Ci rendiamo perfettamente conto della difficoltà che i cantori del mercato e quelli, dal lato opposto, del pubblico hanno nel capire il mondo del terzo settore che, nei loro perfetti modelli economici sviluppati in camera iperbarica, rappresenta semplicemente un terzo incomodo, difficilmente classificabile, che disturba.


Nell’articolo di Tito Boeri e Luigi Guiso su lavoce.info del 26 giugno 2012, sulla base dello studio di Mediobanca, vengono inanellati una serie di pregiudizi supportati da dati utilizzati “alla bisogna” basati più su una pseudo conoscenza delle fondazioni di origine bancaria (Fob) che sulla realtà dei fatti.
Ma andiamo con ordine.

IL LEGAME CON LE BANCHE

Premesso che le Fob si attengono ai dispositivi normativi e non esistono casi di violazione della legge, della quale consigliamo una lettura più approfondita, quello che sorprende è l’“indignazione” nei confronti delle Fob per aver partecipato agli aumenti di capitale delle banche. Come se aver contribuito, in una situazione a dir poco drammatica come quella attuale, a sostenere le banche italiane evitando l’intervento pubblico con i soldi dei contribuenti, fosse un delitto. Gli epigoni del liberismo a ogni costo di stampo anglosassone dimenticano quanto i contribuenti di molti Paesi, a cominciare dagli Stati Uniti, hanno dovuto sborsare per salvare le banche. E dimenticano anche quante di esse siano fallite. In Italia ciò non è avvenuto grazie a chi (le banche) ha ritenuto di non dover seguire pedissequamente quei modelli finanziari (la banca universale) che venivano fino a pochi anni fa decantati come virtuosi e che hanno originato il disastro che è sotto gli occhi di tutti e a chi (le Fob) ha ritenuto di dover sostenere il sistema bancario per evitare soluzioni più dolorose.

I RENDIMENTI

Se si analizzano i dati dell’attività delle Fob dal 2000, anno di entrata in funzione della cosiddetta legge Ciampi(legge 153/1999) al 2010, si noterà come il patrimonio contabile delle Fob sia aumentato da 35,4 (fine 2000) a 50,2 miliardi di euro, con una crescita costante di oltre il 3 per cento annuo, superiore di circa 1 punto al tasso di inflazione medio annuo del periodo. E come, nello stesso periodo, le Fob abbiano erogato ben 14,5 miliardi di euro a favore di attività di assistenza, culturali, in campo educativo, nell’ambiente, nella ricerca, nella sanità, mentre altri 2 miliardi erano ancora disponibili nei fondi prudenzialmente accantonati dalle Fob per erogazioni future. Ciò è stato possibile perché le Fob hanno prodotto nel periodo redditi pari a circa 30,4 miliardi di euro con una redditività media annua del 6,2 per cento. Nello stesso periodo gli indici azionari di tutto il mondo hanno registrato dei tracolli, mentre molti di quelli obbligazionari si sono attestati mediamente al di sotto del rendimento medio delle Fob.

LA STRUTTURA

Con riferimento al personale delle Fob si sostiene che la produttività sia scesa in dieci anni del 30 per cento e che i costi complessivi siano aumentati in misura più che proporzionale ai proventi.
Vediamo i numeri: al 2010 il totale degli addetti delle 88 fondazioni era pari a 1.014 unità. Una media di 11,5 addetti per fondazione. Il costo del personale nel 2010 era pari a 63,8 milioni di euro, pari al 3,2 per cento dei proventi, con un costo unitario (inclusi contributi e oneri accessori) di circa 62mila euro. Se, come si sostiene, le Fob fossero state utilizzate come centri di collocamento di tipo politico, avremmo visto senz’altro numeri e costi unitari enormemente superiori.
Ma l’elemento più rilevante è il fatto che il confronto viene effettuato con riferimento all’anno 2000, cioè l’anno dell’entrata in funzione della Ciampi, evidenziando un incremento nel numero di addetti del 149 per cento e un incremento dei costi complessivi di circa il 70 per cento. È evidente a tutti come il confronto sia inappropriato perché non tiene conto del processo evolutivo che qualsiasi organizzazione attraversa quando passa da una fase di start up a una fase di consolidamento. Ma, soprattutto, l’analisi efficientista proposta non tiene conto di un elemento fondamentale: l’efficacia. Nel periodo in analisi le Fob si sono profondamente evolute: hanno aumentato significativamente la quota di attività svolte direttamente, cosa che ha comportato oneri maggiori ma a beneficio di una maggiore efficacia e un maggiore controllo nell’utilizzo delle risorse; hanno potenziato le fasi di programmazione delle attività e di selezione dei progetti realizzati da terzi; hanno rafforzato le attività di monitoraggio dei progetti finanziati al fine di controllarne il buon esito e di accompagnare i processi di crescita dei soggetti beneficiari. Queste azioni hanno enormemente incrementato l’efficacia delle erogazioni: ma di efficacia nell’analisi di Mediobanca e nell’articolo non si parla. Efficienza per efficienza, perché allora non proporre di effettuare le erogazioni noleggiando un aereo e gettando i soldi dal finestrino? Si abbatterebbero drasticamente gli oneri del personale: basterebbe solo un pilota.

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L’ATTIVITÀ ISTITUZIONALE

Straordinario il confronto tra le virtuose fondazioni straniere e le viziose Fob italiane. Si dice che quelle straniere sono focalizzate nell’attività istituzionale mentre quelle italiane sono disperse in una molteplicità di obiettivi. Il confronto proposto è inappropriato e le conclusioni che se ne traggono conseguentemente fuori luogo.
Le Fob nascono come soggetti a servizio delle comunità di riferimento, per soddisfare le loro esigenze e sostenere i loro percorsi di crescita. Proprio per questo il legislatore, nella Ciampi, ha previsto 21 settori di intervento ammessi: non per incapacità o insipienza, bensì proprio per consentire alle Fob di operare nella maniera più appropriata all’interno delle comunità. Semmai il confronto andrebbe fatto con le Fondazioni di comunità, che operano in tutto il mondo e che nascono dalle comunità e per le comunità. E che si occupano dei loro bisogni, i più svariati, secondo programmi che gli stessi rappresentanti delle comunità, nominati negli organi di governo di queste fondazioni, formulano e realizzano. Fondazioni con ampia rappresentanza e forte partecipazione, quindi: come le Fob.

LA GOVERNANCE

Nell’articolo, e nel rapporto Mediobanca, si sostiene che gli organi delle Fob mancano di competenza in materie finanziarie.
Sulla base dello studio “Governance e perfomance nelle fondazioni di origine bancaria” dell’università di Padova del 2010, il 15,6 per cento dei componenti il consiglio di amministrazione hanno competenza di carattere finanziario e non l’1 per cento come sostiene Mediobanca. Inoltre l’attività di gestione del patrimonio viene svolta con il supporto di strutture operative qualificate, sempre supportate da advisor esterni o da comitati interni. Lacompetenza tecnica, quindi, non manca: c’è negli organi e c’è soprattutto nelle strutture, che svolgono le attività di istruttoria e mettono in condizione i primi di effettuare le scelte di investimento.
Si sostiene inoltre che le poltrone vengano assegnate come presidio di gruppi di interesse e che le erogazioni avvengono in funzione di questi presidi.
Come si diceva, la rappresentatività degli organi delle Fob è ampia, variegata ed è espressione delle comunità di riferimento. I soggetti giuridici che designano i componenti dell’organo di indirizzo delle Fob sono numerosi, espressione delle varie componenti delle comunità e identificati nell’ottica di favorire la più vasta rappresentatività delle sensibilità del territorio. Il fatto che all’interno della governance vi siano anche soggetti designati dagli enti locali va nella direzione della rappresentatività: sarebbe curioso escludere quegli enti che sono determinanti nella definizione delle politiche del territorio.
Quanto alla presunta correlazione fra i settori di intervento e la provenienza dei componenti dell’organo di indirizzo, questa viene affermata apoditticamente e superficialmente. A un più diretto e puntuale esame delle informazioni si giunge a conclusioni totalmente differenti. Basti semplicemente rilevare come, nel solo 2011 rispetto al 2010, siano significativamente cambiati i pesi relativi dei settori di intervento (ad esempio: incremento del settore assistenza sociale, diminuzione del settore sviluppo locale) senza che nel frattempo si siano modificate le composizioni degli organi di governance: come spiegano questi mutamenti i “nostri” analisti?

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LE SOLUZIONI PROPOSTE

Due le alternative senza appello dei “nostri”: o le Fob si separano dalle banche o si destina il loro patrimonio alla riduzione del debito pubblico.
La prima soluzione manca di previsioni circa l’effetto di questa operazione: chi metterebbe le risorse nelle banche al posto delle Fob non è dato sapere.
Riguardo alla seconda soluzione, lasciamo volentieri la risposta ai tanti soggetti del volontariato, del terzo settore, del mondo della ricerca e della cultura, a coloro che assistono anziani, disabili, ragazzi svantaggiati, detenuti, alle imprese culturali giovanili, al mondo della cultura e della ricerca, così come hanno già fatto firmando recentemente il manifesto “Fondazioni di origine bancaria. Una risorsa delle comunità”.

* L’autore è Direttore Generale Acri – Associazione di Fondazioni e di Casse di Risparmio spa

» Il mestiere delle fondazioni , Tito Boeri e Luigi Guiso  09.07.2012

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