Il gas e le sue reti di trasporto giocheranno un ruolo chiave nel raggiungere gli obiettivi europei di mitigazione del cambiamento climatico, indicati nella strategia per lo sviluppo dell’idrogeno. E l’Italia può essere al centro della transizione.
Consumi di gas in calo
I consumi di gas in Europa si ridurranno di quasi il 10 per cento entro il 2040: lo indicano le più accreditate previsioni di medio termine. Al crescente ricorso all’elettricità per soddisfare i bisogni di riscaldamento e mobilità e alla maggiore quota di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, si sommerà infatti l’effetto climatico, con inverni sempre più miti, che contribuiranno a contenere il consumo di gas naturale.
In questo quadro, si innestano le strategie europee per la transizione ecologica che guideranno le scelte in campo energetico e ambientale nei prossimi anni. Il 18 giugno 2020 il Parlamento europeo ha così adottato la cosiddetta tassonomia green, un regolamento che classifica le attività e gli investimenti in grado di contribuire alla mitigazione del cambiamento climatico. E un mese dopo, l’8 luglio, attraverso con la comunicazione COM(2020) 301, la Commissione ha presentato al Parlamento europeo la strategia per lo sviluppo dell’idrogeno per una Europa climate neutral.
Quale è il futuro del gas naturale in questo scenario?
Il ruolo del gas nella decarbonizzazione: cosa dice la tassonomia?
Le prospettive del gas non sono solamente legate a dinamiche di consumo in calo, ma anche al ruolo che il settore rivestirà all’interno della strategia climatica comunitaria.
La tassonomia Ue diventerà efficace nel 2022 e solo le attività e gli interventi lì declinati saranno certificati come in grado di mitigare i cambiamenti climatici e saranno i soli a poter ricevere finanziamenti pubblici e a garantire agli strumenti finanziari venduti alla clientela l’etichetta “green”.
Nel report finale sulla tassonomia, ogni settore rilevante in termini ambientali è analizzato secondo due direttrici principali: contributo alla mitigazione dei rischi e adattamento ai cambiamenti climatici. Per quanto riguarda il settore del gas viene esaminata sia la produzione di energia elettrica che il trasporto della materia prima.
Secondo la tassonomia, la produzione di energia elettrica attraverso gas naturale non è esclusa a priori, tuttavia i limiti di emissione imposti ai nuovi progetti finanziabili sono talmente stringenti (100 g CO2/KWh) da escluderli di fatto dalla classificazione di progetti sostenibili dal punto di vista ambientale.
Prospettive differenti sono invece delineate per tutte le infrastrutture di trasporto e distribuzione.
Qui, la tassonomia apre a tutti gli interventi di ammodernamento della rete volti a ridurre le emissioni di gas climalteranti e all’uso per il trasporto di idrogeno e gas a basso contenuto di carbonio. La tassonomia individua, dunque, una traiettoria di sviluppo ben precisa e promuove tutti gli investimenti volti a sviluppare reti di trasporto e distribuzione che siano in grado di ridurre le emissioni di CO2 nell’atmosfera.
L’approccio ha anche lo scopo di evitare l’insorgere di un rischio che già crea molta incertezza in tutto il settore oil: gli stranded asset (attività bloccate). Le politiche climatiche hanno infatti un impatto sul valore degli asset detenuti dalle imprese. Ne è un esempio lampante è la potenziale perdita di valore di giacimenti oil e gas a causa di politiche climatiche che portino a una forte contrazione della domanda.
Nell’ambito delle infrastrutture di trasporto e distribuzione gas il tema è ancora più rilevante in quanto le infrastrutture generalmente sono costruite in regime di monopolio e remunerate da tariffe che riducono o azzerano i rischi volume e prezzo per chi le detiene. In uno scenario di persistente decrescita dei consumi, i consumatori finali dovrebbero pagare tariffe sempre più elevate per garantire l’equilibrio economico-finanziario delle imprese.
La transizione all’idrogeno come opportunità
Il nuovo ruolo che le infrastrutture gas potranno avere nell’ambito della transizione energetica europea è confermato dalla strategia sull’idrogeno presenta dalla Commissione al Parlamento europeo. Nel documento si delinea un quadro di sviluppo dell’idrogeno come fonte sostitutiva del gas metano nel lungo termine e come strumento per renderlo meno inquinante nell’immediato futuro.
La produzione di idrogeno potrà avvenire attraverso la combustione del gas metano e la cattura della CO2 prodotta nel processo (cosiddetto idrogeno blu) e attraverso un processo di elettrolisi attivato da energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili (cosiddetto idrogeno verde). La Commissione fissa degli obiettivi quantitativi minimi di potenza installata per la generazione di idrogeno pari a 6GW nel 2024 e 40 GW nel 2030 a livello europeo, obiettivi ambiziosi ma che rappresentano una quota molto ridotta del consumo attuale di gas metano continentale. Inoltre, nel documento si prevede, almeno nella fase di transizione, l’utilizzo dell’idrogeno come strumento per ridurre le emissioni di CO2 del metano attraverso la miscelazione dei due gas.
Il sostegno agli investimenti per raggiungere gli obiettivi sarà attraverso il Recovery Fund. Gli investimenti pubblici avranno l’obiettivo innanzitutto di colmare l’attuale divario di costo fra la produzione di idrogeno da combustibili fossili, senza la cattura di CO2, e la produzione tramite l’elettrolisi: secondo uno studio di Snam, il gestore della rete di trasporto italiana, il differenziale oggi è superiore ai 20 euro/MWh.
Nella strategia si delinea un ruolo rilevante per le attuali infrastrutture di trasporto-distribuzione di gas. In una fase iniziale potrebbero favorirne il consumo, dando la possibilità di sviluppare siti decentralizzati di produzione di idrogeno verde da immettere nelle reti attraverso la miscelazione con il gas metano. In una seconda fase. le reti esistenti potrebbero essere riconvertite per il trasporto di idrogeno: la Commissione stima che in Germania e Olanda la rete attuale rappresenterebbe oltre il 90 per cento dell’infrastruttura per lo sviluppo del mercato dell’idrogeno.
Il ruolo delle infrastrutture per il trasporto del gas
Le prospettive delineate nella tassonomia e nella strategia per l’idrogeno evidenziano, da un lato, i limiti e le difficoltà dell’attuale paradigma del settore gas, ma dall’altro prefigurano un ruolo centrale per le infrastrutture gas nella strategia di decarbonizzazione. Assumono implicitamente che il gas, almeno fino al 2040, sia fondamentale anche per lo sviluppo dello stesso mercato dell’idrogeno.
Lo scenario proposto dalla Commissione non è tuttavia privo di criticità: attualmente sono definiti gli obiettivi, ma non è chiaro il contesto di mercato in cui potranno essere realizzati. Non esiste oggi un mercato dell’idrogeno ed emerge il problema se si debba agire sul lato della domanda o su quello dell’offerta per stimolarne la nascita. Lo strumento che dovrebbe correggere il fallimento di mercato dato dalla mancata valorizzazione economica delle emissioni di CO2, cioè l’Ets (Emission Trading Scheme), non è in grado da solo di stimolare il passaggio verso tecnologie meno inquinanti. Le istituzioni europee devono quindi accelerare perché, dopo la definizione degli obiettivi, è necessario un quadro legislativo e regolatorio chiaro, che permetta a tutti gli operatori del mercato di impostare una strategia di medio-lungo termine in grado di garantire la transizione.
Appare però evidente come il gas e le sue reti di trasporto continueranno a giocare un ruolo chiave per raggiungere gli obiettivi climatici. E il nostro paese, grazie alla capillarità delle sue reti e alla posizione baricentrica rispetto alla future aree di elezione per la produzione di idrogeno, può essere al centro di questa “rivoluzione”. Non bisogna perdere tempo.
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U G-M Tamburini
Si, certo!, il Northstream2 e’ stato concepito per mandare l’idrogeno blu del nostro fotovoltaico in Siberia.
Non credo sia necessario il consiglio di Mons. Chitarrella per porsi il vero problema del chi e come il tubone rientri nelle intenzioni di quegli investitori.
erasmo venosi
Non si comprende come non guardate al rendimento di conversione cumulato ! Produzione di energia elettrica con FER . Es fotovoltaico o eolico . Voglio sparare un 30%. Poi elettrolisi con rendimento 60% , poi celle a combustibile 70 %. Rendimento cumulato a meno 1%. Questo poi si riduce ancora utilizzando la energia elettrica trasformata per esempio in energia meccanica. Ma non è che surrettiziamente si rilancia il nucleare ( di notte con profilo di domanda bassa ) come risulta anche da documenti di IEA . Anche uso CSS nelle programmate chiusure centrali a carbone. Massimi beneficiari Germania, Polonia, Ungheria