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Quanto si divertono gli italiani

Un’analisi empirica studia il rapporto tra italiani e divertimento. Si scopre così che ricaviamo grandi soddisfazioni dagli acquisti online, cibo e spettacoli compresi. Il giorno migliore per divertirsi è il martedì. Il nemico è il troppo lavoro.

Un questionario sul divertimento

Quanto si divertono gli italiani? O meglio: gli italiani si divertono? Oppure ancora: esattamente il divertimento come si definisce?

Proponiamo qui i risultati dell’elaborazione di un dataset composto da 3008 osservazioni, frutto delle risposte a un questionario su un panel Doxa (la ricerca è promossa da Phd Italia, agenzia media e di comunicazione di Omnicom Media Group) che aveva lo scopo di analizzare la dimensione del fun (divertimento) su un campione rappresentativo della popolazione italiana.

Come si divertono dunque gli italiani? Il questionario esplora cinque ambiti molto diversi: il divertimento nelle attività di svago, in quelle di produttività (tipicamente il lavoro), il divertimento rispetto al mangiare e alla mobilità e nell’uso di strumenti e piattaforme digitali.

Il questionario contiene domande sul livello di divertimento nel giorno prima dell’intervista, con valori in una scala compresa tra 0 e 6, secondo la metodologia del Daily Reconstruction Method di Daniel Kahneman, in cui 0 rappresenta di fatto l’assenza dell’attività relativa e 6 il livello massimo di divertimento. Il questionario, inoltre, contiene una domanda sul livello di soddisfazione generale (life satisfaction), espresso in una scala tra 0 e 10.

Abbiamo costruito un indicatore sintetico di divertimento, avvalendoci dell’analisi fattoriale.

Il fun index che ne deriva, dal valore più piccolo a quello più grande, rappresenta livelli crescenti di divertimento. In particolare, abbiamo individuato tre classi: 1- livello più basso di divertimento; 2- livello medio di divertimento; 3- livello più alto di divertimento.

I fattori che concorrono, tra gli altri, a influire maggiormente sul divertimento, sono quelli legati all’intensità delle relazioni sociali.

A livello di cibo, è rilevante il peso del food delivery, in stretta associazione con quello – molto alto – di Netflix tra le variabili di accesso al consumo digitale. In generale, la piattaforma di video streaming, insieme a Spotify per la musica, la fa da padrone. Risulta interessante poi notare come, nel complesso, concorrano ad alti livelli di fun index variabili quali l’attività sessuale, l’happy hour e lo shopping online. Per quest’ultimo aspetto, c’è coerenza in ciascuna dimensione rispetto al ruolo del consumo digitale: pesano molto il food delivery per il cibo, il car sharing per il trasporto; lo shopping online rispetto agli acquisti in negozio e i supermercati digitali in contrapposizione a quelli fisici.

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Abbiamo poi concentrato l’attenzione su due aspetti: la correlazione tra divertimento e soddisfazione generale e quella tra divertimento e lavoro.

Benessere soggettivo e fun index

L’associazione tra indicatore di soddisfazione generale e quello di divertimento è significativa all’1 per cento. Il coefficiente di correlazione è vicino a 0,6, che è un valore elevato, ma al tempo stesso suggerisce che parlare di benessere soggettivo è diverso dal parlare di divertimento. Le due dimensioni sono sì associate e si muovono nella stessa direzione, ma non catturano la stessa cosa.

Grafico 1

Non sorprende che per il livello massimo di fun index anche la soddisfazione generale raggiunga livelli più elevati.

Abbiamo poi condotto un’analisi statistica cercando di spiegare cosa abbia un impatto maggiore sul fun index da un lato e sulla soddisfazione generale dall’altro, controllando per diversi fattori.

Il risultato più curioso riguarda il giorno della settimana: se per il fun index il giorno in cui aumenta di più la probabilità di divertirsi è il martedì, per il benessere soggettivo il giorno più felice è il giovedì.

Una possibile spiegazione riguarda proprio il fatto che il martedì sia, dopo il Blue Monday, il giorno in cui le persone cercano di “compensare”, divertendosi, l’effetto negativo dell’inizio di settimana, mentre sul giovedì ha un’influenza positiva l’aspettativa del weekend.

Lavoro e divertimento

Dal dataset emerge abbastanza chiaramente come le persone dichiarino una certa insoddisfazione sul lavoro, correlata a un basso livello di divertimento.

Il grafico 2 mostra come cambia la probabilità di divertirsi in funzione della percentuale di tempo dedicata al lavoro.

Grafico 2

Anche in questo caso nessuna sorpresa: più si diventa stacanovisti e più si dedica tempo all’attività lavorativa, maggiore è la probabilità di divertirsi poco.

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  1. Savino

    Gli italiani amano solo divertirsi e non hanno alcuna voglia di lavorare. Debbono dirci, con questo stato di cose, come possiamo mai riprenderci dalla crisi economica ed essere più felici. Il lavoro nobilita l’uomo e gli dà le soddisfazioni della vita, non esiste alternativa. Chi, poi, vuole socializzare sui posti di lavoro deve rendersi conto del privilegio di cui dispone attualmente rispetto alla folla di disoccupati. Queste persone possono anche licenziarsi e verificare se, senza soldi in tasca, riescono ad essere più libere e felici al netto della “palla al piede” di recarsi in fabbrica o in ufficio. Penso che gli italiani di oggi debbono solo smetterla di fantasticare e di ubriacarsi di chiacchiere inutili e cominciare a sgobbare e sudare davvero, come hanno fatto le generazioni del primo dopoguerra, grazie alle quali abbiamo avuto 60 anni di benessere, che stiamo dando per scontato quando scontato non è affatto.

    • Simone De Angelis

      Non sono d’accordo. Il problema è, a parer mio, che un incremento delle ore lavorate (soprattutto nei c.d “lavori d’ufficio”) non sempre e anzi raramente si collega ad una maggiore produttività. Parlo per esperienza personale, lavorando nella PA, ma posso dire che gli italiani non sono un popolo di sfaticati ma semplicemente vorrebbero vedere valorizzati i loro sforzi con stipendi più alti o con qualsiasi altro incentivo legato ad una reale (non legata cioè solo al numero di ore lavorate) produttività sul lavoro. E’ chiaro che se a fronte di un maggiore sforzo effettuato sul lavoro (più ore o lavoro più intenso nel caso di attività manuali) mi vedo riconosciuta solo una piccola remunerazione per il lavoro in più svolto cade l’incentivo per il lavoratore ad impegnarsi di più. Sostanzialmente credo in una buona organizzazione del lavoro fatta “dall’alto” e non in enormi sforzi dei lavoratori. Bisognerebbe che anche chi da lavoro si sforzi di creare un sistema di incentivi che valorizzi la maggiore produttività. sul discorso della socializzazione sul posto di lavoro sono invece pienamente d’accordo.

      • Savino

        E la professionalità dov’è? La specializzazione dov’è? Proprio nella P.A., poi… zeppa com’è di raccomandati (non competenti) che vi si sono imboscati negli anni del debito pubblico a gogò, gente talora che dirige e comanda con la licenza media (inferiore anche), mentre oggi non ce la fai neanche con 5 lauree, 5 masters e 5 lingue straniere ottimamente conosciute!

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