Ci si concentra molto su quello che succede alle frontiere, ma l’immigrazione irregolare si combatte anche rafforzando i controlli interni. Cosa che in Italia si è riusciti a fare bene fino al 2004. Da allora, il peggioramento è stato continuo.
Il declino degli irregolari
L’immigrazione irregolare si combatte rafforzando sia i controlli esterni (di frontiera) sia quelli interni (sulla permanenza nel territorio nazionale). Per vari motivi (innanzitutto la breve durata del suo incarico), il precedente ministro dell’Interno, Marco Minniti, si è occupato soprattutto dei primi e, almeno finora, il suo successore, Matteo Salvini, ha fatto lo stesso. Ma quest’ultimo, nelle promesse elettorali (“cacceremo 500 mila clandestini”) così come più di recente, ha criticato molto severamente i governi di centro sinistra per non aver esercitato alcun tipo di controllo. Cosa è successo realmente? Cosa ci dicono i dati?
Nessuno è in grado di dire quanti sono oggi nel nostro paese gli immigrati irregolari. Conosciamo, tuttavia, il numero dei “rintracciati”, cioè delle persone senza permesso di soggiorno fermate dalle forze dell’ordine nell’ultimo trentennio. La figura 1 presenta due diverse curve, una per i rintracciati all’interno del territorio nazionale dal 1984, l’altra per quelli respinti alle frontiere dal 1991. Osservando quest’ultima, vediamo che ha avuto un andamento continuamente discendente fino al 2009-2010 ed è poi lievemente risalita nei sette anni successivi. Invece, il numero dei rintracciati all’interno del territorio nazionale, gli irregolari (impropriamente chiamati clandestini), indicato dalla seconda curva, è cresciuto dal 1984, pur con oscillazioni in certi anni, toccando il picco prima nel 2002 e poi nuovamente nel 2006. Da poco più di 13 mila all’inizio del periodo, il numero di questi irregolari ha superato le 100 mila unità nel nuovo millennio. Da allora, però, il numero è costantemente diminuito fino al 2014, per risalire poi leggermente negli ultimi tre anni.
Figura 1
Le variazioni sono riconducibili a quattro fattori. In primo luogo, alle sanatorie (del 1986, 1990, 1996 e 2002) che, regolarizzandoli, hanno fatto diminuire gli irregolari. In secondo luogo, all’allargamento dell’Unione europea, con l’acquisizione da parte dei cittadini romeni e bulgari, dal 1° gennaio 2007, del diritto di circolare liberamente in Italia e negli altri paesi dell’Unione (cioè dello status di regolare). In terzo luogo, alla crisi economica iniziata nel 2008, che ha bloccato i flussi irregolari. In quarto luogo, all’apertura della Libia perché nessuno degli arrivati da quel paese è tecnicamente un migrante irregolare.
Il sistema dei controlli interni
Come ha reagito il sistema di controllo interno del nostro paese di fronte alle variazioni del numero dei rintracciati? Quanti di loro siamo stati in grado di espellere? Il rimpatrio di un immigrato irregolare richiede, oltre ad accordi con i governi dei paesi di provenienza, notevoli risorse organizzative e finanziarie. Potremmo dunque attenderci che, a parità di altre condizioni, quanto maggiore è il numero annuo di irregolari trovati, tanto maggiori sono le risorse necessarie per rimpatriarli e tanto minore la quota di quelli che si riesce davvero a espellere. La figura 2 mostra che le cose sono andate invece in modo molto diverso. Fino al 1990, la quota degli irregolari espulsi è sempre rimasta molto bassa, al di sotto (in alcuni anni: molto al di sotto) del 10 per cento. Negli otto anni successivi, la quota è cresciuta rimanendo quasi sempre sotto il 15 per cento. Ha fatto un fortissimo balzo in avanti nel 1998 e 1999 e fino al 2004 si è mantenuta sopra il 40 per cento. Da allora è diminuita in modo significativo raggiungendo, negli ultimi quattro anni, un livello molto basso. Dunque, nel periodo in cui gli immigrati irregolari rintracciati dalle forze dell’ordine nel territorio nazionale crescevano e diventava più oneroso rimpatriarli è aumentata anche la quota degli espulsi. Invece, nel periodo successivo, quando la popolazione dei rintracciati si è ridotta, la quota degli espulsi è diminuita.
Figura 2 – Percentuale di espulsi sugli stranieri rintracciati nel territorio nazionale dal 1984 al 2017
Fonte: Elaborazioni su dati del ministero degli Interni
Questo andamento del sistema dei controlli interni, apparentemente sorprendente, è in buona parte dovuto ai mutamenti normativi che vi sono stati in questo periodo, oltre che al variare delle risorse investite dai governi per farlo funzionare. Il sistema è diventato relativamente efficiente da quando è entrata in vigore la legge Turco-Napolitano ed è rimasto tale anche dopo la Bossi Fini. È andato in crisi quando non si è riusciti ad aggiornare e applicare le norme che lo regolavano e l’interesse dei governi, della magistratura e delle forze dell’ordine si è rivolto altrove, concentrandosi sui problemi creati all’aumento degli sbarchi.
È anche per gli insuccessi del sistema dei controlli interni che il consenso dell’attuale ministro dell’Interno è aumentato, nonostante che in questo campo, negli ultimi sei mesi, non sia stato fatto alcun passo avanti. Riuscirà il nostro eroe a riportare il sistema al livello raggiunto per la prima volta dal governo Prodi?
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Marcello Urbani
Perché dovrebbe?
La politica di respingere i barconi è molto popolare