Nelle imprese quotate dove gli amministratori hanno la fiducia dei soci di minoranza gli assetti di governo sono bilanciati e amministratori e sindaci sono qualificati e indipendenti. Una strada che anche le grandi aziende a capitale pubblico dovrebbero seguire, in vista dei rinnovi dei Cda.

Consigli da rinnovare

Sono numerosi i rinnovi dei board delle società quotate previsti in occasione delle assemblee di approvazione dei bilanci 2016 (Enel, Eni, Poste italiane, per citare solo quelli nell’orbita della proprietà pubblica). Si stanno pertanto intensificando le occasioni di confronto e di consultazione propedeutiche. A conferma del rilievo e delle elevate aspettative collegate al passaggio, qualcuno arriva addirittura a ipotizzare che la durata dell’attuale compagine governativa possa essere condizionata dalla volontà di determinare gli assetti di governo delle più importanti imprese a partecipazione pubblica.
Destano perciò crescente interesse, nelle assemblee chiamate a nominare gli amministratori e i sindaci, le modalità di voto degli investitori istituzionali e, più in generale, dei fondi con ruolo di soci di minoranza.
I fondi e gli investitori istituzionali si sono mostrati storicamente propensi a intervenire investendo nel capitale delle società quotate in una prospettiva di medio periodo e comunque senza interesse a esercitare un ruolo di diretto condizionamento delle scelte strategiche e operative di gestione mediante un coinvolgimento nella nomina degli amministratori esecutivi. La loro attenzione, in sede di definizione della governance delle società, è invece sempre stata concentrata sulla nomina degli organi di controllo e verifica, la cui autorevolezza li ha tutelati e garantiti sui livelli di affidabilità dell’accountability societaria.
Negli ultimi esercizi, è cresciuta la propensione dei fondi a esprimersi a favore delle liste di amministratori proposti dai soci di maggioranza, come si può vedere dalle due tabelle qui sotto che riportano le espressioni di voto dei soci di maggioranza e di minoranza nei rinnovi dei board delle società quotate al Ftse-Mib avvenuti negli esercizi 2012, 2013, 2014 e 2015.

Tabella 1

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I vantaggi di un maggior coinvolgimento

Da questa situazione emerge un quesito di fondo: gli investitori istituzionali esprimono il proprio voto a sostegno degli amministratori proposti dai soci di maggioranza perché convinti della bontà dei sistemi di governance adottati dalle società? Oppure perché sono frutto di scelte condivise di compromesso e quindi con l’obiettivo di una gestione consensuale, in cui i soci di minoranza non esercitano funzioni di controllo e di verifica, come invece dovrebbero?
Questa tendenza ha trovato conferma nella tornata di nomine avvenuta nella primavera del 2016, dove da più parti (vedi Corriere Economia del 3 maggio 2016) si adombra il rischio che gli investitori istituzionali tendano a svolgere una sorta di ruolo di “governo ombra” nelle società indirizzando, condizionando e talvolta addirittura contribuendo a sovvertire maggioranze apparentemente solide nella nomina degli amministratori esecutivi.
In particolare, è interessante analizzare quanto accaduto nella primavera 2016 per due imprese rilevanti nel panorama di piazza Affari: Intesa San Paolo e Generali. Nel primo caso, i candidati delle fondazioni – che in tutto detengono il 23 per cento del capitale – hanno raccolto il 61 per cento in assemblea, dove era rappresentato il 62 per cento dei voti totali. Nel caso di Generali, invece, la lista di maggioranza presentata da Mediobanca e appoggiata dagli altri soci di rilievo ha ottenuto il 67 per cento contro il 32,16 per cento di quella dei fondi, con un consenso a favore della lista di Mediobanca da parte del 10 per cento dei fondi presenti, che rappresentano il 20 per cento del capitale sociale.
Quanto descritto è realmente dovuto a una più avanzata trasparenza e assunzione di responsabilità nella definizione della governance aziendale di alcune società quotate oltreché alla proattività di queste imprese che si sono attivate aumentando la propria capacità di coinvolgimento degli investitori istituzionali.
Le imprese dove gli amministratori hanno avuto la fiducia dei soci di minoranza esprimono bilanciati assetti di governance, profili di amministratori e sindaci qualificati e indipendenti. È da sottolineare anche l’efficacia del coinvolgimento degli investitori realizzato tramite azioni di comunicazione tempestive e argomentate che producono un’aggregazione di consenso nella nomina degli amministratori che non può che dare vigore e credibilità alla loro azione amministrativa.
L’auspicio è che anche i rinnovi della prossima primavera, non da ultimi quelli che interessano importanti imprese che hanno mantenuto una rilevante presenza pubblica nel capitale, consentano di sostenere in modo altrettanto convincente l’esistenza di questo razionale e non facciano emergere motivazioni e chiavi di lettura di differente profilo. Ne riparleremo a maggio prossimo, con un aggiornamento della situazione.

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Tabella 2

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