La Ue e il Giappone hanno concluso due importanti accordi. Il primo riguarda il commercio di beni e servizi, il secondo è un ambizioso progetto di cooperazione in vari campi. Il fatto che siano intese separate riduce il rischio di manovre dilatorie.
Intesa tra Europa e Giappone
L’Unione europea e il Giappone hanno comunicato lo scorso 8 dicembre di aver sostanzialmente concluso due importanti accordi: il primo, Epa – Accordo di partenariato economico, riguarda il commercio di beni e servizi (in pratica una versione più ampia e aggiornata dei vecchi accordi di libero scambio – Ftas). Il secondo, Spa – Accordo di partenariato strategico, è un ambizioso progetto di cooperazione in molti campi: dalla difesa dei diritti civili alla sicurezza internazionale, dalla protezione ambientale al contrasto di ogni forma di criminalità sovranazionale organizzata.
Sono importanti iniziative con forti riflessi a livello internazionale e domestico. Si oppongono infatti alle derive nazionalistiche e isolazioniste di molti paesi che, a parole o nei fatti (Usa e Cina tra i primi), hanno generato insicurezza nell’opinione pubblica e imposto politiche contrarie alla cooperazione internazionale.
Sul piano interno il governo giapponese realizza alcune riforme strutturali, la terza freccia dell’Abenomics (ad esempio, liberalizzando gli scambi di prodotti agricoli nonostante la forte opposizione della lobby del settore); l’Unione europea mostra di poter assumere l’iniziativa in un importante settore, favorendo anche la crescita economica.
Quasi tutti i dettagli dell’Epa sono stati resi noti, mentre sono state indicate solo le linee generali della Spa. L’intenzione dei due contraenti è di firmare gli accordi entro la primavera del 2018, per farli entrare in vigore all’inizio del 2019. È molto probabile che accada per l’Epa, di competenza del Consiglio e della Commissione europea. La Spa invece dovrà essere ratificata da tutti i paesi membri (e da alcune regioni). La separazione dei due Accordi riduce il rischio di manovre dilatorie, quasi ricattatrici (come è avvenuto per l’accordo con il Canada da parte della Vallonia).
Cosa cambia
Per quanto riguarda il commercio internazionale, gli obiettivi delle due parti erano ben definiti: il Giappone chiedeva l’eliminazione dei dazi europei sui prodotti industriali (ad esempio, autoveicoli o macchinari elettrici) e di mantenere una certa protezione per particolari merci (come i prodotti in cuoio tradizionalmente riservati a gruppi socialmente discriminati).
L’Ue voleva la liberalizzazione dei propri beni alimentari e l’apertura degli appalti pubblici nonché la protezione delle denominazioni geografiche. Entrambi poi premevano per la semplificazione delle misure o barriere non-tariffarie relative (per il Giappone) all’attività delle loro imprese in Europa e (per l’Ue) a molti prodotti tra cui quelli farmaceutici, cosmetici, altri chimici. Si trattava spesso di armonizzare gli standard adottati; piccole differenze causavano forti aumenti dei costi.
Dopo lunghe negoziazioni, iniziate nel 2011, quasi venti incontri ufficiali e ancor più numerose riunioni tecniche è stato raggiunto un accordo che soddisfa le richieste iniziali e che dà vita a un’area di libero scambio con 600 milioni di abitanti ad alto reddito, che genera più di un quarto del prodotto mondiale e più di un terzo del commercio mondiale (2016).
All’entrata in vigore dell’Epa saranno eliminati i dazi sul 90 per cento delle esportazioni europee (linee tariffarie) e sul 97 per cento al completamento dell’accordo, entro un massimo di dieci anni per i casi più delicati. Le imprese europee risparmieranno quasi un miliardo di euro all’anno. Le esportazioni europee dovrebbero aumentare in media del 24 per cento con punte del 170 per cento per parecchi prodotti alimentari (carni e formaggi).
L’Ue ha ottenuto che le controversie tra imprese con investimenti all’estero e governi locali siano demandate a collegi ad hoc e che i procedimenti siano pubblici.
Nell’accordo, le parti affermano il proprio impegno a rispettare i trattati internazionali sul lavoro, l’ambiente, lo sviluppo sostenibile, con esplicito riferimento a quello di Parigi sul clima del 2015.
Come è naturale, l’accordo non soddisfa tutte le persone o enti dei paesi interessati: è stato battezzato in modo riduttivo, se non denigratorio, “formaggi per auto”. Se i consumatori potranno godere di beni migliori e meno costosi, alcune imprese si troveranno esposte a una più forte concorrenza e dovranno rinnovarsi o scomparire. L’analogo caso dell’accordo con la Corea, entrato in vigore il 1° luglio 2011, sembra però indicare che le conseguenze negative siano state minori del previsto (o temuto) e che quelle positive, al contrario, maggiori.
Meno dettagli su Spa
Le informazioni sul secondo accordo, quello strategico Spa, sono meno dettagliate: dovrebbe coordinare e ampliare molte iniziative congiunte già esistenti che però l’Ue spesso considera solo “parallele” (ad esempio, le missioni in Niger e Mali o quelle anti-pirateria al largo della Somalia).
Sarebbe rafforzato il legame tra sviluppo, non solo economico, e sicurezza internazionale, che le due parti già sottolineano nelle loro attività verso i paesi in via di sviluppo, includendo nel concetto di sicurezza anche campi quali la prevenzione dei disastri naturali o il terrorismo informatico. L’insieme delle risorse impiegate varrebbe molto più della loro somma.
Un aspetto cruciale resta però nel vago, con robuste dichiarazioni verbali e nessun atto pratico da parte dell’Ue: il contenimento delle politiche sempre più assertive o espansionistiche della Cina nei mari confinanti.
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Luca
Da residenti in Giappone che lavora nella moda da anni dicevo che questo accordo sarebbe stato una fregatura per gli europei. Infatti stiamo iniziando le procedure che sono macchiavelliche.
In poche parole bisogna dichiarare per ogni singolo capo:
Paese di origine delle materie prime
Paese di filatura
Paese di tessitura del tessuto
Paese di lavorazione finale
Per tutte le parti (bottoni ecc servono le descrizioni complete di origine)
Inoltre servono anche le grammature
Il tutto per ogni articolo.
Sono curioso se l` europa chiede lo stesso per le macchine ecc (chi voglio decine di pagine per una camica per una macchina quante migliaia?)