Lavoce.info

Italia digitale, una sfida per il governo

Inclusione economica e sociale passano anche da un servizio Internet a banda larga accessibile a tutti i cittadini. Se in Italia il problema è ridurre la distanza tra domanda e offerta, l’obiettivo del nuovo governo dovrebbe essere la connessione a 30 mega.

L’universalità del servizio nelle telecomunicazioni

Nel settore delle telecomunicazioni, il servizio universale trae origine dal codice postale del 1973, che assegnava al concessionario dell’epoca l’obbligo di fornire agli utenti servizi con determinati livelli qualitativi, in modo omogeneo all’interno del territorio nazionale e a tariffe accessibili, soprattutto per le utenze meno abbienti. Il diritto comunitario, con le direttive del 2002, ne ha disciplinato gli obblighi di fornitura su tutto il territorio dell’Unione Europea, definendone altresì le modalità di finanziamento.

E difatti, in base alla vigente normativa, il servizio universale prevede l’obbligo di garantire, a livelli qualitativi prestabiliti e a un prezzo accessibile, su tutto il territorio nazionale e a tutti gli utenti, l’accesso a una rete di comunicazione pubblica da postazione fissa per comunicazioni vocali, trasmissioni fax e dati (a una velocità pari a 2 Mbps, tale da garantire un accesso efficace a Internet).

In particolare, il prezzo abbordabile deve essere definito in base alle specifiche circostanze nazionali e devono essere adottate misure appropriate qualora i prezzi al dettaglio per i servizi di Internet a banda larga e di comunicazione vocale non siano economicamente accessibili ai consumatori a basso reddito o con esigenze sociali particolari – tra cui gli anziani, gli utenti finali con disabilità e i consumatori che vivono in zone rurali o geograficamente isolate.

In concreto, il servizio universale prevede l’applicazione di agevolazioni economiche in favore di utenti disabili (esenzione del canone relativamente all’offerta voce) e di quelli che versano in condizioni di disagio economico-sociale, con un indicatore della situazione economica equivalente Isee non superiore a 8.112,23 euro (sconto del 50 per cento sul canone di accesso alla rete telefonica, nonché di 30 minuti gratuiti di telefonate verso tutte le numerazioni nazionali fisse e mobili). Nell’ottica di un’effettiva inclusione sociale, gli utenti che beneficiano delle agevolazioni hanno altresì il diritto di sottoscrivere una offerta di accesso a Internet a tariffe di mercato.

Il numero di coloro che usufruiscono delle agevolazioni economiche è rimasto abbastanza costante fino al 2007, attestandosi poco al di sopra dei 100 mila utenti, mentre dal 2009 al 2014 si è ridotto, per arrivare a poco più di 50 mila, con un indice di penetrazione, rispetto all’Isee, intorno al 2 per cento.

L’inefficienza dell’attuale sistema di fornitura del servizio universale è dimostrato anche dal metodo di ripartizione del suo costo netto tra gli operatori, caratterizzato da un meccanismo che finora ha favorito una sorta di regulation by litigation, frutto di reiterati e molteplici ricorsi innanzi alla giustizia amministrativa, con l’obbligo, per l’Autorità garante delle comunicazioni, di rinnovare gran parte dei propri procedimenti sulla materia.

Leggi anche:  La banda ultra larga a passo di lumaca è un danno al paese

Il risultato di tale inefficienza è riscontrabile nei dati pubblicati dal recente “Rapporto Desi 2019”, elaborato dalla Commissione europea, in base al quale risulta che in Italia la copertura della banda larga fissa ha raggiunto, nel 2018, il 100 per cento (più precisamente il 99,5 per cento, nono posto in classifica, contro il 97 per cento media Ue), ma con una diffusione (percentuale delle famiglie) pari al 60 per cento (ventiquattresimo posto) contro il 77 per cento media Ue. Ciò testimonia come sia stato raggiunto (lato offerta) l’obiettivo di garantire un accesso universale a una rete di comunicazione pubblica da postazione fissa, ma non quello (lato domanda) di una diffusione universale presso le famiglie, nonostante la previsione di prezzi accessibili e di agevolazioni economiche per le utenze più disagiate.

Come eliminare il divario tra domanda e offerta

Tutto ciò avviene a causa di una regolamentazione estremamente farraginosa, una scarsa sensibilizzazione della potenziale domanda e una progressiva sostituzione della telefonia fissa con quella mobile (che può comportare minori oneri economici e un controllo più efficace della spesa attraverso il ricorso ai servizi prepagati).

Non ultimo, ha contribuito allo scarso accesso al servizio universale la ridotta propensione della popolazione all’uso di servizi Internet che in Italia rimane ben al di sotto della media Ue: secondo il Rapporto Desi 2019, una persona su cinque non ha mai usato Internet, tre su dieci non utilizzano la rete abitualmente e più della metà della popolazione non possiede competenze digitali di base.

È quindi giunto il momento di individuare soluzioni regolatorie differenti rispetto al quadro attuale, che consentano di allargare la platea dei soggetti beneficiari del servizio universale e di prevedere nuovi e più efficienti meccanismi di ripartizione del costo netto, ad esempio facendo evolvere il contenuto del servizio universale fino a includervi l’offerta di servizi a banda larga veloce (30 Mega), al fine di rispecchiare il progresso tecnologico, l’evoluzione del mercato e della domanda degli utenti.

E difatti, un più accentuato differenziale tra offerta e domanda si registra sui servizi a banda larga veloce (30 Mbps). Lo stesso Rapporto Desi evidenzia, per l’Italia e per il 2018, una copertura della banda larga veloce pari a ben il 90 per cento delle famiglie (decimo posto) contro l’83 per cento della media Ue, rispetto, invece, a una sua penetrazione (ovvero abbonamenti) di solo il 24 per cento delle famiglie (ventitreesimo posto), contro il 41 per cento della media Ue.

La stessa Strategia italiana per la banda ultralarga, oltre a interventi pubblici tesi a stimolare e orientare la programmazione dei privati nella realizzazione di reti di accesso in fibra nelle cosiddette aree a “fallimento di mercato”, aveva previsto, con la delibera Cipe del 6 agosto 2015, l’introduzione di appositi voucher proprio per stimolare la domanda di servizi di connettività.

Leggi anche:  Il nuovo Pnrr ridisegna gli investimenti*

In base al nuovo Codice europeo delle comunicazioni elettroniche, per consentire al consumatore un livello adeguato di inclusione sociale e di partecipazione all’economia e alla società digitale, ciascuno stato membro definisce un servizio di accesso adeguato a Internet a banda larga, con una larghezza minima di banda di cui dispone la maggioranza dei consumatori nel suo territorio.

Tenuto conto dell’elevato differenziale tra offerta e domanda di accessi a banda larga veloce e del relativo grado di copertura (90 per cento delle famiglie), il servizio universale potrebbe quindi evolvere, nel pieno rispetto del Codice europeo, prevedendo la fornitura, a prezzi accessibili, di una connessione in postazione fissa a banda larga veloce (30 Mbps e non più solo 2 Mbps) e designando, attraverso un meccanismo competitivo, una o più imprese perché ne garantiscano l’accesso in tutto o in parte del territorio nazionale.

Qualora, sulla base del calcolo del costo, si riscontri che il fornitore del servizio universale sia soggetto a un onere eccessivo, il Codice europeo prevede la possibilità di introdurre un meccanismo di indennizzo a suo favore attingendo a fondi pubblici, in alternativa alla ripartizione del costo netto tra i fornitori di reti e di servizi di comunicazione elettronica.

Il finanziamento potrebbe, quindi, far riferimento agli stanziamenti già stabiliti dalla delibera Cipe del 2015 per stimolare la domanda di connettività, più efficaci sotto il profilo della copertura dei costi e meno distorsivi della concorrenza, in modo da incentivare, attraverso la fornitura universale di accessi a 30 Mbps, il raggiungimento degli obiettivi indicati dall’Agenda digitale europea e, ora, dallo stesso programma del nuovo governo italiano, che riconosce – tra i diritti della persona – anche il “diritto di accesso alla rete” teso a favorire “l’accesso alla piena partecipazione democratica e all’informazione” dei cittadini e prevede “la rimozione di tutte le forme di diseguaglianza (sociali, territoriali, di genere), che impediscono il pieno sviluppo della persona e il suo partecipe coinvolgimento nella vita politica, sociale, economica e culturale del paese”.

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Il nuovo Pnrr ridisegna gli investimenti*

Precedente

Se anche il comune va a caccia di evasori

Successivo

Sui divari di genere un programma di buoni propositi

  1. Fabio Giovanni Cavallotti

    C’è un problema di infrastrutture. A monte, però, esistono due enormi problemi, che il Paese di porta dietro da troppo tempo. La crescita dell’analfabetismo funzionale da cui dipana quello digitale. A mio modesto giudizio è l’imbuto dove si infila ogni speranza di crescita. Qualsiasi crescita: civile, economica, intellettuale.

  2. Tommaso

    Il problema evidenziato dall’articolo è il basso utilizzo della rete, che già ora ha un elevato livello di copertura (99,5%), da parte delle famiglie. Si tratta di un problema reale, consistente e con molte conseguenze sullo sviluppo del paese (basso sviluppo della digitalizzazione). La proposta di soluzione – incentivare l’uso della banda larga fissa attraverso voucher che abbassino i costi – è quella che più frequentemente si sente fornire.
    Tuttavia, anche sulla base della mia esperienza nella pianificazione e valutazione delle iniziative digitali, non è la risposta giusta, perché non indirizza la vera causa del problema.
    La domanda giusta secondo me: perché gli smartphone si sono diffusi a livelli altissimi da soli, finendo anche nelle mani di persone a bassissimo reddito, e connessioni/uso di internet no?
    Perché gli smartphone offrono una gamma di servizi e soluzioni di immediatoa usabilità e efficacia che vanno incontro a esigenze percepite, mentre a oggi quanti/quali sono i servizi veri a cui ricorrere tramite rete fissa? Pochi e non così completi/funzionanti. Allora bisognerebbe agire sull’offerta di servizi reali (scuola, sanità, amministrazione ecc.) che vanno incontro a bisogni o utilità vere, invece che drogare la domanda con incentivi che comunque prima o poi dovranno terminare.

    • FABRIZIO DALLE NOGARE

      Gentile Tommaso, grazie. Concordo con lei sulla necessità di “agire sull’offerta di servizi reali”. A questi, in attesa del loro sviluppo, aggiungerei quelli già ora disponibili, seppur fatui, come il calcio e le serie tv che, con i soli 2 Mega, non sono fruibili. In ogni caso mi pare che le due soluzioni possano convivere, soprattutto nella fase iniziale.

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén