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Perché “gara” non è una parola magica

La gara non è tutto. Il punto di partenza è definire gli obiettivi da conseguire e poi trovare gli assetti regolatori e la procedura competitiva che contribuiscano a raggiungerli. E agli operatori vanno riconosciuti incentivi coerenti e stabili.

La gara nel diritto comunitario

La gara non è tutto. Non è perché una fotocopiatrice è acquistata tramite una procedura competitiva che diventa necessariamente perfetta per lo scopo cui è destinata. Può essere sovradimensionata, sottodimensionata, rompersi sempre o addirittura costare troppo. Per evitare ciascuna di queste tipologie occorre: 1) una corretta identificazione dei fabbisogni e una verifica preventiva del mercato per avere un’idea di ciò che offre cosicché quanto richiesto nel bando sia effettivamente disponibile; 2) per evitare rotture, è bene acquistare i servizi di manutenzione insieme alla fotocopiatrice, così che sia anche nell’interesse del venditore un suo funzionamento efficace; 3) per non pagare troppo (ed evitare la collusione) è opportuno centralizzare gli acquisti così che per ciascun fornitore perdere una gara sia un danno rilevante.

Nessuna di queste patologie rientra nell’ambito del diritto comunitario. Nell’applicazione delle regole del mercato interno, ossia le norme che promuovono la libera circolazione di beni, servizi, capitali e persone nell’Unione europea, ciò che conta è garantire la potenziale partecipazione nei mercati nazionali di concorrenti localizzati in altri stati membri, indipendentemente dai benefici che se ne possono trarre.

La questione degli stabilimenti balneari

Alla Commissione europea non interessa se la fotocopiatrice è adatta per le funzioni richieste o se si inceppa, conta solo la gara. L’obiettivo perseguito è far sì che le artificiali posizioni di rendita originate dall’intervento pubblico siano soggette a una concorrenza esterna.

Ciò che resta da definire, e non è cosa da poco, è organizzare la gara in maniera da garantire gli utenti sul fatto che effettivamente ne risulteranno benefici anche per loro. Realizzare questo è compito degli stati membri. Nel caso degli stabilimenti balneari di per sé la gara sarebbe inefficiente, perché rischierebbe di condurre all’espropriazione di investimenti irrecuperabili effettuati dal concessionario uscente. Può invece essere organizzata così da non scoraggiare gli investimenti e promuovere l’innovazione e la crescita, consentendo peraltro l’individuazione del corretto canone concessorio.

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Nel Piano nazionale di ripresa e resilienza non si accenna agli stabilimenti balneari, ma si citano altri settori dove introdurre un confronto competitivo per l’accesso al mercato: l’assegnazione delle concessioni per le centrali idroelettriche, per la distribuzione del gas naturale, per i servizi pubblici locali. Ma affinché le gare conducano alla crescita e all’innovazione occorre individuare con precisione gli obiettivi sostanziali che si intendono perseguire.

Il percorso da seguire

Le centrali idroelettriche svolgono un’importantissima funzione di riserva per il sistema elettrico nazionale. È l’unica fonte energetica che consente di immagazzinare energia elettrica da rendere disponibile al sistema nei momenti di emergenza, essendo la generazione immediatamente attivabile. Proprio per questo potrebbero essere gestite direttamente dal gestore del mercato elettrico e attivabili al bisogno. In alternativa, i concessionari potrebbero essere pagati semplicemente per non operare, ma essere sempre pronti a operare, come argomentato ormai quasi trent’anni fa in una segnalazione dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato sulla riorganizzazione del settore elettrico. La concorrenza per il mercato in questo caso, pur importante, è soltanto un tassello. Ciò che preliminarmente occorre definire è la funzione delle centrali idroelettriche all’interno del sistema elettrico nazionale e solo dopo si potrà stabilire che tipo di gara introdurre e per ottenere cosa.

Le stesse considerazioni valgono per la distribuzione del gas. Prima di bandire la gara occorre pensare a come evitare che il distributore si disinteressi poi della manutenzione, come il caso autostrade ampiamente e tragicamente dimostra. In particolare, sono necessari assetti regolatori che incentivino il gestore a mantenere in efficienza l’infrastruttura e pertanto, per esempio, occorre prevedere, oltre a un sistema di penali in caso di incidenti, controlli diffusi e sanzioni quando la rete sia riconosciuta dall’autorità di controllo necessitare di interventi di ristrutturazione.

Da questo punto di vista, particolarmente rilevante è il caso dei servizi pubblici locali (trasporto pubblico e smaltimento dei rifiuti), caratterizzati in Italia da inefficienze diffuse. Le gare (se dovesse essere questa la strada da seguire) dovrebbero accompagnare la riorganizzazione profonda degli assetti, soprattutto in relazione agli aspetti regolatori, così da garantire agli utenti un servizio di qualità.

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In altre parole, il problema da risolvere è come riorganizzare i servizi pubblici locali e fare in modo che l’esecuzione avvenga a beneficio degli utenti e nel rispetto dei contribuenti, nella consapevolezza che scegliere un operatore tramite gara non conduce di per sé al raggiungimento dei risultati. Anzi, se la gara è l’unico cambiamento introdotto, può addirittura essere dannosa: magari vince l’operatore uscente che, essendosi questa volta aggiudicato una procedura competitiva, si sente ancora più legittimato a continuare come o addirittura peggio di prima. In sintesi, la gara di per sé non cambia gli incentivi degli operatori.

La logica da seguire non è partire dalla gara e sperare che tutto magicamente migliori. Bisogna invece prima definire gli obiettivi da conseguire e poi trovare gli assetti regolatori e, nel caso, la procedura competitiva che contribuiscano a raggiungerli, fornendo agli operatori incentivi con essi coerenti e mantenendoli nel tempo.

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  1. Enrico D'Elia

    Concordo pienamente con l’autore. Non è un caso se le imprese preferiscono investire in (fastidiosa) pubblicità piuttosto che farsi concorrenza sul prezzo, come vagheggiano a Bruxelles e altrove. L’aspetto qualitativo dei beni e dei servizi, a partire dalla durabilità ed efficienza, è sempre più rilevante anche per i prodotti a bassissima tecnologia (mai provata una mascherina low cost?). Quindi non hanno più senso le gare impostate come un secolo fa per le forniture degli eserciti (perchè questa è ancora l’origine della legislazione in materia!). Sarebbe il caso di tenerne conto in sede di riforma della pubblica amministrazione e di attuazione del PNRR.

  2. Savino

    Negli uffici tecnici degli enti pubblici solo geometricchi capaci di accomodare tutto con una mazzetta, nessun progettista e funzionario degno di questo nome. I termini appalto, affidamento, bando e gare andrebbero cancellati da tutti i dizionari.

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