Nel 2009 è stata avviata un’azione di contrasto all’evasione basata sulla collaborazione tra Agenzia delle entrate e amministrazioni locali. Al di là degli importi recuperati, sono rilevanti gli effetti di “apprendimento” e di “deterrenza” che ha generato.

La collaborazione tra Agenzia delle entrate e comuni

La lotta all’evasione fiscale è ampiamente riconosciuta come una priorità a livello internazionale, benché nel nostro paese i governi vi facciano spesso ricorso a fini di cassa. Recentemente, l’Ocse e la Banca mondiale hanno proposto una strategia per combattere il fenomeno basata sullo scambio d’informazioni a livello internazionale e sulla cooperazione verticale tra le istituzioni nazionali e internazionali. Rispetto all’Agenzia delle entrate, infatti, le amministrazioni locali possono essere avvantaggiate nell’individuare nuovi evasori perché dispongono di una conoscenza diretta dei propri cittadini. Una più proficua collaborazione tra livelli di governo differenti può dunque rivelarsi una strategia di successo nella lotta all’evasione, proprio perché permetterebbe di ridurre l’asimmetria informativa con i contribuenti e di aumentare l’efficacia dell’amministrazione finanziaria (si veda Alessandro Santoro  e Tommaso Di Tanno).

Un’esperienza di collaborazione interistituzionale è stata avviata nel nostro paese nel 2009 (con l’articolo 1 del decreto legge 30.9.2005 n. 203). Da allora, i comuni italiani possono collaborare a individuare presunti evasori utilizzando le informazioni in loro possesso sui cittadini residenti nel proprio territorio e inviando all’Agenzia delle entrate segnalazioni qualificate che contengono indizi su presunti evasori. Una volta ricevute le segnalazioni, gli uffici dell’Agenzia scelgono a quali di esse dar seguito per effettuare gli accertamenti fiscali in base al criterio di proficuità comparata. Sulla base della qualità della segnalazione, viene valutato se il recupero atteso sia congruo rispetto ai costi sostenuti dall’amministrazione. Per incoraggiare la partecipazione dei comuni, inizialmente è stata riconosciuta loro una quota delle maggiori somme accertate e riscosse pari al 30 per cento, poi innalzata nel 2011 al 100 per cento. In sintesi, l’idea alla base di questa attività è arricchire l’insieme di informazioni a disposizione degli uffici fiscali per effettuare controlli più mirati.

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Quanti e quali comuni hanno partecipato

Le prime segnalazioni sono, quindi, del 2009 e nel periodo che arriva fino al 2015 ne sono state inviate 79.344, a cui sono seguiti 15.453 accertamenti (circa il 20 per cento delle segnalazioni), che hanno portato al recupero di 99 milioni di euro su 316 milioni di maggior imposta accertata (Mia). Complessivamente, 980 comuni hanno collaborato con l’Agenzia delle entrate inviando almeno una segnalazione qualificata nel periodo 2009-2015. Gli enti locali più propensi a partecipare sono quelli di medie e grandi dimensioni (tabella 1), presumibilmente dotati di maggiori risorse umane e competenze tecniche, e quelli localizzati nel Centro-Nord del paese (figura 1).

Tabella 1 – Partecipazione dei comuni all’attività di segnalazione per classi demografiche

Fonte: nostre elaborazioni su dati Agenzia delle entrate.

Figura 1 – Partecipazione dei comuni all’attività di segnalazione. Ordinamento comuni che hanno partecipato almeno una volta

Fonte: nostre elaborazioni su dati Agenzia delle Entrate.

Il tasso di partecipazione degli enti è stato modesto fino al 2011, ma nel 2012 ha raggiunto il picco massimo (oltre 20 mila segnalazioni), in corrispondenza dell’innalzamento della quota incentivante riconosciuta ed è poi rapidamente diminuito negli anni successivi (8 mila nel 2015). Infatti, la maggior parte dei comuni (432 su 980) ha partecipato solo una volta alla politica e non ha ripetuto l’esperienza (figura 2), probabilmente anche perché a circa il 78 per cento delle segnalazioni non è seguito alcun accertamento da parte dell’Agenzia delle entrate e, dunque, non è corrisposto alcun rientro.

Figura 2 – Comuni attivi per numero di anni di attività

Fonte: nostre elaborazioni su dati Agenzia delle entrate.

Due effetti rilevanti

L’attività di segnalazione è, dunque, quasi completamente assente nelle regioni del Sud. Che non si tratti solo dell’effetto “Sud”, cioè di una minore proficuità comparata dovuta ai bassi importi recuperabili o alla scarsa qualità delle segnalazioni da parte delle amministrazioni meridionali, lo dimostra l’eccezione della Sicilia, dove la buona collaborazione con l’Agenzia ha dato i suoi frutti. È piuttosto evidente, infatti, che laddove la collaborazione tra Agenzia, comuni e altri enti (come le regioni, le province, l’Anci e l’Ifel) è stata maggiore, gli enti locali hanno aderito di più a questa attività, mentre sono stati meno attivi laddove la cooperazione è stata più debole.

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Ben al di là degli importi recuperati, molto più rilevante dal punto di vista sociale è l’effetto “apprendimento” fatto registrare dalle amministrazioni che hanno partecipato all’attività per un numero elevato di anni. Infatti, gli accertamenti effettuati sulle segnalazioni inviate tra il 2009 e il 2010 hanno portato in media a 12.100 euro di maggior imposta accertata per accertamento, mentre quelli effettuati sulle segnalazioni inviate nel 2014-2015 a circa 41.500 euro.

Vi si accompagna poi l’effetto “deterrenza”, dato da un più elevato incremento dei redditi dichiarati dai contribuenti nei comuni che hanno preso parte a questa attività rispetto agli altri. Ciò è dovuto sia all’effetto sugli anni successivi della scoperta della ricchezza evasa tramite le segnalazioni inviate dagli enti, sia all’effetto di deterrenza sugli evasori, provocato dal rafforzamento delle attività intraprese per contrastare il fenomeno dell’evasione.

L’attuazione di questa politica dal 2009 al 2015 ha dunque dimostrato che la collaborazione nella lotta all’evasione tra l’Agenzia delle entrate e i comuni può portare a interessanti risultati, sia per quanto riguarda il gettito recuperato, ma soprattutto per gli effetti di apprendimento e deterrenza generati in quelli più attivi.

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