Lavoce.info

Ma la flat tax complica il sistema

L’applicazione delle due aliquote previste dalla flat tax proposta da Lega-M5s determinerebbe alcune anomalie. Mentre le clausole di salvaguardia per i contribuenti penalizzati dalla riforma avrebbero indesiderate conseguenze sulle aliquote effettive. Ne soffrirebbero equità ed efficienza.

“Salti” vicino alle soglie

Nel dibattito sulla flat tax del mancato governo giallo-verde ci si è concentrati sugli aspetti distributivi e sulla perdita di gettito, sottolineando i vantaggi per i più abbienti da un lato e le difficoltà di tenuta dei conti dall’altro. Poiché è ragionevole ritenere che, malgrado lo stop al tentativo di governo Lega-M5s, il tema continuerà a suscitare dibattito, vale la pena sottolineare un aspetto che ancora non è stato affrontato e che rende questa versione della flat tax un caso più unico che raro nei sistemi tributari odierni: la funzione del debito d’imposta e l’aliquota media non sono funzioni continue del reddito. In altri termini, ci sono dei “salti” del debito d’imposta e dell’aliquota media in corrispondenza di determinate soglie di reddito. Vediamo perché.

Gli aspetti salienti della nuova imposta sono innanzitutto le due aliquote marginali: il 15 per cento fino a 80 mila euro e il 20 per cento oltre tale soglia (oggi sono invece cinque e vanno da un minimo del 23 per cento a un massimo del 43 per cento). In secondo luogo, la base imponibile è data dal reddito complessivo meno le deduzioni (previste esplicitamente per rendere progressiva l’imposta, anche se poi si può discutere di quanto la rendano davvero tale): 3 mila euro per ogni componente il nucleo familiare se il reddito lordo è pari o inferiore a 35 mila euro; 3 mila euro per ogni familiare a carico nella fascia 35-50 mila euro; nessuna deduzione per redditi superiori (oggi si prevedono una pletora di deduzioni e detrazioni, fonte di complicazione per i contribuenti). Ultima caratteristica, non meno importante: l’unità impositiva è la famiglia e non l’individuo come oggi.
I grafici 1 e 2 presentano i debiti d’imposta e le aliquote medie in tre casi specifici: un contribuente single e una famiglia di due e di tre componenti con un solo percettore di reddito (indipendentemente che sia un dipendente, un pensionato o un autonomo).
Le figure mostrano chiaramente come il debito d’imposta e l’aliquota media determinino “salti” in corrispondenza delle soglie previste per le modifiche delle deduzioni. In particolare, le anomalie dipendono dal fatto che la deduzione per il primo componente scompare sopra la soglia dei 35 mila euro e che quelle per familiari a carico non sono più applicate sopra i 50 mila euro. Poiché le deduzioni sono costanti nella fascia di reddito in cui sono applicate, le aliquote marginali effettive coincidono con quelle legali (fatte due eccezioni: la no tax area e i livelli di reddito prossimi a quelli in cui le deduzioni cambiano valore).

Leggi anche:  La Zes unica cambia il credito d'imposta per il Mezzogiorno*

Due sistemi paralleli

Queste osservazioni valgono se si dovesse applicare la nuova struttura a tutti. Ma così non è, per due ordini di ragioni. Da una parte, si prevede di mantenere l’attuale bonus 80 euro, che non avrebbe più ragion d’essere nel sistema riformato, sempre che l’abbia oggi. Dall’altra, si prevede una clausola di salvaguardia per evitare che qualche contribuente perda rispetto all’attuale normativa.
Dovrebbero pertanto coesistere due strutture d’imposta, quella riformata e quella attuale. I contribuenti a basso reddito, infatti, sarebbero penalizzati con la nuova imposta. Ad esempio, un lavoratore dipendente single tra 3.001 e 14.314 euro pagherebbe di più (con punte di 772 euro per redditi pari a 8.145), mentre un lavoratore dipendente con moglie a carico sarebbe penalizzato tra 6.001 e 15.943, mentre uno con moglie e figlio a carico tra 9.001 e 17.780, e così via.
Il grafico 3 mostra l’andamento dell’aliquota media prima e dopo la riforma per un lavoratore dipendente single: tra 3.001 e 14.314 euro la linea rossa domina quella verde; attualmente tra 3.001 e 8.145 questa tipologia di contribuente è incapiente, ma non lo sarebbe con la nuova disciplina; dopo il salto dovuto all’inizio dell’applicazione del bonus, da 8.145 a 14.314 euro il sistema riformato garantirebbe perdite decrescenti rispetto al reddito, perché il grado di progressività dell’imposta si riduce, prevalentemente a causa dell’aliquota legale molto bassa. Specularmente, il grafico 4 mostra l’andamento dell’aliquota media prima e dopo la riforma per un pensionato e un lavoratore autonomo. La linea nera sarebbe applicabile a pensionati e autonomi dopo la riforma, la linea blu e quella grigia rappresentano l’incidenza secondo l’attuale normativa.

La clausola di salvaguardia consente che nessuno perda, ma determina un problema di efficienza: quando più favorevole, l’imposta riformata garantisce aliquote effettive pari al 15 o al 20 per cento; quando meno favorevole, poiché si applica l’attuale normativa, ci sarebbero aliquote effettive molto più elevate. Il grafico 5 presenta la situazione per un lavoratore dipendente single. Nel caso di contesti familiari con più familiari a carico, le aliquote effettive sui redditi più bassi sarebbero ancora maggiori, a causa delle detrazioni linearmente decrescenti.

Leggi anche:  Così il concordato preventivo incentiva l’evasione

Per concludere, l’imposta riformata garantisce risparmi d’imposta crescenti col reddito, che di certo non aiutano l’equità. Dal punto di vista dell’efficienza determina, per la presenza della clausola di salvaguardia, aliquote effettive più elevate per i poveri non incapienti e (molto) più basse per i ricchi, aspetto probabilmente poco auspicabile.
Inoltre, la clausola di salvaguardia non potrebbe rimanere in vigore per molti anni. È vero che passare a un sistema più semplice può comportare problemi di transizione, se il sistema da riformare è troppo complesso. Ma c’è tuttavia da chiedersi se non sarebbe meglio pensare prima a una struttura d’imposta che non comporti famiglie perdenti rispetto a oggi, mantenendosi allo stesso tempo sulla via della semplicità.

Grafico 1 – Il debito d’imposta

Grafico 2 – L’aliquota media

Grafico 3 – Aliquote medie per un lavoratore dipendente single

Grafico 4 – Aliquote medie per un pensionato e un autonomo single

Grafico 5 – Aliquote marginali effettive dopo la riforma per un dipendente single

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  La Zes unica cambia il credito d'imposta per il Mezzogiorno*

Precedente

Non è un paese per migranti

Successivo

Mini-Bot o Ccf: la grande illusione

  1. Stefano

    Ciao Simone,
    potresti spiegare meglio il salto al 27 percento dell’aliquota marginale effettiva per un lavoratore dipendente single, tra gli 8000 e i 15000 euro? Mi riferisco al grafico 5. Grazie mille!
    Stefano

    • Simone Pellegrino

      A partire dal periodo d’imposta 2014 la soglia di incapienza per un dipendente single è pari a 8.145 euro. L’aliquota marginale effettiva (cioè la variazione dell’imposta netta data una variazione di reddito ante imposta) per redditi appena superiori a tale soglia è pari al 27,51 per cento. Essa è pari alla somma tra l’aliquota marginale legale e l’inclinazione della detrazione. Si consideri un lavoratore dipendente con reddito complessivo pari a 10 mila euro senza deduzioni. La base imponibile è pari a 10 mila euro, mentre l’imposta lorda è pari a 2.300 euro. La detrazione per lavoro è pari a 1.789,80 euro. Ipotizzando l’assenza di detrazioni per familiari e per oneri, l’imposta netta è pari a 510,20. Si ipotizzi un incremento di reddito complessivo pari a 100 euro. In questa situazione l’imposta lorda è pari a 2.323 euro, mentre la detrazione per lavoro a 1.785,29. L’imposta netta è dunque pari a 537,71. Un aumento di reddito pari a 100 euro comporta un aumento di imposta netta pari a 27,51 euro, che è l’aliquota effettiva riportata nel Grafico 5.

  2. Vittorio Mapelli

    La Corte Costituzionale, con sentenza n. 179/1976, aveva dichiarato incostituzionale il cumulo dei redditi familiari. L’unità impositiva non può essere la famiglia, ma è il singolo percettore di reddito. Come pensano i proponenti della nuova imposta di superare questo ostacolo (insormontabile)?

  3. Henri Schmit

    Ottimo intervento, giudizio pertinente su un tema importante. Il mondo accademica ha la sua responsabilità a far emergere la verità sui progetti di flat tax, vera o da contratto di governo.

  4. Mario F.Parini

    Sono favorevolissimo alla flat tax ad una condizione ;abolizione totale del contante circolante.

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén