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Non solo quota 100: il prezzo delle modifiche alle pensioni

Quanto pesano sul bilancio dello stato i provvedimenti della legge 26/2019? Quota 100 è una misura temporanea, che aumenta il debito pensionistico. Il blocco dell’adeguamento automatico delle condizioni di anzianità contributiva è invece strutturale.

Non c’è solo quota 100 nella legge 26/2019

Quanto costa quota 100 al bilancio dello stato? E, soprattutto, a quanto ammonteranno i risparmi dovuti al fatto che finora ha usufruito del provvedimento un numero di persone minore del previsto? Una risposta a queste domande sarà cruciale, non solo per gli equilibri pensionistici, ma soprattutto per capire quali spazi di manovra fiscali avrà il nuovo esecutivo in autunno. Stretto tra impegni di abbassamento del cuneo fiscale e clausole di salvaguardia dell’Iva, è evidente che qualche miliardo di spesa in meno dal lato pensionistico fornirebbe un’importante boccata d’ossigeno per far quadrare i conti pubblici.

In un contesto così delicato, non stupisce che la pubblicazione del Rapporto annuale della Ragioneria generale dello Stato sulle tendenze di medio-lungo termine della spesa sociale abbia suscitato una vivace discussione. In particolare, è stata contestata dal ministero dell’Economia la ricostruzione giornalistica in base alla quale la Ragioneria (che del ministero fa parte) avrebbe stimato in 63 miliardi di euro il costo dell’operazione, da oggi fino al 2036.

Per fare chiarezza, oltre che del Rapporto della Ragioneria, è opportuno tenere conto anche della relazione tecnica della legge 26/2019, che ha istituito quota 100. È un documento che accompagna sempre le leggi di spesa e deve fornire una quantificazione della variazione nelle uscite e nelle entrate pubbliche attese a seguito di un provvedimento proposto all’approvazione del Parlamento. La legge 26/2019 contiene numerosi interventi sulla normativa pensionistica. Tra questi, oltre a quota 100, quello che determinerà il maggior impegno finanziario per lo Stato è il blocco dell’adeguamento automatico delle condizioni di anzianità contributiva fino al 2026. Ma vi trovano spazio anche il finanziamento temporaneo dell’Ape sociale, quello dell’opzione donna, quello relativo ai lavori usuranti, quello sull’anticipo del trattamento di fine servizio.

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Concentriamoci sui primi due, che hanno natura completamente diversa.

Un provvedimento temporaneo e uno strutturale

Quota 100 potrà essere esercitata fino al 2021. Si tratta dunque di un provvedimento temporaneo. I suoi effetti sulla cassa del bilancio pubblico saranno evidenti soprattutto nel breve termine. Infatti, concede a un gruppo relativamente ristretto di lavoratori la possibilità di anticipare il pensionamento fino a 5 anni rispetto all’uscita per vecchiaia. L’importo della pensione per chi anticipa sarà inferiore rispetto a quanto il medesimo individuo avrebbe maturato restando più a lungo sul mercato del lavoro. Gli effetti sul bilancio pubblico saranno quindi negativi nei primi anni, poiché il numero delle pensioni e, di conseguenza, la spesa pubblica aumentano.

Tuttavia, passati i primi anni, il provvedimento provoca una riduzione della spesa perché l’importo dell’assegno dei quotisti è inferiore. In un sistema come quello contributivo, la somma delle maggiori spese iniziali e dei risparmi successivi tende a essere pari a zero. Nel caso di quota 100, la presenza di una componente non equa dal punto di vista attuariale per i neopensionati, rende l’operazione costosa per il bilancio pubblico in un’ottica di lungo periodo. Diremmo altrimenti che aumenta il debito pensionistico.

Il blocco dell’adeguamento del requisito di anzianità contributiva alle variazioni della speranza di vita è invece una modifica che avrà effetti strutturali. Il mancato irrigidimento dei requisiti di uscita tra il 2019 e il 2026 renderà possibile, per tutti i lavoratori futuri, un accesso al pensionamento in anticipo rispetto a quanto previsto prima dell’approvazione del provvedimento. In altri termini, tutti gli incrementi nel requisito contributivo per accedere al pensionamento attesi tra il 2019 e il 2026 non verranno più recuperati, anche se in seguito il meccanismo riprenderà a funzionare. Dunque, il numero di nuovi pensionati sarà sempre maggiore rispetto a quanto atteso prima dell’approvazione della legge.

Torniamo ora alla relazione tecnica. Curiosamente gli effetti finanziari di quota 100 sono presentati insieme a quelli relativi al mancato adeguamento dei requisiti contributivi. È però possibile scorporare i due effetti, come facciamo nella figura sotto, che conferma la dinamica differente delle due modifiche normative.

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Figura 1 – Effetti finanziari

Fonte: elaborazioni dalla Relazione tecnica di accompagnamento alla legge 26/2019

Arriviamo ora ai dati della Ragioneria generale dello stato. Con qualche semplificazione, potremmo dire che estendono nel medio-lungo termine, con un modello di stima probabilistico, le previsioni della relazione tecnica. I 63 miliardi di maggiore spesa per pensioni, o meglio lo 0,2 per cento medio del Pil per il periodo 2019-2036, sono riferiti alla somma dei provvedimenti finanziari contenuti nella legge 26/2019. Leggendo con attenzione il testo del rapporto, peraltro, si trova conferma che l’impegno finanziario dell’insieme dei provvedimenti sarà più forte nel breve termine, raggiungerà un massimo di 0,7 per cento del Pil nel 2022, e poi diminuirà nel tempo.

Quali sono dunque le conclusioni da trarre? I numeri della Ragioneria, rispetto a quelli della Relazione tecnica, aggiungono informazioni sugli effetti di medio-lungo termine del complesso dei provvedimenti pensionistici contenuti nella legge 26/2019.

Da questo punto di vista, è interessante notare come l’insieme dei provvedimenti adottati nel corso della precedente sessione di bilancio si caratterizzino, ancora una volta, per la loro miopia e per il fatto di tenere in maggior conto il benessere (e le pensioni) delle generazioni che si sono già ritirate dal mercato del lavoro o che lo faranno a breve, rispetto a quelle dei giovani e di coloro che andranno in pensione nei prossimi decenni.

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  1. Savino

    Il problema è che la volontà della stragrande maggioranza degli italiani sta proprio nella miopia politica e per il fatto di tenere in maggior conto il benessere (e le pensioni) delle generazioni che si sono già ritirate dal mercato del lavoro o che lo faranno a breve, rispetto a quelle dei giovani e di coloro che andranno in pensione nei prossimi decenni. A novembre, pateticamente, i sindacati dei pensionati sono già in lotta contro i provvedimenti per gli asili nido e per l’aumento delle loro pensioni. Insomma, solo in Italia si sciopera contro i giovani e da agguerriti antagonisti in dentiera.

  2. Alberto Lusiani

    Suggerisco di indicare cosa viene riportato nell’asse delle ordinate del grafico.

  3. Henri Schmit

    Per quanto l’analisi sia ampiamente condivisa fra i lettori di questo forum, non si può insistere abbastanza sull’errore, lo spreco e l’inganno di questa misura. Come dopo un incidente o un fatto doloso è importante per l’opinione pubblica e per le vittime stabilire con esattezza i danni e individuare i colpevoli, anche qua bisogna insistere e stigmatizzare il caso. Solo così si evitano altre contro-riforme elettoralmente strumentali e collettivamente dannose. Il paese e gli attori politici sono talmente cinici che preferiscono passarci sopra e dimenticare, perché intanto più o meno tutti creano il consenso in questo modo.

    • Savino

      Valutare il danno, individuare i colpevoli (Perchè continuare a pagare le pensioni dallo stesso calderone INPS che attinge dai lavoratori attivi? Perchè non creare un salvadanaio contributivo del lavoratore? Perchè pagare le pensioni per il peso del ruolo che si è avuto in carriera e non per il necessario del sostentamento da anziano? Perchè continuare a tenere uniti previdenza ed assistenza?) ed evitare la beffa, poichè già la discontinuità delle carriere lavorative di oggi e di domani sta lasciando il segno.

  4. Luigi Musolla

    il grafico si commenta da sè: in anni di tensioni finanziarie nelle quali sarebbe stato utile investire miliardi a favore della riduzione del cuneo fiscale (ad es) , grazie all’insistenza di quel poveretto che fortunatamente si è suicidato politicamente abbiamo fatto andare in pensione gente che aveva un lavoro (la stragrande maggioranza dei beneficiati dalla quota 100)e che poteva lavorare ancora qualche anno senza morire. quella bella gobba che vedete nel grafico sulla parte sx sono tutti miliardi che potevano aiutare l’Italia in questi anni. non mi sembra ci sia molto altro da commentare.

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