Lavoce.info

Quella relazione pericolosa tra rischio sovrano e bancario

Per arrivare a una garanzia europea sui depositi bancari si deve prima ridurre il legame tra rischio bancario e rischio del debito pubblico. Probabilmente attraverso l’introduzione di limiti quantitativi alle esposizioni in titoli di stato.

Banche e titoli di stato

La garanzia europea sui depositi bancari (Edis) è sicuramente il principale anello mancante del processo di unione bancaria dell’Eurozona. Se decisi passi in avanti sono stati fatti nel dotare l’area euro di un meccanismo di vigilanza bancaria e di un sistema di risoluzione unico, ancora in alto mare si trova il processo con il quale giungere a una protezione dei depositi slegata dallo stato in cui è residente la banca depositante.

Sono essenzialmente due gli ostacoli all’introduzione del meccanismo di garanzia, entrambi legati alla richiesta dei governi dei paesi centrali, Germania in testa, di ridurre i rischi bancari prima che debbano essere condivisi: i crediti deteriorati presenti nei bilanci e la concentrazione o rischiosità delle esposizioni in titoli di stato.

Sul legame tra rischio sovrano e rischio bancario, i dati recentemente diffusi dall’Eba (Autorità bancaria europea), nell’ambito del Transparency Exercise, ci possono aiutare a capire come le principali banche europee vi sono esposte, analizzandolo prima dal punto di vista della concentrazione delle esposizioni e successivamente dal punto di vista dei requisiti di capitale.

Per quanto riguarda la concentrazione dell’esposizione si può valutare come ciascuna singola banca dovrebbe intervenire per ridurre la propria nel caso in cui il regolatore decidesse di stabilire (come avviene per tutti gli altri tipi di impieghi) un limite quantitativo, fissato in percentuale del capitale Tier1. Nella figura 1 ho rappresentato le quindici banche che più dovrebbero liquidare titoli di stato del proprio paese nel caso in cui il limite fosse introdotto.

Figura 1 – Ammontare dei titoli di stato che le principali banche italiane, francesi, tedesche e spagnole dovrebbero liquidare con limiti all’esposizione al rischio sovrano al 25 per cento o al 33 per cento del capitale Tier1

Fonte dati: Eba Transparency Exercise

Come si nota facilmente, anche modeste modifiche del limite quantitativo spostano in modo rilevante l’ammontare di titoli di stato che devono essere liquidati. Fissarlo al 25 per cento (come prescrive Basilea 3 per gran parte delle esposizioni) o a un terzo del capitale Tier1 cambia di circa 35 miliardi l’ammontare di titoli che solo queste prime quindici banche devono liquidare: circa 225 miliardi nel primo caso, 190 nel secondo. Se il ragionamento viene poi esteso a livello aggregato, prendendo in considerazione i sistemi bancari nazionali nel loro complesso, solo percentuali di concentrazione tra il 75 e il 100 per cento possono evitare dismissioni per varie centinaia di miliardi. Per il sistema italiano, il grado di concentrazione a livello aggregato è giunto intorno all’84 per cento dei mezzi propri, diminuendo di 6 punti nell’ultimo anno (figura 2).

Leggi anche:  Chi ha visto arrivare Trump, dalle scommesse alla finanza

Figura 2 – Titoli di stato italiani detenuti da banche italiane. Valori in miliardi di euro e in percentuale dei mezzi propri (Non disponendo dei dati aggregati del capitale Tier1, si è preso come base di riferimento il livello di capitale e riserve)

L’effetto sui requisiti patrimoniali

Il secondo aspetto che è possibile valutare riguarda l’impatto che può avere sui requisiti patrimoniali delle principali banche l’eliminazione del rischio zero dei titoli di stato emessi da paesi appartenenti alla UE, attribuito nel calcolo dell’attivo ponderato per il rischio. Ipotizzando che la nuova ponderazione del rischio sovrano venga attribuita in funzione del rating dei vari titoli seguendo lo schema definito dagli accordi di Basilea 2 e 3, in figura 3 sono rappresentate le quindici banche che hanno maggiore necessità di nuovo capitale.

Figura 3 – Necessità di capitale aggiuntivo (nella forma di Common Equity Tier 1). Ponderazione per il rischio pari a zero per i titoli con rating da AAA a AA-; pari a 0,20 da A+ a A-; 0,50 da BBB+ a BBB-; 1 da BB+ a B-; 1,5 per rating inferiori a B-

Fonte dati: Eba Transparency Exercise

Anche in questo caso si nota come l’impatto non sia certo trascurabile, in particolar modo per le più grandi banche italiane e spagnole. Le prime quattro avrebbero necessità di nuovo capitale per circa 15 miliardi di euro per mantenere inalterati i propri coefficienti patrimoniali. Una cifra che è superiore alla necessità di capitale di tutte le altre banche italiane, spagnole, francesi e tedesche complessivamente considerate dai dati Eba.

Se l’elevato grado di concentrazione del rischio in titoli di stato nazionali interessa anche le banche tedesche, perché eredità della frammentazione del mercato dei capitali avvenuta nel 2011, l’impatto dell’eliminazione del rischio nullo per i titoli di stato della zona euro interessa in modo consistente solo le principali banche delle economie periferiche. Per questa ragione, per una maggiore convergenza di interessi, è ipotizzabile che nel prossimo futuro possa essere più probabile l’introduzione di limiti quantitativi alle esposizioni in titoli di stato, magari abbastanza elevati e con oneri relativamente sopportabili, come ha proposto un recente studio richiesto dal parlamento europeo, piuttosto che sull’introduzione di un diverso grado di ponderazione per il rischio.

Leggi anche:  2024: come orientarsi nei mercati finanziari

Lo stesso studio sottolinea come quest’ultimo punto non possa essere affrontato prima che l’Eurozona si sia dotata di un safe asset comune. Troppo elevato è il rischio di compromettere la stabilità finanziaria del sistema nel caso in cui la diversa ponderazione per il rischio dei titoli di stato venga introdotta senza che vi sia uno strumento sicuro, emesso a livello di intera Eurozona, su cui le banche possano eventualmente spostare le esposizioni.

Così come per le sofferenze, anche la riduzione del legame tra rischio bancario e rischio del debito pubblico nazionale è un percorso molto complicato e lento. Di entrambi si è parlato molto negli ultimi anni e non mancherà certo occasione perché se ne parli ancora in futuro.

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Inflazione e disinflazione: la versione della Fed

Precedente

Reddito di inclusione: cosa serve perché funzioni

Successivo

Perché crescono i contratti a termine*

  1. Molto interessante come proposta

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén