Il referendum sul Jobs act vuole ripristinare l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Anche se la regolamentazione dei rapporti di lavoro va rivista e i controlli aumentati, non è la strada per ridurre il precariato. Lo mostrano le statistiche.
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Il primo maggio viene celebrata la festa dei lavoratori, nata per ricordare gli obiettivi sociali ed economici raggiunti dai lavoratori negli anni.
In questa serie di grafici abbiamo ripercorso le dinamiche italiane di salari e occupazione degli ultimi anni.
In sintesi, il numero dei lavoratori sia autonomi sia dipendenti è aumentato, a differenza dei salari reali, che sono rimasti stagnanti.
Il tasso di irregolarità in alcuni settori è molto alto ma non è l’unico problema dell’Italia: anche la precarietà resta elevata, con una quota consistente di lavoratori con contratto a tempo determinato; sono critiche anche la mancanza di un salario minimo legale e le disparità di genere nel mercato del lavoro.
Negli ultimi tre anni i contratti collettivi non sono riusciti a proteggerli i salari reali dall’inflazione. Fra i settori le differenze sono ampie e solo in alcuni le componenti di secondo livello hanno compensato in parte le perdite di potere d’acquisto.
I dati sul lavoro autonomo segnalano un declino quasi ventennale. Ma negli ultimi tempi il calo sembra riguardare solo gli autonomi senza dipendenti. Questo suggerisce che sia in atto una “maturazione” del fenomeno del lavoro autonomo e una convergenza verso la media europea.
La qualità dei tirocini è al centro della nuova proposta di direttiva della Commissione europea. Anche i dati dell’ultimo monitoraggio sui tirocini extracurricolari nel nostro paese mostrano la necessità di migliorare le condizioni di lavoro.
L’integrazione dei migranti altamente qualificati nel mercato del lavoro europeo procede a rilento. Valorizzare le loro competenze e impiegarli in lavori più vicini alle loro qualifiche potrebbe essere vantaggioso anche per la produttività del paese ospite.
In una fase di recessione economica, il Rdc è riuscito a contenere la disuguaglianza e le situazioni di più grave indigenza economica. La valutazione per il mercato del lavoro in Toscana mostra però che la misura non ha aumentato le opportunità di impiego.
I Neet in Italia sono tanti e tra di loro ci sono soprattutto giovani disoccupati di lungo periodo e scoraggiati. Coinvolgere queste persone nelle politiche attive non è però facile. In Germania ci sono riusciti con un programma ben definito.
In Italia tasso di partecipazione femminile al mercato del lavoro e tasso di occupazione femminile sono tra i più bassi d’Europa. Una maggiore inclusione delle donne aiuterebbe la crescita economica. Ecco quali politiche potrebbero migliorare la situazione.
La “precarietà” riguarda 7 milioni di persone tra lavoratori a termine, disoccupati e inattivi disponibili al lavoro. Il fenomeno chiama in causa anche la qualità delle offerte di lavoro. Sarebbe utile rendere più onerosi i contratti a tempo determinato.