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Le donne hanno pensioni più basse. Ma spesso non lo sanno

Le differenze di genere sul mercato del lavoro si riflettono anche sulle pensioni, che per le donne sono più basse. È l’effetto di carriere più brevi e stipendi inferiori a quelli degli uomini. Diventa perciò essenziale una corretta informazione.

Pensioni diverse per uomini e donne

Un recente rapporto della Commissione europea rivela che le pensioni maschili sono circa il 40% più alte di quelle femminili e che ci sono forti differenze tra i paesi. Ci sono per esempio punte del 45-46 per cento in Olanda e Germania e soglie al di sotto del 15 per cento in vari stati dell’Est europeo. L’Italia è intorno al 36 per cento, vicino ad altri paesi del Sud Europa.

Perché queste differenze tra le pensioni degli uomini e delle donne? Una delle ragioni più importanti risiede nei comportamenti nel mercato del lavoro. In Italia, in particolare, un numero inferiore di donne lavora. E quando lavorano lo fanno per un minor numero di anni nell’arco della vita e più spesso in part time. Le differenze di genere sul mercato del lavoro si riflettono nelle pensioni: carriere più brevi e salari femminili più bassi di quelli maschili diventano pensioni più basse per le donne.

La nascita dei figli ha poi un impatto molto negativo sulle carriere e di conseguenza sui guadagni. In Italia circa una donna su tre lascia il lavoro dopo la nascita del primo figlio (Istat 2015) e questo ha effetti molto significativi sui salari. I dati Inps mostrano che l’80 per cento dei congedi parentali è ancora utilizzato dalle donne e che la maternità comporta forti penalizzazioni in termini di reddito e carriera.

Il problema è diventato particolarmente acuto con il metodo di calcolo contributivo dell’attuale sistema pensionistico italiano: la pensione è strettamente legata ai contributi pagati durante la vita lavorativa. Tutti gli ostacoli e gli svantaggi incontrati dalle donne nel corso della vita lavorativa si riflettono in pensioni meno generose. In più, le donne vivono più a lungo degli uomini (quelle italiane arrivano mediamente a 85,2 anni, mentre gli uomini non superano gli 80,8) e quindi pensioni poco generose rappresentano un rischio elevato per la loro sostenibilità finanziaria.

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L’importanza dell’informazione

Il sistema pensionistico italiano è complesso: la formula di calcolo del beneficio, le condizioni per il raggiungimento della pensione non sono di immediata comprensione. Anche il susseguirsi di cambiamenti non aiuta. Per esempio, l’età di pensionamento delle donne è aumentata a 67 anni, alla pari di quella degli uomini, mentre per anni era stata inferiore.

In questo scenario, una corretta informazione diventa essenziale, soprattutto per le donne che rischiano di ritrovarsi con pensioni più basse degli uomini e con un significativo spostamento in avanti dell’età di pensionamento. Eppure, le donne sono le meno informate, soprattutto per la loro scarsa conoscenza in tema di educazione finanziaria, hanno nozioni sul sistema pensionistico meno precise degli uomini e, in generale, sono meno preparate a compiere scelte di pensionamento consapevoli.

Dal 2016, attraverso il suo sito, l’Inps informa i lavoratori sull’evoluzione della loro pensione: è possibile conoscere la data del pensionamento, il tasso di sostituzione e gli scenari possibili a seconda del percorso di carriera del lavoratore. Tuttavia, l’informazione non è sempre facilmente fruibile, soprattutto per le donne con scarse conoscenze finanziarie e pensionistiche.

L’informazione può rappresentare una politica importante – e poco costosa – per migliorare il gender gap pensionistico? Se riesce ad accrescere la conoscenza delle donne sul funzionamento del sistema pensionistico e la loro consapevolezza di come le scelte di lavoro e di risparmio contribuiscono a determinare la loro stessa pensione in età anziana, la risposta non può che essere affermativa.

Non sono molti gli studi che esplorano questa domanda. Per capire se l’informazione può essere efficace per le scelte di pensionamento delle donne e quindi per ridurre il divario di genere pensionistico, abbiamo condotto uno studio presso il collegio Carlo Alberto in collaborazione con il dipartimento Pari opportunità, nell’ambito del progetto europeo Clear.

Abbiamo disegnato un esperimento casuale su un campione di 1249 donne diviso in due gruppi: il gruppo trattato ha ricevuto informazioni rilevanti per la propria pensione sul funzionamento del mercato del lavoro, del sistema pensionistico e del risparmio; il gruppo di controllo non ha ricevuto nessuna informazione. L’informazione è stata data attraverso un tutorial on-line. L’analisi dei risultati, ancora in corso, ne conferma l’importanza. L’informazione ha ridotto la percezione delle intervistate di avere una pensione adeguata a mantenere lo stile di vita desiderato e ha aumentato l’interesse a ottenere maggiori notizie sulle pensioni future. Anche l’informazione fornita dal sito Inps è importante per le intervistate: le donne che lo hanno consultato sono intenzionate a risparmiare di più, hanno nozioni più accurate sul funzionamento del sistema pensionistico e sono interessate ad averne di ulteriori.

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  1. Gaetano Proto

    La figura 1, che confronta pension gap e gender gap nel 2017 (questo è il il titolo completo), è tratta da https://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/BRIE/2019/631033/IPOL_BRI(2019)631033_EN.pdf . L’Italia peraltro risulta esattamente in linea con la media europea (36%), più che con “altri paesi del Sud Europa”, come mostra il grafico stesso. Il riferimento alla “sostenibilità finanziaria” per le pensioni relativamente basse delle donne non è chiaro: il problema che si pone è della loro adeguatezza e non della loro sostenibilità come la si intende comunemente. Peraltro, tra tutti gli svantaggi che effettivamente pesano sulle donne almeno un vantaggio c’è, ed è che la speranza di vita sulla cui base viene determinata la rata di pensione spettante nel sistema contributivo si calcola congiuntamente per donne e uomini. Quindi non tiene conto della maggiore speranza di vita delle prime, che comporterebbe una rata di pensione più bassa a parità di montante contributivo.

  2. Botrero

    Le donne vivendo di più prendono anche la pensione del marito che “se ne va” prima anche di parecchi anni.
    Leggendo dal sito:
    https://www.itinerariprevidenziali.it/site/home/ilpunto/il-punto-di-vista/pensioni-una-questione-di-genere.html, si apprende che:
    Sul totale delle prestazioni corrisposte – previdenziali, assistenziali e indennitarie – nel 2021 le donne hanno percepito un reddito pensionistico annuo medio pari a 16.501 euro contro i 22.598 euro degli uomini. Un divario che trova dunque reale riscontro nei numeri ma del quale, spesso, non vengono analizzate a fondo le motivazioni, dando spazio a una narrazione imprecisa.
    Innanzitutto, le pensionate registrano un maggior numero di prestazioni pro capite, in media 1,50 a testa contro le 1,32 degli uomini. Le donne rappresentano il 58,5% dei titolari di 2 pensioni, il 68,6% dei titolari di 3 pensioni e il 70,2% dei percettori di 4 e più trattamenti…. e prevalgono nel caso di pensioni ai superstiti (circa l’87%), pensioni di vecchiaia (62%) e trattamenti assistenziali (59%).
    Attenzione ai falsi miti che provengono da conti spicci senza tenere conto delle motivazioni reali.

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