Nuove direttive dei regolatori e obiettivi di rischio e redditività spingono le banche a migliorare il processo di valutazione degli immobili, grazie anche alla tecnologia. Mentre cresce l’attenzione sugli effetti dei cambiamenti climatici.
La pressione dei regolatori
Le interrelazioni fra banche e settore immobiliare sono molto strette e le cifre in gioco sono ingenti, come abbiamo visto in un recente contributo. I regolatori si sono resi conto di quanto sia importante che queste relazioni garantiscano stabilità al sistema finanziario e non generino impulsi di crisi come è purtroppo accaduto coi mutui sub-prime negli Usa, per non parlare del contributo al deterioramento del credito del sistema bancario italiano nel 2008-2015. Non sono quindi rimasti a guardare, anzi hanno innalzato l’attenzione sul rischio immobiliare nell’industria bancaria.
Nel 2016 Banca d’Italia ha regolamentato la materia mediante un aggiornamento della circolare 285, che contiene prescrizioni puntuali per assicurare una corretta determinazione del valore degli immobili e utilizzarla come strumento di mitigazione del rischio. Negli ultimi due anni, la European Banking Autority si è spinta oltre, definendo un nuovo approccio che fa leva sul rafforzamento del ruolo delle garanzie immobiliari nel processo del credito. Nell’ambito di normative di più ampio respiro, l’Eba ha infatti dedicato al tema capitoli monografici che enfatizzano aspetti quali la governance, i processi organizzativi e le procedure IT oltre che la qualità del dato immobiliare; le sue linee guida si applicano sia al credito deteriorato che alla nuova concessione e al monitoraggio del credito.
Come gestire il rischio immobiliare in modo proattivo
Le novità in materia di regolazione possono e devono divenire l’opportunità per migliorare l’efficienza dell’intera catena del valore del credito bancario. La valutazione immobiliare ha impatti su tutte le sue fasi e, viste le pressioni competitive e di politica monetaria che comprimono tassi di interesse e redditività, è necessario che il management bancario abbia profondità di visione e costruisca (o consolidi) il governo del patrimonio immobiliare a garanzia dei finanziamenti, mediante investimenti organizzativi e informatici. Da un lato, è necessario conseguire efficienza e standardizzazione nelle metodologie e nella periodicità della valutazione immobiliare. Dall’altro, è opportuno che le banche costituiscano una cabina di regia in grado di controllare le società peritali specializzate nella determinazione dei valori. Un aspetto tutt’altro che secondario per Banca d’Italia, che attribuisce agli istituti la responsabilità dell’intero processo di concessione del credito, anche laddove le relative valutazioni immobiliari siano effettuate da società o professionisti esterni.
I crescenti investimenti in Ict (tecnologie dell’informazione) e digitalizzazione sono a detta di tutti l’autentica condizione indispensabile per sopravvivere nel lungo periodo. Considerata l’evoluzione digitale dei processi creditizi, le banche italiane hanno la possibilità di raccogliere in modo sistematico i dati immobiliari e di utilizzare i nuovi modelli di valutazione automatizzata (Automated Valuation Models), che forniscono il più probabile valore di mercato delle garanzie e il relativo intervallo di confidenza. Tali strumenti innovativi possono conferire al management una visione costantemente aggiornata del valore delle garanzie oltre che proiezioni future e stress test, con evidenti benefici sul governo del rischio di credito e ottimizzazione del capitale prudenziale assorbito. La partita è ancora aperta e l’utilizzo di big data e advanced analytics è fortemente auspicato dall’Eba.
Da amici ad alleati
Il crescente favore dell’opinione pubblica verso la green economy influirà sul rapporto tra banche e settore immobiliare: in passato, le banche finanziavano senza discriminare fra differenti attori, mentre la sostenibilità ambientale e climatica determinerà un nuovo modo di fare banca (cosiddetto “mutuo green”), anche in chiave di minimizzazione del rischio prospettico negli immobili. Il cantiere è appena avviato: i risvolti sulla valutazione immobiliare del cambiamento climatico sono tutt’altro che banali e richiedono un’attenta analisi e l’impiego di appropriati algoritmi. Sarà inevitabile chiedersi quale sia l’impatto sui valori immobiliari (e quindi dei collaterali) della crescente probabilità di alluvioni ed esondazioni o di “acqua alta” in specifiche aree urbane o rurali o quale sia il rischio di un mutuo concesso per l’acquisto di case in zone montane dove l’innevamento naturale diventa sempre più breve e aleatorio.
A tutto ciò va aggiunto che il real estate sta acquistando ulteriore rilevanza per le banche per gli effetti positivi a bilancio che è in grado di generare. Gli istituti sono infatti proprietari di ingenti patrimoni immobiliari strumentali e, dalla loro rivalutazione ai valori correnti, derivano spesso importanti plusvalenze, sempre apprezzate dagli azionisti.
Chi ha da guadagnarci di più dall’alleanza? Difficile dirlo. Forse il settore bancario, dato che i momenti più turbolenti nel rapporto sono alle spalle (figura 1). Un proverbio persiano raccomanda: “Cura le cose piccole e quelle grandi verranno a cercarti”. In uno scenario così fluido, anche alla luce della ripresa delle aggregazioni bancarie, curare il credito immobiliare può davvero aprire la strada a grandi risultati.
Figura 1 – Indicatori di vulnerabilità delle banche derivante dal mercato immobiliare (dati trimestrali; valori percentuali)
Fonte: Banca d’Italia, Rapporto sulla stabilità finanziaria 2/2019, figura 1.7
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Henri Schmit
Non convince l’approccio tecnico-contabile: formazione funzionari, strumenti IT, valutazioni più frequenti, automated valuation models, proiezioni future, stress test etc. Sono cose ovvie o di puro fumo. Non è il gergo inglese a cambiare le cose. Bisogna liberalizzare il mercato degli immobili e quello dei mutui! Perché Bankit contesta il ruolo indispensabile dei valutatori professionali? Le banche sono responsabili delle valutazioni delle loro garanzie, ma per immobili si appoggiano su valutazioni esterne, alcune obbligatorie. Questo ha creato una categoria professionale “indipendente” che spesso fa le valutazioni che il cliente chiede. Allo scoppio della crisi gli abusi sono venuti a galla. Ma perché una banca accetta (o chiede!) una valutazione troppo alta? Il suo interesse è l’opposto! Dovrebbe scegliere i valutatori più critici. Perché (in Italia) è avvenuto l’opposto? Chiediamolo a Bankit e alle banche! Le soluzioni non sono ritocchi tecnico-contabili ma devono essere strutturali. Bisogna guardare la CH, rendere gli immobili più mobili (cessioni e procedure esecutorie facili), favorire valutazioni terze libere, quindi severe per le banche. In CH c’è un mercato dei mutui ipotecari di primo grado risk-free fino al 50% dei beni a tassi d’interesse irrisori con rimborso capitale a scadenza; secondi mutui subordinati, quota secondo le capacità del debitore, tassi correlati, rimborso continuo, rischio valutato dalla banca. L’opposto della ricetta dell’articolo e di Bankit!