Dopo le dimissioni del governo Renzi, si affaccia l’ipotesi di elezioni immediate. Ma se si votasse subito, lo faremmo con leggi elettorali differenti per Camera e Senato, che danno risultati diversi e prima del voto richiedono ai partiti strategie opposte. Attesa per la decisione della Consulta.
Cosa accadrà adesso?
Fallito il tentativo di riformare la Costituzione, il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha rassegnato le dimissioni e rimesso il mandato nelle mani del Presidente della Repubblica. È probabile, e anzi auspicabile, che il presidente del Consiglio si rechi anche in parlamento: il dibattito parlamentare potrebbe chiarire, prima ancora delle consultazioni, gli scenari più verosimili per le prossime settimane. Tuttavia, per il momento, l’incertezza regna sovrana e su più fronti.
Il Presidente della Repubblica potrebbe rifiutarsi di sciogliere la Camere e verificare se coalizioni di governo sono ancora possibili. In questo caso, si tratta di capire chi potrà guidare l’esecutivo (un “tecnico”, un’alta carica dello Stato, o un esponente politico del partito di maggioranza, cioè del Partito democratico? E in quest’ultimo caso, Renzi potrebbe essere ancora della partita?) e quale sarà il suo orizzonte temporale (poche settimane, per approvare il bilancio e mettere ordine in materia elettorale? La fine della legislatura?). Oppure, verificata l’impossibilità di proseguire la legislatura, il Presidente potrebbe indire nuove elezioni. L’ipotesi sembra remota: tuttavia, già alcuni partiti si sono espressi proprio in questa direzione.
Ipotizziamo allora che si voti subito. Con quale legge elettorale si sceglierebbero i nuovi parlamentari? Anche da questo punto di vista, l’incertezza regna sovrana.
Come vengono elette Camera e Senato
Camera e Senato non hanno mai avuto leggi elettorali perfettamente identiche, ma spesso le differenze sono state solo minime. Oltre, naturalmente, alla differenza tra le età di elettorato attivo e passivo che escludono i più giovani dalla rappresentanza in Senato.
Tuttavia, in questo momento la diversità è davvero notevole. Per la Camera è in vigore la legge n. 52/2015 (cosiddetto “Italicum”), mentre per Senato è in vigore ciò che resta della legge 270/2005 (cosiddetto “Porcellum”) dopo la sentenza 1/2015 della Corte costituzionale che l’ha depurata dalle parti ritenute incostituzionali (cosiddetto “Consultellum”). Vale comunque la pena di ricordare che l’Italicum stesso è sottoposto al giudizio di costituzionalità della Corte, che dovrebbe esprimersi nelle prossime settimane. E in molti pensano che il giudizio possa essere ancora negativo. In quel caso, avremo due leggi elettorali forse più simili dal punto di vista della logica elettorale, ma decisamente molto originali per il fatto di essere state determinate entrambe non dalla volontà del legislatore, come Costituzione vorrebbe, bensì dalla Corte costituzionale. La scelta proporzionale, infine, potrebbe essere l’unico esito possibile di una eventuale riforma parlamentare in materia; ad oggi, forse, l’unica su cui potrebbero convergere quasi tutti i partiti.
Due sistemi diversi
Consultellum e Italicum si distinguono sia sulla base dei loro effetti elettorali sia sulla base delle strategie che implicano.
Il Consultellum è una legge elettorale proporzionale, che nel caso del Senato prevede una assegnazione dei seggi su base regionale, e che permette di esprimere una preferenza; mantiene, dal Porcellum, le soglie di sbarramento al 3 per cento per i partiti coalizzati (se la coalizione supera il 20 per cento) e dell’8 per cento per quelli non coalizzati. Senza scomodarsi in analisi statistiche troppo complicate, è abbastanza evidente come una formula di questo tipo probabilmente richiederà la formazione di una coalizione molto ampia per raggiungere la maggioranza (in questo momento, 161 voti su 320), sempre che una coalizione sia politicamente realizzabile.
Al contrario, l’Italicum è una legge che seppur di base proporzionale, prevede un premio che permetterà al partito vincente di contare su una maggioranza di 340 seggi su 630. L’Italicum prevede anche cento collegi di dimensione variabile, equilibrio di rappresentanza di genere, capilista bloccati ma possibilità di esprimere fino a due preferenze sui nomi restanti. Il premio di maggioranza è attribuito alla prima lista se questa supera il 40 per cento dei voti; in caso contrario, sarà necessario un secondo turno tra le due liste più votate. Con l’Italicum dunque, un partito potrebbe anche governare da solo.
Le due norme implicano anche strategie elettorali differenti. L’Italicum potrebbe incentivare la formazione di “listoni” comprensivi di più partiti, per cercare di raggiungere la soglia del 40 per cento o almeno di accedere al ballottaggio. Al contrario, il Consultellum rimanda la formazione di coalizioni a dopo il voto. Un atteggiamento simile sarebbe la conseguenza anche di un eventuale Italicum corretto dalla Consulta.
Come si coordineranno le due strategie e cosa nascerà da questi effetti diversi lo si potrà capire solamente nell’eventuale campagna elettorale.
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Giuseppe Medda
Visto che in questa legislatura di transizione si sono fatti carico di governare il PD e FI, sarebbe l’occasione per fare un governo guidato dal M5S con dei compiti precisi, come fare la legge elettorale e traghettare il Paese fino all’estate o all’autunno. I compiti precisi darebbero opportunità per un appoggio esterno allargato. Inoltre, sembra opportuno che siano i fronti del no a fare una proposta per la legge elettorale condivisa. È anche ora che il M5S si sporchi le mani lavorando direttamente per il Paese.
Henri Schmit
Dopo il verdetto popolare e le (quasi)dimissioni del premier, l’iniziativa politica appartiene alla maggioranza parlamentare, o più precisamente alle due anime del PD; quella formale a tutti i deputati o gruppi parlamentari. Il M5S ha già fatto la sua proposta, abbastanza bizantina per essere rinviata al mittente. La base (copiata dal primo modello proporzionale di lista ‘libera’ inventato nel 1864 a Ginevra) è però sana e, tolti gli inutili o dannosi bizantinsmi, potrebbe servire a chi ha l’iniziativa politica di formulare finalmente una proposta seria, ampiamente condivisa, semplice, equa, conforme ai principi costituzionali (art.48, 51 e 67) e per questo anche efficiente.
Salvatore Borghese
C’è un’inesattezza: le soglie previste dal Consultellum in vigore per il Senato sono dell’8% per le liste non coalizzate e del 3% per le liste facenti parte di coalizioni che ottengono almeno il 20%, il tutto calcolato su base regionale. La trina di soglie 2-4-10 valeva per la Camera, ma con l’Italicum alla Camera resta solo una soglia del 3% valida per tutti.
Paolo Balduzzi
Ha ragione, è stata una svista da parte mia! correggiamo! Grazie mille
Henri Schmit
Da ormai sei mesi è chiaro che l’unica grande sfida mal celata dietro la misera riforma costituzionale è la riformulazione della legge elettorale, per UNA o per DUE camere. La scelta è fra l’ennesimo inganno (trucchi e abusi per condizionare l’esito, avvallati dalla maggior parte dei dotti esperti di cui il paese abbonda) e una legge semplice, equa e rispettosa dei diritti dei cittadini (art. 48 e 51) e dei deputati (art. 67), e quindi ipso facto efficiente. Se non bastasse per assicurare non saprei quale stabilità di governo, bisognerebbe agire direttamente sull’esecutivo, attraverso una vera riforma costituzionale (che fra altro dovrebbe riproporre la revisione Renzi-Boschi del titolo V, sopprimendo però anche gli statuti speciali e imponendo un sistema elettorale scrupolosamente democratico per i consigli regionali), che come minimo dovrebbe prevedere la sfiducia costruttiva, se no l’elezione diretta del presidente della repubblica, in ogni caso un vero monocameralismo, magari un senato solo consultivo composto da un numero ristretto di esperti nominati dal Parlamento, una conferenza delle regioni con veri poteri in poche aree, e infine il referendum d’iniziativa popolare in tutte le materie, ma a condizioni di firme e di quorum esigenti.