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Se ricominciano le crisi bancarie*

Una serie di fattori diversi ha fatto riapparire all’interno della Unione Europea lo spettro di una nuova crisi bancaria. È necessaria una risposta regolamentare compatta da parte dei governi europei per convincere gli investitori che le passività degli istituti di credito sono sicure.

Dove nasce l’instabilità finanziaria

Quasi all’improvviso, all’inizio di febbraio, una serie di diversi fattori ha suscitato una corsa ai titoli bancari e al debito junior e senior, diffondendo lo spettro di una nuova crisi bancaria sistemica nell’Unione Europea. Se ciò dovesse davvero accadere, la risposta politica non potrà arrivare dalla Bce, ma dovrà invece consistere in una soluzione regolamentare in grado di dissipare l’incertezza sui futuri requisiti prudenziali di capitale, riuscendo allo stesso tempo a sospendere temporaneamente le regole sugli aiuti di stato e sul bail-in, ossia proprio quelle regole che hanno innescato la crisi.
Sicuramente, l’instabilità ha anche altre origini: il rallentamento dell’economia cinese, le temibili difficoltà delle economie emergenti, il crollo del prezzo del petrolio e delle altre materie prime con un indubbio impatto sulla stabilità del sistema finanziario, i rinnovati timori (probabilmente sopravvalutati) di una nuova recessione nelle economie avanzate (Blanchard 2016). Comunque, il sistema bancario, soprattutto in Europa, soffre di particolari debolezze che hanno giocato un ruolo importante nel creare scompiglio tra gli investitori e che sono in parte indotte dalle politiche stesse. La profittabilità delle banche ha subito un duro colpo a causa dei più alti requisiti patrimoniali imposti in risposta alla crisi finanziaria del 2008. Un’ulteriore compressione dei profitti è arrivata dal quantitative easing e dai tassi di deposito negativi presso la Bce, che lasciano margini troppo ridotti all’ottemperanza dei crescenti requisiti patrimoniali nei prossimi anni. Il patrimonio netto di alcune grandi banche sembra appena sufficiente a soddisfare i requisiti patrimoniali correnti, lasciando quindi poco margine di manovra per la ristrutturazione della grande scorta dei crediti diventati ormai inesigibili – per un totale di circa 900 miliardi di euro in totale, 350 dei quali detenuti da banche italiane – e per le possibili perdite a causa di attività incagliate e posizioni derivate (soprattutto nelle banche tedesche e svizzere).

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Nuove regole per la risoluzione delle crisi

È questo il clima in cui le nuove regole europee che disciplinano gli aiuti di stato alle banche (a partire dall’estate 2013) e la risoluzione delle crisi bancarie (a partire da gennaio 2016) sono entrate in vigore. Le nuove regole richiedono che le banche, per ricorrere agli aiuti di stato, anzitutto cancellino il debito verso grandi obbligazionisti e altri creditori per un ammontare massimo dell’8 per cento delle passività totali della banca (bail-in). Le nuove regole devono essere applicate non solo ai titoli di nuova emissione, ma anche a quelli già in circolazione.
Lo shock è stato particolarmente sentito in Italia. Lo scorso novembre Banca d’Italia ha affrontato la risoluzione della crisi quattro piccole banche locali. Il valore delle loro azioni e dei loro bond junior è stato spazzato via, causando perdite significative per una grande platea di piccoli investitori, molti dei quali avevano comprato i titoli dietro consiglio degli stessi istituti emittenti.
È opportuno ricordare che, a seguito della crisi finanziaria, le banche italiane hanno emesso circa 67 miliardi di euro di bond junior, di cui più della metà sono detenuti da piccoli investitori privati che in molti casi si sono fatti prendere dall’ansia e hanno iniziato a svincolarsi dai propri titoli. Circostanze simili si sono verificate in Portogallo con la risoluzione della crisi del Banco Espirito Santo e la creazione del Novo Banco, che ha comportato la decisione controversa di trasferire i problemi dei senior bond di Novo Bank alla bad bank, rendendoli quindi soggetti a bail-in.
In un’atmosfera di crescenti tensioni, lo shock si è diffuso ad altri mercati europei, coinvolgendo istituzioni più grandi come Deutsche Bank, Commerzbank, Credit Suisse, Standard Chartered e Barclays.

Lo spettro della crisi sistemica

Pochi dubbi circa il fatto che stiamo vedendo la diffusione dei semi di uno shock sistemico in cui, com’è successo nel caso della crisi del debito sovrano dell’Eurozona nel 2010-2012, un serio errore nelle politiche europee ha destabilizzato i mercati finanziari. Dobbiamo rimanere attenti al rischio che una nuova ondata di instabilità possa diffondersi, mettendo così a repentaglio il sistema bancario nel suo complesso. Nel 2012, il problema è stato risolto quando la Bce è intervenuta con il programma di Outright Monetary Transaction, che ha stabilizzato il mercato dei titoli di stato. Oggi, l’intervento non può venire dalla Bce, già impegnata nell’acquisto di 60 miliardi di titoli pubblici al mese.

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Gli aiuti di stato non sono sempre proibiti

Ciò che serve per convincere gli investitori finanziari che le passività delle banche sono sicure è un’azione congiunta dei governi europei. Come è stato fatto nel 2008, i governi europei devono offrire una garanzia pubblica per le passività bancarie, sospendendo temporaneamente le regole europee sugli aiuti di stato e, soprattutto, sul bail-in. Come nel 2008, le banche dovrebbero anche poter ottenere misure pubbliche di sicurezza per coprire le potenziali perdite derivanti dalla ristrutturazione dei loro crediti inesigibili e degli asset di terzo livello. Il Trattato di Lisbona, che regola il funzionamento della UE, consente esplicitamente alla Commissione di dichiarare compatibile un aiuto di stato a causa di condizioni economiche particolarmente turbolente (articolo 107 Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea).

(Traduzione dall’inglese a cura di Mariasole Lisciandro)

* Il testo originale in inglese è pubblicato su Vox

 

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Il Punto

  1. Silvestro De Falco

    Una corsa ai titoli bancari? Era una fuga dai titoli bancari.

    • paolo pollicelli

      Ma se si rendessero pubblici i dati periodici utilizzati dal comitato BCE sulla sorveglianza per effettuare la vigilanza sulle banche anche i depositanti potrebbero avere un segnale trasparente sulla solvibilità della banca depositaria. O è troppa traparenza? E se si come si giustifica la disparità di analisi dei clienti effettuata dalle banche nella concessione di fido e quella di dei depositanti, non è una mera valutazione del rischio identica? Io credo che anche i clienti possano valutare gli indici di solvibilità delle banche se esposti in modo chiaro e semplice.

  2. Massimo Matteoli

    Ragionamenti di buon senso da condividere al 100&.
    Peccato che a Berlino ( e nelle istituzioni finanziarie europee che gli danno ascolto) non interessa il buon se son ed a questo punto penso nemmeno la soluzione dei problemi.
    Inseguono come un mantra il “pareggio di bilancio” e non sia accorgono che così stanno uccidendo l’Europa. Sembrano chirurghi che stregati delle perfezione tecnica dell’operazione non si preoccupano che il paziente ne possa morire..

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