È corretto prevedere un periodo di “raffreddamento” prima che ex consiglieri e funzionari Consob possano assumere incarichi nel privato. Ma la legge italiana è troppo severa. E impedisce una virtuosa circolazione di competenze tra pubblico e privato. Cosa fanno in America gli ex Sec.
“RAFFREDDAMENTO” ALL’ITALIANA
In questi giorni, il governo ha iniziato la “caccia” ai nuovi commissari Conosob che dovrebbero essere nominati entro giugno. E ci dà l’occasione per una riflessione su un aspetto importante della governance della Commissione.
Il “cooling off” è il principio secondo cui i funzionari pubblici, prima di assumere incarichi nel settore privato, devono far trascorrere un periodo di tempo dalla cessazione del precedente impiego. La regola limita il rischio che le conoscenze e i contatti sviluppati durante l’incarico siano sfruttati in modo inappropriato passando da controllore al controllato. Si vuole inoltre evitare la tentazione che un funzionario pubblico si mostri accomodante nei confronti di privati pensando alla sua carriera futura. Il cooling off è necessario per evitare che le “porte girevoli” diventino una trottola fuori controllo. Nel 2014 anche l’Italia si è dotata di una norma in materia: è l’articolo 29-bis della legge per la tutela del risparmio.
Cooling off, tuttavia, in inglese significa “raffreddamento”, non “congelamento”. In Italia, dove spesso si abbracciano le esperienze straniere in ritardo, ma con lo zelo dell’ultimo arrivato, si è optato per un congelamento controproducente. La norma, applicabile alla Consob, alla Banca d’Italia e all’Isvap, prevede che i componenti degli organi di vertice e i dirigenti di questi enti, nei due anni successivi al termine del proprio incarico, non intrattengano “direttamente o indirettamente, rapporti di collaborazione, di consulenza o di impiego con i soggetti regolati né con società controllate da questi ultimi”.
La previsione è, innanzitutto, troppo severa: l’ampiezza delle attività e dei soggetti coperti impedisce agli ex dirigenti e commissari Consob, per ben due anni, lo svolgimento di pressoché qualsiasi attività nella quale potrebbero mettere a frutto le proprie competenze. Secondo, la norma è iniqua in quanto altri soggetti, presso altre autorità o in altre posizioni di rilievo, non sono soggetti a limiti simili, ponendo un dubbio di legittimità sotto il profilo del principio di uguaglianza.
EFFETTI NEGATIVI DEL RIGORE
Il problema non è solo la libertà di chi lavora alla Consob. Ci sono ulteriori effetti negativi di tanto rigore, sintetizzabili in tre punti: indipendenza del personale della Consob dai vertici della Commissione; possibilità di attrarre le professionalità migliori presso le autorità di controllo; e virtuosa circolazione di competenze tra settore pubblico e privato.
Se un dirigente Consob sa che, lasciando il proprio posto di lavoro, per due anni dovrà dedicarsi alla stesura delle proprie memorie o a dipingere paesaggi anziché a ciò che sa fare, è maggiormente dipendente dalla sua attuale occupazione e dunque dai vertici dell’organizzazione. Il lungo periodo di inattività imposto può inoltre causare una selezione avversa anche per i commissari, che hanno un incarico limitato rispetto al quale il cooling off è sproporzionato. Salvatore Bragantini, da ex commissario Consob, lo scorso luglio ha scritto sul Corriere che non avrebbe accettato l’incarico se avesse dovuto aspettare a lungo prima di potersi rimettere in “borghese”. Infine, il passaggio di professionisti da un’autorità di controllo al settore privato, con adeguate protezioni dai conflitti di interesse, può essere desiderabile.
Quest’ultimo punto consente un’ulteriore riflessione: nel rigoroso rispetto dei ruoli, e senza che il controllore abbassi la guardia, reciproca fiducia e collaborazione tra Consob e soggetti vigilati è essenziale.
In un paese normale, fiducia e collaborazione tra privati e autorità non significano scarsa efficacia dei controlli o trattamenti di favore. Stephen Choi e Adam Pritchard hanno svolto un’indagine empirica, di prossima pubblicazione, sulla carriera dei legali impiegati presso l’americana Sec (Securities and Exchange Commission) una volta lasciato l’incarico. Più è stata rapida e notevole la carriera interna degli ex dipendenti, più è facile per loro trovare lavoro presso prestigiosi studi legali e intermediari finanziari; mentre chi è entrato alla Sec con una laura in giurisprudenza di una buona law school spesso diventa professore o passa ad altri enti governativi. Ma soprattutto, i funzionari Sec più ricercati dal mercato non sono quelli più “soft” con emittenti e intermediari, bensì quelli con una reputazione professionale di “duri”. La questione è culturale, e forse c’è una differenza tra “tazzulelle ‘e cafè” a piazza Navona e martini al Palm Restaurant di Washington DC, ma anche alla luce di questi dati, perché tanta paura delle “revolving doors”?
GLI ALTRI PAESI
I confronti con altri Paesi su questo tema non sono facili anche perché le informazioni sono limitate; anzi, in alcuni casi le regole sul cooling off dei funzionari di più alto livello sono riservate. Ma i dati disponibili indicano una minore rigidità che in Italia: le restrizioni riguardano i soli vertici delle agencies, solo alcuni incarichi privati, hanno durata più breve, o sono flessibili sulla base delle valutazioni fatte da appositi organi. La seguente tabella, tratta da un interessante studio di Brezis, Paroush e Weiss, indica la durata del raffreddamento per i vertici delle Banche Centrali di alcuni Paesi:
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Vi sono inoltre differenze tra le diverse autorità. Negli Stati Uniti, ad esempio, un recentissimo rapporto del Congresso descrive le “post-employment restrictions” per i vertici delle autorità di controllo dei mercati finanziari, spiegando che non vi sono limitazioni, o se esistono sono flessibili e meno ampie che in Italia, per SEC, Commodity Futures Trading Commission, Federal Deposit Insurance Corporation, Consumer Financial Protection Bureau. Solo per i governatori della Fed, come detto sopra, le regole sono più restrittive. Il tema delle revolving doors ha anche assunto rilievo per alcune agenzie europee, come la European Medicines Agency (EMA), la European Food Safety Authority (EFSA) e la European Environment Agency (EEA): quest’ultima si è presa un richiamo dall’Ombudsman europeo sul punto. Siamo però lontani dall’ampiezza delle nuove regole italiane.
Di là dai dati, tuttavia, le esperienze straniere forniscono almeno due spunti di riflessione. Il primo riguarda la flessibilità e la gradazione delle regole. Nel Regno Unito, ad esempio, vi sono dei limiti per i civil servants che vogliano passare al settore privato, ma questi limiti riguardano principalmente le attività di lobbying in senso stretto o comunque incarichi che richiedono frequenti contatti con le autorità, sono più o meno intensi in ragione del livello gerarchico del funzionario, e comunque sono soggetti alla valutazione di un Advisory Committee on Business Appointments, nominato dal primo ministro, che in molti casi esclude la necessità di un periodo di raffreddamento.
Il secondo aspetto è che talvolta può essere anche opportuno un cooling off nel passaggio inverso, ossia dal settore privato a quello pubblico: che dire, ad esempio, di un soggetto che è stato nei consigli di amministrazione di importanti società quotate poco prima di entrare alla Consob? Non vi potrebbero essere anche in questo caso dei rischi potenziali, ad esempio su dossier relativi a tali società? Eppure, la rigorosissima disciplina italiana, su questo punto tace.
IN SINTESI
Arginare i conflitti di interesse e limitare i rischi di condotte improprie è fondamentale, ma il nostro suggerimento è di rivedere la disciplina e perseguire un maggiore equilibrio tra le esigenze in gioco con regole più flessibili, pur mantenendo un rigoroso dovere di astensione rispetto a pratiche e vicende delle quali l’ex Consob si sia occupato prima di lasciare l’autorità.

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