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Via i voucher, ma erano utili

I voucher, utilizzati marginalmente, sono stati aboliti. Il governo ha così evitato un referendum spinoso. Però ha anche rinunciato a uno strumento utile per sostenere i lavoratori più deboli e per riportare il lavoro occasionale alla luce del sole.

Pregi e difetti dei buoni-lavoro

L’8 febbraio il presidente dell’Inps ha presentato i dati più recenti su usi, abusi e pregi dei voucher. L’utilizzo dello strumento è cominciato nel 2008 con il governo Prodi per i lavoratori agricoli occasionali (come i tanto citati vendemmiatori) e progressivamente liberalizzato dai governi Monti e Letta. Nelle intenzioni dei legislatori, l’istituto mirava a combattere il lavoro nero e a garantire ai lavoratori occasionali (per esempio, gli steward agli eventi) una protezione assicurativa e i contributi pensionistici. Il Jobs act ha poi introdotto alcuni cambiamenti, aumentando il massimale a 7mila euro, vietandone l’uso negli appalti e introducendo la tracciabilità.
Alla luce dei dati, proviamo a comprendere quali sono le criticità e quali i benefici di una forma di lavoro che riguarda, comunque, al massimo lo 0,3 per cento del monte ore lavorativo italiano.

Figura 1

Il dato sull’età media del 2016 non è ancora disponibile

I voucher sono stati spesso accusati di istituzionalizzare la precarizzazione. Il grafico mostra la crescita del numero dei buoni utilizzati a partire dal 2008, fino agli oltre 130 milioni nel 2016.
I percettori non-studenti che hanno i voucher come unica fonte di reddito da un solo committente rappresentano solo il 12 per cento del totale degli utilizzatori, ma il fatto che l’utilizzo in agricoltura e servizi alla persona (pezzo forte del lavoro accessorio nelle intenzioni del legislatore) ammonti solo al 6 per cento del totale indica che sono una soluzione appetibile in molti più settori del previsto. D’altra parte, l’età media dei lavoratori pagati con i voucher è diminuita e ciò mostra come siano i giovani i più interessati da questo tipo di lavoro precario. Per loro i voucher rappresentano comunque un miglioramento rispetto al lavoro nero, che secondo Eurispes (2015) coinvolge un terzo dei giovani. Comunque molti, fra cui Simone Ferro su questa stessa testata, hanno invocato un ritorno alla limitazione dei voucher a settori ad alto contenuto di prestazioni occasionali.
I critici sostengono che i buoni lavoro sono inefficaci nel combattere il lavoro sommerso. Ciò era plausibile prima della tracciabilità introdotta dal governo Renzi, in quanto il datore di lavoro non era tenuto a dichiarare preventivamente l’orario preciso della prestazione, avendo quindi la possibilità di tenerli “in bianco”, pronti per essere mostrati in caso di controlli. Anche con la tracciabilità, tuttavia, restano spazi di abuso. E infatti l’Inps suggerisce di potenziare le ispezioni, integrando la comunicazione preventiva al ministero del Lavoro con quella contributiva all’Inps e utilizzando le banche dati dell’Istituto per indirizzare le attività di ispezione.

Alternativa al lavoro irregolare

Figura 2

figura 1

Dai dati mensili riportati nel grafico si nota come, dopo il boom dovuto all’introduzione e alla progressiva liberalizzazione, il numero di voucher (la linea blu) sembrava destinato a stabilizzarsi, con tassi di crescita tendenziale (le colonnine nel grafico) sempre più vicini allo zero. In questi anni, inoltre, l’aumento è stato per lo più orizzontale, con un allargamento della platea degli utilizzatori ma una media costante di circa sessanta voucher a persona, corrispondenti a 450 euro netti all’anno. Tuttavia, benché si tratti di cifre contenute, i buoni lavoro restano spesso la sola alternativa al lavoro irregolare e permettono ai percettori, spesso soggetti socialmente ed economicamente vulnerabili, di accumulare contributi previdenziali. I percettori sono infatti concentrati fra lavoratrici part-time, studenti, pensionati e disoccupati, mentre solo nel 13 per cento dei casi i voucher sono il compenso per un secondo lavoro (inteso come aggiunta a un primo lavoro a tempo pieno). Sembra insomma vi sia una correlazione tra lavoro accessorio e carriere lavorative discontinue o a orario ridotto. I buoni hanno quindi integrato i redditi dei soggetti al margine, sebbene, nella maggior parte dei casi, non come ponte a contratti di lavoro più stabile.
Come ha già detto Pietro Ichino qualche giorno fa, prevedere una forma legale per lavori occasionalmente ricorrenti è una necessità ed eliminati i voucher qualcosa di simile dovrà prenderne il posto (per esempio, eliminando i limiti di età sul contratto a chiamata, come ventilato da Irene Tinagli). I margini di miglioramento erano molti, ma proprio per questo la miglior maniera di procedere sarebbe stata analizzare i problemi e gradualmente intervenire per limare lo strumento, come era stato fatto con l’introduzione della tracciabilità. Anche se finora i buoni lavoro hanno avuto effetti modesti, restano a nostro avviso uno strumento adatto a combattere il lavoro nero e a incentivare una maggiore integrazione dei lavoratori più vulnerabili. L’unica ragione per cui il governo abbia voluto disfarsene totalmente sembra essere conservare il capitale politico per battaglie di maggiore entità.

 

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  1. Filippo Crescentini

    Non vedo nessun riferimento al fatto che la CGIL ha promosso i tre referendum sul jobs act – compreso quello per eliminare i voucher – e, contestualmente, ha raccolto le firme per la proposta di legge di iniziativa popolare avente per oggetto l’approvazione della “Carta universale dei diritti del lavoro”. Gli artt. 80 e 81 di tale proposta sono dedicati alla regolazione del lavoro occasionale. Premesso che la proposta di legge è da tempo davanti al Parlamento e sarebbe bene che fosse discussa, si potrebbe consigliare al governo di stralciare quei due articoli e farne oggetto di un decreto-legge, in ragione dell’urgenza di colmare il vuoto legislativo creato dalla sua decisione di eliminare le norme vigenti relative all’uso dei voucher, ovvero alla possibilità di acquistare il lavoro in tabaccheria.

  2. carlo giulio lorenzetti settimanni

    Prescindendo dal merito della questione, appaiono davvero singolari le motivazioni addotte dal presidente del Consiglio per giustificare il decreto col quale il governo ha deciso di sopprimere i voucher: evitare cioè che gli italiani tornino a dividersi tra favorevoli e contrari. Quasi non fosse insita nella natura stessa dell’istituto referendario (e, più in generale, in qualsiasi consultazione democratica) e del tutto fisiologica l’espressione di pareri e volontà diverse e contrapposte .Dubbia anche la costituzionalità del ricorso al decreto legge e la sussistenza dei requisiti di necessità ed urgenza invocati per evitare lo svolgimento di quello che è a tutti gli effetti un adempimento costituzionale. In altri casi il Parlamento ha provveduto di sua iniziativa ad accogliere le richieste provenienti dai cittadini che si sono fatti promotori di un referendum abrogando o modificando le norme che ne formavano oggetto, ma lo strumento corretto dovrebbe sempre essere quello della legge ordinaria.

  3. Michele

    Il governo ha abolito i voucher unicamente per evitare una sonora sconfitta, praticamente certa se ci fosse stato il referendum. Ormai il peggiore nemico dei politici è il voto popolare. Si cerca di evitarlo in ogni modo. Quanto ai voucher o similia dovrebbero essere limitati a famiglie o singoli non imprenditori. Altrimenti diventano una copertura sistematica per il lavoro nero.

    • Berillio

      Il voto del popolino sprovveduto, supponente, in balia dei peggiori sobillatori, è il peggiore nemico del nostro Paese, ossia degli stessi votanti. Bene ha fatto il Governo a proteggerli dalla loro stessa ignoranza.

  4. Keynes1985

    Articolo chiaramente neoliberista (che poi guardando l’università in cui studiate è anche scontato).
    Bisognerebbe partire dal concetto che non esiste lavoro senza diritti. I voucher escludono non soltanto diritti come ferie retribuite, diritto al cumulo per gli assegni di disoccupazione, diritto alla malattia retribuita ma con una contribuzione previdenziale pari al 13% viene anche negato il diritto a una pensione degna.
    Vi invito a cambiare ottica, a pensare che, ad esempio, se le famiglie non riescono a conciliare vita e lavoro e non riescono a pagare dignitosamente chi le aiuta, il problema probabilmente è che le famiglie si sono impoverite, che i tempi di lavoro si sono allungati a parità di salari, che gli asili nido non esistono e così via.

    • Pier Doloni Franzusi

      Risposta chiaramente ideologica e veterocomunista. Tanto parlare di diritti e principi, ignorando che in tipo il 100% dei casi in cui oggi si usano i voucher domani tornera’ il nero. Ma almeno la purezza resta.

  5. Henri Schmit

    Condivido le valutazioni degli autori. Ogni regola è un’occasione per abusarne. Spetta al legislatore e a chi professa consigli definire gli abusi per evitare tanto gli abusi quanto l’arbitrario nella repressione. Il governo invece ha preferito cancellare tutto, gettare la spugna. Non c’è dubbio che la situazione materiale e giuridica dei lavoratori sia complessivamente peggiorata sensibilmente negli ultimi 15 anni. Ma che cosa hanno fatto i sindacati e i partiti di sinistra per evitare o attenuare questa evoluzione? Poco o niente. Le condizioni sono drammatiche per i conti pubblici, disastrose per le imprese e disperate per lavoratori. Senza soluzioni sostenibili affonderanno tutti insieme.

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