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Una finanza per lo sviluppo

Per superare il credit crunch è fondamentale fare affluire alle imprese il risparmio raccolto da fondi pensione, assicurazioni e altri investitori istituzionali. Alcune iniziative interessanti sono già pronte a partire. Ma il documento dei dieci saggi punta ancora sulle banche e sulla Cdp.
COME FAR RIPARTIRE IL CREDITO
Una finanza per lo sviluppo: così si intitolano le pagine che concludono le “Considerazioni finali” del Governatore Draghi lette il 31 maggio 2006. Come ovvio, Mario Draghi parla delle grandi potenzialità che, soprattutto in Italia, hanno gli investitori istituzionali e in particolare i fondi pensione. E sottolinea che “l’espansione dei fondi pensione è cruciale anche per lo sviluppo degli intermediari specializzati nel favorire la crescita delle imprese piccole e innovative.”
Sette anni sembrano passati invano: la situazione è oggi molto più grave di allora. Che fare? Nel dibattito degli ultimi giorni, sembra prevalere la linea più seria e meditata: studiamo la realizzazione di nuovi intermediari che provvedano a tutto ciò, facendo incontrare imprese, banche, fondi, intermediari pubblici e privati, magari con qualche incentivo pubblico, sempre che Bruxelles consenta. Parliamo di drammatica emergenza e poi ci dimentichiamo che forse qualcosa potrebbe essere fatto domani? Non solo per futura memoria, ma anche per provare a sbloccare l’ennesima paralisi, merita ricordare tre cose.
1) Tutta la materia è stata studiata in modo approfondito, negli ultimi due anni. E si è già accumulato un ampio elenco di studi, discussi in sedi internazionali: dal G20 al G30, da Davos a Mosca, dall’Ocse e da ultimo anche dalla UE, nel Libro verde con il quale ha lanciato una consultazione pubblica sul tema del finanziamento a lungo termine dell’economia europea.
2) La gravità della nostra recessione è chiaramente da attribuire al “razionamento del credito” almeno quanto all’austerità fiscale. È perciò sempre più difficile incolparne il rigore che ci viene imposto da Berlino, complice Bruxelles. Si sta creando un ampio consenso sul fatto che il credit crunch non può essere risolto da una ripresa del credito bancario tradizionale, per diverse ragioni: difficoltà di raccolta sui mercati internazionali, scarsità e costo del capitale, necessità di procedere verso il deleveraging dopo una fase, quella pre-crisi, in cui la leva bancaria era progressivamente aumentata. In queste condizioni di mercato, anche la politica monetaria ha le armi spuntate. Si rende quindi necessario creare canali attraverso i quali fare affluire il risparmio raccolto dagli investitori istituzionali (fondi pensione, assicurazioni, fondi comuni) alle imprese. Da più parti si invoca lo sviluppo di una cartolarizzazione “virtuosa”, come l’ha chiamata Marco Onado. (1) Lo stesso Libro verde della Commissione vi fa esplicito riferimento, riconoscendo la necessità di trovare canali di finanziamento alternativi a quello bancario. Anche la Bce, per bocca del consigliere Yves Mersch (intervistato dal Sole-24Ore il 19 aprile), sta aprendo la porta a questa evoluzione. Una riflessione in questa direzione è senz’altro opportuna, anche se è ancora fresca la memoria dei disastri prodotti da un utilizzo distorto della securitization: attenzione a non commettere gli errori del recente passato.
3) Oltre a progettare il nuovo, è bene utilizzare subito gli strumenti già esistenti. Qualcosa di utile per finanziare a medio termine il credito all’esportazione – e molto presto anche gli investimenti nel settore dei servizi pubblici locali – è stato menzionato nel recente intervento di Giacomo Vaciago e Sergio Zoncada. (2) Si tratta degli Specialized Investment Funds (Siv): fondi di investimento, destinati a investitori istituzionali, che investono in crediti all’esportazione; in pratica consentono alle aziende esportatrici di cedere (attraverso lo sconto pro-soluto) i loro crediti verso importatori esteri. L’attività di esportazione viene così agevolata, garantendo la liquidità alle aziende italiane che, a loro volta, concedono dilazioni di pagamento anche pluriennali agli importatori esteri. È evidente a tutti che è nel campo delle esportazioni e degli investimenti pubblici locali che si concentrano opportunità e necessità di crescita e dove più rapida potrebbe essere l’attivazione di un nuovo collegamento con le disponibilità di investimento dei fondi pensione e delle assicurazioni. Oltre a questa iniziativa, altre sono pronte a partire: la Banca d’Italia ha recentemente autorizzato un fondo chiuso finalizzato a investire in crediti alle Pmi.
L’ELENCO DI QUELLO CHE SI PUÒ FARE SUBITO
Per concludere, sarebbe molto importante, essendo ormai ampio il consenso scientifico e politico, se si potesse disporre di un inventario di ciò che può iniziare a operare subito. Non sappiamo se ciò spetti al Governo (Palazzo Chigi, via XX Settembre); alle Autorità direttamente coinvolte (che sono tante, a cominciare da Banca d’Italia, Consob, e Covip); alle “parti sociali” (Confindustria, sindacati); o a tutti questi soggetti assieme. Ma sappiamo che una ricognizione delle nuove iniziative pronte a partire subito sarebbe comunque indispensabile, e forse servono solo pochi giorni per farlo. Da questo punto di vista il documento dei dieci saggi nominati dal Presidente della Repubblica, che potrebbe diventare una bozza di programma di Governo in seguito al rinnovo del mandato a Giorgio Napolitano, è un po’ deludente. Si limita a invocare il rafforzamento di due strumenti già esistenti: il Fondo centrale di garanzia per il credito bancario alle Pmi e i fondi di private equity istituiti presso la Cassa depositi e prestiti. Senza nulla togliere a queste iniziative, forse si poteva fare uno sforzo di maggiore fantasia.
 
(1) Si veda Il Sole-24Ore del 21 aprile. Si vedano anche Luigi Guiso e Guido Tabellini, Il Sole-24Ore del 16 aprile.
(2) Si veda Il Sole-24Ore del 17 aprile.
 

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18 commenti

  1. Hk

    Dice bene che austerità fiscale e razionamento del credito sono le due cause principali. Però senza risolvere la prima non vi è problema per la seconda.
    Credo possa essere utile un piccolo esercizio.
    Supponiamo una normale azienda voglia aumentare il suo utile netto di 10.000€. Dovrà più o meno avere un utile prima delle tasse di 22.000. Bene, se non vende occhiali o simili probabilmente dovrà generare un aumento di fatturato di diciamo ottimisticamente 5 volte ovvero 110.000€. Ed ecco che arriva il bello. Immaginando che la produzione richieda 90 giorni e che si si pagati dopo 60, che. Si debba anticipare il 21 0 22% di IVA se va bene bisognerebbe investire 50 o 60.000€. Se va tutto bene ci vorranno 6 anni di utili per ricreare i 60.000€ . Chi è quel fesso che lo farebbe? Come si pensa che ci possa essere più crescita in Italia? A chi volete interessi chiedere prestiti se non per ristrutturare quelli che già non riesce a pagare.

  2. Amedeo

    Cosa si intende per cartolarizzazione “virtuosa”?

  3. Piero

    1) non esistono in Italia investitori istituzionali con liquidità, ricordo a Draghi che in sette anni e’ cambiato il mondo;
    2) il razionamento del credito nei paesi meridionali deriva dalla crisi di fiducia nei confronti del debito pubblico dei paesi euro, grazie alla politica monetaria della Merkel con la politica dei compitini a casa propria;
    3) non è vero che la politica monetaria ha le armi spuntate, basta vedere l’America, il Giappone, l’Inghilterra, l’onesta e’ dire che l’Itala si è privata con l’euro dello strumento monetario e la Merkel essendo il paese creditore nei confronti dei paesi euro (come la Cina e’ il paese creditore nei confronti dell’America), mai autorizzerà alla Bce una politica monetaria con strumenti non convenzionali (unica salvezza per l’euro);
    4) il fondo chiuso recentemente autorizzato da Banca d’Italia, Tenax, fa raccolta in Italia per investire nelle pmi del continente Europa, ossia raccoglie in itala ed investe in Germania;
    5) cosa fare subito: in primis il nuovo governo deve andare dalla Merkel e insieme alla Spagna, chiedere immediatamente un cambio di passo della politica monetaria da parte della Bce.

  4. Piero

    Cosa si può fare subito per le imprese:
    1) la cassa depositi e prestiti può effettuare subito mutui ipotecari di liquidita alle aziende, l’unica condizione per l’azienda e’ avere un piano industriale supportato da commesse e l’impegno a non diminuire l’occupazione almeno per due anni;
    2) il medio credito centrale può concedere la garanzia già prevista della 662, automaticamente in presenza di un bilancio certificato, garanzia pari al 20% del fatturato, tale garanzia e’ spendibile nei normali circuiti bancari;
    Ricordo che quando andò in crisi la Federconsorzi lo stato italiano fece una legge per liberare tutti i Fideiussori accollando si tutte le garanzie date dagli agricoltori alle banche; oggi stiamo nella stessa situazione di emergenza, lo stato deve garantire le imprese per facilitare l’accesso al credito bancario, in fin dei conti lo stato con il decreto Monti “salva Italia” non ha garantito il collaterale dato dalle banche alla Bce per ottenere il prestito triennale all’1%?
    Oggi se lo stato concede la stessa garanzia per lo stesso importo e la spende a favore delle imprese cosa fa di male?
    Si sostengono le imprese, si sostiene l’occupazione, si risparmia sui sussidi e sulla cassa integrazione, si aumenta il Pil, si creano effetti virtuosi per uscire dalla crisi.
    Questi sono i provvedimenti, il resto sono chiacchiere.

  5. Il Fondo deve agire di concerto con le politiche regionali di garanzia rafforzando gli strumenti già presenti e rendendone ancora più efficiente la gestione a favore delle PMI (misurabile in termini di volumi di credito che arrivano alle imprese e pricing dello stesso), concentrando il proprio intervento sulla sola
    controgaranzia dei fondi di garanzia regionali e dei confidi, così come previsto dalla lettera r) dell’art. 18 del Dlgs n. 112/98 anche tenendo conto della diminuzione delle risorse pubbliche nei prossimi anni e dell’esigenza di razionalizzare le poche disponibili.
    – L’attivazione della garanzia del Fondo Centrale è a rischio quasi zero per la Banca che, in caso di insolvenza dell’impresa, viene risarcita dal Fondo stesso ed in caso di eventuale esaurimento di fondi di quest’ultimo, direttamente dallo Stato. Se, come troppo spesso accade, l’azzeramento o comunque la forte diminuzione del rischio banca non ha ricadute migliorative sui volumi erogati alle imprese e sul pricing ad esse applicato, il Fondo rischia di operare esclusivamente a vantaggio delle Banche e non delle PMI beneficiarie.
    Conseguentemente il Fondo deve assistere chi a sua volta garantisce le PMI, con lo scopo di facilitare l’accesso al credito (volumi) e a condizioni di vantaggio
    (pricing) proprio a fronte della garanzia prestata. Attualmente l’operatività del Fondo, quale garante diretto, sta sortendo l’effetto di una disintermediazione del settore Confidi; ciò si è già tradotto in una graduale erosione del loro potere contrattuale nei confronti degli Istituti di Credito ed a pagarne le spese sono le PMI, che vedono ridursi l’azione calmierante sui tassi, garantita dai Confidi attraverso il convenzionamento degli spread.
    Bisogna superare l’eccessiva burocrazia delle procedure del gestore del fondo per aumentarne l’efficacia.
    – L’efficacia di un Fondo di Garanzia, così come quella di ogni organismo di garanzia, si dimostra quando rilascia una garanzia a prima richiesta “vera” (ciò significa che in primo luogo rimborsa la garanzia escussa, successivamente fa’ verifiche a campione): non può esistere che il Fondo paghi dopo 12 mesi!
    -Il sostegno pubblico deve favorire un’azione anticiclica: bisogna aiutare le PMI che hanno bisogno, non solo quelle che presentano dati di bilancio buoni; individuati dei parametri/indicatori essenziali deve essere possibile un accoglimento “per masse” dei volumi di credito garantito regionale sviluppato. Un Fondo Centrale – Nazionale di Garanzia che vuole funzionare deve avere meccanismi di gestione snelli, efficienti ed efficaci. Un esempio è fornito, ormai da oltre un decennio, dalle modalità operative adottate dal Fondo Europeo per gli Investimenti (F.E.I.). La pratica è costituita da un record di data-base. Un inoltro trimestrale può consistere in decine di migliaia di operazioni inviate con un click.
    Controgaranzia del Fondo attenuata nelle percentuali di garanzia:
    -Sufficiente il 50%, non è necessario che si arrivi al 60-80% con il rischio di deresponsabilizzare i promotori dell’operazione, impegnando maggiori risorse del Fondo e concentrando rischio, anche sulla singola operazione.

  6. Premesso che credit crunch significa razionamento del credito e questo implica che comunque continua ad esserci e con flussi minori. Ora, che il risparmio raccolto dai fondi pensione, assicurazioni e altri investitori istituzionali debba affluire alle imprese se è ottimo come caso di studio non offre nella pratica alcuna possibilità di impiego in quanto non sono almeno nell’articolo presentate le necessarie garanzie in quanto gli enti citati sono vincolati a non fare operazioni con rischio.
    Certo legiferare diversamente sarà forse possibile ma direttamente gli enti citati non potranno mai decidere senza avere le opportune garanzie delle quali non si parla. Sarebbe bene che gli autori rispetto all’articolo pubblicato dicano qualche cosa.

  7. Luigi

    Analizzando i dati sui volumi di investimento dal 2005 al 2012 nei Paesi Sviluppati e nei Paesi Emergenti, emerge chiaro che nei Paesi Sviluppati si è semplicemente reintegrato l’ammortamento mentre nei Paesi Emergenti la crescita è stata robusta da US$ 2,9 trn a US$ 8,4 trn ovvero del 290%. La ragione sta nelle diverse funzioni di produzione delle due Aree che permettono all’investitore di ottenere lo stesso profitto rischiando molto meno capitale. Ad esempio, per produrre 1 ton di grano che vendo sui mercati mondiali a €250/ton, per un profitto di €30, in Occidente devo spendere, escluso il terreno, €40k per il trattore più €40k per 1 persona che lavora, mentre nei Paesi Emergenti, con un costo del lavoro di 1/20esimo, posso usare 20 persone che doto di aratri, vanghe e falci per €10k. Minore capitale investito, quindi minor rischio e maggior ritorno sul capitale. La controprova di questa dinamica sta nei dati dell’immenso surplus di capitale che le multinazionali stanno innaturalmente accumulando, semplicemente ne consumano molto meno investendo nei Paesi Emergenti invece che in Occidente. Una volta il rischio politico frenava questo flusso oggi i Paesi Emergenti hanno stabilità politica e normativa superiore ad esempio a quella italiana, quindi non esiste motivo razionale per investire in Italia. Questa lunga premessa per dire che gli strumenti proposti per il credito alle imprese sono interessanti, ma non risolvono il problema macroeconomico che sta alla base. L’Italia è un Paese BBB-, quindi molto rischioso, con abnormi problemi di organizzazione, costo e funzionalità della Pubblica Amministrazione ed iperbolica pressione fiscale, investire in Italia è da irresponsabili. Per favore, lasciate che il mio fondo pensione investa dove il mio capitale rende di più, così almeno potrò sperare di ricevere un giorno una pensione.

  8. nextville

    Non ho capito cosa pensi sia copiabile della politica monetaria della FED o della BoJ a proposito del tema in discussione, dato che operano in contesti finanziari non bank-based. Che titoli dovrebbe comprare la BCE per fare del QE a vantaggio delle PMI, che non sono quotate in borsa, non emettono bond e su cui non ci sono rating?
    Il grande problema con le PMI è la difficoltà di valutare il rischio di credito per una miriade di entità piccole e opache. E’ la funzione normalmente svolta dalle banche e non si vede come una Banca centrale possa assumerla in proprio.
    Oltre alla BCE, si è occupata di finanziamento delle PMI anche la Bank of England col suo Funding for lending, dell’agosto 2012, che non ha prodotto grandi risultati ed è molto simile (salvo il coinvolgimento del Tesoro – il che non è politica monetaria) allo schema adottato dalla BCE già dal dicembre 2011: possibilità per le banche di usare i prestiti alle PMI come garanzia per ricevere ulteriore liquidità dall’eurosistema. Ora la BoE sta cercando di potenziare lo schema e la BCE sta studiando misure non-standard in coordinamento con altri soggetti, perché, anche se la BCE volesse assumersi il rischio di credito al posto delle banche, non si sa come possa operare una valutazione di tale rischio per le PMI.
    La BCE ha immesso liquidità non meno della FED e ha usato gli strumenti non convenzionali alla grande negli ultimi tempi. Le OMT sono un caso da manuale di strategia di comunicazione: ha vinto la guerra (i.e. eliminato il rischio di ridenominazione) senza sparare un colpo.
    Inoltre, credi… la Merkel non comanda alla BCE: ci tratta. La BCE ha un autentico potere in proprio e il suo chicken game coi governi è indurli a rendere competitive le economie nazionali e a rafforzare la governance dell’eurozona. Due cose che la politica monetaria non può fare: può solo guadagnare tempo e agire per costringere i governi a farle.

    • Piero

      La politica monetaria quando serve deve intervenire, tutti sappiamo che è come una droga; gli interventi monetari devono essere decii e presi da una sola persona e non possono essere democratici; la Bce non può assumere il ruolo di banca per le imprese, ma se deve garantire la stabilità ne deve garantire anche l’esistenza, deve oggi fare una politica di acquisto di titoli governativi sul mercato per fare tornare la fiducia nel debito statale; tutto il debito statale e’ in bilancio delle banche, hanno dovuto registrare forti minusvalenze che hanno ridotto il patrimonio e quindi la possibilità di fare credito alle imprese; gli Omt sterilizzati hanno fatto solo guadagnare al mercato solo sei mesi, vedremmo in questo anno chi potrà rispettare il fiscal compact, tutto andrà a rotoli se la Bce non attua la stessa politica della Fed e della Boj; non comanda la Merkel, allora Draghi e’ un ignorante non capisce nulla di politica monetaria; non è vero che la Bce ha immesso liquidità nel sistema pari alla Fed, per vedere ciò basta vedere i bilanci delle due banche, nel bilancio della Fed vi è un aumento della base monetaria, mentre nel bilancio della Bce no.

      • nextville

        Qui i bilanci delle due banche, che dall’epoca degli LTRO hanno preso dimensioni analoghe (con la restituzione degli LTRO il bilancio della BCE si è poi ristretto):
        http://on.ft.com/11IYJxO
        Un articolo dell’epoca ricorda che preoccupazioni circolavano:
        http://bit.ly/ymaCKE
        Ovviamente la BCE fa easing finanziando le banche (è in full allotment mode) e non tramite acquisti sul mercato, per ottime ragioni dipendenti sia dal contesto finanziario bank-based della eurozona, sia dal set-up istituzionale della BCE.
        La BCE è soggetta al divieto di finanziamento monetario agli stati (art.123 del Trattato EMU). La BCE lo ha interpretato nel senso di divieto di acquisto di titoli di stato sul mercato primario e di ammissibilità degli acquisti sul secondario (prosciugamento dei titoli già esistenti nel mercato), come avviene nei programmi SMP o OMT, ma esclusivamente per ragioni monetarie e certo non per fini fiscali. Condizione per la legittimità delle OMTs è che il loro scopo non sia far scendere i rendimenti per rendere più facile agli stati finanziarsi, ma reintegrare la trasmissione dell’impulso monetario! Qui in dettaglio la giustificazione legale della BCE sugli OMT (Box1): http://bit.ly/14lWEfk
        Tanto poco è pacifico che le OMT siano legittime, che ci sono ancora contestazioni legali da parte della Bundesbank davanti alla Corte Costituzionale tedesca ( http://bit.ly/11p1K4E ). E la monetary financing prohibition non può essere bypassata dall’assenso della Merkel o anche di tutto l’eurogruppo, ma solo da un eventuale cambiamento dei Trattati della EMU.
        Fosse così facile il lavoro di Draghi…

  9. Piero

    Del bilancio 2011 delle due banche dobbiamo analizzare il passivo per vedere gli effetti sulla liquidità aggiunta al sistema ossia l’accrescimento della base monetaria. La Bce al fine di non immettere liquidità aggiuntiva ha sempre sterilizzato le misure non convenzionali di politica monetaria attraverso operazioni di fine-tuning di deposito a tempo determinato, condotte con cadenza settimanale. La Fed, invece, ha finanziato i programmi di sostegno della liquidità e di acquisto di titoli tramite un ampliamento significativo delle proprie riserve, ossia della base monetaria. I bilanci delle due banche non hanno dimensioni analoghe, poi si è vero che l’art. 123 vieta l’acquisto diretto dei titoli ma non vieta l’acquisto sul mercato come e stato fatto per oltre 500 mld, però non si devono sterilizzare gli effetti, altrimenti la misura resta vana.
    Tanto oramai questi concetti vengono capiti anche dal popolo comune e se non cambia la politica monetaria la Bce vi sarà la rottura dell’area valutaria.

    • nextville

      Le OMT (come già l’SMP) sono giustamente sterilizzate perché hanno l’esclusivo scopo di contrastare il rischio di ridenominazione e devono essere dosate a tale fine senza il vincolo di effetti collaterali sulla liquidità. La BCE fa easing tramite le banche, per le ragioni già dette. L’idea che mi pare poco fondata è che oggi in eurozona ci sia un generico problema di mancanza di liquidità: la BCE è in full allotment mode (le banche ricevono tutta la liquidità che vogliono, e possono usare come collaterale anche i loro prestiti all’economia reale), le banche hanno già restituito oltre 270 miliardi di LTRO, l’EONIA è vicino a zero, gli indici azionari sono saliti molto e si parla di rischi di bolle in alcuni settori… Le banche negli stressed countries non prestano per motivi diversi dalla mancanza di liquidità: 1. per limiti di capitale; 2. (soprattutto) per rischio della controparte, dato che hanno già le sofferenze elevate. La BCE, per fare qualcosa di veramente utile qui – e non in altri ambienti con caratteristiche finanziarie diverse – deve prendere di mira questi due problemi (ammesso che ci siano soluzioni compatibili col suo mandato e con la volontà della maggioranza del Governing Council: stanno studiando misure che coinvolgano anche altri soggetti, es. la European Investment Bank), non sparare fuori liquidità a caso, perché con un QE all’americana le sarebbe facile aumentare le quotazioni dei titoli FIAT, ma non irrorerebbe le secche delle PMI.

      • piero

        Non si riesce ancora a comprendere che la crisi del debito governativo dei paesi euro ha penalizzato le banche, ha ridotto il loro capitale e conseguentemente le loro capacità di credito, il mercato interbancario si è bloccato e le banche hanno dovuto pensare alle loro obbligazioni, sono state salvate dagli Ltro della Bce, non si può minimamente pensare che le banche prestino tale liquidità che ha dovrebbe restituire, anzi fino a febbraio ne è stata restituita il 20% invece del 33%; in ogni caso più la crisi si accentua, tanto più la qualità degli attivi delle banche scende, devono fare più accantonamenti, erogare quindi meno credito; si deve eliminare la causa di tale crisi, si deve ridare fiducia al debito pubblico e ciò non può essere fatto con le politiche di bilancio ma solo con la politica monetaria, si deve annunciare una politica di acquisto da parte della Bce dei titoli di stato dei paesi euro (proquota, partendo dalle scadenze più lunghe); in tale modo ritorna anche il mercato interbancario liquido e non vi sarà più la caccia a chi dichiarerà il prossimo default.

        • nextville

          Sono d’accordo che rendimenti più bassi dei titoli si stato aiuterebbero lo stato patrimoniale delle banche, ma resterebbe irrisolto il problema del rischio della controparte, che secondo la BCE oggi è quello dominante: le banche sono terrorizzate di perdere i soldi che prestano. Al momento la BCE sembra orientata a un programma che coinvolga altri soggetti che si assumano il rischio di credito al posto delle banche. Qui un Coeuré recente sul tema: http://wp.me/p2VnO2-eb
          Vedremo giovedì se tirano fuori qualcosa. Temo di no.

          • Piero

            L’attenzione di una qualità del credito cresce sempre i più quando il patrimonio delle banche diminuisce, se riducono il credito alle imprese già affidate le stesse vanno in crisi e quindi si avvita un meccanismo che anche il credito buono diventa mediocre e quello mediocre diventa cattivo, come si vede non è che tutt’un tratto le imprese con un anno diventano brutte, sono le banche che non riescono più a fare il loro mestiere.
            Guardiamo il caso del Mps che ha in bilanio oltre 40 mld di titoli statali, le minusvalenze hanno ridotto il patrimonio, hanno dovuto fare i Monti bond; a mio avviso un prima problema che dovrebbe essere risolto a livello europeo e liberare dal bilancio delle banche i titoli governativi, se la Bce acquista sul secondario tali asset, a partire dai più lunghi, e banche ritornerebbero a fare il loro mestiere, ossia prestare i soldi all’economia reale.

  10. Ivan Berton

    Io penso che il problema principale siano comunque ed in qualsiasi caso la differenza del valore dei soldi di dove vai a produrre, e in correlazione a questo fattore, i diritti che hanno queste popolazioni.
    Se le regole del gioco non sono uguali dappertutto è ovvio che i flussi di danaro virino destinazione molto velocemente, ovviamente non si possono mettere balzelli strani sulle importazioni come la crisi del 29 insegna, però le aziende che producono all’estero dovrebbero PRETENDERE che la qualità del prodotto e della vita sia uguale a quando si produceva qui, allora si la cosa funziona, prodotto di uguale qualità e qualità di vita spingerà le economie emergenti a comprare tecnologia di qualità per produrre prodotti di qualità, in maniera che siano gli altri che in teoria erano più indietro a raggiungerci, e non il contrario come sta succedendo adesso , dove siamo noi che ci stiamo livellando ai paesi ” emergenti ” in termini di qualità più bassa del prodotto ed anche di vita.
    A quando una moneta unica mondiale ed una politica mondiale e diritti umani uguali in tutto i lmondo ? Forse è l’unica soluzione …. almeno fin che non si metteranno i marziani a produrre a più basso costo .

  11. Piero

    La Bce si rifiuta di partire da un ragionamento che tale rii e’ originata dalla crisi di fiducia del debito statale causato dalla moneta unica, la Bce parte dall’idea tedesca che gli stati devono pagare il loro debito con le tasse interne, per questo la Bce salta questo ragionamento.

  12. John Maynard

    Lavoro in banca con un ruolo dirigenziale e vi posso assicurare che nessuna di queste proposte ha un minimo di fondamento.
    Penso che dopo i professori, bisognerebbe fare un governo di gente pratica! Che conosce quello di cui si parla.
    Le banche non danno soldi perchè non ci sono prospettive. Le uniche pratiche di affidamento che fluiscono in abbondanza sono consolidamenti.

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