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Banche tra Scilla e Cariddi

Nell’arco di ventiquattro ore, la Bce e la Commissione hanno emanato due severi regolamenti sui prestiti deteriorati. Manca il coordinamento previsto dalla normativa di Basilea. E per le banche diventerà ancora più difficile navigare nel mare delle regole.

Come gestire i crediti deteriorati

Nello spazio di ventiquattro ore (tra il 14 e il 15 marzo), la Banca centrale europea ha emanato un Addendum alle linee guida sugli crediti deteriorati (non-performing loans – Npl), che entrerà in vigore il 1° aprile, e la Commissione europea ha pubblicato una proposta di regolamento sulla copertura minima dei crediti deteriorati, già in vigore dal 14 marzo anche se necessita dell’approvazione del Parlamento e del Consiglio europeo. A prescindere dalla bizzarra coincidenza delle date, le due iniziative meritano un attento commento di merito e di metodo.
Sul fronte del merito, entrambe si pongono l’obiettivo di stimolare le banche a una rapida ed efficiente gestione dei crediti deteriorati, al fine di garantire la stabilità del sistema bancario e stimolare per questa via l’erogazione del credito all’economia. Entrambe distinguono tra posizioni non garantite, che devono essere interamente svalutate in bilancio entro due anni, e quelle garantite, che – a prescindere dalla qualità del collaterale – devono essere svalutate al 100 per cento entro 7 anni per la Bce ed entro 8 anni per la Commissione (vedi tabella 1). L’idea è che “Se una garanzia non è stata realizzata dopo diversi anni dalla data in cui l’esposizione sottostante è stata classificata come deteriorata, per il mancato funzionamento dei processi interni della banca o per ragioni che esulano dal suo controllo (ad esempio, i tempi necessari per la conclusione di un procedimento giudiziario), in linea di massima tale garanzia sarebbe ritenuta inefficace” (Addendum Bce, pag. 11)
Al di là della diversa gradualità con la quale gli accantonamenti devono essere realizzati, la vera differenza tra le due iniziative riguarda la fase di avvio e il carattere più o meno cogente. L’iniziativa della Bce si applica ai nuovi crediti deteriorati che si formano nel sistema, mentre quella della Commissione concerne i nuovi impieghi, che si trasformano parzialmente in crediti deteriorati solo dopo un certo lasso di tempo. Questo rende la proposta della Commissione molto più graduale (vedi grafico 1). Tuttavia, nel lungo periodo entrambe producono un livello di accantonamenti identico (100 per cento) e ben superiore a quello che le banche italiane attuano in media (53,5 per cento). È il maggior costo che le banche italiane dovranno subire, se non sapranno migliorare il loro processo di recupero dei crediti deteriorati e se il sistema giudiziario non si allineerà a quello degli altri paesi europei. Certo sono possibili nuovi modelli di business, che prevedano la vendita di ampie porzioni sia di crediti in bonis che di crediti deteriorati. Tuttavia, sono soluzioni dai costi rilevanti.
Grazie alle numerose operazioni di esternalizzazione delle piattaforme di gestione di Npl realizzate dalle banche italiane nel corso del 2017-18, molti nuovi service provider sono entrati nel mercato italiano, altri hanno migliorato la loro capacità operativa. Ma ancora non è nato un efficiente mercato degli Npl e i prezzi a cui vengono scambiate le sofferenze (mediamente pari al 19 per cento) sono tuttora molto inferiori al prezzo al quale sono iscritte in bilancio, nonostante gli accantonamenti già posti in essere.
Dobbiamo infine ricordare che mentre il regolamento della Commissione europea, quando verrà approvato dal Parlamento e dal Consiglio, avrà carattere cogente e sarà applicato a tutte le banche dell’Unione (in termini tecnici, è parte del primo pilastro), l’Addendum della Bce funge solo come base di dialogo tra le banche e l’autorità di vigilanza e riguarda solo le banche significative (ovvero è parte del secondo pilastro).

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Più coordinamento sulle regole

Quest’ultimo punto ci porta a fare una osservazione sul metodo con il quale vengono stabilite le regole prudenziali sul settore bancario.
Gli accordi di Basilea, recepiti dalle direttive europee, prevedono un primo pilastro (vincoli minimi uguali per tutti) e un secondo pilastro, in base al quale le autorità di vigilanza possono richiedere alle singole banche requisiti ulteriori, sulla base della situazione individuale di ciascuna. Il secondo pilastro introduce un ampio margine di discrezionalità nella vigilanza bancaria. E si è tradotto nella imposizione di requisiti patrimoniali “ad bancam” da parte della Bce, a valle del processo di valutazione (Srep) e delle “pagelle” assegnate ai singoli istituti. Questa situazione non giova alla certezza delle regole. Bene ha fatto la Bce a emanare un documento (il famoso Addendum) in cui rende note le sue aspettative su come esercitare la discrezionalità di cui dispone in relazione al trattamento dei crediti deteriorati (al di là del merito del provvedimento, su cui si può discutere, come abbiamo fatto in un altro articolo). Questa sorta di forward guidance contribuisce a ridurre l’incertezza delle regole e delle pratiche di vigilanza e forse andrebbe estesa ai requisiti patrimoniali. Tuttavia, porta di fatto ad avere due fonti di regolamentazione: la Bce si aggiunge al triangolo Commissione-Parlamento-Consiglio. Per non parlare della European Banking Authority, che sforna ogni giorno centinaia di pagine di standard e linee-guida.
Per evitare tutto ciò, sarebbe opportuno un maggiore coordinamento tra le diverse autorità e tra i due pilastri, come previsto dagli stessi accordi di Basilea, e come invece non sembra essersi verificato in questa occasione.

Tabella 1 – Principali caratteristiche dell’Addendum della Bce e del regolamento della Commissione

Grafico 1 – Accantonamenti percentuali previsti sugli Npl con Addendum Bce, regolamento della Commissione e metriche attuali

L’ipotesi sottostante al grafico è che: gli impieghi nuovi generino credito deteriorato in un intervallo di 5 anni; la metà dei nuovi Npl siano garantiti e metà non garantiti; la politica attuale degli accantonamenti sia effettuata in maniera lineare in un arco di dieci anni con copertura al 53,5 per cento (ultimo dato disponibile per l’Italia).

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Ma al Pd sbagliano i conti sugli investimenti al Sud

  1. Luca Filippa

    Al netto delle considerazioni tecniche, trovo molto pertinente la segnalazione sui rischi della balcanizzazione della regolamentazione dei mercati finanziari, che è estesa anche all’area della securities regulation.
    Si tuona spesso a sproposito contro le tecnocrazie non elette, però va riconosciuto che a causa di resistenze di natura politica e nazionale finora molte azioni hanno determinato la crescita del numero di livelli, con sovrapposizioni verticali (es.: ESMA-Securities Commissions nazionali) e orizzontali (come quelle segnalate dagli autori) che nella migliore delle ipotesi generano confusione e tempi prolungati.
    Uno dei primi compiti di micro-revisione dell’architettura UE potrebbe proprio essere questo.

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