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La stabilità finanziaria richiede solidarietà in Europa

La crisi sanitaria può trasformarsi in una recessione globale e minare la stabilità finanziaria. Serve una immediata risposta europea, con la costruzione di sistema di assicurazione comune e reciproca, che aiuti le imprese a superare il momento critico.

Il rischio sistemico dovuto al coronavirus

Dall’inizio dell’anno Covid-19, un nuovo virus, si sta diffondendo a livello globale, creando la percezione di una pandemia incontrollata che potrebbe cambiare le nostre vite. La conseguente riduzione dell’attività economica in tutto il mondo minaccia di causare una recessione globale e di danneggiare la stabilità finanziaria. Diversi governi hanno imposto norme rigorose per evitare contatti non necessari con persone già infette, per proteggere le fasce vulnerabili della popolazione. Ciò ha portato alla chiusura di scuole, università e aziende, gettando un’ombra sulla situazione internazionale come non si vedeva da decenni.

Le implicazioni per l’attività economica – produzione e, su scala crescente, consumo – sono gravi. Una volta esaurite le scorte, la produzione dovrà rallentare, con conseguenze a catena su tutta la filiera produttiva. Il settore dei servizi è tra i più colpiti, in particolare turismo e intrattenimento. L’ansia tra i consumatori condizionerà pesantemente il consumo individuale e di conseguenza i ricavi delle imprese.

Contrariamente al crollo del mercato finanziario del 2008, il settore reale è stato colpito a livello globale, a causa dell’elevato grado di interconnessione della produzione e della distribuzione in tutto il mondo. L’interruzione dell’attività economica all’inizio causa problemi di liquidità a privati, imprese e banche, ma presto la loro interconnessione potrebbe trasformare il problema di liquidità in un problema di solvibilità per le ultime due categorie.

Con una riduzione dei flussi di cassa, le aziende avranno infatti difficoltà a pagare i propri fornitori e i dipendenti ma anche a ripagare i prestiti delle banche, anche quando i loro modelli di business sono solidi. Tuttavia la caduta della produzione indotta dal coronavirus è un evento temporaneo e non uno dirompente e di lungo termine come la crisi finanziaria del 2008: una volta che l’epidemia si sarà fermata, è probabile che i guadagni ritornino ai livelli normali. In un mondo ideale, dunque, l’epidemia dovrebbe dar luogo a un problema di liquidità, non di redditività a lungo termine per le imprese. In realtà, però, le informazioni si diffondono in modo imperfetto e alcune aziende possono vedersi negato l’accesso ai finanziamenti; la riduzione della liquidità si trasforma così in un problema di solvibilità, fino a causare il fallimento di imprese che pure sono redditizie.

In Europa, le banche sono i principali creditori e dovrebbero creare accantonamenti per coprire eventuali perdite sui crediti, con riflessi sulla loro adeguatezza patrimoniale. Lo stiamo già vedendo in Italia, dove le banche hanno iniziato a concedere moratorie sui prestiti in essere, per evitare il default delle imprese. Tuttavia, il contagio potrebbe allargarsi ai governi che cercano di offrire un piano di salvataggio alle banche (oltre al sostegno diretto a imprese e privati). Se un paese ha già elevati livelli del debito sovrano, anche la sua capacità di finanziamento è limitata e si potrebbe innescare una spirale perversa tra rischio sovrano, rischio bancario e ancora rischio sovrano (doom loop) come nel 2011.

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La situazione creata del virus non è paragonabile alla crisi dell’euro del 2011, perché la crisi di oggi è dovuta a uno shock esogeno e ciò dovrebbe ridurre le preoccupazioni di azzardo morale. Tuttavia la potenziale situazione di crisi nel sistema bancario potrebbe essere esacerbata anche dal comportamento dei correntisti. In assenza di un’assicurazione sui depositi europea credibile, potrebbero esserci dubbi sulla capacità di resistenza del sistema bancario e ciò potrebbe causare una corsa agli sportelli (bank run).

La risposta che l’Europa deve dare

Per tutte queste ragioni, la crisi sanitaria potrebbe trasformarsi in una vera e propria crisi bancaria. L’epidemia di coronavirus crea dunque un rischio sistemico, che potrebbe evolvere persino in un fenomeno globale. Lo si può contrastare solo dando il via a una forma di regime di assicurazione comune e reciproca, che permetta di compensare le imprese per le carenze di flusso di cassa indotte dalla crisi (e non da pregressi problemi propri) e che quindi limiti (o eviti) gli effetti a catena su produzione, consumo, attività bancaria e rischio sovrano.

È necessario un intervento urgente a livello europeo, perché la realizzazione di una assicurazione comune è di sicuro complessa. Se il tentativo fallisce, è molto probabile che ben presto ci troveremo di fronte a una nuova crisi finanziaria. Ma, se ben gestita, questa azione comune di “solidarietà” europea può portare a una condivisione del rischio che renda sostenibile l’Unione bancaria europea e mantenga la solidarietà senza azzardo morale.

I governi hanno già avviato azioni politiche e finanziarie per stabilizzare l’economia. Vari paesi – e le loro banche centrali – lavorano a misure volte a mitigare i danni per la crescita globale. La Banca centrale europea ha appena adottato provvedimenti per mantenere la necessaria liquidità sui mercati e si è dichiarata disponibile a usare la massima flessibilità, ma ha sottolineato la necessità di misure fiscali forti e coordinate da parte di governi nazionali e istituzioni europee.

La nostra analisi suggerisce un’azione fiscale congiunta, lasciando un ruolo più limitato alla politica monetaria (per esempio, l’acquisto di titoli sovrani per ridurre il costo del finanziamento dei diversi stati europei). Di fronte all’incombente insolvenza di imprese e privati, è improbabile che strumenti monetari come i tassi di interesse o gli acquisti di attività siano in grado di risolvere da soli il problema, dato che la crisi di liquidità si accompagna alla necessità delle banche di soddisfare i requisiti di capitale.

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Quello di cui c’è assoluta necessità in questo momento è un intervento rapido e mirato che garantisca liquidità alle imprese che devono far fronte a interruzioni della produzione e della loro catena di approvvigionamento e a quelle che si trovano affrontare un repentino calo della domanda. L’attuale sfida per l’Europa ha due dimensioni: trovare strumenti adeguati per misurare rapidamente la carenza di flussi di cassa a livello aziendale e trovare un modo per incanalare fondi verso le persone, le imprese e le banche interessate.

Un modo collaudato e affidabile per raggiungere le aziende in modo diretto e mirato è attraverso i sistemi Kurzarbeit, che sono ben consolidati in Germania e che corrispondono alla cassa integrazione in Italia. In tali sistemi le imprese con carenze di liquidità possono esternalizzare temporaneamente parte dei salari, oltre all’assicurazione contro la disoccupazione, finanziata con contributi previdenziali. Pertanto, per un periodo limitato, vi è la condivisione del rischio di occupazione tra i lavoratori. A livello europeo tale sostegno potrà essere concordato solo se si riesce a evitare l’azzardo morale, in altre parole se si riesce a evitare che imprese già vicine al fallimento (zombie firms) ne approfittino per ricevere i sussidi: è una condizione preliminare affinché il sistema sia economicamente efficiente e politicamente accettabile. Un indicatore oggettivo per concedere i sussidi potrebbe essere il pagamento dell’Iva nell’anno precedente: in questo modo si eviterebbe di finanziare le imprese decotte e quelle che nel passato poco hanno contribuito alle entrate dello stato magari perché evasori.

Le banche di sviluppo statali in Europa possono fungere da canali per raggiungere le imprese ammissibili, come già sta facendo in Italia la Cassa depositi e prestiti. Le istituzioni finanziarie sovranazionali, in particolare la Banca per gli investimenti europei e la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, attraverso il loro accesso alle banche e ai mercati dei capitali in tutta Europa, possono fornire i finanziamenti necessari. Il sistema, se applicato con successo, si configura come un ponte per affrontare il periodo di crisi, in modo da aiutare le imprese colpite ed evitare le inefficienze e la perdita di competenze e competitività dell’Europa che inevitabilmente si verificherebbe qualora queste imprese, in un breve periodo di tempo, fossero costrette al fallimento.

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  1. Federico Leva

    Una proposta ragionevole: puntare all’assegno di disoccupazione europeo o agli eurobond è forse troppo, ma una cassa integrazione europea potrebbe essere un primo passo per ridurre l’impatto degli shock asimmetrici e dei doom loop. Un po’ come i TLTRO e gli APP incentrati sulle obbligazioni private, inoltre, può essere venduta all’opinione pubblica tedesca come un modo per lasciare nel loro brodo i bilanci statali ad alto deficit ma sostenere le imprese che fanno parte della supply chain tedesca.

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