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Rifugiati: meno chiacchiere e più numeri

Una triste verità  emerge dal recente rapporto Unhcr, con il numero globale di profughi in costante aumento. Ma i dati smentiscono credenze comuni: pochi i migranti economici travestiti da rifugiati, molti gli sfollati interni.

L’importanza di guardare le cifre

La discussione su migranti e rifugiati spesso prescinde dai dati effettivi o ne seleziona soltanto alcuni, idonei a suffragare posizioni già definite. È invece utile discuterne partendo da dati il più possibile obiettivi.
Come ogni anno, l’Unhcr, agenzia dell’Onu che assiste i profughi, in occasione della giornata mondiale dei rifugiati ha pubblicato il 20 giugno scorso il suo rapporto sulla situazione dei migranti forzati nel mondo. Contiene sia conferme che smentite a molti luoghi comuni sull’argomento. È quasi inutile rilevare che i maggiori media, pur avendo dato qualche spazio al rapporto, raramente hanno colto i significati sottesi ai numeri.

Ma dove vanno i rifugiati

Un aspetto di fondo costituisce una triste conferma: il numero globale dei profughi sta continuando ad aumentare. In totale, 65,3 milioni, 34 mila al giorno, 24 al minuto. Da anni continuano a crescere: lo scorso anno erano 59,5 milioni. Oltre la metà sono minorenni, e la loro esclusione dalla scuola e da una vita sociale normale getta una luce inquietante sulle loro prospettive future.
L’idea che molti rifugiati siano migranti economici travestiti trova invece una smentita. Tre paesi da soli producono più del 50 per cento delle persone in cerca di protezione: Siria (4,9 milioni), Afghanistan (2,7 milioni), Somalia (1,1 milioni). Tre paesi sconvolti da guerre che si trascinano da anni. Ma anche quelli che seguono non sono paesi tranquilli: Sud Sudan, Sudan, Repubblica Democratica del Congo, Birmania, Eritrea, eccetera. La connessione tra migrazioni forzate e guerre sembra quindi essere molto stretta.
Arriva poi un altro dato in direzione diversa da quella che vede l’asilo come un canale di emigrazione alternativo: la maggioranza dei migranti forzati, 40,8 milioni, sono sfollati interni. Cercano scampo in altre regioni del proprio paese meno stravolte da guerre e persecuzioni.
Il dato che più fa riflettere però è un altro: l’86 per cento delle persone costrette a lasciare le loro case continuano a essere accolte in paesi del cosiddetto terzo mondo. Nell’ordine: Turchia (2,5 milioni), Pakistan (1,6 milioni), Libano (1,1, milioni), Iran (980.000), Etiopia (736.000), Giordania (664,000). Tutti paesi confinanti con zone di guerra, Siria in testa. Altra conferma che la maggior parte dei profughi fa poca strada, e non riuscirebbe a farne di più. Quelli che riescono ad arrivare in Europa sono in realtà socialmente selezionati, oltre che fortunati, e sono relativamente pochi rispetto al carico a cui devono far fronte i paesi in prima linea. È vero che nel 2015 sono giunti in Europa oltre un milione di profughi, ma si tratta appunto di un migrante forzato su sessanta nel mondo, di uno su cinquanta degli immigrati stranieri residenti in Europa, di uno su cinquecento della popolazione dell’Ue, e soprattutto di un afflusso molto più basso di quello che sopportano i paesi confinanti con il teatro di guerra siriano.
Questo aspetto diventa ancora più chiaro se si osserva l’incidenza dei profughi sul numero degli abitanti. Qui risalta il caso del Libano, con 183 rifugiati ogni 1.000 abitanti (ma secondo le fonti locali, sarebbero ancora di più: molti non sono registrati, né accolti in strutture riconosciute); Giordania (87); isola di Nauru (50), che accoglie per conto dell’Australia. La Turchia è a quota 32, la Svezia a quota 17, l’Italia a quota 3, con circa 180 mila tra rifugiati e richiedenti asilo attualmente accolti.
Funzionano poco, invece, le politiche di reinsediamento in paesi sicuri e disposti all’accoglienza, dopo un primo asilo e una selezione nei paesi limitrofi a quelli di origine: appena 107.000, di cui oltre 65.000 accolti in un solo paese, gli Stati Uniti, tradizionalmente impegnato su questo fronte.
I rifugiati aumentano, è vero, ma il problema più che nei numeri va cercato nella solidarietà che non trovano, come ha ricordato Ban Ki Moon nel rapporto.

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Il Punto

  1. massimo Gandini

    Il solito sermone di Ambrosoli a cui siamo vaccinati. Ci spieghi perché in Italia i profughi sono soprattutto provenienti da Nigeria, Senegal, Costa d’Avorio, Gambia ect.? Un ragazzo ghanese , pseudo profugo migrante, ospite presso un albergo qui vicino a casa mia ,dove trascorre le giornate tra partite di calcio e pennicchelle al limitrofo parco, diceva “sono in Italia per fare business e money”

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