Uno dei capisaldi del programma economico di Trump è abolire il Nafta, l’accordo di libero scambio tra Usa, Canada e Messico. Questo comporterebbe, però, la distruzione di catene del valore tra i tre paesi. E la perdita di molti posti di lavoro. Il caso dell’industria automobilistica.
Gli accordi commerciali come il Nafta (North America Free Trade Agreement) sono stati condannati dai candidati di entrambi partiti durante la campagna presidenziale americana. Il Presidente Trump ha definito il Nafta “il peggior accordo commerciale mai approvato” dagli Stati Uniti e ha fatto della rinegoziazione di questo trattato un argomento centrale della sua politica economica. Ma, nel ventennio in cui è stato in vigore, il Nafta ha aumentato il commercio tra Stati Uniti, Canada e il Messico. E si tratta principalmente di commercio tra aziende che hanno cambiato i loro processi produttivi alla ricerca del vantaggio che ogni paese dell’area potesse offrire. In particolare, l’industria automobilistica ha esteso la catena del valore attraverso i tre paesi nord americani e le macchine comprate negli Usa oggi includono componenti e lavoro da tutti e tre i paesi.
Una rinegoziazione del Nafta attraverso una visione più protezionista sarebbe quindi catastrofica per l’industria delle auto.
Anche se la maggior parte delle critiche al Nafta si focalizzano sulla crescita delle importazioni dal Messico, è bene ricordare che anche le esportazioni statunitensi verso il Messico sono cresciute per il solo fatto che il trattato è stato firmato. Messico e Canada sono di gran lunga i maggiori mercati di sbocco per le esportazioni statunitensi e accolgono più di un terzo delle esportazioni totali degli Stati Uniti. Nel 2015, il Canada era la prima destinazione delle merci americane, con il 19 per cento del totale delle esportazioni Usa, e il Messico era al secondo posto, con il 16 per cento. Il tasso di crescita delle esportazioni verso questi mercati è stato incredibile a partire dall’avvento del Nafta, con le esportazioni americane verso il Messico cresciute del 470 per cento dal 1993 e quelle verso il Canada del 180 per cento.
La catena del valore nell’industria automobilistica
I prodotti maggiormente esportati in entrambi i paesi sono veicoli a motore e loro componenti. Questo perché il Nafta ha consentito grandi guadagni in termini di produttività nel settore dell’automobile, attraverso la specializzazione della produzione nei tre paesi. Gli Stati Uniti e il Canada producono tendenzialmente motori, trasmissioni e riduttori. Il Messico invece produce componenti a più alta intensità di lavoro come cruscotti, tappezzeria e sedili.
In generale, posizioni più protezioniste nei confronti delle importazioni dal Messico ridurrebbero la produzione del settore automobilistico messicano. E, a sua volta, si ridurrebbe la produzione di componenti chiave negli Stati Uniti. Inoltre, l’assemblaggio di veicoli più grandi negli Usa diventerebbe più costoso a causa di un aumento dei prezzi delle componenti come cruscotti e sedili, attualmente prodotti in Messico, con una conseguente riduzione dei profitti.
Cosa succede se Trump abolisce il Nafta
Una ricerca recente stima che la fine del Nafta non incrementerebbe la produzione di automobili negli Stati Uniti. Messico e Canada sarebbero fortemente colpiti dalla revoca dell’accordo commerciale in termini di minore produzione di veicoli. Comunque, una più bassa domanda di macchine statunitensi in questi paesi, insieme a prezzi più alti per la componentistica, comporterebbe anche una minor produzione di veicoli negli Usa. I produttori nelle altre regioni, ad esempio in Europa Orientale e Asia, beneficerebbero di più alti prezzi delle macchine nel Nord America e risponderebbero aumentando la produzione.
Una riduzione della produzione di macchine statunitensi costerebbe posti di lavoro nel settore. Secondo il Department of Commerce, le esportazioni di beni e servizi in Messico hanno sostenuto circa 1,1 milioni di posti di lavoro nel 2014 (953 mila grazie all’esportazioni di beni e 193 mila a quelle di servizi). Inoltre, alcune regioni sono particolarmente esposte. Per esempio, quasi tutte le esportazioni del Michigan sono concentrate nel settore automobilistico e sono destinate a Canada e Messico. Il U.S. Department of Commerce ha stimato che 270 mila posti di lavoro sono legati alle sole esportazioni dal Michigan.
L’industria automobilistica fornisce un importante esempio dei danni alle catene del valore che si creerebbero con la fine del Nafta. I produttori automobilistici statunitensi che dipendono dalle componenti a più basso costo provenienti dal Messico incapperebbero in costi più elevati, il che li renderebbe meno competitivi rispetto ai produttori manifatturieri.
La perdita di quote di mercato a favore dei produttori stranieri comporterebbe la perdita di posti di lavoro nell’industria automobilistica statunitense. E i consumatori pagherebbero il conto di macchine più costose. Ma l’industria delle auto non sarebbe la sola ad accusare il colpo. Altre industrie manifatturiere sono diventate sempre più integrate nelle catene del valore all’interno del Nafta. Le misure protezionistiche come un innalzamento dei dazi sulle importazioni messicane ridurrebbero l’import messicano, ma potrebbero mettere a rischio di misure di rappresaglia una sostanziale parte delle esportazioni americane. Inoltre, con misure protezioniste i consumatori statunitensi si ritroverebbero a sopportare prezzi più alti e meno varietà di prodotti.
La versione originale di questo articolo è stata pubblicata in inglese su Econofact.
Lavoce è di tutti: sostienila!
Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!
mauro
Se da un punto di vista teorico non si può che concordare sugli effetti benefici del libero scambio dall’altra parte io sono sempre più perplesso quando si fa finta di non capire che chi spinge per globalizzazione e abbattimento frontiere sono sempre e solo le multinazionali e la finanza. Curioso poi come i no-global di fatto diventino poi pro-global a seconda della fase lunare. Ricordiamo che la Cina pro-global in casa sua è assolutamente no-global per investimenti e import. I media siano oggi troppo condizionati economicamente dalla proprietà (finanza) per fare analisi quanto meno credibili
Danilo
Tutto giustissimo….
Trovo sconcertante che da nessuna parte (è una sineddoche) si ricordi il mostruoso passivo della bilancia commerciale americana. Oltre 600 miliardi di dollari all’anno!
Presto o tardi dovrà essere ricomposta – o qualcuno pensa di continuare ad offrire pasti gratis ai cittadini statunitensi?
guido dv
signor melitz, interessante. credo però che l’errore sia prendere trump letteralmente ma non seriamente. minacciare di uscire dal nafta, da cui sicuramente il messico beneficia, può essere semplicemente un espediente per negoziare condizioni migliori o, eventualmente, costringere il messico a pagare The Great Wall. provi a considerare ciò che dice seriamente ma non letteralmente
Tarcisio Bonotto
Il NAFTA è stato un accordo tra 2 paesi forti come USA e Canada e 1 molto debole come il Messico. Le multinazionali che hanno investito in Messico sono poi state salvate da Greenspan. Molto produzione è stata delocalizzata in Messico dagli USA e Canada perdento molti posti di lavoro.
Siamo dell’idea che OGNI PAESE DEVE DIVENTARE AUTOSUFFICIENTE economicamente.
I 3 trattati di Globalizzazione Economica, 27.000 pagine sono stati redatti da 400 multinazionali e Tesoro Americano, e solamente accettati e firmati dai singoli paesi. Secondo voi di chi fanno gli interessi questi trattati? La globalizzazione va contro gli interessi di ogni singolo paese. Da quando è stata introdotta in Italia nel 2001, abbiamo perso ben 600.000 aziende e 270.000 imprese agricole. Please!
Michele
Chissà cosa diranno tutti i fautori dei dazi e contrari al libero scambio quando, avverati i loro desideri, si vedranno aumentare in modo considerevole i costi di moltissimi beni (auto, computer, verdura, pasta etc), ma non il loro stipendio….