I decreti legge in risposta alla crisi da coronavirus hanno modificato i requisiti di accesso al fondo di solidarietà per i mutui sulla prima casa. La sospensione del pagamento delle rate permette alle banche di prevenire nuovi crediti deteriorati.

Nuovi requisiti per accedere al fondo mutui

Le varie disposizioni emanate per contenere le conseguenze della pandemia da Covid-19 sulla vita della popolazione hanno allargato le maglie dell’accesso al fondo di solidarietà per i mutui per l’acquisto della prima casa. Istituito nel 2013 (art. 1, c. 48, lett. c, legge 147), il fondo si accolla il pagamento della metà degli interessi sulle rate dei mutui per le quali è possibile chiedere la sospensione dei pagamenti per un periodo massimo di 18 mesi. Per decine di migliaia di famiglie è un’opportunità per allontanare il rischio di perdere le case in cui vivono, ma il fondo tutela anche le banche che hanno concesso i mutui.

I decreti legge sull’epidemia (numero 9, 18 e 23 del 2020) hanno modificato i requisiti originari di accesso al fondo. La sospensione del pagamento delle rate può essere richiesta, senza limiti di scadenza, a seguito della sospensione dal lavoro o della riduzione dell’orario di lavoro per un periodo di almeno trenta giorni; l’importo massimo dei mutui è stato elevato da 250 mila a 400 mila euro e non è più necessario presentare la dichiarazione Isee, superando quindi il vincolo precedente dei 30 mila euro. Seppure temporaneamente, le porte del fondo sono state aperte anche ai lavoratori autonomi e ai liberi professionisti che autocertifichino una riduzione del loro fatturato dovuta al lockdown; del suo intervento possono beneficiare, in deroga alla disciplina vigente, anche i mutui in ammortamento da meno di un anno.

L’importanza dell’ampliamento del salvagente è testimoniata dal ritmo vertiginoso della crescita del numero di domande di sospensione registrato dalla rilevazione settimanale della Banca d’Italia sull’attuazione delle misure di contrasto degli effetti economici del Covid-19: dalle 69 mila del 30 aprile, sono lievitate alle 147 mila del 22 maggio, l’80 per cento delle quali è già stato accolto dalle banche.

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La Banca d’Italia non precisa se il numero delle pratiche censite tiene conto anche dei poco più di 42 mila mutui per i quali era già stato sospeso il pagamento prima dell’allentamento dei requisiti da soddisfare, in ogni caso, resterebbe comunque il fatto che con l’ampliamento della platea dei potenziali beneficiari il numero di istanze ammesse al fondo è più che triplicato

Un vantaggio anche per le banche

Benché non sia un suo scopo dichiarato, l’iniziativa, oltre che a favore dei mutuatari in difficoltà, può operare anche a salvaguardia delle banche.

La sospensione del pagamento delle rate dei mutui, e lo slittamento in avanti dei loro piani di ammortamento, consente alle banche di continuare a ritenere in bonis quei crediti. Si tratta di un ammontare non trascurabile. La Banca d’Italia ha rilevato che il capitale residuo medio dei mutui che hanno avuto accesso al fondo è di 89 mila euro, il che significa che il finanziamento bancario totale “protetto” dal fondo, almeno temporaneamente, è stimabile in oltre 10 miliardi di euro. Naturalmente, lo slittamento del piano di ammortamento non garantisce che, alla fine del periodo di moratoria, tutti i mutuatari siano nella condizione di riprendere il regolare pagamento delle rate. Ma senza la sospensione è probabile che, nel giro di poco tempo, le banche dovrebbero classificare tra i crediti a rischio di riscossione una parte di quell’ingente capitale residuo. La sospensione del pagamento delle rate può prevenire la creazione di nuovi crediti deteriorati, di cui ci si attende già una crescita elevata a causa della crisi di liquidità di molte società. Le banche potrebbero, allora, affiancarsi al fondo per l’abbattimento dell’ammontare degli interessi a carico dei mutuatari relativi alle rate sospese.

Applicando ai risultati della rilevazione della Banca d’Italia i criteri di calcolo adottati nella relazione tecnica al decreto legge 18/2000, si ricava che, nel caso di interruzione dei pagamenti per 18 mesi, gli interessi a carico del fondo ammonterebbero a 650 euro per ogni mutuo e a 95 milioni nel complesso.

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Quest’ultima è anche la cifra che le banche dovrebbero accollarsi per il totale azzeramento degli interessi, con un costo quasi sicuramente più piccolo di quello che dovrebbero sopportare se anche solo un miliardo del capitale residuo dei mutui sospesi si trasformasse in sofferenze. Una decisione in tal senso del sistema bancario inoltre eviterebbe qualsiasi contenzioso futuro sull’ammontare degli interessi sospesi che i singoli mutuatari devono pagare alla ripresa dei piani di ammortamento.

Un’ulteriore soluzione per i mutuatari potrebbe prevedere una informativa anticipata sull’ammontare degli interessi da corrispondere alla ripresa dell’ammortamento, tenendo conto ovviamente della durata della sospensione, e stabilendo che, comunque, non può superare quello liquidato dal fondo.

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