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La crisi che parte dal petrolio: domande e risposte

Alcune domande e risposte sul crollo del prezzo del petrolio e sulle conseguenze che ne derivano. Dalle cause agli effetti sulle borse internazionali e in particolare sui titoli bancari, un’analisi per capire quello che è accaduto e quello che potrebbe accadere. Fragilità italiane e vie d’uscita.

Il greggio in borsa

Perché il recente crollo del prezzo del petrolio dipende più dalla domanda che dall’offerta di greggio? Nessuno nega l’importanza delle nuove tecnologie che hanno reso più accurata la ricerca di nuovi giacimenti e possibile il loro sfruttamento in località meno accessibili, ma che, soprattutto, hanno prodotto la rivoluzione del shale oil (scisto bituminoso). Tuttavia, il fatto che la caduta del prezzo del petrolio sia stata accompagnata da una pesante riduzione dei prezzi di tutte le principali materie prime ci fa ritenere che i fattori di domanda abbiano un ruolo prevalente in questa fase del ciclo. La considerazione è ancora più rilevante in un mondo dove la maggior diversificazione geografica della produzione di idrocarburi ha reso più difficile la tenuta di un cartello in grado di sostenere i prezzi.

Perché il calo del prezzo del petrolio il più delle volte si accompagna a una caduta delle principali borse? Oggi i mercati interpretano le oscillazioni del prezzo del greggio come un importate indicatore del ciclo economico. Una caduta del prezzo del petrolio viene dunque letta come un segnale della fragilità del Pil mondiale e quindi dei profitti delle aziende. Inoltre, la caduta del prezzo del greggio induce a ritenere che i grossi fondi sovrani debbano continuare a vendere attività finanziarie al fine di compensare i crescenti deficit dei bilanci pubblici dei paesi produttori. Solo nel lungo periodo la caduta dei prezzi del petrolio e la conseguente ridistribuzione della ricchezza mondiale potrebbero indurre i consumatori, oggi troppo indebitati e incerti, ad aumentare la loro domanda di beni e servizi. Ecco perché oggi osserviamo una forte correlazione positiva fra indici di borsa e prezzo del petrolio.

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I problemi delle banche

Perché le banche sono l’anello debole di questa catena? In genere le banche sono soggetti molto indebitati a cui è concessa una leva molto alta (da 15 a 30 volte il capitale) in cambio di una più stringente regolamentazione e vigilanza. Giacché in linea generale l’inflazione favorisce i debitori mentre la deflazione aiuta i creditori, in una congiuntura come quella attuale le banche appaiono particolarmente vulnerabili. In effetti, non riuscendo a scaricare tassi d’interesse molto bassi o negativi sui depositanti, soffrono una forte contrazione dei margini d’interesse. In questa congiuntura anche le commissioni da loro percepite subiscono una drastica riduzione poiché le aziende tendono a raccogliere meno sui mercati obbligazionari e azionari, mentre è più difficile addebitare ai risparmiatori alte commissioni sul risparmio gestito e sulle polizze vita. Infine, la contrazione del ciclo economico è destinata a provocare un aumento del credito deteriorato.

Perché le banche centrali non riescono più a contrastare questa congiuntura? In primo luogo perché esiste un limite oltre il quale i tassi d’interesse, anche se negativi, non possono scendere senza produrre pesanti effetti non solo su quello bancario, ma sull’intero sistema economico. Si pensi al caso in cui la gente ritenga più conveniente tesorizzare le banconote o le imprese preferiscano non farsi pagare troppo in fretta le fatture, aumentando i rischi nel sistema. In secondo luogo le banche centrali, e specialmente la Bce, trovano sempre più difficile reperire asset da comprare al fine di accrescere l’offerta di moneta. In altri termini, il mercato ha capito che, contrariamente a quanto afferma Mario Draghi, i margini di manovra in mano ai banchieri centrali si riducono di giorno in giorno, mentre i bilanci pubblici sono ingessati da debiti troppo alti.

Perché le banche italiane sono particolarmente colpite dalla crisi? Le aziende di credito sono lo specchio del paese in cui operano giacché il portafoglio delle loro attività è una buona approssimazione del prodotto nazionale lordo. Da questo punto l’Italia rimane un paese fragile, che continua a crescere meno dei suoi maggiori partner europei. Molti commentatori si sono inoltre soffermati sui 200 miliardi di sofferenze lorde, che obiettivamente sono ben coperte da accantonamenti e garanzie. Il vero problema rimangono invece i 125 miliardi d’incagli – o meglio di inadempienze probabili, come sono state recentemente rinominate. I modelli di risk management ci dicono che oltre il 60 per cento di questi incagli è destinato a trasformarsi in nuove sofferenze su cui bisognerà fare nuovi accantonamenti. Tuttavia, una loro attenta gestione potrebbe anche portare a risultati ben meno catastrofici per il sistema bancario e per il paese.

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  1. apelle

    Il costo di estrazione del barile di petrolio è straordinariamente differente da paese a paese produttore; da circa $53 nel mare del nord (UK) a meno di $9 in Kuwait. Instabilità e crisi politico-economiche esercitano sul prezzo petrolio pressioni che iper-amplificano la volatilità.

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