo e quelli effettivamente a carico di quest’ultimo. Ma eventuali difficoltà concrete non hanno rilievo”.
A parte che il contributo in eccesso può derivare da errore del lavoratore, che magari aveva più contratti in essere e non sapeva in corso d’anno di avere già toccato il plafond, fa specie che agli occhi della Cassazione la forma faccia aggio sulla sostanza, consentendo una palese ingiustizia o, nel migliore dei casi, obbligando a un iter defatigante.
SUCCESSIVO AGGIORNAMENTO DELLA PENSIONE
Se il pensionato continua a lavorare nell’ambito delle fattispecie contrattuali che appartengono alla Gestione separata, è chiamato a proseguire, tramite il datore di lavoro, nel versamento dei contributi; ma l’adeguamento della pensione può avvenire solo una volta dopo un biennio e regolarmente dopo ogni successivo quinquennio (quindi con alta probabilità di morire prima di avere completato il periodo di nuovo adeguamento).
Nell’epoca dell’informatica, c’è qualcosa che impedisca o renda difficile il giusto adeguamento annuale?
UNA “CATTIVA” EDUCAZIONE
I punti sopra illustrati fanno riferimento a interessi economici non trascurabili, che bastano da soli a richiamare l’attenzione del Parlamento e del Governo in sede di legislazione e regolamentazione. Ma non va sottaciuta la valenza etica delle questioni sollevate. Il rapporto contributivo pretende chiari e condivisi principi di trasparenza e correttezza nel determinare il dare e l’avere del lavoratore. Qui, invece, il cittadino ha la fondata sensazione di subire delle autentiche prevaricazioni, che generano sfiducia e ostilità verso le istituzioni: una “cattiva educazione” di cui l’Italia non ha proprio bisogno.
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Leo
Il problema più grave della gestione separata è che l’anzianità contributiva maturata nella gestione separata non è cumulabile in alcun modo con l’anzianità contributiva maturata nelle altre gestioni anche della stessa INPS.
Tanti giovani e meno giovani hanno iniziato a lavorare come co.co.co, co.co.pro e compagnia cantante e il risultato certo è che i 42 anni di contributi per andare in pensione prima dei 67 anni non li potranno mai raggiungere.
Se proprio devo dire la mia: è bene che anche i non più giovani comincino a rinunciare a qualcosa e a subire qualche piccola ingiustizia!
Salvatore
Per esperienza personale ritengo il modo di fare dell’INPS truffaldina.
Una delle aziende per la quale lavoravo aveva fatto un versamento a mio favore in un posto diverso da quello che doveva fare (parlo di un tempo precedente il 2005).
Sono andato all’INPS indicando la mancanza di due annualità di versamenti da parte dell’azienda e l’addetto, facendo una verifica tamite terminale si accorge che il versamento era stato fatto ma che il GLA (la ripartizione del versato ai vari collaboratori) non era andato per il verso giusto. A questo punto, invece di prendersi in carico il problema, mi invita ad andare ad un CAF. Ci sono andato CINQUE anni di seguito con il risultato che sono riuscito ad ottenere il riconoscimenti di una annualità ma non della seconda. Dato il poco valore ho desistito. Quello che voglio evidenziare è che l’INPS AVREBBE DOVUTO prendersi in carico il problema e non delegarlo ad altri in quanto I VERSAMENTI ERANO STATI FATTI MA LA DISTRIBUZIONE sui singoli lavoratori non era avvenuta. Quindi l’INPS si trovava con un ammontare in entrata e non un corrispondente valore in uscita, CIOE’ NON C’ERA QUADRATURA, PER ANNI, ma le cose andavano avanti lo stesso!!!
Pura associazione a delinquere.
Lorenzo
Gentile Salvatore,
potrebbe indicare in linea di massima quanto avrebbe dovuto ricevere, quanto invece riceverà e quanto le è costato tutto il giro in giostra?
(dopo 27 anni di lavoro la mia azienda è in liquidazione e l’INPS mi dice che sono ora in gestione separata e quindi mi devo regolare se armarmi della sua pazienza per ottenere giustizia rispetto a quanto paventato dall’articolo e dal suo commento).
La ringrazio e la saluto cordialmente
Lando Barberio
Sono un medico e ho avuto poche trattenute a favore di Inps gestione separata per un incarico con gettoni da parte del mio sindacato. Sono soldi confiscati! Non li rendono e non li possono riversare al mio fondo (Enpam). Mi han detto che riceverò la pensione a suo tempo in base al montante contributivo…Bel modo di appropriarsi dei quattrini altrui!
pier luigi piccari
Aggiungerei il “punto oscuro” che emerge dal confronto tra il tasso annuo di capitalizzazione, risultante dalla variazione media quinquennale del prodotto interno lordo nominale (PIL), utilizzato per determinare il montante contributivo, e le possibili alternative dei tassi delle emissioni pubbliche(esempi: Rendistato, redditività emissioni dell’anno, BTP protetti da inflazione). Appare infatti che tali differenze creano vantaggio
per lo Stato e negano all’assicurato quanto otterrebbe con i suoi risparmi sul mercato finanziario.
Gianni
Non è’ vero che nn è
Possibile avere rimborsi
Pierluigipiccari
Aggiungerei il “punto oscuro” che emerge dal confronto tra il tasso annuo di capitalizzazione, risultante dalla variazione media quinquennale del prodotto interno lordo nominale (PIL), utilizzato per determinare il montante contributivo, e le possibili alternative dei tassi delle emissioni pubbliche(esempi: Rendistato, redditività emissioni dell’anno, BTP protetti da inflazione). Appare infatti che tali differenze creano vantaggio per lo Stato e negano all’assicurato quanto otterrebbe con i suoi risparmi sul mercato finanziario.
Jack
riequilibrio del sistema.
Andare a riallineare le pensioni di chi prende molto di più di quanto ha versato (in valori o in anni di contributi) rispetto all’attuale sistema vigente. senza ovviamente scendere sotto soglie “di povertà”. Per equità sociale o par condicio che dir si voglia. I lavoratori/pensionati del 2015 non meritano certo meno di quelli del 1980 e sicuramente questi non faranno le barricate in piazza a difesa dei loro diritti acquisiti a discapito delle generazioni future (presenti).
Giovanni Antelmi
Per quanto riguarda i contributi pagati in eccesso, occorre anche considerare che in molte occasioni (che si tratti di uno o più contratti) il contribuente/collaboratore non sa, specie se il committente è pubblico, quando sarà pagato e, quindi, se supererà o meno il massimale INPS nell’anno di riferimento. La soluzione, però, non sarebbe poi così complicata: basta prevedere che, fermo restando l’obbligo del pagamento dei contributi entro il massimale, nel caso di contributi versati in eccesso gli stessi concorrano comunque al montante contributivo del contribuente/collaboratore. E’ così difficile? Adesso, invece, c’è un furto vero e proprio ….
Enrico
Problema risolto (o accentuato?) : i lavoratori che hanno iniziato con co.co.co/co.co.pro etc oppure quelli che sono stati impattati dalla crisi con anni di “buco” contributivo, non andranno mai in pensione se non con la minima, malgrado abbiano pagato e (speriamo) continuino a pagare. Onestà vorrebbe che a fronte di un chiaro prognostico si potesse scegliere se versare o meno.