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Condono nel decreto Sostegni: che urgenza c’era?

Al primo vero Consiglio dei ministri, il governo Draghi ha approvato un decreto legge del valore di 32 miliardi. C’è anche l’ennesimo condono fiscale. Un messaggio negativo per i contribuenti onesti, benché il provvedimento non sia privo di razionalità.

Il decreto Sostegni

Nella serata di venerdì 19 marzo è stato approvato il “decreto Sostegni”, un decreto legge che contiene misure urgenti a favore dell’economia e della salute, connesse naturalmente all’emergenza Covid. Ai sensi dell’articolo 77 della Costituzione, il decreto dovrà essere convertito in legge dal Parlamento entro i prossimi 60 giorni, pena la sua decadenza.

Dal punto di vista quantitativo, gli interventi previsti valgono ben 32 miliardi, pari quindi allo scostamento di bilancio massimo già approvato dal Parlamento su iniziativa del governo Conte 2. Ulteriori misure sono in arrivo, secondo lo stesso presidente del Consiglio, a seguito dell’approvazione del prossimo Documento di economia e finanza. Come spiegato nella conferenza stampa dallo stesso Mario Draghi, dal ministro per l’Economia Daniele Franco e da quello per il Lavoro Andrea Orlando, gli interventi si articolano in cinque ambiti principali: sostegno alle imprese e agli operatori del terzo settore; lavoro e contrasto alla povertà; salute e sicurezza; sostegno agli enti territoriali; ulteriori misure settoriali.

Cosa c’entra il condono?

È tradizione che la sorpresa nell’uovo di Pasqua lasci sempre molto delusi. Destino analogo sembra avere oggi il decreto pre-pasquale, che contiene una sorpresa certamente indigesta a molti: l’ennesimo condono fiscale. Per la precisione, saranno cancellate tutte le cartelle esattoriali fino a 5 mila euro (compresi sanzioni e interessi), non riscosse tra il 2000 e il 2010. La cancellazione varrà per tutti gli evasori che al 2019 avevano percepito un reddito inferiore ai 30 mila euro.

Bisogna apprezzare il fatto che Mario Draghi non ha usato le solite edulcorate espressioni – tanto care a certi politici – come ad esempio “pace fiscale”, ma ha esplicitamente parlato di condono, aggiungendo però, più o meno testualmente, che questo condono permette di alleggerire l’amministrazione fiscale, oberata dall’attività di controllo. Draghi ha riconosciuto il fallimento dello stato che ha portato all’accumulazione di milioni di cartelle inesigibili e quindi ha anticipato una futura riforma della stessa attività di riscossione, per evitare in futuro situazioni analoghe. Il ministro dell’Economia e delle Finanze, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del decreto, dovrà infatti presentare al Parlamento una relazione contenente i criteri per procedere alla revisione del meccanismo di controllo e di discarico dei crediti non riscossi. Un impegno onorevole, almeno sulla carta. Il tutto, purtroppo, senza fornire cifre. Secondo alcuni giornali, si tratta di circa 16 milioni di cartelle (sarebbero state 61 milioni se il periodo fosse stato portato fino al 2015, come volevano Lega, Forza Italia e parte del Movimento 5 Stelle). L’Agenzia delle entrate riporta il valore potenziale di tutti i crediti dell’erario, senza tuttavia dirci quanti di questi corrispondono alle cartelle annullate con il decreto: 343,1 miliardi di euro nel periodo 2000-2010 e una cifra quasi identica, 333,2 miliardi di euro, nel lustro 2011-2015. Sono cifre enormi, equivalenti come valore medio annuo – neanche a farlo apposta – al decreto appena approvato o a una pesante manovra correttiva. Tuttavia – anche se è triste ammetterlo – è plausibile che siano in effetti crediti totalmente o parzialmente inesigibili. Il governo ha fatto quindi bene a rinunciarvi?

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Pochi pro e troppi contro

Nonostante le spiegazioni di Draghi, la risposta non può che essere negativa. Per tanti motivi. Innanzitutto, il primo messaggio che passa è che alla fine conviene sempre non pagare le multe e le imposte, perché prima o poi un condono arriva, basta essere sufficientemente pazienti. In barba a chi invece paga sempre quanto dovuto, magari senza l’entusiasmo di Tommaso Padoa Schioppa (“Le tasse sono una cosa bellissima”, anno 2007) ma, se non altro, guidato da un onorevole senso di giustizia e di etica civile. Secondo, perché il provvedimento di oggi è solo l’ultimo di una serie di condoni di cui questi stessi evasori avrebbero potuto usufruire negli anni passati (da ultimi, i tre cosiddetti “decreti rottamazione”). Terzo, perché non si capisce la razionalità di inserire un provvedimento di questo tipo nel “decreto Sostegni”, sia per motivi costituzionali sia per motivi logici. La misura non appare affatto urgente. Si tratta di cartelle giacenti da oltre 11 anni: come è possibile giustificarne l’urgenza proprio oggi, quando l’unica urgenza è quella di dare un reddito a chi non può lavorare e vaccinare chi è più a rischio di ammalarsi? E poi il condono chi dovrebbe sostenere, visto che è inserito nel “decreto Sostegni”? Gli evasori in difficoltà? Il fisco stesso? O si dice chiaramente che i crediti cancellati erano inferiori ai costi dell’amministrazione – e allora è in effetti un sostegno al fisco – oppure, ancora una volta, alcuni disonesti l’hanno fatta franca, tanto o poco che sia il loro guadagno.

Quarto motivo: perché la cancellazione? Se il fisco fosse davvero oberato da queste cartelle, non basterebbe semplicemente evitare di occuparsene? Diciamo la verità, se fosse davvero obbligatorio seguire ogni singola pratica, non ci avremmo messo vent’anni per (non) recuperare il gettito. È evidente che di queste cartelle già non se ne occupava più nessuno: perché allora cancellarle proprio adesso? E se pure mantenerle in ruolo comportasse costi, di nuovo, dove sarebbe l’urgenza che ne giustifica l’inserimento in un decreto legge? Diverso sarebbe se la procedura di riscossione prevedesse una cancellazione automatica dopo un certo numero di anni (ciò che, sembra, farà la riforma preannunciata). Sarebbe comunque estremamente antipatico, ma almeno sarebbe trasparente. Quinto e ultimo motivo per non considerare positivo il provvedimento: il decreto passerà ora in Parlamento. La norma sul condono rischia di essere un cavallo di Troia nelle mani di una possibile coalizione che proverà a cambiarne i termini temporali o i limiti di reddito. Una coalizione che, sulla carta, potrebbe facilmente anche trovare una maggioranza.

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Come si usa dire, siamo sufficientemente adulti per capire che un governo di coalizione debba soddisfare le esigenze di tutti. Nei panni del presidente del Consiglio, forse, si potrebbe addirittura considerare questa soluzione come una vittoria. Ma da osservatori esterni non potremo mai considerare il condono come una notizia positiva.

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11 commenti

  1. Savino

    Lo Stato, se continua con queste chiusure ingiustificate, va a finire che fa passare gli evasori fiscali dalla parte del torto marcio che hanno a quella della ragione, dopo un anno, quasi un anno e mezzo, che non lavorano. In estate può succedere persino che lo Stato faccia passare dalla parte della ragione anche chi comincia a licenziare, impedendo, con restrizioni assurde, di fare impresa.

  2. Luca Cigolini

    “ha anticipato una futura riforma della stessa attività di riscossione, per evitare in futuro situazioni analoghe”. Capisco. Purtroppo, però, lo dicono sempre e non lo mantengono mai. Dando l’impressione ai molti onesti che il governo sia connivente con gli evasori, veri parassiti della società, vero cancro della nostra economia. E non c’è autogiustificazione che tenga (talmente tartassati, ci difendiamo), perché lo capisce anche un bambino che se io “mi difendo” non pagando le tasse, qualcun altro più onesto o meno furbo di me paga per entrambi!

  3. Gerardo Coppola

    Interessante analisi soprattutto sugli aspetti politici che approfondisce la natura di questa strana coalizione. Lungi dall’essere di unità nazionale è più un sodalizio arlecchino con una maggiorana giallo verde. Ci serviva davvero non avere una opposizione più robusta ? Strano paese, il nostro che ci permettiamo una crisi di governo e poi un governo di questo tipo nel momento peggiore della pandemia.

  4. Max

    Assolutamente d’accordo con l’autore, io non direi pochi pro, ma proprio nessun pro. Se questi erano crediti inesigibili, perché i debitori non pagavano, allora non si tratta di un sostegno a questi ultimi che tanto non stavano e non avrebbero pagato, aspettando appunto l’ennesimo condono. Se oberavano di lavoro il fisco, tanto valeva ridurre le attività ad esse connesse (controlli ed avvisi) e lasciarli dove erano, i debitori li avrebbero lasciati ai propri eredi (che avrebbero ringraziato). Bisognerebbe fare un bello studio, ma mi aspetto che proprio questi condoni periodici aumentino nel lungo periodo i
    crediti inesigibili, visto che i contribuenti disonesti capiscono l’antifona. Inoltre, sarebbe opportuno concentrare i controlli fiscalli futuri proprio sui condonati. In ogni caso mi sembra un bel provvidemento per raccogliere qualche voto dai contribuenti disonesti che qualcuno al governo ha proposto e che magari Draghi per quieto vivere dello stesso ha dovuto avallare. Pura propaganda…

  5. Giacomo

    Aggiungo un punto che non mi sembra avere avuto sufficiente considerazione. Inserire un limite di reddito per la riscossione a soggetti che sono stati (evidentemente) evasori fiscali vuol dire credere che, dopo avere evaso negli anni 2000, hanno smesso di evadere oggi. Ancora peggio, quelli tra loro che veramente hanno smesso di evadere e ora dichiarano tutto il loro reddito sono svantaggiati rispetto a quanti tra loro hanno continuato a evadere e oggi hanno quindi un reddito (dichiarato) basso.

  6. Andrea Malan

    Articolo chiaro e di grande buonsenso, in particolare la domanda: che senso ha fare un condono proprio adesso? Se non ricordo male, Draghi è andato al governo per fare due cose: presentare progetti sensati per il Next Generation EU e accelerare la campagna vaccinale. Alle pressioni per un condono poteva semplicemente rispondere – lo farete voi dopo, se e quando andrete al governo. Invece si è rivelato l’ennesimo pesce in barile…

  7. Il problema è sempre il solito: la pubblica amministrazione inefficiente. Vivo in Germania, dove i debiti fiscali cadono in prescrizione dopo cinque anni. Ma il fisco è “sveglio” e, se non paghi entro i termini, ti pignora parte dello stipendio (esente è un minimo per il sostentamento) fino a saldo. Se invece non presenti la dichiarazione entro max. 1 anno, ti sollecitano e ti multano.. Se non ti fai vivo, fanno una stima (sempre svantaggiosa per il cittadino) e poi pignorano.

    • antonio granitto

      Cara Marisa, hai sollevato un bel problema dicendo amministrazione inefficiente. In realtà il servizio di riscossione coattiva dei tributi è vero, è affidato oggi all’Agenzia Entrate. Riscossione. che fino a 5 anni fa si chiamava Equitalia. Che, nei fatti ha unificato i tati Enti di riscossione prima presenti sul territorio. Nei fatti sono dei privati, a volte bravi nel loro lavoro, altre volte molto meno. Ma dei privati, assunti senza concorso e con logiche del peggior parastato. Il punto è proprio questo. Siamo riusciti a mettere insieme il peggio del privato con “Manager” scelti dai politici. Non poteva non fallire. E del resto quando la vecchia Equitalia è diventata un pò troppo aggressiva – sempre meno di una Banca, beninteso- è partita una campagna di legittimazione politica (ad opera soprattutto di certi partiti politici) che, alla fine, ne ha imposto il cambio di denominazione e, soprattutto, la ha resa del tutto irresponsabile. Sarà il direttore generale delle Entrate a dover denunciare alla Corte dei Conti Ag.Entrate-Riscossione che non ha fatto bene il suo lavoro. Tu ci credi ?

  8. Carlo

    Se per riforma si intende la revisione del meccanismo di controllo e di discarico dei crediti non riscossi non cambierà niente.
    Finché non si separa la riscossione delle imposte statali da quelle locali, non si integra la ex Equitalia nell’Agenzia delle Entrate investendo in personale (la sola Agenzia delle Entrate nell’ultimo decennio ha perso 8.000 dipendenti), si semplificano le imposte ed i procedimenti tipo per le detrazioni per i familiari ed oneri per le quali prima viene concesso il rimborso o la riduzione dell’irpef, poi vengono controllate generando così altre cartelle arrivando all’assurdo che di fronte ad una dichiarazione con dati farlocchi da un lato il contribuente riceve un credito monetario o da utilizzare in compensazione e dall’altro diviene negli anni successivi debitore di un debito che non pagherà mai. In pratica se la dichiarazione corretta dà esito positivo (cioè si devono pagare imposte) mentre quella errata dà luogo ad un rimborso o compensazione di 100, ecco come si genera debito pubblico senza che vi sia la fornitura di servizi o trasferimenti monetari ai cittadini.

  9. Il condono è sempre sbagliato, o meglio è un provvedimento che sancisce il fallimento dello Stato e dà fiato ai soliti “furbi”. Nella storia di questo Paese è sempre stato così e purtroppo sembra impossibile il cambio di passo tanto auspicato. Ed ecco allora che si parla di nuovo di riforma della riscossione e via andare. Invero di norme non ne abbiamo più bisogno, se non di fare piazza pulita di tutte quelle emanate negli anni con la solita decretazione d’urgenza e per fare cassa (eufemismo). La riforma della riscossione dei tributi (come tutte le riforme) deve guardare al futuro, puntando su equità, razionalità e semplificazione, senza mortificare chi fa il proprio dovere.
    Quanto all’ingente magazzino dell’Agenzia della riscossione (987 mld) viene da domandarsi ma in tutti questi anni con i diversi strumenti: pignoramenti, fermi amministrativi, ipoteche, ecc.. come sia stato possibile accumulare cifre iperboliche oggi ritenute per il 95% inesigibili. Evidentemente le responsabilità sono diffuse ma come al solito la colpa morì fanciulla.

  10. Alberto Isoardo

    Le solite chiacchiere a dimostrazione che, come facilmente intuibile, nemmeno l’arrivo di Draghi può iniziare una produzione normativa seria ed efficace. Se nella macchina pubblica permangono l’incapacità e l’incompetenza opportunamente supportate dalla tolleranza di politici di destra e sinistra che persistono nel considerare lo Stato come cosa di nessuno invece che di tutti, ovviamente nulla cambierà. Lo Stato continuerà ad essere munto e i lavoratori che non possono sfuggire alla tassazione a pagare per tutti gli altri. Nonostante la pandemia abbia evidenziato che il lavoro nero oggi penalizzi queste persone prive di qualsiasi tutela, nulla viene fatto. La GdF continua a fare di tutto, droga, criminalità organizzata, etc… invece di concentrarsi sulle dichiarazioni fasulle e sulle attività irregolari.
    E’ indispensabile portare la dimensione dell’evasione sui parametri medi europei. E abbiamo bisogno di avere un responsabile chiaro di questa operazione e che sappia di pagarne le conseguenze in caso di fallimento.

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