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Quando la Germania crea squilibri globali

Con il suo avanzo delle partite correnti, la Germania è oggi il maggior responsabile degli squilibri finanziari globali. Imprese e famiglie risparmiano e non fanno gli investimenti che contribuirebbero alla crescita europea. Il confronto con la Cina e l’importanza delle filiere internazionali.

Avanzo eccessivo in Germania

A Bratislava, Matteo Renzi ha fatto riferimento all’avanzo sbagliato – quello commerciale – al posto di quello giusto – le partite correnti – ma ha messo il dito in una vera piaga, l’eccessivo avanzo della Germania. Il presidente del Consiglio avrebbe anche potuto calcare la mano, sottolineando che dal 2008 tutti gli altri paesi del G20 che deviavano troppo dall’equilibrio, in un senso o nell’altro, hanno fatto sforzi considerevoli. Gli Stati Uniti hanno ridotto il disavanzo corrente dal 5 per cento del Pil prima della crisi a meno del 3 per cento nel 2015, mentre la Cina ha diminuito il suo avanzo dal 9,3 per cento nel 2008 al 2,7 per cento nel 2015. La Germania fa appunto eccezione: oggi è il maggior responsabile degli squilibri finanziari globali, con un avanzo da 274 miliardi di dollari, di gran lunga superiore a quello di Pechino (220 miliardi), che aveva detenuto il primato negli anni precedenti e la cui economia è molto più grande di quella tedesca.
Anche se gli squilibri delle partite correnti, di qualunque segno, sono inferiori ai livelli pre-crisi, ridurli ulteriormente è importante per la stabilità finanziaria internazionale, ma soprattutto per rinvigorire la crescita. Se infatti l’origine dell’avanzo della Germania sta nella forte competitività delle sue esportazioni (di per sé tutt’altro che controproducente, soprattutto per l’area euro, le cui filiere sono tutte trainate da quelle tedesche), la contropartita è un eccesso di risparmio rispetto all’investimento.
Scomponendo l’avanzo per origine dei flussi tra le diverse componenti, è evidente che gran parte dell’aumento è dovuto alle famiglie tedesche, per il 4,9 per cento del Pil (anche per i forti aumenti salariali reali). Ma il risparmio netto delle imprese è raddoppiato in due soli anni, dall’1,7 per cento del Pil nel 2013 al 3,5 per cento del Pil nel 2015. Vale a dire, i crescenti profitti dovuti al calo del prezzo delle materie prime e al credito a buon mercato non si sono tradotti in maggiori investimenti, aumentati di un modesto 0,5 per cento sul Pil. Per contribuire alla crescita europea, i tedeschi devono investire molto di più. Secondo le stime di Deutsche Bank, da qui al 2020 l’avanzo si ridurrà del 20 per cento (al 7 per cento del Pil, quindi sempre a livelli molto alti), soprattutto per effetto dell’immigrazione – che riduce il tasso di risparmio aggregato delle famiglie, spinge verso l’alto i prezzi degli immobili e aumenta la propensione all’import.

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Confronto con la Cina

Come ha fatto la Cina a rientrare da un avanzo corrente superiore al 9 per cento del Pil nel 2008? Soprattutto grazie all’aumento della propensione a importare da parte di una classe media sempre più benestante e desiderosa di consumare beni esteri, in particolare di consumo durevole. In termini di origine dei flussi, per la Cina non sono disponibili tutti i dati necessari per scomporre l’eccesso di risparmio con lo stesso dettaglio possibile per la Germania. Nondimeno si può vedere chiaramente come la riduzione dell’avanzo sia corrisposta a un minor eccesso di risparmio privato sugli investimenti (mentre il risparmio pubblico, negativo, è rimasto intorno al 3 per cento del Pil). A sua volta, la riduzione dell’eccesso di risparmio privato è il risultato dell’aumento dell’investimento, che a partire dal 2009 ha raggiunto il 45 per cento del Pil. Solo in parte ha contribuito la moderazione del risparmio privato, sceso di un punto percentuale rispetto al 2008.

Figura 1

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Figura 2

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Nei prossimi anni, secondo l’Asian Development Bank, la Cina diventerà un importatore netto di beni alimentari, a causa della crescita demografica e del contenuto calorico. Nel medio-lungo termine (dal 2030), quindi, il suo avanzo corrente (dovuto in massima parte all’avanzo commerciale) è destinato a diminuire ulteriormente.

Competitività e filiere internazionali

Ma c’è anche un ulteriore aspetto strutturale dietro le dinamiche dei saldi correnti. Secondo Johannes Brumm, Georgios Georgiadis, Johannes Gräb e Fabian Trottner , l’aumento degli squilibri è in parte dovuto alla partecipazione delle imprese alle filiere internazionali. Quanto maggiore è il valore aggiunto estero nelle esportazioni di un paese, tanto maggiore sembra essere la percentuale di reddito d’impresa risparmiato. Infatti, quando le imprese sono competitive perché incorporano molti input importati in ciò che esportano, ritengono ‘temporaneo’ il guadagno di efficienza e pertanto accantonano gran parte dei profitti per motivi di tipo precauzionale. Viceversa, una buona competitività dell’export raggiunta prevalentemente con produzione nazionale, come nel caso cinese, è ritenuta più duratura.
Deutsche Bank stima che in Germania un aumento del 10 per cento del valore aggiunto estero nelle esportazioni nazionali si traduce in un aumento dell’avanzo corrente dello 0,9 per cento. Se la percentuale di valore aggiunto estero nelle esportazioni tedesche continuerà ad aumentare come negli ultimi dieci anni – dal 14,8 al 25,5 per cento – la Germania si troverà sempre di più nel cuore degli squilibri globali, soprattutto perché in Cina, al contrario, aumenterà il valore aggiunto nazionale nel proprio export, già passato dal 65 per cento al 70 per cento nell’ultimo decennio.

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Figura 3

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Fonte: Brumm J., Georgiadis G., Gräb J. and Trottner F. “Global Value Chain Participation and Current Account Imbalances”. 12th CompNet Conference. Prague 21-22 April 2016.

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15 commenti

  1. francesco lippi

    Non capisco la logica dell’ analisi. Mi potete citare uno schema analitico in cui la storia che raccontate funziona?
    lo so che la Germania brutta e cattiva che esporta e risparmia non piace a molti, ma non capisco perché.
    da un punto di vista macroeconomico il risparmio di un agente e’ la risorsa di un altro. essendo in surplus di PC stanno prestando risorse all’estero. Dove e’ il problema? forse li intermediari finanziari non fanno bene il loro lavoro? (se si ditelo). E anche se fosse, quale politica sostenete? obbligare le famiglie tedesche a comprare biscotti italiani? a spendere di più nel weekend? come si implementa ? Citatemi per favore un lavoro analitico che sostenga la tesi che il risparmio di B danneggia A.

    • Alessia Amighini

      Grazie a chi ha voluto commentare il nostro intervento, e soprattutto a Francesco Lippi. Il titolo è forse un po’ fuorviante, il messaggio che non volevamo dare è proprio che la Germania ha la “colpa”, la nostra idea è che ci siano tendenze strutturali verso uno squilibrio prolungato delle partite correnti, anche alla luce della nuova evidenza sul legame tra partecipazione alle catene globali del valore (GVC) e CA. Ovviamente l’eccesso di risparmio tedesco non è la causa diretta di effetti negativi su altri paesi, soprattutto in termini bilaterali. Ciò detto, come sottolinea Fabrizio Coricelli in un wp OECD di qualche anno fa, https://www.researchgate.net/publication/254439420_Structural_Change_and_the_Current_Account_The_Case_of_Germany , “there is room for comprehensive structural policies consistent with an equilibrium reduction in the current account surplus, accompanied by higher and more balanced growth”.

  2. SpeculaThor

    Tutto corretto per carità. Ed inoltre il credito Target2 della Buba verso le Bc del Sud (di fatto una bilancia dei pagamenti quasi invisibile infraUe) nn verrà mai fisicamente ripagato e Merkel&C non sanno più come nasconderlo ai loro cittadini inviperiti. Tedeschi che con la crisi Bancaria Tedesca (x ora solo agli inizi) incomincia a sospettare che il film Uber Alles a cui han creduto per 10 anni nasconde lati oscuri. Però a voi Analisti Main Stream noi complottisti di mestiere facciamo un appunto molto marcato. Saran 10 anni che ci diciamo che Euro implica svalutazione interna eterna, che saldi strutturali senza trasfer union non si possono gestire, che i sistemi bancari Francese Tedesco (ed Olandese) son marci come il nostro. Eppure voi main stream in massa zitti in coro oppure al massimo qualche accenno defilato. Perchè ? Non vedevate queste ovvietà ? Oppure nn potevate dirle x tener buona opinione pubblica populista ? Boh.
    Quel che ora vi dico è che questo risveglio é solo l’inizio. Nei prox anni dovrete tirat fuori moltre altre cose ancor oggi semi-dormienti. Così parlò SpeculaThor se gentilmente lo vorrete cmq pubblicare. Cordialità

  3. Maurizio Cocucci

    Ho qualche perplessità circa alcuni passaggi e una annotazione riguardante dati che avete omesso. La Germania non è vero che non abbia fatto nulla per ridurre il surplus delle partite correnti, l’aumento delle retribuzioni con il sostegno anche del reddito minimo orario a 8,50 euro hanno avuto come conseguenza l’incremento dei consumi, aumento che nel 2015 ha comportato un incremento in volume delle importazioni maggiore di quello delle esportazioni (5,7% vs 5,4%), ma crollando i prezzi delle materie prime e diminuendo sensibilmente quello dei prodotti importati ha fatto si che in valore le esportazioni sono aumentate più delle importazioni. Dovreste poi tenere conto che in questi ultimi anni le importazioni tedesche si sono spostate dai cosiddetti Paesi occidentali a quelli orientali, Cina in testa, dalla quale la Germania ha importato nel 2015 beni per ben 91 mld di euro (erano 20 nel 2002). Per un paragone si pensi che dall’Italia ha importato sempre l’anno scorso circa 49 mld. Il reddito disponibile nel 2015 è aumentato del 2,9% (era aumentato del 2,3% nel 2014) e i consumi del 2,5% contro il +1,9% del 2014. È aumentato il risparmio? Si, ma non dite però il perché! Come non dite perché dalla Germania si acquistano meno titoli sovrani dei Paesi periferici, che sia legato al QE della BCE che darebbe alle BCN la priorità sui loro acquisti? E (credo) il QE avrebbe effetti anche sui prestiti interbancari, disincentivando quelli tra banche del nord verso quelle del sud.

  4. Simone

    L’articolo è molto interessante, ma non mi è chiaro quali politiche dovrebbe mettere in campo il governo tedesco per ridurre il suo avanzo. Prendendo il caso della Cina, l’aumento della propensione a importare da parte della classe media mi sembra più un effetto di lungo periodo della crescita cinese che rende la popolazione più benestante, piuttosto che una specifica politica del governo. A meno che il governo tedesco non costringa i consumatori a comportarsi in un certo modo, o saboti intenzionalmente la competitività delle proprie imprese, ma mi sembrano entrambe politiche improponibili per qualunque governo di qualunque paese libero. Quali sono le politiche specifiche che dovrebbe approvare? Grazie

  5. Massimo Matteoli

    La cosa che più fa impressione nelle vicende europee di questi ultimi anni è l’incapacità delle classi dirigenti tedesche di farsi “guida” dell’Unione. Non rispondetemi che a Bruxelles fanno solo quello che vuole Berlino, perchè questo non è “”guidare”, ma imporre e, purtroppo o per fortuna, la Germania non è abbastanza grande perchè da sola rappresenti e soddisfi tutti gli interessi delle altre nazioni europee. Se Scauble e compagnia ( e sto parlando della parte più europeista, figuriamoci gli altri) non capiranno alla svelta che la Germania deve diventare quella che risolve i problemi invece che quella che li aggrava, il futuro dell’Unione è veramnete a rischio. Ed il fatto che politicamente ed economicamente i tedeschi ne pagheranno il prezzo come se non più deli altri (la storia europea ne è testimone) non è certo una consolazione.

  6. Silvio Traverso

    Mi sfugge il senso dell’analisi, leggendo la quale sembrerebbe che l’andamento della bilancia delle partite correnti dipenda in qualche modo dalla volontà del governo tedesco… A quanto ne so io, le decisioni di risparmio e di investimento dipendono dagli agenti economici privati, famiglie e imprese. Cosa dovremmo chiedere alla Germania, di fare un prelievo forzoso dai conti correnti e di utilizzare questo gettito per importare feta greca? Oppure obbligare le imprese tedesche a comprare macchinari italiani al posto di quelli prodotti in Germania? Oppure dovremmo imporre dazi cosicché chi voglia comprarsi un’auto debba per forza scegliersi una Fiat piuttosto che una Opel? E forse dovremmo anche imporre un limite alla mobilità dei capitali cosicché chiunque, in Italia, voglia investire possa pagare un tasso di interesse più elevato?
    Forse è a me che sfugge qualcosa, ma ritengo che analisi come questa siano non solo prive di fondamento ma in un certo senso anche pericolose perché funzionali a certi storytelling populisti sempre alla ricerca di un nemico esterno su cui scaricare problemi di natura squisitamente domestca.

    • VinceskoMVinceskij

      No, più semplicemente la Germania dovrebbe accollarsi una parte del riequilibrio di competitività, aumentando – in una misura congrua – i salari tedeschi, le provvidenze di welfare e gli investimenti in infrastrutture (relativamente molto carenti) in Germania (aumentando il deficit, attualmente circa a zero), a beneficio degli stessi Tedeschi –> aumento della domanda –> aumento dei prezzi dei beni tedeschi –> diminuzione di una quota significativa del divario del tasso d’inflazione rispetto ai Paesi concorrenti (rispetto all’Italia stimato in un -30%, ecc.) –> conseguenti diminuzione delle esportazioni tedesche e aumento delle importazioni tedesche = calo del surplus commerciale.

  7. giovane arrabbiato

    Se ci fosse ancora il Marco, si rivaluterebbe, andando a rendere l’export tedesco più caro in generale e quindi riducendolo.

    Chi nel Sud Europa importa prodotti tedeschi vedrebbe il suo potere d’acquisto ridotto e importerebbe di meno dalla Germania… il mercato troverebbe il suo equilibrio da solo.

    Ma no, non si vuole ammettere che l’Euro causa squilibri, perchè più Europa=sempre e cmq un bene.

    L’ideologia cieca ad ogni costo non ha mai funzionato. Volete salvaguardare l’unità Europea ad ogni costo?
    Allora serve un Euro A per Germania, Olanda, Austria, un Euro B per Francia, Italia, Spagna e Portogallo. Un Euro C per la Grecia, senza cambi fissi che fanno sti disastri.

    • Andrea

      Se il marco si rivalutasse non cambierebbe nulla. Le materie prime costerebbero ancor di meno, i tassi sprofonderebbero in negativo (sarebbero i sottoscrittori di bund a pagare i tedeschi per produrre, riducendone il carico fiscale) il costo del lavoro crollerebbe, il valore aggiunto prodotto sarebbe lo stesso. Aumenterebbe il risparmio. L’idea che la denominazione della valuta abbia effetti reali è piuttosto bislacca. Senza contare che potrebbero stampare tanta moneta quanta ne volessero e sottoscrivere con essa titoli di stato UE (e non) per tirare giù il marco a piacimento fino alla parità con l’euro (e guadagnarci)

      • giovane arrabbiato

        Basta guardare la bilancia commerciale dei paesi Euro per avere una dimostrazione che quello che dice non è vero: nel momento in cui i cambi fissi vengono introdotti, la bilancia commerciale tedesca e olandese inizia ad andare sù, quella italiana, francese, spagnola e portoghese (e greca) vanno giù.
        Il trend dura fino alla crisi 2007.

        Ora, a meno che nel Gennaio 99 non sia successo altro, una inversione a U per paesi che da esportatori netti diventano importatori netti non si spiega con altro: è l’effetto dei cambi fissi. L’effetto è immediato, al contrario di ogni altra politica attuabile e dunque riscontrabile senza altre spiegazioni.
        Non si può abbracciare il libero mercato e allo stesso tempo combatterlo con tassi fissi.

        La seconda parte è vera, ma svalutazioni artificiali darebbero luogo a guerre commerciali.

        • giovane arrabbiato

          Nota a parte:
          I tassi a zero o negativi vengono spesso citati da Deutsche Bank come motivo della loro crisi. Dubito che la Budesbank andrebbe a distruggere la maggiore banca tedesca con tassi ancora più bassi.

      • claudia

        “L’idea che la denominazione della valuta abbia effetti reali è piuttosto bislacca.”

        Così bislacca che viene studiato in tutte le università del mondo il suo potere correttivo: https://www.imf.org/external/pubs/cat/longres.aspx?sk=41836.0
        Così bislacca che tutti i cambi fluttuano, anche l’euro verso i paesi extra europei (in fondo abbiamo una moneta che verso alcune valute fluttua e verso altre no).

        “Senza contare che potrebbero stampare tanta moneta quanta ne volessero […]”

        Una svalutazione del genere non sarebbe ammessa a livello internazionale. Il surplus che ne conseguirebbe farebbe intervenire FMI.

        “i tassi sprofonderebbero in negativo [..]”

        Non dovremmo preoccuparci neanche noi italiani dei nostri tassi se avessimo una banca centrale non indipendente.

        “Se il marco si rivalutasse non cambierebbe nulla. Le materie prime costerebbero ancor di meno [..]”

        A quanto pare invece cambierebbe qualcosa se la Merkel e Schäuble si preoccupano di una possibile rivalutazione fuori dall’euro: http://scenarieconomici.it/altra-clamorosa-intercettazione-della-clinton-schaeuble-ha-sempre-pensato-di-cacciare-la-grecia-dalleuro-che-e-creato-ad-uso-e-consumo-della-germania/ “a complete collapse of the currency union is unacceptable for Germany, as the newly reconstituted Deutsche Mark would be considerably more valuable than the Euro; seriously damaging Germany’s export driven economy.”

        Ma si, in fondo le materie prime costeranno meno!

  8. Flav

    Il titolo dell’articolo è corretto. Nessuno qui punta il dito contro la “Germania brutta e cattiva”. Ma tutti dobbiamo riconoscere che essa è IL problema del mondo è il buco nero che sta creando. Il punto sostanziale è che la Germania, grazie all’Euro, si avvantaggia di una svalutazione reale nell’ordine del 20-30%. Non ci sono obiezioni a ciò. Che la Germania è “un problema” lo dice anche il FMI. Che il credito utilizzato dai paesi periferici sia arrivato dai paesi core (che praticamente si sono autofinanziati l’acquisto dei propri prodotti lucrando profitti ed interessi) non lo diciamo noi profani, ma Vitor Constancio:”“Gli squilibri han trovato origine principalmente dalle spese nel settore privato…finanziate dal settore bancario dei paesi creditori e debitori…il mercato finanziario europeo non ha funzionato in conformità con la teoria economica… l’esposizione creditoria verso i paesi sotto stress è più che quintuplicata…ciò ha portato alla perdita di competitività”. Ricordo infine Sergio De Nardis: “L’avanzo della Germania è in gran parte verso la zona euro. E’ stato originato da un boom di produttività specifico alla manifattura tedesca. Il riequilibrio avrebbe richiesto l’apprezzamento del cambio reale della Germania: è avvenuto il contrario. La governance europea comporta ora che l’aggiustamento spetti ai paesi partner, senza compiti per i tedeschi. Ciò provoca effetti depressivi e distorsioni per la zona euro.”. Non è dagli al cattivo, è riconoscere la realtà.

    • Maurizio Cocucci

      Non so lei o il dott.De Nardis dove abbiate preso i dati che attestino che il surplus della Germania sia conseguito perlopiù con i Paesi dell’eurozona, ma o sono datati oppure sono (alquanto) imprecisi. Da fonte Deutsche Bundesbank nel 2015 la Germania ha conseguito un surplus commerciale di beni per 247.874 milioni di euro. Di questi il surplus con i 18 partner dell’eurozona è stato pari a 78.162 mil. (32%), di cui 36.026 milioni con la sola Francia (con l’Italia 9 miliardi). Con la UE nel suo complesso 150.411 milioni (quindi 72.249 con i Paesi extra eurozona) e ben 50.970 mil. con il Regno Unito. A seguire 72.492 mil con l’America nel complesso, di cui 54.349 mil. con gli Stati Uniti e solo 8.525 milioni con l’Asia, considerando un deficit con la Repubblica Cinese per 20.312 milioni di euro. Alla luce di questi dati vorrei se è ancora sostenibile il legame euro-suplus commerciale, tesi che a me sembra un po’ superficiale.

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