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Quali strumenti scegliere per frenare la crisi

Per contrastare la rapida caduta della domanda e dell’offerta è meglio utilizzare la spesa pubblica finanziata attraverso l’emissione di moneta o i trasferimenti di moneta ai privati? Dipende dagli effetti redistributivi e dalla fase economica.

Tra debito europeo ed espansione monetaria

Gli effetti economici del coronavirus provengono sia dal lato della domanda che da quello dell’offerta aggregata. Quello di offerta è immediato e implica una riduzione della produzione e delle vendite. L’effetto di domanda è più lento ad arrivare, ma generalmente più prolungato. Entrambi generano una riduzione dell’occupazione, dei redditi, del consumo e del benessere.

Quali sono le politiche da usare nell’emergenza?

La tassazione non può essere la soluzione. L’austerità non può essere praticata in tempi di recessione. Far aumentare i debiti pubblici dei paesi più colpiti potrebbe al contempo minare l’esistenza stessa dell’euro e richiedere a fine emergenza politiche di consolidamento fiscale che gli stessi paesi non sarebbero in grado di sostenere. Il Quantitative Easing della Banca centrale europea aiuta a ridurre gli spread e l’onere dei debiti, ma non può evitare un aumento del rapporto tra debito pubblico e Pil. Da varie parti sono stati proposti Eurobond perpetui o a lunghissima scadenza, garantiti dalla Bce, per finanziare un programma di spesa europeo e tenere sotto controllo i debiti pubblici nazionali. Altri suggeriscono di finanziare i trasferimenti alle aziende in difficoltà direttamente con moneta emessa dalla Banca centrale, oppure di mandare direttamente assegni della Banca centrale a tutti i cittadini europei (helicopter money). Si tratta di due forme differenti di stimolo consentito dall’espansione monetaria.

Confronto tra politiche finanziate con moneta

Con il termine helicopter money si intende l’accredito di denaro contante della banca centrale direttamente sui conti correnti privati (di imprese e famiglie). In alternativa, la banca centrale può anche scegliere di finanziare i consumi e gli investimenti pubblici invece che privati: si parla, in questo caso, di spesa pubblica finanziata con moneta.

L’efficacia relativa delle due politiche cambia a seconda della fase del ciclo economico. Come sottolineato in un recente articolo, la propagazione di uno shock di spesa pubblica finanziato con moneta, così come di trasferimenti monetari, dovrebbe tenere conto della disuguaglianza economica e delle diverse possibilità di accesso al credito di famiglie e imprese, in particolare quando i tassi nominali sono prossimi al limite inferiore dello zero.

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In periodi di recessione caratterizzati da forte calo della domanda aggregata e da tassi nominali prossimi al limite inferiore dello zero, la spesa pubblica finanziata con moneta si rivela lo strumento più efficace. I fattori chiave dietro la sua efficacia sono: i) la capacità di influenzare direttamente la domanda aggregata; ii) l’iniezione di liquidità che accompagna la spesa pubblica che genera aspettative al rialzo dell’inflazione. Con tassi nominali prossimi a zero un aumento delle aspettative di inflazione è auspicabile perché fa diminuire i tassi di interesse reali che non sono altro che la differenza tra tassi nominali e inflazione attesa. La diminuzione dei tassi di interesse reali allenta i vincoli di liquidità del sistema finanziario e agevola il credito al consumo e alla produzione riducendone il costo. L’aumento dell’inflazione riduce il valore reale dei debiti privati redistribuendo reddito dai creditori ai debitori e contribuendo così ulteriormente a espandere la domanda via canale del credito al consumo e alla produzione. Inoltre, un allentamento dei vincoli di liquidità porta le famiglie a più basso reddito – e quindi con propensione marginale al consumo più alta – a spendere di più.

Al contrario, i trasferimenti monetari vanno ad aumentare i redditi di famiglie e imprese e non si traducono in un aumento immediato della domanda aggregata. Infatti, in parte vengono spesi e in parte risparmiati: famiglie e imprese a basso reddito e con bisogno di liquidità li utilizzano tutti, mentre quelle con redditi più elevati e maggiore accesso al credito aumentano i risparmi. L’effetto sulla domanda aggregata è quindi più contenuto e non è in grado di generare aspettative di inflazione che superino l’effetto deflazionistico iniziale causato dalla recessione. I tassi di interesse reali aumentano, invece di diminuire, e lo stimolo produce un moltiplicatore più basso, che rende la politica dei trasferimenti meno efficace della spesa pubblica finanziata con emissione di moneta.

Perché ora è meglio la spesa pubblica finanziata con moneta

Riassumendo, la spesa pubblica finanziata con moneta è lo strumento più efficace quando si verificano tre condizioni: a) tassi di policy bloccati o prossimi a zero; b) forte calo della domanda aggregata; c) i vincoli di liquidità sui mercati finanziari stringenti.

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Si potrebbe discutere se queste condizioni siano oggi presenti, visto che gli effetti economici diretti del coronavirus provengono in primo luogo dal lato dell’offerta. L’effetto dal lato della domanda però è già arrivato e, tra i due, sarà il più prolungato nel tempo. Il pericolo all’orizzonte non è l’inflazione, semmai la deflazione, e i tassi di interesse attuali sono già a zero, se non sotto. Interventi massicci di spesa in settori specifici della nostra economia e investimenti pubblici sono quindi non solo opportuni ma necessari; e se finanziati con moneta saranno ancora più espansivi nel breve-medio periodo. Non bisogna trascurare poi che, sebbene i trasferimenti ai privati siano necessari nell’immediato per fornire la liquidità mancante a famiglie e imprese, misure ulteriori potrebbero rivelarsi inefficaci per la forte incertezza sul futuro dell’economia e potrebbero tradursi in un aumento del risparmio precauzionale più che in una crescita della domanda. In situazioni di incertezza, la spesa pubblica si rivela quindi ancora la misura più efficace.

Le istituzioni europee impediscono oggi di pensare a politiche finanziate con moneta, anche se non farebbero aumentare i debiti pubblici degli stati e non creerebbero debito comunitario. Una politica di questo tipo non è ammessa per statuto da molte banche centrali, compresa la Bce perché ne minerebbe l’indipendenza e contravverrebbe il suo mandato. Si può sostenere, però, che se la Bce decidesse in autonomia di fornire liquidità a misure ben definite e ristrette al periodo di emergenza, la sua indipendenza e la sua stessa credibilità sarebbero comunque preservate.

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  1. Enrico D'Elia

    Tutto giusto. Aggiungerei solo che il finanziamento tramite il debito pubblico trasferisce risorse verso i rentier (che oggi si annidano nel settore finanziario più che tra latifondisti e nobili). Peccato che qualche decina di anni fa in Europa abbiamo deciso di firmare un trattatello che vieta il finanziamento monetario dei deficit pubblici. E abbiamo continuato a rafforzare questo divieto con ulteriori trattati, regolamenti e pratiche politiche. Beati quei paesi (e sono molti) in cui le banche centrali possono fare il loro mestiere in casi come questo. Allo stato dei fatti non ci sarebbe altro da fare che sospendere gli articoli del trattato che riguardano la BCE come è stato fatto per quelli che regolano gli aiuti di stato. Ma non mi sembra politicamente praticabile.

  2. Roberto boschi

    Completamente d’accordo con la vostra tesi. Sostenere la domanda ora è indispensabile e solo un operatore “razionalmente anticiclico” come lo Stato può farlo. Per l’Italia l’aumento della Spesa Pubblica finanziata con emissione di debito collocato direttamente sul mercato è indispensabile e di gran lunga da preferire all’accesso alle linee di credito MES e SURE, chiaramente potendo contare sul supporto del programma PCPP della BCE che è un potente calmieratore dei tassi. La crisi Covid-19 è arrivata quando l’Italia, grazie a molti anni di avanzo della Partite Correnti, ha di fatto completamente azzerato il saldo negativo della Situazione Patrimoniale con l’Estero. Nell’ultima crisi – a fine 2011 – avevamo una posizione debitoria pari ad oltre il 18% del PIL. Se allora eravamo fortemente dipendenti dal risparmio estero, oggi il risparmio domestico può completamente sostenere un ambizioso programma di spesa pubblica – non solo investimenti ma anche spesa corrente per assunzioni di professionalità mancanti – indirizzata a colmare i gap che ancora ci separano dai competitor mondiali nell’Istruzione (secondaria ed Universitaria) , nella Sanità, nella Giustizia e nella Pubblica Amministrazione. Si innescherebbe un circolo virtuoso che, grazie agli effetti moltiplicativi sul PIL, renderebbe il maggior deficit iniziale facilmente finanziabile dai Mercati che ne coglierebbero le implicazioni di lungo periodo sulla sostenibilità del Debito.

  3. Roberto

    Che tipo di spesa pubblica avete in mente? Perchè un conto è la spesa per investimenti e aumentare la produttività del Paese un altro è la spesa corrente per accontentare i desideri di alcune categorie di cittadini. Come sempre in Italia si va verso la seconda ipotesi quindi la spesa pubblica finanziata non è lo strumento adatto per uscire dalla crisi. Per paradosso in tal caso sarebbe meglio un trasferimento diretto e circostanziato solamente a chi ha subito pesantemente la crisi e non ha più le possibilità di sopravvivere. Nell’articolo dovreste specificare meglio cosa volete realizzare attraverso la spesa pubblica altrimenti si rischia di far aumentare il debito senza risolvere niente ma con conseguenti danni finanziari futuri.

  4. Massimo Negri

    Buongiorno, attenzione Sig. Enrico D’Elia. Anche se la BCE non può fare tutto ciò che fa ad esempio la Federal Reserve, il finanziamento dei deficit pubblici avviene ugualmente. Infatti, la BCE pur non potendo acquistare i titoli pubblici dei vari Stati sul mercato primario (all’atto della loro emissione) li acquista sul mercato secondario. Diversamente, non si spiegherebbe l’efficacia del Qe (Quantitative easing) nel contenimento dei tassi d’interessi in generale anche per Paesi fortemente indebitati come l’Italia.
    Cordiali saluti

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